corriere cesenate
settimanale della Diocesi di Cesena-Sarsina

Anno XXXIV - n. 7
23 febbraio 2001


IL PERISCOPIO
CHI SA RESISTERE E' UN EROE
In treno l'uso del cellulare è quasi d'obbligo

Chi dice che stiamo vivendo gli anni del massimo delle comunicazioni? E’ vero, siamo immersi ogni giorno  nel vorticoso tourbillon di notizie che giungono dai posti più lontani. Questo, comunque, non vuole dire che possiamo essere più liberi di un tempo o anche solo più informati degli anni scorsi. Di certo siamo più controllati in tutti gli spostamenti che compiamo.

Molti di noi con ogni probabilità non ci hanno mai fatto caso. Ma fra bancomat, carte di credito, telepass, cellulari e computer ciascuno di noi è di continuo controllato. Non c’è istante della giornata in cui uno non sia in un certo senso spiato da un occhio che lo segue passo passo. Telecamere in banca, nei supermarket, nei negozi, alle porte di casa: c’è sempre qualcuno che ci guarda e sorveglia sui nostri affari quotidiani. Ormai abbiamo fatto il callo a tutto e non possiamo fare a meno di niente. Non sappiamo rinunciare a nulla e guai se il cellulare “non prende” in una determinata zona o nella taverna dei nostri amici: è un vero disastro e poi ci lamentiamo per l’inquinamento elettromagnetico. In realtà il progresso ci ha travolti e a noi non è sembrato vero farci travolgere. Stiamo bene così, con l’orecchio continuamente attaccato al telefono e i minuti della giornata tutti occupati.

Il culmine da eccesso di tecnologia si tocca durante un viaggio in treno, specie se si tratta dei famosi Eurostar in uso da alcuni anni sulle ferrovie di casa nostra. Quei treni che corrono veloci e fanno tanta concorrenza agli aerei e alle auto per gli spostamenti rapidi in Italia. E’ tutto uno squillare di telefonini. Non c’è tregua, provare per credere. Non c’è un solo attimo di tranquillità. Ha una bella voglia ad invitare ad usare le piattaforme lo speaker della Trenitalia: l’anarchia regna ovunque, in prima e in seconda classe e i trilli sono continui e di tutte le melodie.

Come mi è capitato la settimana scorsa quando stavo rientrando da Firenze, a bordo, appunto, di uno Eurostar. Ne ho frequentati ormai tanti di questi “pendolini” che percorrono lo stivale e ne ho sentite di tutti i colori. Ma venerdì scorso ho raggiunto il culmine. Fra il quarantenne arrivato che dopo una riunione di lavoro si mette al telefono per mezz’ora a raccontare ad un collega dei successi ottenuti e la donna manager che dà istruzioni alla direzione centrale per un ordine di servizio da impartire ai capi filiale non ne potevo davvero più. Da una parte chi si compiaceva e sottolineava con tante “Miiiin….” i risultati raggiunti e “quello che riusciremo a far vedere agli altri”, dall’altra la signora ingioiellata con borsa e occhiali doverosamente griffati che impartiva da vero capo le istruzioni via cellulare da diramare per il lunedì successivo. 

Ma non ci si può fare gli affari propri senza farsi belli in treno? Dove è andata a finire la privacy? E il diritto alla riservatezza di chi è dall’altro capo del telefono? Va bene che il tempo è sempre tiranno, ma un po’ di moderazione non guasterebbe. Tutti si fanno gli affari di tutti: sì, perché non c’è nessuno che si sottragga al culto del cellulare in treno. Direi che è quasi un obbligo. Chi non si cimenta al telefonino è out. Donne, uomini d’affari, anziani, studenti, professori, gente di spettacolo, politici, avvocati, manager, non c’è categoria professionale che si sottragga alla tentazione della conversazione senza fili. Chi poi sa resistere al dialogo a voce alta non riesce a non vincere la tentazione dei messaggini, nuova moda che sta contagiando anche gli adulti.

Davanti a tanta tecnologia che ci sta invadendo dobbiamo saper trovare la giusta dimensione. Fra chi demonizza i nuovi strumenti e chi li alza sull’altare, occorre raggiungere un nuovo equilibrio. Come sempre l’uomo ha in mano mezzi potentissimi. Ciascuno di noi deve ricordare che sono strumenti e che devono servire per migliorare la nostra vita. Se poi ci accorgiamo che ci invadono anche nei momenti più privati, allora vuole dire che qualcosa non va. Forse è ora di fare un bell’esame di coscienza.

Zeta


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