 |
COSTITUZIONE DOGMATICA DEI VERBUM SULLA
DIVINA RIVELAZIONE
PROEMIO
1. In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma
fiducia, il santo Concilio fa sue queste parole di san Giovanni: «
Annunziamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si manifestò a
noi: vi annunziamo ciò che abbiamo veduto e udito, affinché anche
voi siate in comunione con noi, e la nostra comunione sia col Padre e col Figlio
suo Gesù Cristo » (1 Gv 1,2-3). Perciò seguendo le orme dei
Concili Tridentino e Vaticano I, intende proporre la genuina dottrina sulla
divina Rivelazione e la sua trasmissione, affinché per l'annunzio della
salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami .
CAPITOLO I
LA RIVELAZIONE
Natura e oggetto della Rivelazione
2. Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e
manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale
gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello
Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt
1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17)
nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv
15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli
alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione comprende eventi
e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella
storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà
significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il
mistero in esse contenuto. La profonda verità, poi, che questa
Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in
Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la
Rivelazione.
Preparazione della Rivelazione evangelica
3. Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo (cfr. Gv
1,3), offre agli uomini nelle cose create una perenne testimonianza di sé
(cfr. Rm 1,19-20); inoltre, volendo aprire la via di una salvezza superiore, fin
dal principio manifestò se stesso ai progenitori. Dopo la loro caduta,
con la promessa della redenzione, li risollevò alla speranza della
salvezza (cfr. Gn 3,15), ed ebbe assidua cura del genere umano, per dare la vita
eterna a tutti coloro i quali cercano la salvezza con la perseveranza nella
pratica del bene (cfr. Rm 2,6-7). A suo tempo chiamò Abramo, per fare di
lui un gran popolo (cfr. Gn 12,2); dopo i patriarchi ammaestrò questo
popolo per mezzo di Mosè e dei profeti, affinché lo riconoscesse
come il solo Dio vivo e vero, Padre provvido e giusto giudice, e stesse in
attesa del Salvatore promesso, preparando in tal modo lungo i secoli la via
all'Evangelo.
Cristo completa la Rivelazione
4. Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo
dei profeti, Dio « alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo
del Figlio» (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il
Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli
uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo
dunque, Verbo fatto carne, mandato come «uomo agli uomini », «
parla le parole di Dio » (Gv 3,34) e porta a compimento l'opera di salvezza
affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, vedendo il quale
si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con
la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni
e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i
morti, e infine con l'invio dello Spirito di verità, compie e completa la
Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è
con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per
la vita eterna. L'economia cristiana dunque, in quanto è l'Alleanza nuova
e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun'altra
Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù
Cristo (cfr. 1 Tm 6,14 e Tt 2,13).
Accogliere la Rivelazione con fede
5. A Dio che rivela è dovuta « l'obbedienza della fede» (Rm
16,26; cfr. Rm 1,5; 2 Cor 10,5-6), con la quale l'uomo gli si abbandona
tutt'intero e liberamente prestandogli « il pieno ossequio dell'intelletto
e della volontà » e assentendo volontariamente alla Rivelazione che
egli fa. Perché si possa prestare questa fede, sono necessari la grazia
di Dio che previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il
quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi dello spirito e dia «
a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità ». Affinché
poi l' intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo
stesso Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni.
Le verità rivelate
6. Con la divina Rivelazione Dio volle manifestare e comunicare se stesso e
i decreti eterni della sua volontà riguardo alla salvezza degli uomini, «per
renderli cioè partecipi di quei beni divini, che trascendono la
comprensione della mente umana ». Il santo Concilio professa che «
Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con
certezza con il lume naturale dell'umana ragione a partire dalle cose create»
(cfr. Rm 1,20); ma insegna anche che è merito della Rivelazione divina se
« tutto ciò che nelle cose divine non è di per sé
inaccessibile alla umana ragione, può, anche nel presente stato del
genere umano, essere conosciuto da tutti facilmente, con ferma certezza e senza
mescolanza d'errore ».
