LA PIEVE

Il termine pieve deriva dal latino plebs, che nel linguaggio biblico indica la comunità che Dio riunisce per farne il suo popolo.       

Nell’antica preghiera eucaristica nota come Canone romano plebs sancta indica a sua volta l’insieme dei fedeli, chiamati a offrire il sacrificio della messa in comunione con i sacerdoti [1].

Nei documenti medievali, come per diverse altre parole latine, si ha però un forte slittamento di significato. Questo è ben individuato quando, ad esempio a proposito di un paese come Cesano, si usano espressioni del tipo : “Cesano era una pieve”, oppure “A Cesano c’era la pieve”.

Nel primo caso si indica un territorio, mediante il riferimento al villaggio che ne era in certo modo il capoluogo. Ancora una volta dobbiamo pensare essenzialmente alle campagne e, in particolare, al modo in cui si cercò di riorganizzare il territorio, specie agli inizi dell’epoca carolingia (VIII-IX secolo). Venute meno ormai da tempo le antiche strutture politiche e amministrative, sembrò ovvio il riferimento al sistema ecclesiastico, che aveva visto la diffusione nelle campagne di chiese battesimali.       

E’ in effetti lo stesso edificio della chiesa che viene indicato con la seconda affermazione. Ecclesia plebis diventa così la chiesa plebana, che per una certa zona rurale, era inizialmente l’unica nella quale veniva amministrato il battesimo e venivano celebrati i riti dei funerali. Questa chiesa era sì diventata a sua volta matrice d’altre chiese nei villaggi e nelle cascine dei dintorni – chiese che un capitolare, cioè una sorta di decreto, del 782-86 del re d’Italia Pipino, figlio di Carlo Magno, chiama chiese “oracolari” (cioè di orazione) o “cappelle”- ; ma restava l’unico luogo riservato ai riti legati alla nascita e alla morte e cioè alle esperienze più fondamentali e coinvolgenti della vita di ciascuno.       

E’ il caso di osservare come il riferimento al popolo, scomparso dal significato immediato del termine, venga in sostanza ritrovato nelle funzioni che sono proprie della chiesa denominata pieve. Nel territorio vi possono essere infatti chiese monastiche anche più grandi e più belle della chiesa plebana, che resta, in fondo, una chiesa di contadini. Anche nella pieve di Cesano, apparirà ad esempio l’abbazia degli Olivetani a Baggio, con una sua autonomia dalla chiesa di Cesano.

Specifico della pieve tuttavia è proprio il legame con il territorio e con le esperienze più profonde che coinvolgono la popolazione che su quel territorio abita. In essa dunque precisamente si ritrova il radicarsi tra la gente della stessa chiesa universale, a sua volta richiamata dallo stretto legame con il vescovo, insito, come si è visto, nella storia e nel rito delle celebrazioni battesimali.       

Il primo documento sicuro in cui plebs appare nel senso di chiesa plebana è una donazione fatta il 21 settembre 846 alla pieve di Leggiuno [2]. Appunto in questo periodo, a quanto risulta, l’organizzazione della campagna per pievi aveva ormai assunto una propria stabilità.

E’ noto come la chiesa di S. Giovanni Battista fosse una di queste chiese plebane, che costituivano un centro di riferimento per un vasto territorio di campagna. La situazione si era per altro andata evolvendo, soprattutto con l’aumento di popolazione che si ebbe a partire dal secolo XI. Si cominciò con il celebrare i funerali nei singoli paesi , che ottennero poi di avere nella loro chiesa anche il battistero, così da evitare trasporti e viaggi faticosi [3].       

Nel nostro territorio ciò accadde a poco a poco per tutti i centri di una certa rilevanza, per altro con un ritardo significativo per Cusago e Baggio.        

La prima descrizione completa della pieve di Cesano si ha comunque solo in un documento relativamente tardo denominato “Liber notitiae Sanctorum Mediolani”. Si tratta di “un codice pergamenaceo di 215 fogli, che venne scritto con ogni probabilità nei primi anni del Trecento” [4]. Il codice dà notizie sui santi venerati nelle diverse chiese della diocesi e anche negli altari minori in esse esistenti.       

