AREE TOMBE: l'epoca romana

Chi era Tizio Cassiano?

Ciò che sappiamo di lui è un nome inciso con scrittura elegante su di un cippo collocato sul sagrato. Questo il testo dell’iscrizione : IOM - L TITIUS CASSIANUS – EX  VOTO (a Giove ottimo massimo –Lucio Tizio Cassiano – Ex voto). Si tratta dunque di una dedica che il nostro personaggio ha voluto fare a Giove, la massima divinità del Pantheon pagano.

E’ difficile dire se tale dedica fosse l’espressione di una fede effettiva o semplicemente l’accondiscendenza a una convenzione. Del resto che cosa quest’uomo pensasse e quali fossero i suoi sentimenti più profondi ci sfugge e si colloca nell’area generica dell’appartenenza al mondo romano.

Una serie di ritrovamenti

L’ara votiva di Cassiano è stata ritrovata in occasione dei lavori per la costruzione della casa parrocchiale. Nella stessa circostanza sono apparsi altri reperti e l’elenco complessivo ci è fornito da una comunicazione del prevosto don Carlo Giovenzana alla Soprintendenza alle Antichità, in data 17 febbraio 1976[1]: quattro stele d’epoca romana, due delle quali con dedica, e un sarcofago.

In effetti un sarcofago cavo in serizzo(varietà di granito) di grosso spessore, fino a qualche anno fa costituiva una sorta di punto di riferimento proprio di fronte all’ara di Cassiano. “Ci troviamo presso la vasca”, si diceva in particolare tra giovani. Qualcuno, purtroppo , ne faceva uso come portarifiuti, così che si è preferito trasferire il tutto nel giardino della canonica. Si tratta di un’antica tomba, che recava in basso un foro rotondo, forse perché in epoca più tarda è stata utilizzata come abbeveratoio per il bestiame.

Per altro il vialetto del giardino, ai cui bordi è stata collocata la vasca-sarcofago, costituisce una sorta di piccola, gradevole passeggiata archeologica.

Insieme con reperti più grezzi, è posta in risalto la seconda ara votiva con iscrizione. Vi si legge: IOM - L URSIUS - HERMES - VSLM (Votum Solvit Libens Merito): Lucio Ursio Ermete sciolse di buon grado e a buon diritto il proprio voto.

Particolare interesse suscita poi una terza ara, che presenta due bassorilievi sulle facce laterali: da un lato una brocca inclinata, dall’altro una patera (piatto), con evidente allusione al gesto della libagione, caratteristico del culto antico e, in particolare, della venerazione per i defunti.

D’altra parte l’area della chiesa ha spesso restituito con generosità reperti antichi, nel corso degli scavi che si rendevano necessari per adattarne questo o quell’aspetto.

Nel 1949, ad esempio si era deciso di sistemare il sagrato piantandovi 24 tigli e 7 cedri, come ricorda con particolare precisione il prevosto Pietro Caldirola [2] che usa sì il più comune termine pini, ma vi aggiunge il corretto aggettivo botanico deodara.  “ Nel praticare lo scavo per il pino collocato sul bordo a destra della chiesa – continua don Caldirola- è affiorato a settanta centimetri di profondità un sarcofago di granito coperto da due pietre brute e contenente i resti di uno scheletro. Sarcofago che ho fatto collocare nel cortile interno della Casa Prepositurale dove è presumibile che resterà fino al giorno del Giudizio, per il semplice fatto che pesa la bellezza di circa 14 q.”.

Per meglio comprendere questa vicenda occorre ricordare che nel 1949 non esisteva l’attuale palazzo comunale, né era stato completato l’oratorio.

Don Caldirola sta scrivendo un Cronicon, cioè una sorta di diario degli avvenimenti importanti della vita parrocchiale. Racconta così, con stile godibilissimo, del gran parlare che si fece in quell’occasione di ritrovamenti ricordati dai più vecchi del paese, fino a ricostruirne la cronologia.

“Nel 1905 sul posto della nuova cappella della Madonna affiorarono un sarcofago di grandi dimensioni contenente due scheletri e un piccolo sarcofago contenente i resti di due infanti. Inoltre un gran numero di colonne mozze, capitelli, stele funerarie e altri cimeli medievali e romani che sono andati a finire per la maggior parte al Museo Archeologico del Castello di Milano.

Pure nel 1905 venne demolita una cripta che era al posto dell’altare del s. Cuore e ivi pure si rinvenne un sarcofago sigillato(….)

Nel 1912 si praticò uno scavo dove sono le colonne di sostegno dell’organo e lì sotto si rinvenne un enorme sarcofago contente un guerriero di due metri di altezza che teneva una grande spada sul petto. Nella tomba c ’erano altre armi non meglio precisate.     

Infine nel 1922 quando venne demolito il pronao antistante la chiesa per erigere la nuova facciata venne rintracciato un altro sarcofago e tutto intorno uno strato di due metri di ossa di morti”.