CAPITOLO II
LA TRASMISSIONE DELLA DIVINA RIVELAZIONE
Gli apostoli e i loro successori, missionari del Vangelo
7. Dio, con somma benignità, dispose che quanto egli aveva rivelato
per la salvezza di tutte le genti, rimanesse per sempre integro e venisse
trasmesso a tutte le generazioni. Perciò Cristo Signore, nel quale trova
compimento tutta intera la Rivelazione di Dio altissimo, ordinò agli
apostoli che l'Evangelo, prima promesso per mezzo dei profeti e da lui adempiuto
e promulgato di persona venisse da loro predicato a tutti come la fonte di ogni
verità salutare e di ogni regola morale, comunicando così ad essi
i doni divini. Ciò venne fedelmente eseguito, tanto dagli apostoli, i
quali nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero sia
ciò che avevano ricevuto dalla bocca del Cristo vivendo con lui e
guardandolo agire, sia ciò che avevano imparato dai suggerimenti dello
spirito Santo, quanto da quegli apostoli e da uomini a loro cerchia, i quali,
per ispirazione dello Spirito Santo, misero per scritto il messaggio della
salvezza.
Gli apostoli poi, affinché l'Evangelo si conservasse sempre integro e
vivo nella Chiesa, lasciarono come loro successori i vescovi, ad essi «
affidando il loro proprio posto di maestri ». Questa sacra Tradizione e la
Scrittura sacra dell'uno e dell'altro Testamento sono dunque come uno specchio
nel quale la Chiesa pellegrina in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve,
finché giunga a vederlo faccia a faccia, com'egli è (cfr. 1 Gv
3,2).
La sacra tradizione
8. Pertanto la predicazione apostolica, che è espressa in modo
speciale nei libri ispirati, doveva esser conservata con una successione
ininterrotta fino alla fine dei tempi. Gli apostoli perciò, trasmettendo
ciò che essi stessi avevano ricevuto, ammoniscono i fedeli ad attenersi
alle tradizioni che avevano appreso sia a voce che per iscritto (cfr. 2 Ts
2,15), e di combattere per quella fede che era stata ad essi trasmessa una volta
per sempre. Ciò che fu trasmesso dagli apostoli, poi, comprende tutto
quanto contribuisce alla condotta santa del popolo di Dio e all'incremento della
fede; così la Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto,
perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è,
tutto ciò che essa crede.
Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con
l'assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle
cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei
credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51), sia con la
intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali,
sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno
ricevuto un carisma sicuro di verità. Così la Chiesa nel corso dei
secoli tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché
in essa vengano a compimento le parole di Dio.
Le asserzioni dei santi Padri attestano la vivificante presenza di questa
Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della
Chiesa che crede e che prega. È questa Tradizione che fa conoscere alla
Chiesa l'intero canone dei libri sacri e nella Chiesa fa più
profondamente comprendere e rende ininterrottamente operanti le stesse sacre
Scritture. Così Dio, il quale ha parlato in passato non cessa di parlare
con la sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la
viva voce dell'Evangelo risuona nella Chiesa e per mezzo di questa nel mondo,
introduce i credenti alla verità intera e in essi fa risiedere la parola
di Cristo in tutta la sua ricchezza (cfr. Col 3,16).
Relazioni tra la Scrittura e la Tradizione
9. La sacra Tradizione dunque e la sacra Scrittura sono strettamente
congiunte e comunicanti tra loro. Poiché ambedue scaturiscono dalla
stessa divina sorgente, esse formano in certo qual modo un tutto e tendono allo
stesso fine. Infatti la sacra Scrittura e a parola di Dio in quanto consegnata
per iscritto per ispirazione dello Spirito divino; quanto alla sacra Tradizione,
essa trasmette integralmente la paro a di Dio--affidata da Cristo Signore e
dallo Spirito Santo agli apostoli--ai loro successori, affinché,
illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente
la conservino, la espongano e la diffondano; ne risulta così che la
Chiesa attinge la certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Scrittura e
che di conseguenza l'una e l'altra devono essere accettate e venerate con pari
sentimento di pietà e riverenza.
Relazioni della Tradizione e della Scrittura con tutta la chiesa e
con il magistero
10. La sacra tradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo sacro
deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa; nell'adesione ad esso tutto
il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera assiduamente nell'insegnamento
degli apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle
orazioni (cfr. At 2,42 gr.), in modo che, nel ritenere, praticare e professare
la fede trasmessa, si stabilisca tra pastori e fedeli una singolare unità
di spirito.