Mons. Gualberto Vigotti  ha così ricostruito l’elenco per quanto riguarda la pieve di Cesano Boscone [5]:

PIEVE DI CESANO BOSCONE

cizano/ghizano/gizano                        S. Giovanni Battista(164 D)Cesano Boscone

axago / azago                        S. Desiderio (100 D)                        Assago

axiliano                        S. Martino (248 A)                        assiano

badagia / badagio                        S. Apollinare (9 A)

                 S. Eusebio (119 A)                        baggio

bativacha in monasterio//battivacca                        S. Eusebio

con s. Salvatore (119 A)                        battivacco

e con s. Taysis (262 B)

bazana                        S. Margherita ( 274 C)                         bazzana

bazanella                        S. Giovanni Battista (164 D)                        bazzanella

bazora                        S. Ilario (188 A)                        S. Ilario di bazzano

bonizia aput ristocanum                        S. damiano (86 D)

bulcinasco                        S. michele (218 B)                        Buccinasco

corsico                        S. pietro (294 C)                        corsico

ferriata                        S. marco (225 D)                        Casc. S. Marco (barona)       

garbagniate                        S. Martino (248 A)                        garbagnate

garegniano                        S. maria (259 B)                        garegnano marzo

grancino                        S. biagio (54 D)                        grancino

gratasolia in monasterio                        S. barnaba (52 B)                        gratosoglio

gudi gambara                        S. Stefano (346 B)                        gudo gambaredo

moirago                        S. Vincenzo (390 D)                        moirago

moirano                        S. antonino (13 A),                         moirano

                 S. vito (396 C)                   

muzano                        S. cornelio (81 B),                         muggiano

                 S. marcellina (239 B)           

rathocanum/ristocanum/  

risthocanum                            S. giacomo zeb. (172 B)            casc. restocco

romano                                       s. protaso (303 C)                    romano banco

rozano                                        s. martino (248 A)                    rozzano

ad ronchetum  inferius                      s. pietro (294 C)                        tre ronchetti

ad roncum vicecomitum            s.             s. maria (244 A)           

septimo                                        s. margherita (274 D)            settimo milanese

s. michele (218 B)           

trezano                                      s. apollinare (9 B)                    trezzano

verdello                                      s. pietro (294 C)            seguro

vignagniolo                        s. sebastiano (352 C)                        vighignolo

 

ALTARI

CesanoBoscone             s. Agata (26 B), S. materno (243 D)

(nella pieve)

assago                        s. antonino (13 B)

baggio in s. Apollinare                        s. maria (262 B), s. materno (244 A)

battivacco in s. Salvatore                        s. maria (262 B), s. marco (225 D)

gratosoglio  in s. Barnaba                        s. benedetto (63 C), s. maria (262 A),

                 s. martino (248 A)

ristochanum  in s. Giacomo                        s. bartolomeo (50 B), s. maria ( 262 A),

ad roncum vicecomitum                        s. materno (244 A)

settimo in s. Margherita                        s. vincenzo (391 A)

Nelle note il Vigotti giustifica le identificazioni di non immediata evidenza e afferma che il nome “Battivacca” sarebbe testimonianza di un insediamento militare longobardo, mentre la località di Bonizia resta sconosciuta.

Le più antiche testimonianze sul territorio di Cesano: Baggio, Assiano, Trezzano

Se il Liber notitiae è una fonte essenziale per una descrizione completa del territorio di Cesano, come di quello delle altre pievi della diocesi, riferimenti a singoli paesi si hanno già andando indietro di parecchi secoli.       

A quanto risulta, per la nostra zona il documento più antico riguarda la figura di Tazone da Baggio [6], che nel dicembre 873 accompagnò l’arcivescovo Ansperto a Cavenago, a prendere possesso dei terreni di cui questi era divenuto proprietario. Tazone appose per primo il segno di croce, come testimone, sull’atto steso per l’occasione, che riporta infatti la dicitura: “signum crucis manus Tationi de Badaglo qui interfuit” (segno di croce di mano di Tazone da Baggio che era presente) [7].

