COSTITUZIONE PASTORALE GAUDIUM ET SPES
SULLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO
PROEMIO
1. Intima unione della Chiesa con l'intera famiglia umana.
Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei
poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le
speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è
di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.
La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali,
riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro
pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di
salvezza da proporre a tutti.
Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e
intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia.
2. A chi si rivolge il Concilio.
Per questo il Concilio Vaticano II, avendo penetrato più a fondo il
mistero della Chiesa, non esita ora a rivolgere la sua parola non più ai
soli figli della Chiesa e a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma a
tutti gli uomini. A tutti vuol esporre come esso intende la presenza e l'azione
della Chiesa nel mondo contemporaneo. Il mondo che esso ha presente è
perciò quello degli uomini, ossia l'intera famiglia umana nel contesto di
tutte quelle realtà entro le quali essa vive; il mondo che è
teatro della storia del genere umano, e reca i segni degli sforzi dell'uomo,
delle sue sconfitte e delle sue vittorie; il mondo che i cristiani credono
creato e conservato in esistenza dall'amore del Creatore: esso è caduto,
certo, sotto la schiavitù del peccato, ma il Cristo, con la croce e la
risurrezione ha spezzato il potere del Maligno e l'ha liberato e destinato,
secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento.
3. A servizio dell'uomo.
Ai nostri giorni l'umanità, presa d'ammirazione per le proprie
scoperte e la propria potenza, agita però spesso ansiose questioni
sull'attuale evoluzione del mondo, sul posto e sul compito dell'uomo
nell'universo, sul senso dei propri sforzi individuali e collettivi, e infine
sul destino ultimo delle cose e degli uomini. Per questo il Concilio,
testimoniando e proponendo la fede di tutto intero il popolo di Dio riunito dal
Cristo, non potrebbe dare una dimostrazione più eloquente di solidarietà,
di rispetto e d'amore verso l'intera famiglia umana, dentro la quale è
inserito, che instaurando con questa un dialogo sui vari problemi sopra
accennati, arrecando la luce che viene dal Vangelo, e mettendo a disposizione
degli uomini le energie di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito
Santo, riceve dal suo Fondatore. Si tratta di salvare l'uomo, si tratta di
edificare l'umana società.
È l'uomo dunque, l'uomo considerato nella sua unità e nella
sua totalità, corpo e anima, l'uomo cuore e coscienza, pensiero e volontà,
che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione.
Pertanto il santo Concilio, proclamando la grandezza somma della vocazione
dell'uomo e la presenza in lui di un germe divino, offre all'umanità la
cooperazione sincera della Chiesa, al fine d'instaurare quella fraternità
universale che corrisponda a tale vocazione.
Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo:
continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l'opera stessa di Cristo,
il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a
salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito .
LA CONDIZIONE DELL'UOMO NEL MONDO CONTEMPORANEO
4. Speranze e angosce.
Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di
scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così
che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni
interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro
relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui
viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico.
Ecco come si possono delineare le caratteristiche più rilevanti del mondo
contemporaneo. L'umanità vive oggi un periodo nuovo della sua storia,
caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si estendono
all'insieme del globo. Provocati dall'intelligenza e dall'attività
creativa dell'uomo, si ripercuotono sull'uomo stesso, sui suoi giudizi e sui
desideri individuali e collettivi, sul suo modo di pensare e d'agire, sia nei
confronti delle cose che degli uomini. Possiamo così parlare di una vera
trasformazione sociale e culturale, i cui riflessi si ripercuotono anche sulla
vita religiosa.
Come accade in ogni crisi di crescenza, questa trasformazione reca con sé
non lievi difficoltà.
Così, mentre l'uomo tanto largamente estende la sua potenza, non
sempre riesce però a porla a suo servizio. Si sforza di penetrare nel più
intimo del suo essere, ma spesso appare più incerto di se stesso. Scopre
man mano più chiaramente le leggi della vita sociale, ma resta poi
esitante sulla direzione da imprimervi. Mai il genere umano ebbe a disposizione
tante ricchezze, possibilità e potenza economica; e tuttavia una grande
parte degli abitanti del globo è ancora tormentata dalla fame e dalla
miseria, e intere moltitudini non sanno né leggere né scrivere.
Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà,
e intanto sorgono nuove forme di schiavitù sociale e psichica.
E mentre il mondo avverte così lucidamente la sua unità e la
mutua interdipendenza dei singoli in una necessaria solidarietà,
violentemente viene spinto in direzioni opposte da forze che si combattono;
infatti, permangono ancora gravi contrasti politici, sociali, economici,
razziali e ideologici, né è venuto meno il pericolo di una guerra
capace di annientare ogni cosa.
Aumenta lo scambio delle idee; ma le stesse parole con cui si esprimono i più
importanti concetti, assumono nelle differenti ideologie significati assai
diversi.
Infine, con ogni sforzo si vuol costruire un'organizzazione temporale più
perfetta, senza che cammini di pari passo il progresso spirituale.
Immersi in così contrastanti condizioni, moltissimi nostri
contemporanei non sono in grado di identificare realmente i valori perenni e di
armonizzarli dovutamente con le scoperte recenti.
Per questo sentono il peso della inquietudine, tormentati tra la speranza e
l'angoscia, mentre si interrogano sull'attuale andamento del mondo.
Questo sfida l'uomo, anzi lo costringe a darsi una risposta.
5. Profonde mutazioni.
Il presente turbamento degli spiriti e la trasformazione delle condizioni di
vita si collegano con un più radicale modificazione, che tende al
predominio, nella formazione dello spirito, delle scienze matematiche, naturali
e umane, mentre sul piano dell'azione Si affida alla tecnica, originata da
quelle scienze. Questa mentalità scientifica modella in modo diverso da
prima la cultura e il modo di pensare. La tecnica poi è tanto progredita,
da trasformare la faccia della terra e da perseguire ormai la conquista dello
spazio ultraterrestre. Anche sul tempo l'intelligenza umana accresce in certo
senso il suo dominio: sul passato mediante l'indagine storica, sul futuro con la
prospettiva e la pianificazione. Non solo il progresso delle scienze biologiche,
psicologiche e sociali dà all'uomo la possibilità di una migliore
conoscenza di sé, ma lo mette anche in condizioni di influire
direttamente sulla vita delle società, mediante l'uso di tecniche
appropriate.
Parimenti l'umanità sempre più si preoccupa di prevedere e
controllare il proprio incremento demografico. Il movimento stesso della storia
diventa così rapido, da poter difficilmente esser seguito dai singoli
uomini. Unico diventa il destino della umana società o senza
diversificarsi più in tante storie separate. Così il genere umano
passa da una concezione piuttosto statica dell'ordine delle cose, a una
concezione più dinamica ed evolutiva.
Ciò favorisce il sorgere di un formidabile complesso di nuovi
problemi, che stimola ad analisi e a sintesi nuove.
6. Mutamenti nell'ordine sociale.
In seguito a tutto questo, mutamenti sempre più profondi si
verificano nelle comunità locali tradizionali famiglie patriarcali, clan,
tribù, villaggi, nei differenti gruppi e nei rapporti della vita sociale.
Si diffonde gradatamente il tipo di società industriale, che favorisce in
alcune nazioni una economia dell'opulenza, e trasforma radicalmente concezioni e
condizioni secolari di vita sociale. Parimenti la civilizzazione urbana e
l'attrazione che essa provoca s'intensificano, sia per il moltiplicarsi delle
città e dei loro abitanti, sia per la diffusione tra i rurali dei modelli
di vita cittadina. Nuovi e migliori mezzi di comunicazione sociale favoriscono
nel modo più largo e più rapido la conoscenza degli avvenimenti e
la diffusione delle idee e dei sentimenti, suscitando così numerose
reazioni a catena. Né va sottovalutato che moltissima gente, spinta per
varie ragioni ad emigrare, cambia il suo modo di vivere. In tal modo, senza
arresto si moltiplicano i rapporti dell'uomo coi suoi simili, mentre a sua volta
questa « socializzazione » crea nuovi legami, senza tuttavia favorire
sempre una corrispondente maturazione delle persone e rapporti veramente
personali, cioè la « personalizzazione ». Un'evoluzione
siffatta appare più manifesta nelle nazioni che già godono del
progresso economico e tecnico; ma essa mette in movimento anche quei popoli
ancora in via di sviluppo, che aspirano ad ottenere per i loro paesi i benefici
della industrializzazione e dell'urbanizzazione.