L'ufficio poi d'interpretare autenticamente la parola di Dio, scritta o
trasmessa, è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità
è esercitata nel nome di Gesù Cristo. Il quale magistero però
non è superiore alla parola di Dio ma la serve, insegnando soltanto ciò
che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza
dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone
quella parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò
che propone a credere come rivelato da Dio.
È chiaro dunque che la sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il
magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro
talmente connessi e congiunti che nessuna di queste realtà sussiste senza
le altre, e tutte insieme, ciascuna a modo proprio, sotto l'azione di un solo
Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime.
CAPITOLO III
L'ISPIRAZIONE DIVINA E L'INTERPRETAZIONE DELLA SACRA SCRITTURA
Ispirazione e verità della Scrittura
11. Le verità divinamente rivelate, che sono contenute ed espresse
nei libri della sacra Scrittura, furono scritte per ispirazione dello Spirito
Santo La santa madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti
interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro
parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo (cfr. Gv 20,31;
2 Tm 3,16); hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa
per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel
possesso delle loro facoltà e capacità , affinché, agendo
egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori, tutte e soltanto
quelle cose che egli voleva fossero scritte.
Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi
asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, bisogna
ritenere, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano con certezza,
fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza,
volle fosse consegnata nelle sacre Scritture. Pertanto «ogni Scrittura
divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per convincere, per
correggere, per educare alla giustizia, affinché l'uomo di Dio sia
perfetto, addestrato ad ogni opera buona».
Come deve essere interpretata la sacra Scrittura
12. Poiché Dio nella sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini
alla maniera umana, l'interprete della sacra Scrittura, per capir bene ciò
che egli ha voluto comunicarci, deve ricercare con attenzione che cosa gli
agiografi abbiano veramente voluto dire e a Dio è piaciuto manifestare
con le loro parole. Per ricavare l'intenzione degli agiografi, si deve
tener conto fra l'altro anche dei generi letterari. La verità infatti
viene diversamente proposta ed espressa in testi in vario modo storici, o
profetici, o poetici, o anche in altri generi di espressione. È
necessario adunque che l'interprete ricerchi il senso che l'agiografo in
determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua
cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso, intendeva esprimere ed ha
di fatto espresso. Per comprendere infatti in maniera esatta ciò che
l'autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far debita attenzione sia
agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti
ai tempi dell'agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso
nei rapporti umani.
Perciò, dovendo la sacra Scrittura esser letta e interpretata alla
luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta, per ricavare
con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore diligenza
al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della
viva tradizione di tutta la Chiesa e dell'analogia della fede. È compito
degli esegeti contribuire, seguendo queste norme, alla più profonda
intelligenza ed esposizione del senso della sacra Scrittura, affinché
mediante i loro studi, in qualche modo preparatori, maturi il giudizio della
Chiesa. Quanto, infatti, è stato qui detto sul modo di interpretare la
Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la
quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la
parola di Dio.
La « condiscendenza » della Sapienza divina
13. Nella sacra Scrittura dunque, restando sempre intatta la verità e
la santità di Dio, si manifesta l'ammirabile condiscendenza della eterna
Sapienza, « affinché possiamo apprendere l'ineffabile benignità
di Dio e a qual punto egli, sollecito e provvido nei riguardi della nostra
natura, abbia adattato il suo parlare». Le parole di Dio infatti, espresse
con lingue umane, si son fatte simili al parlare dell'uomo, come già il
Verbo dell'eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell'umana natura, si fece
simile all'uomo.