La notizia mostra che i “da Baggio” (siamo in un’epoca in cui non si è ancora stabilizzato l’uso dei cognomi) sono personaggi importanti, che l’arcivescovo vuole nel suo seguito. Questa stessa famiglia appare in documenti successivi come proprietaria di beni nella pieve di Cesano, soprattutto ad Assiano, Moirano, Garbagnate, Muggiano. I “da Baggio”, in effetti, erano divenuti per nomina arcivescovile capitanei della pieve : essi, cioè, usufruivano di rendite della chiesa, pur essendo laici e, d’altro canto, erano legati all’arcivescovo un po’ come dei vassalli [8]. Si ricordi che un componente di questa famiglia, Anselmo da Baggio, divenne papa nel 1061, con il nome di Alessandro II.       

In più occasioni, è citato Assiano, nella forma Asiliano o Axiliano, per contratti che spesso interessano le chiese milanesi di S. Vittore o S. Ambrogio. Uno scambio di campi tra l’arcivescovo Landolfo e il presbitero Geroino, avvenuto tra l’896 e l’898, riguarda appunto la “terra sancti Ambrosii in loco Asiliano” [9], a proposito della quale si parla di vigne, prati e “silva stallarea et roborea” (bosco di piante dolci, come i salici e di piante forti, come le querce), offrendo una indicazione di base sul paesaggio agrario dell’epoca.       

Trezzano appare in un documento del marzo 915[10]: un campo “in vico Treciano”, lavorato da “Gisone masario libero homine” viene venduto da Pietro, presbitero di Milano, a dei chierici della chiesa di s. Maria iemale.

E’ dell’aprile 1005 uno scambio di beni tra l’arcivescovo Arnolfo e l’abate di s. Vittore Alteramo, nel quale vengono citati Laurentiglo e Runco Silvestri, Lorenteggio e Ronchetto; mentre in una carta del 1012, che attesta che un prete Andrea dona a Roperga una casa con terreni, si trova il nome Galeniano, cioè Garegnano presso s. Cristoforo[11].       

Dopo la metà del secolo XI le testimonianze si fanno più frequenti, per gli acquisti fatti dai grandi proprietari di Milano, quali i canonici di s. Ambrogio [12]. Ne citiamo due esempi successivi: un atto del 1177, che parla di una “strata que venit a sancto Petro ad Ulmum versum locum de Badagio et ipsum locum de Garbaniate et locum Securi et Quintum [13]; un atto del 1213, che parla di un contrasto tra “Redulfum de Badaglo” e il prevosto di s. Ambrogio circa la strada “per quam itur a Badaglo ad Muzanum, Assilianum et Moiranum” (che conduce da Baggio a Muggiano, Assiano e Moirano )[14].       

Nei due documenti si ritrovano vie di comunicazione, che sostanzialmente hanno costituito la traccia per strade esistenti ancora oggi.


Il nome di Cesano e della sua chiesa plebana

Nel mese di ottobre del 940, Sigelberta, badessa del monastero milanese di s. Maria del Gisone, decide di concedere un campo situato in Novate “libellario nomine” a Romano di Novate e a Madelberto “de vico Cisiano” [15]. Il livello (libellario nomine) impegnava a una lavorazione del campo che lo valorizzasse e il contratto, stabilito per vent’anni, elenca puntigliosamente una serie di attività da svolgere, sia sugli edifici, che vanno riparati, sia sui terreni.

In compenso la badessa riceverà ogni anno per i giorni di s. Lorenzo e s. Martino, quindi per il 10 agosto e per l’11 novembre, prodotti agricoli quali segale, vino, pane, quattro polli, venti uova, oltre a dieci denari d’argento per i prati e i boschi.    

Interessa qui la provenienza di Madelberto: questo personaggio è di Cesano! In realtà non si può essere sicuri che si tratti di Cesano Boscone: Novate è piuttosto lontano, a nord di Milano.

Tuttavia anche Cesano Maderno, l’altro luogo che ha questo nome in provincia, dista alcuni chilometri da Novate. Ci si deve limitare a ricordare che anche la famiglia da Baggio aveva dei campi in Novate [16] e che nel 967 il monastero di s. Maria del Gisone aveva effettuato un contratto con Adelardo di Baggio.        

