
VINONUOVO
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ROMA: GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU'
Questi sono i pensieri che oggi 21 agosto riempiono la mia testa dopo essere appena tornato da Roma per la giornata mondiale della gioventù. Per favorire la comprensione del taglio delle mie riflessioni dico chi sono: sono un viceparroco andato a Roma assieme ai ragazzi della sua parrocchia, inseriti nellitinerario diocesano che a sua volta era inserito in quello regionale.
Già questo è valso per noi moltissimo: dormire sulla stessa palestra con i simpatici ragazzi di Gubbio e il loro prete, partecipare alle catechesi tutti insieme, vivere un pomeriggio di preghiera a Tre Fontane assieme ad altri ragazzi della nostra regione e per noi preti ritrovarsi vicino a concelebrare lEucaristia allEur, al Circo Massimo o a Tor Vergata sono sicuramente un valore e un segno per una regione ecclesiastica che non può sopravvivere se non ricerca la collaborazione tra le diocesi.
Onestamente parlando sono partito verso Roma non credendo che lorganizzazione delle giornate fosse in grado di far compiere un itinerario di fede a tutti i presenti, e invece così è stato, per merito degli organizzatori e dei ragazzi diligentissimi negli orari e nel andare a letto la notte senza fare nessuna storia e confusione.
Noi umbri siamo stati alloggiati a Spinaceto, un paese a sud di Roma, appena fuori dal raccordo anulare: da lì in venti minuti si raggiunge lEUR dove su una scalinata eravamo raccolti assieme ad altri diecimila ragazzi per ascoltare le catechesi e celebrare la messa: i predicatori dei due insegnamenti a noi fatti sono stati il Card. Martini ed il vescovo di Frosinone Salvatore Boccaccio. Del primo non occorre parlare, del secondo debbo dire che è stato così capace di stimolare riflessioni ai presenti da essere tempestato da domande.
Non si può certo tralasciare di raccontare dellesperienza di venerdì sera, quando al calare del sole ci siamo ritrovati tutta la regione ecclesiastica assieme al vescovo di Gubbio e allarcivescovo di Perugia per compiere il pellegrinaggio alla tomba dellapostolo Pietro. Un fiume silenzioso di ragazzi che cammina ascoltando le riflessioni e le preghiere proposte da degli altoparlanti disposti in tutta via della conciliazione e dentro la basilica. Che effetto entrare in San Pietro e non trovare labituale grande confusione dettata dai turisti, ma solo una massa di persone che prega con devozione! Che bravi lorganizzazione e i vescovi a far capire che entrare per la porta santa non è un atto magico, che lindulgenza non è qualcosa che si acquista, che la condizione prima del Giubileo è il desiderio di fare di Gesù Cristo il Signore della propria vita.
Ed arriviamo a Tor Vergata: ci arriviamo con fatica perché a noi tocca il tragitto più lungo, di dodici chilometri a piedi. Lo percorriamo assieme a non si sa quante altre persone, il tutto da bene lidea di una Chiesa in cammino. Arriviamo alla meta alle quattro del pomeriggio circa, una confusione immensa, la possibilità di perdersi continua, non tanto per me quanto per i ragazzi, raggiungiamo il nostro settore: un buon posto che ci permetterà di avere una completa visuale del palco. Purtroppo però non c'è uno spazio libero che permetta di restare tutti uniti e così mettiamo i nostri stuoini in qua e in là tra quelli degli altri pellegrini, con la nostra bandiere a innalzata a fare da punto di riferimento.
La sera, finalmente inizia la veglia, le parole del papa sono immediate, estremamente cristocentriche, piene di affetto ma senza sconti ai ragazzi verso i quali è molto esigente. Il papa questa volta non parla ai giovani del mondo e nemmeno a quelli di buona volontà, ma parla ai giovani discepoli di Cristo e ripropone loro di scegliere Cristo. La parola che ricorre più sovente è martirio, testimonianza costi quel che costi; benché lì siano presenti due milioni di giovani non c'è accento di trionfalismo alcuno, ma anzi le parole sono rivolte ad una minoranza, alla quale si conferma che essere cristiani è difficile ma non impossibile con la grazia di Gesù di Nazareth.
La notte passa tranquilla e la mattina appena alzati lasciamo subito i ragazzi per andare a concelebrare. Per un attimo mi passa per la mente di non farlo, tanto sono sporco, ma il desiderio è troppo grande. La messa è stata la festa della Chiesa universale, colorata dalle espressioni di tutti i popoli e dalla voglia di vivere tipica della giovinezza. I canti ben dicevano dellincoronazione di Gesù Cristo: è lui il Re dei cristiani, il vero Cesare. Le parole del papa mettevano ancora fuoco nel cuore dei giovani e nel nostro di preti.
I preti appunto, la riflessione comune che abbiamo fatto alla vista di tutti i presbiteri presenti è stata: se questi due milioni di ragazzi sono qui a vivere tutto ciò è in gran parte merito di questi omini, che hanno accettato la stenta di non avere comodità pur di portarci i loro ragazzi, che vivono la loro vita quotidiana per i loro ragazzi (assieme ad altre migliaia di preti non presenti), ed un senso di gratitudine a tutti loro è nato in noi e ci ha unito rendendoci il presbiterio della Chiesa universale ora idoneo alla celebrazione del Sacrificio.
Adesso siamo di nuovo a casa, adesso è il tempo di essere cristiani, amanti di Gesù Cristo in comunione con la nostra Chiesa diocesana e con la coscienza che ci sono dei granelli di sale sparsi in tutto il mondo che con noi percorrono lo stesso cammino e le stesse difficoltà e che come noi non perdono mai del tutto la speranza perché Gesù non ci lascia soli.
- per i redattori: permetto di pubblicare quanto ho scritto, se è desiderato, purché sia fatto in modo integrale e non parziale
Don Samuele Biondini per " LA VOCE"