corriere cesenate
settimanale della Diocesi di Cesena-Sarsina

Anno XXXIV - n. 7
23 febbraio 2001


Il Vescovo scrive ai preti in occasione della Quaresima
SEGNI VIVENTI DEL BUON PASTORE
"Vigilate per non diventare dei manager"

Riconfermando una sua abitudine, introdotta da anni, il Vescovo ha inviato in questi giorni una Lettera quaresimale ai Presbiteri della diocesi. E' breve, concettosa, ricca di forza e di carica spirituale. Vuole ridefinire la figura del prete, dare respiro alla sua interiorità e favorire il superamento di certi pericoli.

Punto di partenza e di sostegno permanente è la fede vissuta. L'icona da contemplare e da reincarnare è il Buon Pastore; la via da battere è mettersi in discussione per una nuova conversione. In questa cornice, la realtà dei preti è scolpita come uomini di fede, santificatori nei sacramenti e guide spirituali dei fratelli sulla via della conversione. Per i preti, il riferimento a Cristo è primario, costante e costitutivo. Essi sono: "Immagine vivente di Cristo, Buon Pastore", "segni viventi di Cristo Gesù"; "Cristo è l'icona splendente per il cuore del presbitero". "I fedeli devono vedere nel prete uno per il quale Cristo è tutto".

Questo spiega la necessità di "una verifica del cammino personale e pastorale", in questa Quaresima. Subito s'impone un incremento della preghiera, della dimensione spirituale, della fedeltà alla nostra vocazione, della "comunione fraterna che ci lega in forza del nostro sacerdozio all'unico Presbiterio diocesano".

Crisi e deformazione non sono taciute. li Vescovo parla di "vigilare per non ridurci a manager: facitori di strutture e di complessi, a scapito della nostra missione evangelizzatrice"; di non considerare le persone che si hanno davanti "soltanto come esecutori o numeri". "Il Buon Pastore e il manager sono figure diverse e lontane". Come anche di non ridurci "più professionisti che profeti del Signore".

Non manca un discorso sulla diocesi e le singole comunità, nelle quali si svolge il servizio dei presbiteri. "La vita di una diocesi sta nelle parrocchie. ( ... ) Ma come sono le nostre parrocchie? Secondo la fisionomia spirituale e pastorale dei preti. E non sempre queste fisionomia sono evangeliche. Fare il prete non coincide completamente con l'essere prete. A quel punto nascono "parrocchie che sono isole; ignorano ogni sollecitazione pastorale della diocesi".

A conclusione della sua riflessione a cuore aperto, il Vescovo ripropone ai presbiteri la loro realtà interiore: "Non siamo uomini tutto-fare, ma i maestri della preghiera, gli annunciatori della Parola, i promotori della comunione". "Farsi tutto a tutti": con amore ed umiltà, "condividendo il proprio carisma con i laici, esplorando nuovi metodi di collaborazione". Perché tutto ciò prenda maggiore risalto i presbiteri devono essere lieti di "liberarsi da certe occupazioni delegabili, come amministrazione di stabili, bar, campi sportivi", affidandole ai laici, mentre "noi ci occupiamo del Vangelo".

Mario Morigi


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