In documenti del sec. XI il nome “Cixano” va riferito assai più probabilmente a Cesano Maderno, perché vengono indicati luoghi ad esso vicini: Bovisio, ad esempio, in un contratto del 9 maggio 1043[17]. Qualche incertezza sussiste per un contratto del 29 dicembre 1083[18], in cui Pietro “de loco Cixano” affida a Giovanni figlio di Garivaldo dello stesso luogo una casa con corte, che confina con il “castrum” di quel paese; ma questo “castrum” sembra riportare anche questa volta a Cesano Maderno [19].

Per avere indicazioni sicuramente relative a Cesano Boscone dobbiamo rifarci a due documenti del 6 e 7 maggio 1101 [20]. In essi si leggono chiaramente i nomi delle località di Settimo e Baggio.        

Nel primo poi si afferma che i campi di cui si tratta “reiacent in … loco et fundo Garbaniate, iuris ecclesie plebis … loco quizano o “quigiano”. Si ha dunque qui l’indicazione della “chiesa della pieve”, che si trova appunto in Cesano, il cui nome appare in una scrittura molto simile alla forma “Chizano” utilizzata anche in documenti successivi. Se ci si fermasse qui, in realtà, la certezza non sarebbe assoluta, perché il nome del paese si trova indicato nei documenti di anni successivi come “Cisiano, Cisciano, Cixano, Gisano” o, appunto, “Chizano”. La pergamena esaminata, per altro, presenta una piccola rottura dopo il termine “plebis”, proprio dove si trovava il nome del santo titolare della pieve. Una lettura completa del testo porta a osservare che si tratta di un contratto con il quale i fratelli Giovanni diacono e Oddone Veneroni, figli della defunta Maria di Settimo, cedono a Giovanni figlio di Lanfranco e a Pietro figlio di Arialdo di Garbagnate (un luogo vicino a Baggio, poi scomparso) un prato “runconi et cornario” di proprietà della chiesa della pieve.

Si danno quindi le pertinenze con le quali il prato confina a est, a ovest, e a sud e a nord e la misura del terreno, che risulta di 6 pertiche. Il riferimento alla pieve ritorna quando si dice che i nuovi affittuari, per ogni s. Martino, dovranno pagare 12 denari d’argento agli ufficiali “predictae ecclesiae plebis Sancti Joannis de loco quigiano” (della predetta chiesa della pieve di s. Giovanni nel luogo di Quigiano, Cesano): stavolta, dunque, il nome del santo appare in modo preciso. Viene poi stabilita, come di solito, la cifra da pagarsi da parte di chi non rispetterà il contratto.        

Seguono le firme dei contraenti e quella del notaio Eriprando.         

Abbiamo così l’indicazione completa della chiesa di Cesano Boscone, la chiesa, appunto, che ha per titolare s. Giovanni Battista. Si tratta del più antico documento finora noto che riporti esplicitamente il riferimento alla chiesa plebana e al suo santo patrono.        

Del secolo XI, circa l’anno 1054, è anche un generico riferimento alla pieve, che citiamo nella trascrizione che ne fa il Giulini [21]. L’abate di s. Vittore ha una grande discordia contro Anselmo da Baggio e i suoi fratelli, i quali hanno cercato di devastarne i beni “propter plebem et praedia, quae multa et magna habent circa”: “per la pieve e i grandi e numerosi campi che posseggono”. E’ un esempio di violento contrasto tra la potente famiglia dei capitanei della pieve di Cesano Boscone e un abate, che si appella all’imperatore Enrico perché risolva la questione.

Cesano nell’età comunale

Il sec. XII ci dà qualche notizia più precisa. Ad esempio il nome di un prevosto. Si chiama Riccardo il signor prevosto della chiesa e canonica di s. Giovanni “de loco Chizano”, [22] che nel 1154 cede a livello perpetuo alla canonica di s. Ambrogio, rappresentata dal prevosto Alberto, dodici campi situati nel territorio di Assiano.        

Come di norma in questi contratti, i campi sono indicati nelle loro coerenze (si dice cioè con quali altri campi confinano) e nella loro estensione. In tutto, si tratta all’incirca di una cinquantina di pertiche: i due terreni più grandi sono di otto pertiche e alcune tavole. Per due volte nel testo viene ripetuto che il prevosto Riccardo si impegna a difendere i terreni da ogni uomo e pone come fideiussore in proposito Arialdo “de Badaglo” (da Baggio): troviamo di nuovo un rappresentante della potente famiglia le cui vicende sono intrecciate con quelle della pieve.         