Questi popoli, specialmente se vincolati da più antiche tradizioni,
sentono allo stesso tempo il bisogno di esercitare la loro libertà in
modo più adulto e più personale.
7. Mutamenti psicologici, morali e religiosi.
Il cambiamento di mentalità e di strutture spesso mette in causa i
valori tradizionali, soprattutto tra i giovani: frequentemente impazienti, essi
diventano ribelli per l'inquietudine; consci della loro importanza nella vita
sociale, desiderano assumere al più presto le loro responsabilità.
Spesso genitori ed educatori si trovano per questo ogni giorno in maggiori
difficoltà nell'adempimento del loro compito.
Le istituzioni, le leggi, i modi di pensare e di sentire ereditati dal
passata non sempre si adattano bene alla situazione attuale; di qui un profondo
disagio nel comportamento e nelle stesse norme di condotta. Anche la vita
religiosa, infine, è sotto l'influsso delle nuove situazioni. Da un lato,
un più acuto senso critico la purifica da ogni concezione magica nel
mondo e dalle sopravvivenze superstiziose ed esige un adesione sempre più
personale e attiva alla fede; numerosi sono perciò coloro che giungono a
un più vivo senso di Dio. D'altro canto però, moltitudini
crescenti praticamente si staccano dalla religione. A differenza dei tempi
passati, negare Dio o la religione o farne praticamente a meno, non è più
un fatto insolito e individuale.
Oggi infatti non raramente un tale comportamento viene presentato come
esigenza del progresso scientifico o di un nuovo tipo di umanesimo.
Tutto questo in molti paesi non si manifesta solo a livello filosofico, ma
invade in misura notevolissima il campo delle lettere, delle arti, dell'
interpretazione delle scienze umane e della storia, anzi la stessa legislazione:
di qui il disorientamento di molti.
8. Squilibri nel mondo contemporaneo.
Una così rapida evoluzione, spesso disordinatamente realizzata, e la
stessa presa di coscienza sempre più acuta delle discrepanze esistenti
nel mondo, generano o aumentano contraddizioni e squilibri. Anzitutto a livello
della persona si nota molto spesso lo squilibrio tra una moderna intelligenza
pratica e il modo di pensare speculativo, che non riesce a dominare né a
ordinare in sintesi soddisfacenti l'insieme delle sue conoscenze.
Uno squilibrio si genera anche tra la preoccupazione dell'efficienza pratica
e le esigenze della coscienza morale, nonché molte volte tra le
condizioni della vita collettiva e le esigenze di un pensiero personale e della
stessa contemplazione.
Di qui ne deriva infine lo squilibrio tra le specializzazioni dell'attività
umana e una visione universale della realtà. Nella famiglia poi le
tensioni nascono sia dalla pesantezza delle condizioni demografiche, economiche
e sociali, sia dal conflitto tra le generazioni che si susseguono, sia dal nuovo
tipo di rapporti sociali tra uomo e donna. Grandi contrasti sorgono anche tra le
razze e le diverse categorie sociali; tra nazioni ricche e meno dotate e povere;
infine tra le istituzioni internazionali nate dall'aspirazione dei popoli alla
pace e l'ambizione di imporre la propria ideologia, nonché gli egoismi
collettivi esistenti negli Stati o in altri gruppi.
Di qui derivano diffidenze e inimicizie, conflitti ed amarezze di cui l'uomo
è a un tempo causa e vittima.
9. Le aspirazioni sempre più universali dell'umanità.
Cresce frattanto la convinzione che l'umanità non solo può e
deve sempre più rafforzare il suo dominio sul creato, ma che le compete
inoltre instaurare un ordine politico, sociale ed economico che sempre più
e meglio serva l'uomo e aiuti i singoli e i gruppi ad affermare e sviluppare la
propria dignità. Donde le aspre rivendicazioni di tanti che, prendendo
nettamente coscienza, reputano di essere stati privati di quei beni per
ingiustizia o per una non equa distribuzione.
I paesi in via di sviluppo o appena giunti all'indipendenza desiderano
partecipare ai benefici della civiltà moderna non solo sul piano politico
ma anche economico, e liberamente compiere la loro parte nel mondo; invece
cresce ogni giorno la loro distanza e spesso la dipendenza anche economica dalle
altre nazioni più ricche, che progrediscono più rapidamente.
I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli più
ricchi.
Le donne rivendicano, là dove ancora non l'hanno raggiunta, la parità
con gli uomini, non solo di diritto, ma anche di fatto. Operai e contadini non
vogliono solo guadagnarsi il necessario per vivere, ma sviluppare la loro
personalità col lavoro, anzi partecipare all'organizzazione della vita
economica, sociale, politica e culturale. Per la prima volta nella storia umana,
i popoli sono oggi persuasi che i benefici della civiltà possono e
debbono realmente estendersi a tutti.
Sotto tutte queste rivendicazioni si cela un'aspirazione più profonda
e universale.
I singoli e i gruppi organizzati anelano infatti a una vita piena e libera,
degna dell'uomo, che metta al proprio servizio tutto quanto il mondo oggi offre
loro così abbondantemente.
Anche le nazioni si sforzano sempre più di raggiungere una certa
comunità universale.
Stando così le cose, il mondo si presenta oggi potente a un tempo e
debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la
strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del
regresso, della fraternità o dell'odio. Inoltre l'uomo prende coscienza
che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono
schiacciarlo o servirgli.
Per questo si pone degli interrogativi.
10. Gli interrogativi più profondi del genere umano.
In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si
collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel
cuore dell'uomo. È proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si
combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille
modi i suoi limiti; d'altra parte sente di essere senza confini nelle sue
aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da molte attrattive, è
costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre,
debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che
vorrebbe.
Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche
tante e così gravi discordie nella società. Molti, è vero,
la cui vita è impregnata di materialismo pratico, sono lungi dall'avere
una chiara percezione di questo dramma; oppure, oppressi dalla miseria, non
hanno modo di rifletterci. Altri, in gran numero, credono di trovare la loro
tranquillità nelle diverse spiegazioni del mondo che sono loro proposte.
Alcuni poi dai soli sforzi umani attendono una vera e piena liberazione
dell'umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell'uomo sulla terra
appagherà tutti i desideri del suo cuore. Né manca chi, disperando
di dare uno scopo alla vita, loda l'audacia di quanti, stimando l'esistenza
umana vuota in se stessa di significato, si sforzano di darne una spiegazione
completa mediante la loro sola ispirazione.
Con tutto ciò, di fronte all'evoluzione attuale del mondo, diventano
sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza
gli interrogativi più fondamentali: cos'è l'uomo?
Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che
continuano a sussistere malgrado ogni progresso?
Cosa valgono quelle conquiste pagate a così caro prezzo?
Che apporta l'uomo alla società, e cosa può attendersi da
essa?
Cosa ci sarà dopo questa vita?
Ecco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà
sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua
altissima vocazione; né è dato in terra un altro Nome agli uomini,
mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di trovare nel suo
Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana.
Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta
stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in
Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli.
Così nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito
di tutte le creature il Concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il
mistero dell'uomo e per cooperare nella ricerca di una soluzione ai principali
problemi del nostro tempo.
PARTE I
LA CHIESA E LA VOCAZIONE DELL'UOMO
11. Rispondere agli impulsi dello Spirito.
Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo
Spirito del Signore che riempie l'universo, cerca di discernere negli
avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con
gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del
disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le
intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, orientando così lo
spirito verso soluzioni pienamente umane.