CAPITOLO IV
IL VECCHIO TESTAMENTO
La storia della salvezza nei libri del Vecchio Testamento
14. Iddio, progettando e preparando nella sollecitudine del suo grande amore
la salvezza del genere umano, si scelse con singolare disegno un popolo al quale
affidare le promesse. Infatti, mediante l'alleanza stretta con Abramo (cfr. Gn
15,18), e per mezzo di Mosè col popolo d'Israele (cfr. Es 24,8), egli si
rivelò, in parole e in atti, al popolo che così s'era acquistato
come l'unico Dio vivo e vero, in modo tale che Israele sperimentasse quale fosse
il piano di Dio con gli uomini e, parlando Dio stesso per bocca dei profeti, lo
comprendesse con sempre maggiore profondità e chiarezza e lo facesse
conoscere con maggiore ampiezza alle genti (cfr. Sal 21,28-29; 95,1-3; Is 2,1-4;
Ger 3,17). L'economia della salvezza preannunziata, narrata e spiegata dai sacri
autori, si trova in qualità di vera parola di Dio nei libri del Vecchio
Testamento; perciò questi libri divinamente ispirati conservano valore
perenne: « Quanto fu scritto, lo è stato per nostro ammaestramento,
affinché mediante quella pazienza e quel conforto che vengono dalle
Scritture possiamo ottenere la speranza » (Rm 15,4).
Importanza del Vecchio Testamento per i cristiani
15. L'economia del Vecchio Testamento era soprattutto ordinata a preparare,
ad annunziare profeticamente (cfr. Lc 24,44; Gv 5,39; 1 Pt 1,10) e a significare
con diverse figure (cfr. 1 Cor 10,11) l'avvento di Cristo redentore
dell'universo e del regno messianico. I libri poi del Vecchio Testamento, tenuto
conto della condizione del genere umano prima dei tempi della salvezza
instaurata da Cristo, manifestano a tutti chi è Dio e chi è l'uomo
e il modo con cui Dio giusto e misericordioso agisce con gli uomini. Questi
libri, sebbene contengano cose imperfette e caduche, dimostrano tuttavia una
vera pedagogia divina. Quindi i cristiani devono ricevere con devozione questi
libri: in essi si esprime un vivo senso di Dio; in essi sono racchiusi sublimi
insegnamenti su Dio, una sapienza salutare per la vita dell'uomo e mirabili
tesori di preghiere; in essi infine è nascosto il mistero della nostra
salvezza.
Unità dei due Testamenti
16. Dio dunque, il quale ha ispirato i libri dell'uno e dell'altro
Testamento e ne è l'autore, ha sapientemente disposto che il Nuovo fosse
nascosto nel Vecchio e il Vecchio fosse svelato nel Nuovo. Poiché, anche
se Cristo ha fondato la Nuova Alleanza nel sangue suo (cfr. Lc 22,20; 1 Cor
11,25), tuttavia i libri del Vecchio Testamento, integralmente assunti nella
predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro pieno significato nel
Nuovo Testamento (cfr. Mt 5,17; Lc 24,27), che essi a loro volta illuminano e
spiegano.
CAPITOLO V
IL NUOVO TESTAMENTO
Eccellenza del Nuovo Testamento
17. La parola di Dio, che è potenza divina per la salvezza di
chiunque crede (cfr. Rm 1,16), si presenta e manifesta la sua forza in modo
eminente negli scritti del Nuovo Testamento. Quando infatti venne la pienezza
dei tempi (cfr. Gal 4,4), il Verbo si fece carne ed abitò tra noi pieno
di grazia e di verità (cfr. Gv 1,14). Cristo stabilì il regno di
Dio sulla terra, manifestò con opere e parole il Padre suo e se stesso e
portò a compimento l'opera sua con la morte, la risurrezione e la
gloriosa ascensione, nonché con l'invio dello Spirito Santo. Elevato da
terra, attira tutti a sé (cfr. Gv 12,32 gr.), lui che solo ha parole di
vita eterna (cfr. Gv 6,68). Ma questo mistero non fu palesato alle altre
generazioni, come adesso è stato svelato ai santi apostoli suoi e ai
profeti nello Spirito Santo (cfr. Ef 3,4-6, gr.), affinché predicassero
l'Evangelo, suscitassero la fede in Gesù Cristo Signore e radunassero la
Chiesa. Di tutto ciò gli scritti del Nuovo Testamento presentano una
testimonianza perenne e divina.