Per questo accordo non viene stabilito un canone di affitto: il prevosto Riccardo ricevette in una sola volta dieci “libras”(lire…) e quattordici soldi meno un denaro di buoni denari di argento milanesi. La somma gli fu pagata “in illo mercato de loco Gizano” (Cesano, scritto in altro modo).

Le firme sono in primo luogo quelle dei personaggi citati e di due altri preti: Nazario e Giovanni, quest’ultimo di Settimo. Seguono poi i nomi dei testimoni con i luoghi di provenienza: Niguarda (citata nel testo per un contratto precedente) e poi Loriano, Barona, Tretiano, Agracino, Seguria, nei quali è facile riconoscere delle località che hanno attinenza con la pieve di Cesano: Loirano, Barona, Trezzano, Grancino, Seguro.

Si è visto come il pagamento sia avvenuto nel mercato: a metà del XII sec., dunque, a Cesano si svolgeva un mercato, che, come sembra di capire dalla provenienza dei testimoni, costituiva un punto di riferimento per i villaggi del contado a ovest e a sud di Milano.        

Il 28 gennaio 1162 ancora Riccardo prevosto di s. Giovanni “de Giziano” e Pietro prete, qui chiamati officiali di s. Apollinare di Baggio, cedono a livello un campo da loro stessi acquistato a debito, dando in pegno il calice della chiesa di Cesano Boscone: i soldi del livello servono per pagare il debito [23].        

Per dare un’idea più ampia di ciò che succedeva ricordiamo anche tre contratti che non interessano direttamente la chiesa.        

Il 25 agosto 1155 una famiglia di Assiano, di legge longobarda, vende un campo di 26 pertiche alla canonica di s. Ambrogio. Tra i fideiussori del contratto, complesso perché coinvolge dei diritti di minorenni, vi sono Pietro detto Clericus e Ariotto figlio del fu “Pietro vescovo”, entrambi di Cesano Boscone.        

L’11 dicembre 1177 è una coppia di coniugi di Cesano a vendere un campo in Assiano ad Arderico di Assiano. Si chiamano “Guazinus Callosus” e “Flos”, di legge longobarda. A quanto risulta si ha qui la prima testimonianza relativa a una donna di Cesano.

In un momento da collocare tra il 1174 e il 1178 si hanno delle testimonianze a proposito di una causa sui diritti di acqua per un prato situato in Garbagnate, nella pieve di Cesano. La questione è complessa e verrà chiusa da una sentenza definitiva il 18 settembre 1178. Tra i testimoni vi è un Petrus mulinarius de loco Gizano, che parla di un mulino, di un fossato e di acqua di un fiume, di prati e campi, ma afferma di non sapere di chi sia il fossato. Ne esce un interessante spaccato di vita agricola, che ha per protagonista l’acqua: usarla per irrigare (“adaquare” è il termine latino, con suono del tutto simile a quello del dialetto milanese) può comportare un contrasto con chi sullo stesso fossato, il Refrigido, vuol far girare le pale di un mulino [24].

Non può infine sfuggire come nel periodo qui preso in esame si aggirasse per le campagne di Milano l’imperatore Federico Barbarossa, con i suoi cavalieri. Una tradizione, localmente ben nota, riferisce di un suo soggiorno a Cesano. In proposito ci si limita qui a trascrivere lo stesso testo che è stato riportato sulle ultime pagine del Cronicon parrocchiale, sotto il titolo “Cenni storici su Cesano Boscone”.

Dopo averne sommariamente ricordate le origini romane e l’evoluzione in epoca longobarda, questo testo, senza per altro citare documenti medievali specifici, così continua: “L’agro cesanese ebbe intensa vita politico-religiosa durante il Governo dei Vescovi, durante la lotta per le investiture e nella successiva età comunale, quando l’antico castrum cesanese fu trasformato dall’imperatore Federico I di Svevia detto il Barbarossa in accampamento e base di vettovagliamento durante l’assedio di Milano del 1161-1162”.