In questa luce, il Concilio si propone innanzitutto di esprimere un giudizio
su quei valori che oggi sono più stimati e di ricondurli alla loro divina
sorgente.
Questi valori infatti, in quanto procedono dall'ingegno umano che all'uomo è
stato dato da Dio, sono in sé ottimi ma per effetto della corruzione del
cuore umano non raramente vengono distorti dall'ordine richiesto, per cui hanno
bisogno di essere purificati.
Che pensa la Chiesa dell'uomo?
Quali orientamenti sembra debbano essere proposti per la edificazione della
società attuale?
Qual è il significato ultimo della attività umana
nell'universo?
Queste domande reclamano una riposta. In seguito, risulterà ancora più
chiaramente che il popolo di Dio e l'umanità, entro la quale esso è
inserito, si rendono reciproco servizio, così che la missione della
Chiesa si mostra di natura religiosa e per ciò stesso profondamente
umana.
CAPITOLO I
LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA
12. L'uomo ad immagine di Dio.
Credenti e non credenti sono generalmente d'accordo nel ritenere che tutto
quanto esiste sulla terra deve essere riferito all'uomo, come a suo centro e a
suo vertice.
Ma che cos'è l'uomo?
Molte opinioni egli ha espresso ed esprime sul proprio conto, opinioni varie
ed anche contrarie, secondo le quali spesso o si esalta così da fare di sé
una regola assoluta, o si abbassa fino alla disperazione, finendo in tal modo
nel dubbio e nell'angoscia.
Queste difficoltà la Chiesa le sente profondamente e ad esse può
dare una risposta che le viene dall'insegnamento della divina Rivelazione,
risposta che descrive la vera condizione dell'uomo, dà una ragione delle
sue miserie, ma in cui possono al tempo stesso essere giustamente riconosciute
la sua dignità e vocazione.
La Bibbia, infatti, insegna che l'uomo è stato creato « ad
immagine di Dio » capace di conoscere e di amare il suo Creatore, e che fu
costituito da lui sopra tutte le creature terrene quale signore di esse, per
governarle e servirsene a gloria di Dio.
« Che cosa è l'uomo, che tu ti ricordi di lui? o il figlio
dell'uomo che tu ti prenda cura di lui?
L'hai fatto di poco inferiore agli angeli, l'hai coronato di gloria e di
onore, e l'hai costituito sopra le opere delle tue mani. Tutto hai sottoposto ai
suoi piedi » (Sal8,5).
Ma Dio non creò l'uomo lasciandolo solo: fin da principio « uomo
e donna li creò » (Gen1,27) e la loro unione costituisce la prima
forma di comunione di persone.
L'uomo, infatti, per sua intima natura è un essere sociale, e senza i
rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti.
Perciò Iddio, ancora come si legge nella Bibbia, vide « tutte
quante le cose che aveva fatte, ed erano buone assai» (Gen1,31).
13. Il peccato.
Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo però, tentato dal
Maligno, fin dagli inizi della storia abusò della libertà,
erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine al di fuori di lui.
Pur avendo conosciuto Dio, gli uomini « non gli hanno reso l'onore
dovuto... ma si è ottenebrato il loro cuore insipiente »... e
preferirono servire la creatura piuttosto che il Creatore.
Quel che ci viene manifestato dalla rivelazione divina concorda con la
stessa esperienza.
Infatti l'uomo, se guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al
male e immerso in tante miserie, che non possono certo derivare dal Creatore,
che è buono.
Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha
infranto il debito ordine in rapporto al suo fine ultimo, e al tempo stesso
tutta l'armonia, sia in rapporto a se stesso, sia in rapporto agli altri uomini
e a tutta la creazione.
Così l'uomo si trova diviso in se stesso.
Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i
caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le
tenebre.
Anzi l'uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé
medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato.
Ma il Signore stesso è venuto a liberare l'uomo e a dargli forza,
rinnovandolo nell'intimo e scacciando fuori « il principe di questo mondo »
(Gv12,31), che lo teneva schiavo del peccato.
Il peccato è, del resto, una diminuzione per l'uomo stesso, in quanto
gli impedisce di conseguire la propria pienezza. Nella luce di questa
Rivelazione trovano insieme la loro ragione ultima sia la sublime vocazione, sia
la profonda miseria, di cui gli uomini fanno l'esperienza.
14. Costituzione dell'uomo.
Unità di anima e di corpo, l'uomo sintetizza in sé, per la
stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così
che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare
in libertà il Creatore . Non è lecito dunque disprezzare la vita
corporale dell'uomo.
Al contrario, questi è tenuto a considerare buono e degno di onore il
proprio corpo, appunto perché creato da Dio e destinato alla risurrezione
nell'ultimo giorno.
E tuttavia, ferito dal peccato, l'uomo sperimenta le ribellioni del corpo.
Perciò è la dignità stessa dell'uomo che postula che
egli glorifichi Dio nel proprio corpo e che non permetta che esso si renda
schiavo delle perverse inclinazioni del cuore.
L'uomo, in verità, non sbaglia a riconoscersi superiore alle cose
corporali e a considerarsi più che soltanto una particella della natura o
un elemento anonimo della città umana.
Infatti, nella sua interiorità, egli trascende l'universo delle cose:
in quelle profondità egli torna, quando fa ritorno a se stesso, là
dove lo aspetta quel Dio che scruta i cuori là dove sotto lo sguardo di
Dio egli decide del suo destino. Perciò, riconoscendo di avere un'anima
spirituale e immortale, non si lascia illudere da una creazione immaginaria che
si spiegherebbe solamente mediante le condizioni fisiche e sociali, ma invece va
a toccare in profondo la verità stessa delle cose.
15. Dignità dell'intelligenza, verità e saggezza.
L'uomo ha ragione di ritenersi superiore a tutto l'universo delle cose, a
motivo della sua intelligenza, con cui partecipa della luce della mente di Dio.
Con l'esercizio appassionato dell'ingegno lungo i secoli egli ha fatto
certamente dei progressi nelle scienze empiriche, nelle tecniche e nelle
discipline liberali Nell'epoca nostra, poi, ha conseguito successi notevoli
particolarmente nella investigazione e nel dominio del mondo materiale.
E tuttavia egli ha sempre cercato e trovato una verità più
profonda.
L'intelligenza, infatti, non si restringe all'ambito dei soli fenomeni, ma
può conquistare con vera certezza la realtà intelligibile, anche
se, per conseguenza del peccato, si trova in parte oscurata e debilitata.
Infine, la natura intelligente della persona umana può e deve raggiungere
la perfezione. Questa mediante la sapienza attrae con dolcezza la mente a
cercare e ad amare il vero e il bene; l'uomo che se ne nutre è condotto
attraverso il visibile all'invisibile.
L'epoca nostra, più ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa
sapienza per umanizzare tutte le sue nuove scoperte. È in pericolo, di
fatto, il futuro del mondo, a meno che non vengano suscitati uomini più
saggi. Inoltre va notato come molte nazioni, economicamente più povere
rispetto ad altre, ma più ricche di saggezza, potranno aiutare
potentemente le altre.
Col dono, poi, dello Spirito Santo, l'uomo può arrivare nella fede a
contemplare e a gustare il mistero del piano divino.
16. Dignità della coscienza morale.
Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a
darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad
amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona
nell'intimità del cuore: fa questo, evita quest'altro.
L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore;
obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà
giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario
dell'uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità.
Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova
il suo compimento nell'amore di Dio e del prossimo. Nella fedeltà alla
coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità
e per risolvere secondo verità numerosi problemi morali, che sorgono
tanto nella vita privata quanto in quella sociale. Quanto più, dunque,
prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi si
allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive
della moralità. Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea
per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità.
Ma ciò non si può dire quando l'uomo poco si cura di cercare
la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito
all'abitudine del peccato.
17. Grandezza della libertà.
Ma l'uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà.
I nostri contemporanei stimano grandemente e perseguono con ardore tale
libertà, e a ragione. Spesso però la coltivano in modo sbagliato
quasi sia lecito tutto quel che piace, compreso il male.