Origine apostolica dei Vangeli
18. A nessuno sfugge che tra tutte le Scritture, anche quelle del Nuovo
Testamento, i Vangeli possiedono una superiorità meritata, in quanto
costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del
Verbo incarnato, nostro Salvatore. La Chiesa ha sempre e in ogni luogo ritenuto
e ritiene che i quattro Vangeli sono di origine apostolica. Infatti, ciò
che gli apostoli per mandato di Cristo predicarono, in seguito, per ispirazione
dello Spirito Santo, fu dagli stessi e da uomini della loro cerchia tramandato
in scritti che sono il fondamento della fede, cioè l'Evangelo quadriforme
secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Carattere storico dei Vangeli
19. La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e con la più
grande costanza che i quattro suindicati Vangeli, di cui afferma senza
esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio
di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò
per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo (cfr At
1,1-2). Gli apostoli poi, dopo l'Ascensione del Signore, trasmisero ai loro
ascoltatori ciò che egli aveva detto e fatto, con quella più
completa intelligenza delle cose, di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi
di Cristo e illuminati dallo Spirito di verità, godevano. E gli autori
sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte che erano
tramandate a voce o già per iscritto, redigendo un riassunto di altre, o
spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il
carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su Gesù
cose vere e sincere. Essi infatti, attingendo sia ai propri ricordi sia alla
testimonianza di coloro i quali « fin dal principio furono testimoni
oculari e ministri della parola », scrissero con l'intenzione di farci
conoscere la « verità » (cfr. Lc 1,2-4) degli insegnamenti che
abbiamo ricevuto.
Gli altri scritti del Nuovo Testamento
20. Il canone del Nuovo Testamento, oltre i quattro Vangeli, contiene anche
le lettere di san Paolo ed altri scritti apostolici, composti per ispirazione
dello Spirito Santo; questi scritti, per sapiente disposizione di Dio,
confermano tutto ciò che riguarda Cristo Signore, spiegano ulteriormente
la sua dottrina autentica, fanno conoscere la potenza salvifica dell'opera
divina di Cristo, narrano gli inizi della Chiesa e la sua mirabile diffusione
nel mondo e preannunziano la sua gloriosa consumazione. Il Signore Gesù,
infatti, assisté i suoi apostoli come aveva promesso (cfr. Mt 28,20) e
inviò loro lo Spirito consolatore, il quale doveva introdurli nella
pienezza della verità (cfr. Gv 16,13).
CAPITOLO VI
LA SACRA SCRITTURA NELLA VITA DELLA CHIESA
Importanza della sacra Scrittura per la Chiesa
21. La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il
Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di
nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di
Cristo, e di porgerlo ai fedeli. Insieme con la sacra Tradizione, ha sempre
considerato e considera le divine Scritture come la regola suprema della propria
fede; esse infatti, ispirate come sono da Dio e redatte una volta per sempre,
comunicano immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare nelle parole
dei profeti e degli apostoli la voce dello Spirito Santo. È necessario
dunque che la predicazione ecclesiastica, come la stessa religione cristiana,
sia nutrita e regolata dalla sacra Scrittura. Nei libri sacri, infatti, il Padre
che è nei cieli viene con molta amorevolezza incontro ai suoi figli ed
entra in conversazione con essi; nella parola di Dio poi è insita tanta
efficacia e potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli
della Chiesa la forza della loro fede, il nutrimento dell'anima, la sorgente
pura e perenne della vita spirituale. Perciò si deve riferire per
eccellenza alla sacra Scrittura ciò che è stato detto: «viva
ed efficace è la parola di Dio » (Eb 4,12), « che ha il potere
di edificare e dare l'eredità con tutti i santificati» (At 20,32;
cfr. 1 Ts 2,13).
Necessità di traduzioni appropriate e corrette
22. È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla sacra
Scrittura. Per questo motivo, la Chiesa fin dagli inizi fece sua l'antichissima
traduzione greca del Vecchio Testamento detta dei Settanta, e ha sempre in onore
le altre versioni orientali e le versioni latine, particolarmente quella che è
detta Volgata. Poiché, però, la parola di Dio deve essere a
disposizione di tutti in ogni tempo, la Chiesa cura con materna sollecitudine
che si facciano traduzioni appropriate e corrette nelle varie lingue, di
preferenza a partire dai testi originali dei sacri libri. Se, per una ragione di
opportunità e col consenso dell'autorità della Chiesa, queste
saranno fatte in collaborazione con i fratelli separati, potranno essere usate
da tutti i cristiani.