L’annotazione va collocata in un contesto storico che vedeva l’imperatore obiettivamente interessato al contado intorno a Milano, da un lato per assicurare il vettovagliamento al proprio esercito, dall’altro per privare di rifornimenti la città. In questo senso va ricordato anche il passaggio dell’imperatore nel 1158 a Bolgiano, forse per trattare con le famiglie della Bazana, un territorio “il cui nucleo primitivo fu certamente la pieve di Cesano Boscone” [25].

Una traccia un po’ sottile, per secoli di storia

La rilevanza del tema della pieve per la chiesa di s. Giovanni Battista suggerisce una sommaria ripresa, così da offrire una sorta di quadro riassuntivo.       

Si è visto come le radici debbano essere cercate nella possibilità di celebrare direttamente in alcuni paesi di campagna i riti del battesimo. La presenza a Cesano di un’antica chiesa battesimale è dunque una testimonianza fondamentale per una ricerca sulle origini della stessa storia della pieve.       

L’attribuzione a questa chiesa di precise funzioni rispetto a un territorio ben delineato nel quale appaiono altre cappelle od oratori di cui la chiesa “plebana” è matrice va a sua volta  collocata nello svolgersi della complessa storia dell’Alto Medio Evo.       

La conversione dei Longobardi al cattolicesimo collegata con le iniziative della regina Teodolinda (morta nel 628 circa); il peso man mano assunto dalla Chiesa nella stessa riorganizzazione del territorio a volte in accordo a volte in contrasto con i successivi re longobardi; la sostituzione del dominio longobardo con quello dei Franchi nell’ultima parte dell’ VIII secolo ne costituiscono le grandi tappe.       

E’ anche significativo ricordare il peso assunto da grandi famiglie di “signori” inseriti come vassalli nel complicato sistema feudale. Nella pieve di Cesano si tratta dei “da Baggio”, che a partire dal X secolo manifestano come “capitanei” un ruolo che li rende decisamente protagonisti.

Si ricordi che del resto in quest’epoca il sistema ecclesiastico attraversa una crisi, nella quale si inseriscono le iniziative di riforma.      

Una documentazione che sottolinei iniziative del clero si ha per Cesano a partire dal XII secolo. Del resto è di poco precedente l’apparire anche nell’alto clero di figure prestigiose, spesso provenienti, come Anselmo da Baggio, dal movimento riformatore.       

Si tratta ora di ripercorrere questa lunga storia visitando lo scavo effettuato sotto il pavimento della chiesa di s. Giovanni Battista, così da confrontarla con il suggestivo, ma difficile linguaggio delle pietre.

Le fasi II e III della chiesa di s. Giovanni Battista

Il carattere delle notizie fin qui raccolte resta comunque frammentario e in qualche caso incerto.

Una qualche linea di continuità con le origini del paese risulta invece, tutto sommato, dagli elementi offerti dallo scavo archeologico, che non a caso ha suscitato un diffuso interesse, ben espresso dal flusso continuo di persone nel settembre 1995, quando i resti poterono essere osservati nel loro insieme, guardando dalle porte della chiesa.

Per una loro interpretazione, tuttavia, almeno nella parte più antica non si può che attenersi rigorosamente al pannello esplicativo di Ceresa Mori e Righetto, sotto la cui guida lo scavo stesso è avvenuto.

La chiesa altomedievale (fase II) e la chiesa romanica (fase III)

Dopo la prima più antica fase, caratterizzata da una piccola chiesa con pianta a croce, lo scavo ha mostratto successive, importanti trasformazioni.

Così il testo di Ceresa Mori-Righetto: “La chiesa subisce intorno al IX-X secolo una sostanziale ristrutturazione, che vede l’eliminazione della parete che divideva atrio e navata, l’ampliamento dell’area presbiteriale ed una più estesa utilizzazione dell’edificio come chiesa cimiteriale: a questa fase e alla successiva sembra infatti appartenere la maggior parte delle sepolture rinvenute durante lo scavo archeologico.”.