La vera libertà, invece, è nell'uomo un segno privilegiato
dell'immagine divina.
Dio volle, infatti, lasciare l'uomo « in mano al suo consiglio »
che cerchi spontaneamente il suo Creatore e giunga liberamente, aderendo a lui,
alla piena e beata perfezione.
Perciò la dignità dell'uomo richiede che egli agisca secondo
scelte consapevoli e libere, mosso cioè e determinato da convinzioni
personali, e non per un cieco impulso istintivo o per mera coazione esterna.
L'uomo perviene a tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù
di passioni, tende al suo fine mediante la scelta libera del bene e se ne
procura con la sua diligente iniziativa i mezzi convenienti. Questa ordinazione
verso Dio, la libertà dell'uomo, realmente ferita dal peccato, non può
renderla effettiva in pieno se non mediante l'aiuto della grazia divina.
Ogni singolo uomo, poi, dovrà rendere conto della propria vita
davanti al tribunale di Dio, per tutto quel che avrà fatto di bene e di
male.
18. Il mistero della morte.
In faccia alla morte l'enigma della condizione umana raggiunge il culmine.
L'uomo non è tormentato solo dalla sofferenza e dalla decadenza
progressiva del corpo, ma anche, ed anzi, più ancora, dal timore di una
distruzione definitiva.
Ma l'istinto del cuore lo fa giudicare rettamente, quando aborrisce e
respinge l'idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo della sua
persona.
Il germe dell'eternità che porta in sé, irriducibile com'è
alla sola materia, insorge contro la morte. Tutti i tentativi della tecnica, per
quanto utilissimi, non riescono a calmare le ansietà dell'uomo: il
prolungamento di vita che procura la biologia non può soddisfare quel
desiderio di vita ulteriore, invincibilmente ancorato nel suo cuore. Se
qualsiasi immaginazione vien meno di fronte alla morte, la Chiesa invece,
istruita dalla Rivelazione divina, afferma che l'uomo è stato creato da
Dio per un fine di felicità oltre i confini delle miserie terrene.
Inoltre la fede cristiana insegna che la morte corporale, dalla quale l'uomo
sarebbe stato esentato se non avesse peccato, sarà vinta un giorno,
quando l'onnipotenza e la misericordia del Salvatore restituiranno all'uomo la
salvezza perduta per sua colpa. Dio infatti ha chiamato e chiama l'uomo ad
aderire a lui con tutto il suo essere, in una comunione perpetua con la
incorruttibile vita divina. Questa vittoria l'ha conquistata il Cristo
risorgendo alla vita, liberando l'uomo dalla morte mediante la sua morte.
Pertanto la fede, offrendosi con solidi argomenti a chiunque voglia
riflettere, dà una risposta alle sue ansietà circa la sorte
futura; e al tempo stesso dà la possibilità di una comunione nel
Cristo con i propri cari già strappati dalla morte, dandoci la speranza
che essi abbiano già raggiunto la vera vita presso Dio.
19. Forme e radici dell'ateismo.
L'aspetto più sublime della dignità dell'uomo consiste nella
sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è
invitato al dialogo con Dio.
Se l'uomo esiste, infatti, è perché Dio lo ha creato per amore
e, per amore, non cessa di dargli l'esistenza; e l'uomo non vive pienamente
secondo verità se non riconosce liberamente quell'amore e se non si
abbandona al suo Creatore. Molti nostri contemporanei, tuttavia, non
percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale legame
con Dio: a tal punto che l'ateismo va annoverato fra le realtà più
gravi del nostro tempo e va esaminato con diligenza ancor maggiore. Con il
termine « ateismo » vengono designati fenomeni assai diversi tra loro.
Alcuni atei, infatti, negano esplicitamente Dio; altri ritengono che l'uomo
non possa dir niente di lui; altri poi prendono in esame i problemi relativi a
Dio con un metodo tale che questi sembrano non aver senso. Molti, oltrepassando
indebitamente i confini delle scienze positive, o pretendono di spiegare tutto
solo da questo punto di vista scientifico, oppure al contrario non ammettono
ormai più alcuna verità assoluta. Alcuni tanto esaltano l'uomo,
che la fede in Dio ne risulta quasi snervata, inclini come sono, a quanto
sembra, ad affermare l'uomo più che a negare Dio.
Altri si creano una tale rappresentazione di Dio che, respingendolo,
rifiutano un Dio che non è affatto quello del Vangelo. Altri nemmeno si
pongono il problema di Dio: non sembrano sentire alcuna inquietudine religiosa,
né riescono a capire perché dovrebbero interessarsi di religione.
L'ateismo inoltre ha origine sovente, o dalla protesta violenta contro il male
nel mondo, o dall'aver attribuito indebitamente i caratteri propri dell'assoluto
a qualche valore umano, così che questo prende il posto di Dio. Perfino
la civiltà moderna, non per sua essenza, ma in quanto troppo irretita
nella realtà terrena, può rendere spesso più difficile
l'accesso a Dio.
Senza dubbio coloro che volontariamente cercano di tenere lontano Dio dal
proprio cuore e di evitare i problemi religiosi, non seguendo l'imperativo della
loro coscienza, non sono esenti da colpa; tuttavia in questo campo anche i
credenti spesso hanno una certa responsabilità.
Infatti l'ateismo, considerato nel suo insieme, non è qualcosa di
originario, bensì deriva da cause diverse, e tra queste va annoverata
anche una reazione critica contro le religioni, anzi in alcune regioni,
specialmente contro la religione cristiana.
Per questo nella genesi dell'ateismo possono contribuire non poco i
credenti, nella misura in cui, per aver trascurato di educare la propria fede, o
per una presentazione ingannevole della dottrina, od anche per i difetti della
propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono
e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione.
20. L'ateismo sistematico.
L'ateismo moderno si presenta spesso anche in una forma sistematica, secondo
cui, oltre ad altre cause, l'aspirazione all'autonomia dell'uomo viene spinta a
un tal punto, da far ostacolo a qualunque dipendenza da Dio. Quelli che
professano un tale ateismo sostengono che la libertà consista nel fatto
che l'uomo sia fine a se stesso, unico artefice e demiurgo della propria storia;
cosa che non può comporsi, così essi pensano, con il
riconoscimento di un Signore, autore e fine di tutte le cose, o che almeno rende
semplicemente superflua tale affermazione.
Una tale dottrina può essere favorita da quel senso di potenza che
l'odierno progresso tecnico ispira all uomo. Tra le forme dell'ateismo moderno
non va trascurata quella che si aspetta la liberazione dell'uomo soprattutto
dalla sua liberazione economica e sociale La religione sarebbe di ostacolo, per
natura sua, a tale liberazione, in quanto, elevando la speranza dell'uomo verso
il miraggio di una vita futura, la distoglierebbe dall'edificazione della città
terrena.
Perciò i fautori di tale dottrina, là dove accedono al potere,
combattono con violenza la religione e diffondono l'ateismo anche ricorrendo
agli strumenti di pressione di cui dispone il potere pubblico, specialmente nel
campo dell'educazione dei giovani.
21. Atteggiamento della Chiesa di fronte all'ateismo.
La Chiesa, fedele ai suoi doveri verso Dio e verso gli uomini, non può
fare a meno di riprovare, come ha fatto in passato, con tutta fermezza e con
dolore, quelle dottrine e quelle azioni funeste che contrastano con la ragione e
con l'esperienza comune degli uomini e che degradano l'uomo dalla sua innata
grandezza. Si sforza tuttavia di scoprire le ragioni della negazione di Dio che
si nascondono nella mente degli atei e, consapevole della gravità delle
questioni suscitate dall'ateismo, mossa dal suo amore verso tutti gli uomini,
ritiene che esse debbano meritare un esame più serio e più
profondo. La Chiesa crede che il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun
modo alla dignità dell'uomo, dato che questa dignità trova proprio
in Dio il suo fondamento e la sua perfezione. L'uomo infatti riceve da Dio
Creatore le doti di intelligenza e di libertà ed è costituito
nella società; ma soprattutto è chiamato alla comunione con Dio
stesso in qualità di figlio e a partecipare alla sua stessa felicità.