Don Caldirola continua ricordando quanto le ossa abbiano colpito l’immaginazione di tutti: nel sarcofago della cripta del s. Cuore si era ritenuto di vedere la silhouette di un prete; del cumulo d’ossa “si vocifera –osserva argutamente il prevosto- che siano i resti di una battaglia combattuta ai tempi di Federico Barbarossa”. Commenta poi che parecchi sarcofagi “sono andati a finire come …..abbeveratoi per le bestie dell’Ospizio”.     

Per il 1899, infine, l’anno in cui è stata consacrata la nuova chiesa, don Caldirola ha raccolto solo la testimonianza di un sarcofago rinvenuto nel profondo scavo per il campanile; ma in una enciclopedia sui comuni lombardi [3] si parla addirittura di una serie di tombe che farebbero pensare all’epoca longobarda.

Un’area già sacra ai pagani, i cui materiali sono stati  riutilizzati negli edifici cristiani

La complessità di queste notizie mostra quanto spesso si è ritornati sugli stessi luoghi per scavare, sistemare, cambiare e mostra quindi anche la difficoltà di una ricostruzione storica dopo tanti interventi diversi, che hanno a loro volta influito specialmente sulle condizioni delle tombe.

Nel restare, per ora, al solo periodo romano si deve osservare come anche lo scavo iniziato nel 1995 - il solo condotto con criteri scientifici di rispetto per i diversi strati del suolo- ha portato alla luce un enorme sarcofago, che si è ritenuto opportuno valorizzare collocandolo nel nuovo battistero.

L’area attualmente occupata dalla chiesa di s. Giovanni Battista e dagli edifici annessi era dunque già intensamente utilizzata in era precristiana ed aveva almeno in parte la funzione di area per la sepoltura. I caratteri delle iscrizioni sulle are di Cassiano e di Ursio fanno pensare alla scrittura capitale, a lettere maiuscole, di epoca ancora classica e ci riportano quindi ai periodi fiorenti dell’impero romano, intorno al II secolo dopo Cristo [4].

Un’indicazione più precisa è venuta dal ritrovamento di alcune monete del IV sec. D.C., due delle quali sono state fotografate e presentate nel pannello esplicativo degli scavi, realizzato dalla Società Lombarda di Archeologia e dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia [5].

Si tratta di un “follis in bronzo di Costanzo II (335-336 d.C.) della zecca di Cyzico” e di un secondo “ follis in bronzo di età costantiniana (330 d. C.) della zecca di Arelate”. Le due monete provengono da strati antecedenti rispetto a quello che ci ha ridato le tracce delle più antiche costruzioni cristiane che hanno preceduto la chiesa attuale.

Ancora verso la metà del IV secolo Cesano era dunque da considerarsi un luogo pagano. L’area sacra di questo luogo, caratterizzata dalle sepolture e dalle dediche alla divinità, è per altro sostanzialmente la stessa sulla quale più tardi gli abitanti, nel convertirsi al cristianesimo, avrebbero costruito la loro chiesa.  

La grande robustezza dei materiali in pesante granito costituì poi una riserva importante per le costruzioni delle epoche successive, quando non si ebbero più né la possibilità di trasporto, né forse la stessa disponibilità economica che erano state proprie dell’epoca romana.       

Ancora negli scavi del ’95 si è potuto far emergere un cippo del tutto analogo a quelli descritti in precedenza, posto orizzontalmente a sostenere il pilastro di un porticato ora inserito nella parete esterna del battistero. Anche su questo cippo si intravvede la dedica IOM e, forse, un’ulteriore iscrizione.

Nello stesso luogo sono visibili con chiarezza altri elementi antichi inseriti nella muratura o come base di sostegno di costruzioni successive. Elementi analoghi erano stati osservati sotto altri pilastri annessi alla chiesa, con lo scavo per la costruzione della casa parrocchiale.

Sono particolarmente indicativi a questo proposito i lastroni apparsi tra il materiale povero del muro d’ingresso della chiesa abbattuta un secolo fa per far posto all’edificio attuale, ma grazie allo scavo ritrovata nelle sue fondamenta così com’era all’epoca di s. Carlo Borromeo. Vi erano stati inseriti nel tentativo di renderlo più solido. Analogamente, a sostegno della base del campanile della stessa epoca erano stati utilizzati grossi blocchi di granito.

Con il tempo si crearono delle fenditure molto marcate, che mostrano come, quanto a stabilità dell’insieme, i risultati possano non aver sempre corrisposto alle attese.

 

[1] APC, cart. 5, fasc. 6

2i] APC, cart. 18, fasc. 1

[3] cfr. AA.VV., La Lombardia paese per paese, ed. Bonechi, Firenze 1985, vol. III - Cesano Boscone

[4] cfr. CONSERVA - PONTI - VIGORELLI, Trecianum, Trezzano sul Naviglio 1977, vol. IV, pag. 50

[5] Il pannello, in due riquadri, è stato realizzato da Carla PAGANI e Flavio FORTIN della Società Lombarda di Archeologia, su testi di Anna CERESA MORI (Soprint. Arch. Lomb.) e Giuliana RIGHETTO (Soc. Lomb. Arch.), le due esperte che più direttamente hanno seguito lo scavo.