La chiesa, dunque, mantiene la stessa larghezza, ma si allunga quasi del doppio assorbendo l’antico atrio: ormai la popolazione è tutta cristiana e deve trovar posto in un ambiente unitario. Della successiva fase romanica ( XI-XII sec.), rilevano le archeologhe, si hanno pochissimi indizi. E’ stato tuttavia interessante osservare la frequenza dell’uso di tecniche di costruzione in opus spicatum, con i piccoli laterizi disposti a spina di pesce. Un esempio davvero notevole per l’elevazione dell’alzato è ora perfettamente visibile nel nuovo battistero.

Le tombe

Uno degli elementi che più hanno colpito è stato l’apparire di oltre una trentina di tombe, con una grande quantità di ossa. Quasi mai, tuttavia, le tombe si presentavano nella situazione originaria e ciò ne ha reso oggettivamente più difficile lo studio.

Così il testo di Ceresa Mori-Righetto: “ Quasi tutte le tombe erano state violate in antico per utilizzarle come ossari e poi manomesse nel secolo scorso. Sono di forma rettangolare a cassa, delimitate da muretti in frammenti di laterizi legati da scarsa malta non molto tenace, con fondo in terra o in laterizi; alcune tombe presentavano tratti di muratura in opus spicatum. La copertura era in grosse lastre di pietra intere o in più frammenti”.

In qualche caso, per altro, era ben conservata anche la caratteristica copertura a forma di tettuccio detta “a cappuccina”, particolarmente chiara, ad esempio, in una tomba che si trova addossata immediatamente all’esterno del muro settentrionale di questa fase della chiesa.

Attualmente una sola tomba è rimasta visibile, grazie a una copertura con lastra trasparente.

Così è descritta dalle archeologhe: “E’ possibile che vada collocata in questo contesto (fase romanica, XI-XII sec., N.d.R.) anche la tomba privilegiata intonacata e dipinta, rinvenuta presso il perimetrale nord della chiesa. Si tratta di una tomba di forma trapezoidale, con alveolo cefalico semicircolare e le pareti intonacate di bianco e dipinte con croci stilizzate, di colore rosso, secondo un’iconografia che va dal X al XII secolo. La tomba è stata purtroppo rinvenuta già violata e riutilizzata come ossario in epoche successive, ma doveva appartenere in origine a un personaggio, laico o appartenente al clero, purtroppo non identificabile”.

Il testo continua ricordando anche l’altra tomba di forma trapezoidale, recuperata intatta, che “presentava l’alveolo cefalico realizzato con due mattoni posati sul fondo ai lati del cranio”.

La tomba più appariscente resta comunque la tomba dipinta, le cui croci hanno forma marcata con tratti larghi, più aperti alle estremità (croce “patente”) sui due lati brevi della stessa. Il disegno sul lato sud presenta un doppio tratto, mentre sul lato nord si ha un tracciato, accompagnato da altri segni, meno facile da interpretare.

Anche qui può essere utile il riferimento a tombe dipinte più note: se ne hanno in alcune chiese antiche di Milano, in particolare s. Nazaro e nel duomo di Monza [26].

I battisteri

Come per la chiesa, anche per i battisteri alla struttura più antica ne sono seguite delle altre, che il pannello illustrativo di Ceresa Mori e Righetto così descrive: “Su questo (il più antico, n.d.r.) fonte battesimale si imposta un nuovo battistero a base rettangolare in malta, con pochi resti dell’alzato, che certe asimmetrie nelle pareti rimaste farebbero supporre ottagonale.

Il terzo battistero, il più tardo, ha forma circolare e si trova immediatamente a ovest del precedente, al quale sembra appoggiarsi in parte riutilizzandolo. Esso potrebbe essere in rapporto sia con la chiesa altomedievale che con la chiesa romanica con la quale ha in comune la tecnica muraria in opus spicatum”.

In effetti, questo terzo battistero presenta particolari di caratteristica evidenza, con il suo foro per l’ingresso dell’acqua e il canaletto per l’uscita: la copertura con lastra trasparente ne ha assicurato, analogamente a quanto si è fatto per la tomba dipinta, la piena visibilità.

La quarta fase della chiesa

Gli strati più alti dello scavo avevano ben presto riportato alla luce le basi delle absidi e dei pilastri corrispondenti alla pianta fatta disegnare da s. Carlo. S. Giovanni Battista ebbe dunque dopo le fasi fin qui ricordate un ampliamento che portò praticamente a raddoppiarne la larghezza. Si tratta di un aspetto di riconoscibilità relativamente più immediata nel succedersi di edifici che hanno preceduto la chiesa attuale: se ne tratterà nei prossimi capitoli.