Inoltre la Chiesa insegna che la speranza escatologica non diminuisce
l'importanza degli impegni terreni, ma anzi dà nuovi motivi a sostegno
dell'attuazione di essi.
Al contrario, invece, se manca la base religiosa e la speranza della vita
eterna, la dignità umana viene lesa in maniera assai grave, come si
constata spesso al giorno d'oggi, e gli enigmi della vita e della morte, della
colpa e del dolore rimangono senza soluzione, tanto che non di rado gli uomini
sprofondano nella disperazione. E intanto ciascun uomo rimane ai suoi propri
occhi un problema insoluto, confusamente percepito. Nessuno, infatti, in certe
ore e particolarmente in occasione dei grandi avvenimenti della vita può
evitare totalmente quel tipo di interrogativi sopra ricordato.
A questi problemi soltanto Dio dà una risposta piena e certa, lui che
chiama l'uomo a una riflessione più profonda e a una ricerca più
umile. Quanto al rimedio all'ateismo, lo si deve attendere sia dall'esposizione
adeguata della dottrina della Chiesa, sia dalla purezza della vita di essa e dei
suoi membri. La Chiesa infatti ha il compito di rendere presenti e quasi
visibili Dio Padre e il Figlio suo incarnato, rinnovando se stessa e
purificandosi senza posa sotto la guida dello Spirito Santo.
Ciò si otterrà anzi tutto con la testimonianza di una fede
viva e adulta, vale a dire opportunamente formata a riconoscere in maniera
lucida le difficoltà e capace di superarle.
Di una fede simile han dato e danno testimonianza sublime moltissimi
martiri.
Questa fede deve manifestare la sua fecondità, col penetrare l'intera
vita dei credenti, compresa la loro vita profana, e col muoverli alla giustizia
e all'amore, specialmente verso i bisognosi.
Ciò che contribuisce di più, infine, a rivelare la presenza di
Dio, è la carità fraterna dei fedeli che unanimi nello spirito
lavorano insieme per la fede del Vangelo e si presentano quale segno di unità.
La Chiesa, poi, pur respingendo in maniera assoluta l'ateismo, tuttavia
riconosce sinceramente che tutti gli uomini, credenti e non credenti, devono
contribuire alla giusta costruzione di questo mondo, entro il quale si trovano a
vivere insieme: ciò, sicuramente, non può avvenire senza un leale
e prudente dialogo. Essa pertanto deplora la discriminazione tra credenti e non
credenti che alcune autorità civili ingiustamente introducono, a danno
dei diritti fondamentali della persona umana. Rivendica poi, in favore dei
credenti, una effettiva libertà, perché sia loro consentito di
edificare in questo mondo anche il tempio di Dio. Quanto agli atei, essa li
invita cortesemente a volere prendere in considerazione il Vangelo di Cristo con
animo aperto.
La Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in armonia con le
aspirazioni più segrete del cuore umano quando essa difende la dignità
della vocazione umana, e così ridona la speranza a quanti ormai non osano
più credere alla grandezza del loro destino.
Il suo messaggio non toglie alcunché all'uomo, infonde invece luce,
vita e libertà per il suo progresso, e all'infuori di esso, niente può
soddisfare il cuore dell'uomo: « Ci hai fatto per te », o Signore, «e
il nostro cuore è senza pace finché non riposa in te».
22. Cristo, l'uomo nuovo.
In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce
il mistero dell'uomo.
Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (Rm5,14) e cioè
di Cristo Signore.
Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre
e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua
altissima vocazione.
Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte in lui
trovino la loro sorgente e tocchino il loro vertice. Egli è «
l'immagine dell'invisibile Iddio » (Col1,15) è l'uomo perfetto che
ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già
subito agli inizi a causa del peccato.
Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per
questo venire annientata per ciò stesso essa è stata anche in noi
innalzata a una dignità sublime.
Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni
uomo.
Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito
con volontà d'uomo ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria vergine,
egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché
il peccato. Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato
la vita; in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati
dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi
può dire con l'Apostolo: il Figlio di Dio « mi ha amato e ha
sacrificato se stesso per me» (Gal2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato
semplicemente l'esempio perché seguiamo le sue orme ma ci ha anche aperta
la strada: se la seguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano
nuovo significato.
Il cristiano poi, reso conforme all'immagine del Figlio che è il
primogenito tra molti fratelli riceve «le primizie dello Spirito»
(Rm8,23) per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell'amore.
In virtù di questo Spirito, che è il «pegno della eredità»
(Ef1,14), tutto l'uomo viene interiormente rinnovato, nell'attesa della «
redenzione del corpo » (Rm8,23): « Se in voi dimora lo Spirito di
colui che risuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù
Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi mortali, mediante il suo
Spirito che abita in voi» (Rm8,11).
Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal
dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni, e di subire
la morte; ma, associato al mistero pasquale, diventando conforme al Cristo nella
morte, così anche andrà incontro alla risurrezione fortificato
dalla speranza.
E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli
uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia.
Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è
effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo
Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo
che Dio conosce, al mistero pasquale.
Tale e così grande è il mistero dell'uomo, questo mistero che
la Rivelazione cristiana fa brillare agli occhi dei credenti. Per Cristo e in
Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del
suo Vangelo ci opprime. Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua
risurrezione ci ha fatto dono della vita, perché anche noi, diventando
figli col Figlio, possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba, Padre!.
CAPITOLO II
LA COMUNITÀ DEGLI UOMINI
23. Che cosa intende il Concilio.
Il moltiplicarsi delle relazioni tra gli uomini costituisce uno degli
aspetti più importanti del mondo di oggi, al cui sviluppo molto
contribuisce il progresso tecnico contemporaneo.
Tuttavia il fraterno dialogo tra gli uomini non trova il suo compimento in
tale progresso, ma più profondamente nella comunità delle persone,
e questa esige un reciproco rispetto della loro piena dignità spirituale.
La Rivelazione cristiana dà grande aiuto alla promozione di questa
comunione tra persone; nello stesso tempo ci guida ad un approfondimento delle
leggi che regolano la vita sociale, scritte dal Creatore nella natura spirituale
e morale dell'uomo.
Siccome documenti recenti del magistero della Chiesa hanno esposto
diffusamente la dottrina cristiana circa l'umana società, il Concilio
ricorda solo alcune verità più importanti e ne espone i fondamenti
alla luce della Rivelazione.
Insiste poi su certe conseguenze che sono particolarmente importanti per il
nostro tempo.
24. L'indole comunitaria dell'umana vocazione nel piano di Dio.
Iddio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che tutti gli uomini
formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro come fratelli. Tutti,
infatti, creati ad immagine di Dio « che da un solo uomo ha prodotto
l'intero genere umano affinché popolasse tutta la terra » (At17,26),
sono chiamati al medesimo fine, che è Dio stesso. Perciò l'amor di
Dio e del prossimo è il primo e più grande comandamento. La sacra
Scrittura, da parte sua, insegna che l'amor di Dio non può essere
disgiunto dall'amor del prossimo, «e tutti gli altri precetti sono
compendiati in questa frase: amerai il prossimo tuo come te stesso. La pienezza
perciò della legge è l'amore » (Rm13,9); (1Gv4,20).
È evidente che ciò è di grande importanza per degli
uomini sempre più dipendenti gli uni dagli altri e per un mondo che va
sempre più verso l'unificazione.
Anzi, il Signore Gesù, quando prega il Padre perché «
tutti siano una cosa sola, come io e tu siamo una cosa sola » (Gv17,21),
aprendoci prospettive inaccessibili alla ragione umana, ci ha suggerito una
certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione dei figli di Dio
nella verità e nell'amore.
Questa similitudine manifesta che l'uomo, il quale in terra è la sola
creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente
se non attraverso un dono sincero di sé.