Impegno apostolico degli studiosi
23. La sposa del Verbo incarnato, la Chiesa, ammaestrata dallo Spirito
Santo, si preoccupa di raggiungere una intelligenza sempre più profonda
delle sacre Scritture, per poter nutrire di continuo i suoi figli con le divine
parole; perciò a ragione favorisce anche lo studio dei santi Padri
d'Oriente e d'Occidente e delle sacre liturgie. Gli esegeti cattolici poi, e gli
altri cultori di sacra teologia, collaborando insieme con zelo, si adoperino
affinché, sotto la vigilanza del sacro magistero, studino e spieghino con
gli opportuni sussidi le divine Lettere, in modo che il più gran numero
possibile di ministri della divina parola siano in grado di offrire con frutto
al popolo di Dio l'alimento delle Scritture, che illumina la mente, corrobora le
volontà e accende i cuori degli uomini all'amore di Dio l Il santo
Concilio incoraggia i figli della Chiesa che coltivano le scienze bibliche,
affinché, con energie sempre rinnovate, continuino fino in fondo il
lavoro felicemente intrapreso con un ardore totale e secondo il senso della
Chiesa.
Importanza della sacra Scrittura per la teologia
24. La sacra teologia si basa come su un fondamento perenne sulla parola di
Dio scritta, inseparabile dalla sacra Tradizione; in essa vigorosamente si
consolida e si ringiovanisce sempre, scrutando alla luce della fede ogni verità
racchiusa nel mistero di Cristo. Le sacre Scritture contengono la parola di Dio
e, perché ispirate, sono veramente parola di Dio, sia dunque lo studio
delle sacre pagine come l'anima della sacra teologia. Anche il ministero della
parola, cioè la predicazione pastorale, la catechesi e ogni tipo di
istruzione cristiana, nella quale l'omelia liturgica deve avere un posto
privilegiato, trova in questa stessa parola della Scrittura un sano nutrimento e
un santo vigore.
Si raccomanda la lettura della sacra Scrittura
25. Perciò è necessario che tutti i chierici, principalmente i
sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al
ministero della parola, conservino un contatto continuo con le Scritture
mediante una lettura spirituale assidua e uno studio accurato, affinché
non diventi « un vano predicatore della parola di Dio all'esterno colui che
non l'ascolta dentro di sé», mentre deve partecipare ai fedeli a lui
affidati le sovrabbondanti ricchezze della parola divina, specialmente nella
sacra liturgia. Parimenti il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti
i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere « la sublime scienza di
Gesù Cristo » (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine
Scritture. « L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di
Cristo ». Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della
sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia
lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi,
che con l'approvazione e a cura dei pastori della Chiesa, lodevolmente oggi si
diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della sacra
Scrittura dev'essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca
il dialogo tra Dio e l'uomo; poiché «quando preghiamo, parliamo con
lui; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini ». Compete ai
vescovi, «depositari della dottrina apostolica », ammaestrare
opportunamente i fedeli loro affidati sul retto uso dei libri divini, in modo
particolare del Nuovo Testamento e in primo luogo dei Vangeli, grazie a
traduzioni dei sacri testi; queste devono essere corredate delle note necessarie
e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa si familiarizzino
con sicurezza e profitto con le sacre Scritture e si imbevano del loro spirito.
Inoltre, siano preparate edizioni della sacra Scrittura fornite di idonee
annotazioni, ad uso anche dei non cristiani e adattate alla loro situazione; sia
i pastori d'anime, sia i cristiani di qualsiasi stato avranno cura di
diffonderle con zelo e prudenza.
Conclusione
26. In tal modo dunque, con la lettura e lo studio dei sacri libri « la
parola di Dio compia la sua corsa e sia glorificata» (2 Ts 3,1), e il
tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il
cuore degli uomini. Come dall'assidua frequenza del mistero eucaristico si
accresce la vita della Chiesa, così è lecito sperare nuovo impulso
alla vita spirituale dall'accresciuta venerazione per la parola di Dio, che «permane
in eterno» (Is 40,8; cfr. 1 Pt 1,23-25).
18 novembre 1965
|