[1]Cfr. Giulio COLOMBO in Dizionario della Chiesa Ambrosiana ed. Nuove edizioni Duomo, Milano 1987-93; vol. V-1992, “Pieve” (Poi DCA)

[2] Cfr. Giulio COLOMBO, o.c.

[3] Cfr. Bruno Maria BOSATRA, DCA,  vol. IV-1990, Parrocchia

[4] Cfr. Angelo PAREDI, Introduzione in Gualberto VIGOTTI, La Diocesi di Milano alla fine del secolo XIII, Roma 1974, che costituisce la ricostruzione della struttura ecclesiastica della diocesi di Milano sulla base del Liber notitiae.

[5] G. VIGOTTI, o.c., pp. 172-174. Le cifre e lettere tra parentesi costituiscono il riferimento per il Liber notitiae.

[6] Cfr. M.L. CORSI,  Note sulla famiglia da Baggio (sec. IX-XIII), in AA.VV., Contributi dell’istituto di storia medievale, ed. Vita e Pensiero, Milano 1968, vol. I, pp. 166-167.

[7] CDL, 256..

[8].Cfr. G. ANDENNA, Una famiglia milanese di “cives” proprietari terrieri nella pieve di Cesano Boscone: i Cagapisto, in AA.VV., Contributi dell’istituto di storia medievale, ed. Vita e Pensiero, Milano 1972, vol. II, pag. 659; v. anche CONSERVA-PONTI-VIGORELLI, Trecianum, vol. IV, pp. 93-94.

[9] CDL, 371.

[10] CDL, 457

[11] Atti privati, vol. I, n. 13 e 50.

[12] Cfr. G. ANDENNA, o.c., pag. 671.

[13] ASM fondo pergamene, cart. 303, 139; citato in M.L. CORSI, Piccoli proprietari rurali in Garbagnate Marcido: i Veneroni, in AA.VV., Contributi dell’istituto di storia medievale, ed. Vita e Pensiero, Milano 1972, vol. II, pag. 700.

[14] M.L. CORSI, Note sulla famiglia da Baggio, cit., pag. 200.

[15] CDL, 556

[16] Cfr. M.L. CORSI, Note sulla famiglia da Baggio, cit., pagg. 170 e 172.

[17] Atti privati, vol. I, n. 305.

[18] Atti privati, vol. I, n. 645.

[19] Cfr. G. BOGNETTI, Studi sulle origini del Comune rurale , ed. Vita e Pensiero, Milano 1978, pag. 189.

[20] ASM, Fondo pergamene, cart. 303, n. 2-3.

[21] GIULINI, vol. 4, pag. 67.

[22] AMBROSIONI Anna Maria ( a cura di), Le pergamene nella canonica di s. Ambrogio nel sec. XII, ed. Vita e Pensiero, Milano 1974, n. 19.

[23] AMBROSIONI, cit., n. 48.

[24] I tre documenti si trovano in AMBROSIONI, cit., n. 25; 11; 117.

[25] RIBOLDI Ezio, I contadi rurali nel milanese, in Arch. Storico Lombardo, serie IV, Vol. I, 1904, pp. 46-53 (La Bazana). Cfr. anche G.L. BARNI, La lotta contro il Barbarossa in Storia di Milano, Fondaz. Trecani, 1954, vol. IV, pag. 39. Nel racconto del Barni sono interessanti rispetto a Cesano soprattutto i riferimenti ad Abbiategrasso e Rosate (costrizione alla fuoruscita  degli abitanti del dicembre 1154, pag. 14) e alle devastazioni del 1167 di Rosate, Abbiategrasso e Corbetta (p. 89).

[26] Si veda la scheda di Giovanni VALAGUSSA in  Pittura in Brianza e in Valsassina, ed. Cariplo, Milano 1993, pag. 221, che dà una prima indicazione sulle tombe con croci dipinte del duomo di Monza e suggerisce la bibliografia per un confronto con quelle di Milano.