25. Interdipendenza della persona e della umana società.
Dal carattere sociale dell'uomo appare evidente come il perfezionamento
della persona umana e lo sviluppo della stessa società siano tra loro
interdipendenti.
Infatti, la persona umana, che di natura sua ha assolutamente bisogno d'una
vita sociale, è e deve essere principio, soggetto e fine di tutte le
istituzioni sociali.
Poiché la vita sociale non è qualcosa di esterno all'uomo,
l'uomo cresce in tutte le sue capacità e può rispondere alla sua
vocazione attraverso i rapporti con gli altri, la reciprocità dei servizi
e il dialogo con i fratelli. Tra i vincoli sociali che sono necessari al
perfezionamento dell'uomo, alcuni, come la famiglia e la comunità
politica, sono più immediatamente rispondenti alla sua natura intima;
altri procedono piuttosto dalla sua libera volontà.
In questo nostro tempo, per varie cause, si moltiplicano rapporti e
interdipendenze, dalle quali nascono associazioni e istituzioni diverse di
diritto pubblico o privato.
Questo fatto, che viene chiamato socializzazione, sebbene non manchi di
pericoli, tuttavia reca in sé molti vantaggi nel rafforzamento e
accrescimento delle qualità della persona umana e nella tutela dei suoi
diritti. Ma se le persone umane ricevono molto da tale vita sociale per
assolvere alla propria vocazione, anche religiosa, non si può tuttavia
negare che gli uomini dal contesto sociale nel quale vivono e sono immersi fin
dalla infanzia, spesso sono sviati dal bene e spinti al male.
È certo che i perturbamenti, così frequenti nell'ordine
sociale, provengono in parte dalla tensione che esiste in seno alle strutture
economiche, politiche e sociali.
Ma, più radicalmente, nascono dalla superbia e dall'egoismo umano,
che pervertono anche l'ambiente sociale. Là dove l'ordine delle cose è
turbato dalle conseguenze del peccato, l'uomo già dalla nascita incline
al male, trova nuovi incitamenti al peccato, che non possono esser vinti senza
grandi sforzi e senza l'aiuto della grazia.
26. Promuovere il bene comune.
Dall'interdipendenza sempre più stretta e piano piano estesa al mondo
intero deriva che il bene comune--cioè l'insieme di quelle condizioni
della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di
raggiungere la propria perfezione più pienamente e più
speditamente--oggi vieppiù diventa universale, investendo diritti e
doveri che riguardano l'intero genere umano.
Pertanto ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e delle legittime
aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune dell'intera famiglia umana.
Contemporaneamente cresce la coscienza dell'eminente dignità della
persona umana, superiore a tutte le cose e i cui diritti e doveri sono
universali e inviolabili. Occorre perciò che sia reso accessibile
all'uomo tutto ciò di cui ha bisogno per condurre una vita veramente
umana, come il vitto, il vestito, l'abitazione, il diritto a scegliersi
liberamente lo stato di vita e a fondare una famiglia, il diritto
all'educazione, al lavoro, alla reputazione, al rispetto, alla necessaria
informazione, alla possibilità di agire secondo il retto dettato della
sua coscienza, alla salvaguardia della vita privata e alla giusta libertà
anche in campo religioso.
L'ordine sociale pertanto e il suo progresso debbono sempre lasciar
prevalere il bene delle persone, poiché l'ordine delle cose deve essere
subordinato all'ordine delle persone e non l'inverso, secondo quanto suggerisce
il Signore stesso quando dice che il sabato è fatto per l'uomo e non
l'uomo per il sabato. Quell'ordine è da sviluppare sempre più,
deve avere per base la verità, realizzarsi nella giustizia, essere
vivificato dall'amore, deve trovare un equilibrio sempre più umano nella
libertà.
Per raggiungere tale scopo bisogna lavorare al rinnovamento della mentalità
e intraprendere profondi mutamenti della società. Lo Spirito di Dio, che
con mirabile provvidenza dirige il corso dei tempi e rinnova la faccia della
terra, è presente a questa evoluzione.
Il fermento evangelico suscitò e suscita nel cuore dell'uomo questa
irrefrenabile esigenza di dignità.
27. Rispetto della persona umana.
Scendendo a conseguenze pratiche di maggiore urgenza, il Concilio inculca il
rispetto verso l'uomo: ciascuno consideri il prossimo, nessuno eccettuato, come
un altro « se stesso », tenendo conto della sua esistenza e dei mezzi
necessari per viverla degnamente, per non imitare quel ricco che non ebbe
nessuna cura del povero Lazzaro. Soprattutto oggi urge l'obbligo che diventiamo
prossimi di ogni uomo e rendiamo servizio con i fatti a colui che ci passa
accanto: vecchio abbandonato da tutti, o lavoratore straniero ingiustamente
disprezzato, o esiliato, o fanciullo nato da un'unione illegittima, che patisce
immeritatamente per un peccato da lui non commesso, o affamato che richiama la
nostra coscienza, rievocando la voce del Signore: « Quanto avete fatto ad
uno di questi minimi miei fratelli, l'avete fatto a me» (Mt25,40). Inoltre
tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di
omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario;
tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come le
mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni
psicologiche; tutto ciò che offende la dignità umana, come le
condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la
schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o
ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono
trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e
responsabili: tutte queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose.
Mentre guastano la civiltà umana, disonorano coloro che così si
comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente
l'onore del Creatore.
28. Il rispetto e l'amore per gli avversari.
Il rispetto e l'amore deve estendersi pure a coloro che pensano od operano
diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché
con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di vedere,
tanto più facilmente potremo con loro iniziare un dialogo.
Certamente tale amore e amabilità non devono in alcun modo renderci
indifferenti verso la verità e il bene. Anzi è l'amore stesso che
spinge i discepoli di Cristo ad annunziare a tutti gli uomini la verità
che salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed errante,
che conserva sempre la dignità di persona, anche quando è
macchiato da false o insufficienti nozioni religiose.
Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori; perciò ci vieta di
giudicare la colpevolezza interiore di chiunque. La dottrina del Cristo esige
che noi perdoniamo anche le ingiurie e il precetto dell'amore si estende a tutti
i nemici; questo è il comandamento della nuova legge: «Udiste che fu
detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i
vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per i vostri
persecutori e calunniatori » (Mt5,43).
29. La fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini e la giustizia
sociale.
Tutti gli uomini, dotati di un'anima razionale e creati ad immagine di Dio,
hanno la stessa natura e la medesima origine; tutti, redenti da Cristo godono
della stessa vocazione e del medesimo destino divino: è necessario perciò
riconoscere ognor più la fondamentale uguaglianza fra tutti.
Sicuramente, non tutti gli uomini sono uguali per la varia capacità
fisica e per la diversità delle forze intellettuali e morali. Ma ogni
genere di discriminazione circa i diritti fondamentali della persona, sia in
campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della razza, del colore,
della condizione sociale, della lingua o religione, deve essere superato ed
eliminato, come contrario al disegno di Dio.
Invero è doloroso constatare che quei diritti fondamentali della
persona non sono ancora e dappertutto garantiti pienamente. Avviene così
quando si nega alla donna la facoltà di scegliere liberamente il marito e
di abbracciare un determinato stato di vita, oppure di accedere a un'educazione
e a una cultura pari a quelle che si ammettono per l'uomo.
In più, benché tra gli uomini vi siano giuste diversità,
la uguale dignità delle persone richiede che si giunga a condizioni di
vita più umane e giuste.
Infatti le disuguaglianze economiche e sociali eccessive tra membri e tra
popoli dell'unica famiglia umana, suscitano scandalo e sono contrarie alla
giustizia sociale, all'equità, alla dignità della persona umana,
nonché alla pace sociale e internazionale.
Le umane istituzioni, sia private che pubbliche, si sforzino di mettersi al
servizio della dignità e del fine dell'uomo. Nello stesso tempo
combattano strenuamente contro ogni forma di servitù sociale e politica,
e garantiscano i fondamentali diritti degli uomini sotto qualsiasi regime
politico.
Anzi, queste istituzioni si debbono a poco a poco accordare con le realtà
spirituali, le più alte di tutte, anche se talora occorra un tempo
piuttosto lungo per giungere al fine desiderato.
30. Occorre superare l'etica individualistica.
La profonda e rapida trasformazione delle cose esige, con più
urgenza, che non vi sia alcuno che, non prestando attenzione al corso delle cose
e intorpidito dall'inerzia, si contenti di un'etica puramente individualistica.
Il dovere della giustizia e dell'amore viene sempre più assolto per il
fatto che ognuno, interessandosi al bene comune secondo le proprie capacità
e le necessità degli altri, promuove e aiuta anche le istituzioni
pubbliche e private che servono a migliorare le condizioni di vita degli uomini.
Vi sono di quelli che, pur professando opinioni larghe e generose, tuttavia
continuano a vivere in pratica come se non avessero alcuna cura delle necessità
della società.
Anzi molti, in certi paesi, tengono in poco conto le leggi e le prescrizioni
sociali.
Non pochi non si vergognano di evadere, con vari sotterfugi e frodi, le
giuste imposte o altri obblighi sociali. Altri trascurano certe norme della vita
sociale, ad esempio ciò che concerne la salvaguardia della salute, o le
norme stabilite per la guida dei veicoli, non rendendosi conto di metter in
pericolo, con la loro incuria, la propria vita e quella degli altri. Che tutti
prendano sommamente a cuore di annoverare le solidarietà sociali tra i
principali doveri dell'uomo d'oggi, e di rispettarle.
Infatti quanto più il mondo si unifica, tanto più apertamente
gli obblighi degli uomini superano i gruppi particolari e si estendono a poco a
poco al mondo intero.
E ciò non può avvenire se i singoli uomini e i gruppi non
coltivano le virtù morali e sociali e le diffondono nella società,
cosicché sorgano uomini nuovi, artefici di una umanità nuova, con
il necessario aiuto della grazia divina.
31. Responsabilità e partecipazione.
Affinché i singoli uomini assolvano con maggiore cura il proprio
dovere di coscienza verso se stessi e verso i vari gruppi di cui sono membri,
occorre educarli con diligenza ad acquisire una più ampia cultura
spirituale, utilizzando gli enormi mezzi che oggi sono a disposizione del genere
umano. Innanzitutto l'educazione dei giovani, di qualsiasi origine sociale, deve
essere impostata in modo da suscitare uomini e donne, non tanto raffinati
intellettualmente, ma di forte personalità, come è richiesto
fortemente dal nostro tempo. Ma a tale senso di responsabilità l'uomo
giunge con difficoltà se le condizioni della vita non gli permettono di
prender coscienza della propria dignità e di rispondere alla sua
vocazione, prodigandosi per Dio e per gli altri.
Invero la libertà umana spesso si indebolisce qualora l'uomo cada in
estrema indigenza, come si degrada quando egli stesso, lasciandosi andare a una
vita troppo facile, si chiude in una specie di aurea solitudine. Al contrario,
essa si fortifica quando l'uomo accetta le inevitabili difficoltà della
vita sociale, assume le molteplici esigenze dell'umana convivenza e si impegna
al servizio della comunità umana. Perciò bisogna stimolare la
volontà di tutti ad assumersi la propria parte nelle comuni imprese. È
poi da lodarsi il modo di agire di quelle nazioni nelle quali la maggioranza dei
cittadini è fatta partecipe degli affari pubblici, in una autentica
libertà.
Si deve tuttavia tener conto delle condizioni concrete di ciascun popolo e
della necessaria solidità dei pubblici poteri. Affinché poi tutti
i cittadini siano spinti a partecipare alla vita dei vari gruppi di cui si
compone il corpo sociale, è necessario che trovino in essi dei valori
capaci di attirarli e di disporli al servizio degli altri. Si può pensare
legittimamente che il futuro dell'umanità sia riposto nelle mani di
coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita
e di speranza.
32. Il Verbo incarnato e la solidarietà umana.
Come Dio creò gli uomini non perché vivessero
individualisticamente, ma perché si unissero in società, così
a lui anche «... piacque santificare e salvare gli uomini non a uno a uno,
fuori di ogni mutuo legame, ma volle costituirli in popolo, che lo conoscesse
nella verità e santamente lo servisse ». Sin dall'inizio della
storia della salvezza, egli stesso ha scelto degli uomini, non soltanto come
individui ma come membri di una certa comunità Infatti questi eletti Dio,
manifestando il suo disegno, chiamò a suo popolo» (Es3,7). Con
questo popolo poi strinse il patto sul Sinai.
Tale carattere comunitario è perfezionato e compiuto dall'opera di
Cristo Gesù.
Lo stesso Verbo incarnato volle essere partecipe della solidarietà
umana.
Prese parte alle nozze di Cana, entrò nella casa di Zaccheo, mangiò
con i pubblicani e i peccatori.
Ha rivelato l'amore del Padre e la magnifica vocazione degli uomini
ricordando gli aspetti più ordinari della vita sociale e adoperando
linguaggio e immagini della vita d'ogni giorno.
Santificò le relazioni umane, innanzitutto quelle familiari, dalle
quali trae origine la vita sociale.
Si sottomise volontariamente alle leggi della sua patria. Volle condurre la
vita di un artigiano del suo tempo e della sua regione. Nella sua predicazione
ha chiaramente affermato che i figli di Dio hanno l'obbligo di trattarsi
vicendevolmente come fratelli.
Nella sua preghiera chiese che tutti i suoi discepoli fossero una «
cosa sola ».
Anzi egli stesso si offrì per tutti fino alla morte, lui il redentore
di tutti. « Nessuno ha maggior amore di chi sacrifica la propria vita per i
suoi amici » (Gv15,13).
Comandò inoltre agli apostoli di annunciare il messaggio evangelico a
tutte le genti, perché il genere umano diventasse la famiglia di Dio,
nella quale la pienezza della legge fosse l'amore. Primogenito tra molti
fratelli, dopo la sua morte e risurrezione ha istituito attraverso il dono del
suo Spirito una nuova comunione fraterna fra tutti coloro che l'accolgono con la
fede e la carità: essa si realizza nel suo corpo, che è la Chiesa.
In questo corpo tutti, membri tra di loro, si debbono prestare servizi
reciproci, secondo i doni diversi loro concessi. Questa solidarietà dovrà
sempre essere accresciuta, fino a quel giorno in cui sarà consumata; in
quel giorno gli uomini, salvati dalla grazia, renderanno gloria perfetta a Dio,
come famiglia amata da Dio e da Cristo, loro fratello.
CAPITOLO III
L'ATTIVITÀ UMANA NELL'UNIVERSO
33. Il problema.
Col suo lavoro e col suo ingegno l'uomo ha cercato sempre di sviluppare la
propria vita; ma oggi, specialmente con l'aiuto della scienza e della tecnica,
ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio su quasi tutta la natura e,
grazie soprattutto alla moltiplicazione di mezzi di scambio tra le nazioni, la
famiglia umana a poco a poco è venuta a riconoscersi e a costituirsi come
una comunità unitaria nel mondo intero. Ne deriva che molti beni, che un
tempo l'uomo si aspettava dalle forze superiori, oggi se li procura con la sua
iniziativa e con le sue forze.
Di fronte a questo immenso sforzo, che orrnai pervade tutto il genere umano,
molti interrogativi sorgono tra gli uomini: qual è il senso e il valore
della attività umana?
Come vanno usate queste realtà? A quale scopo tendono gli sforzi sia
individuali che collettivi?
La Chiesa, custode del deposito della parola di Dio, da cui vengono attinti
i principi per l'ordine morale e religioso, anche se non ha sempre pronta la
soluzione per ogni singola questione, desidera unire la luce della Rivelazione
alla competenza di tutti allo scopo di illuminare la strada sulla quale si è
messa da poco l'umanità.
34. Il valore dell'attività umana.
Per i credenti una cosa è certa: considerata in se stessa, l'attività
umana individuale e collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini
nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita,
corrisponde alle intenzioni di Dio.
L'uomo infatti, creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il comando di
sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare
il mondo nella giustizia e nella santità, e cosi pure di riferire a Dio
il proprio essere e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte
le cose; in modo che, nella subordinazione di tutta la realtà all'uomo,
sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra. Ciò vale anche per gli
ordinari lavori quotidiani.
Gli uomini e le donne, infatti, che per procurarsi il sostentamento per sé
e per la famiglia esercitano il proprio lavoro in modo tale da prestare anche
conveniente servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che
con il loro lavoro essi prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai
propri fratelli e donano un contributo personale alla realizzazione del piano
provvidenziale di Dio nella storia. I cristiani, dunque, non si sognano nemmeno
di contrapporre i prodotti dell'ingegno e del coraggio dell'uomo alla potenza di
Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; al contrario, sono
persuasi piuttosto che le vittorie dell'umanità sono segno della
grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno. Ma quanto più
cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro
responsabilità, sia individuale che collettiva.
Da ciò si vede come il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli
uomini dal compito di edificare il mondo o dall'incitarli a disinteressarsi del
bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo
ancora più pressante.
35. Norme dell'attività umana.
L'attività umana come deriva dall'uomo così è ordinata
all'uomo.
L'uomo, infatti, quando lavora, non trasforma soltanto le cose e la società,
ma perfeziona se stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà,
esce da sé e si supera.
Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze
esteriori che si possono accumulare. L'uomo vale più per quello che «
è » che per quello che «ha».
Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire
una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più
umano dei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico.
Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la base materiale della
promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo a realizzarla.
Pertanto questa è la norma dell'attività umana: che secondo il
disegno di Dio e la sua volontà essa corrisponda al vero bene dell'umanità,
e che permetta all'uomo, considerato come individuo o come membro della società,
di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione.
36. La legittima autonomia delle realtà terrene.
Molti nostri contemporanei, però, sembrano temere che, se si fanno
troppo stretti i legami tra attività umana e religione, venga impedita
l'autonomia degli uomini, delle società, delle scienze.
Se per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create
e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente
deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza d'autonomia
legittima: non solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro
tempo, ma è anche conforme al volere del Creatore.
Infatti è dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte
ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi
proprie e il loro ordine; e tutto ciò l'uomo è tenuto a
rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o
tecnica.
Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera
veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale
contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà
della fede hanno origine dal medesimo Dio.
Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i
segreti della realtà, anche senza prenderne coscienza, viene come
condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa
che siano quello che sono.
A questo proposito ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali,
che talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere
sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, suscitando
contese e controversie, essi trascinarono molti spiriti fino al punto da
ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro.
Se invece con l'espressione « autonomia delle realtà temporali »
si intende dire che le cose create non dipendono da Dio e che l'uomo può
adoperarle senza riferirle al Creatore, allora a nessuno che creda in Dio sfugge
quanto false siano tali opinioni.
La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce.
Del resto tutti coloro che credono, a qualunque religione appartengano,
hanno sempre inteso la voce e la manifestazione di Dio nel linguaggio delle
creature.
Anzi, l'oblio di Dio rende opaca la creatura stessa.
37. L'attività umana corrotta dal peccato.
La sacra Scrittura, però, con cui si accorda l'esperienza dei secoli,
insegna agli uomini che il progresso umano, che pure è un grande bene
dell'uomo, porta con sé una seria tentazione.
Infatti, sconvolto l'ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli
individui e i gruppi guardano solamente agli interessi propri e non a quelli
degli altri; cosi il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità,
mentre invece l'aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo
stesso genere umano.
Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda
contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall'origine del mondo,
destinata a durare, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno.
Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter
restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità
se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio. Per questo
la Chiesa di Cristo, fiduciosa nel piano provvidenziale del Creatore, mentre
riconosce che il progresso umano può servire alla vera felicità
degli uomini, non può tuttavia fare a meno di far risuonare il detto
dell'Apostolo: « Non vogliate adattarvi allo stile di questo mondo »
(Rm12,2) e cioè a quello spirito di vanità e di malizia che
stravolge in strumento di peccato l'operosità umana, ordinata al servizio
di Dio e dell'uomo.
Se dunque ci si chiede come può essere vinta tale miserevole
situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le attività
umane, che son messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e dall'amore
disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese perfette per mezzo
della croce e della risurrezione di Cristo.
Redento da Cristo e diventato nuova creatura nello Spirito Santo, l'uomo,
infatti, può e deve amare anche le cose che Dio ha creato.
Da Dio le riceve: le vede come uscire dalle sue mani e le rispetta.
Di esse ringrazia il divino benefattore e, usando e godendo delle creature
in spirito di povertà e di libertà, viene introdotto nel vero
possesso del mondo, come qualcuno che non ha niente e che possiede tutto: «Tutto,
infatti, è vostro: ma voi siete di Cristo e il Cristo è di Dio »
(1Cor3,22).
38. L'attività umana elevata a perfezione nel mistero
pasquale.
Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi
carne lui stesso e venuto ad abitare sulla terra degli uomini, entrò
nella storia del mondo come uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in
sé. Egli ci rivela « che Dio è carità » (1Gv4,8)
e insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e perciò
anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento dell'amore.
Coloro pertanto che credono alla carità divina, sono da lui resi
certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini e che
gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani.
Così pure egli ammonisce a non camminare sulla strada della carità
solamente nelle grandi cose, bensì e soprattutto nelle circostanze
ordinarie della vita.
Accettando di morire per noi tutti peccatori, egli ci insegna con il suo
esempio che è necessario anche portare quella croce che dalla carne e dal
mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e la giustizia. Con la
sua risurrezione costituito Signore, egli, il Cristo cui è stato dato
ogni potere in cielo e in terra, agisce ora nel cuore degli uomini con la virtù
del suo Spirito; non solo suscita il desiderio del mondo futuro, ma con ciò
stesso ispira anche, purifica e fortifica quei generosi propositi con i quali la
famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di
sottomettere a questo fine tutta la terra.
Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama a dare testimonianza
manifesta al desiderio della dimora celeste, contribuendo così a
mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a consacrarsi al servizio
terreno degli uomini, così da preparare-attraverso tale loro ministero
quasi la materia per il regno dei cieli. Di tutti, però, fa degli uomini
liberi, in quanto nel rinnegamento dell'egoismo e convogliando tutte le forze
terrene verso la vita umana, essi si proiettano nel futuro, quando l'umanità
stessa diventerà offerta accetta a Dio.
Un pegno di questa speranza e un alimento per il cammino il Signore lo ha
lasciato ai suoi in quel sacramento della fede nel quale degli elementi naturali
coltivati dall'uomo vengono trasmutati nel Corpo e nel Sangue glorioso di lui,
in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del
cielo.
39. Terra nuova e cielo nuovo.
Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità e non
sappiamo in che modo sarà trasformato l'universo. Passa certamente
l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo però dalla
Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita
la giustizia , e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti
i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini .
Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò
che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà
l'incorruttibilità; resterà la carità coi suoi frutti, e
sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella
realtà che Dio ha creato appunto per l'uomo.
Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero
ma perde se stesso. Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire,
bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra
presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già
riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.
Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso
terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella
misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è
di grande importanza per il regno di Dio. Ed infatti quei valori, quali la
dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè
tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li
avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto,
li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e
trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno
eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di
santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace ».
Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la
venuta del Signore, giungerà a perfezione.
CAPITOLO IV
LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO
40. Mutua relazione tra Chiesa e mondo.
Tutto quello che abbiamo detto a proposito della dignità della
persona umana, della comunità degli uomini, del significato profondo
della attività umana, costituisce il fondamento del rapporto tra Chiesa e
mondo, come pure la base del dialogo fra loro.
In questo capitolo, pertanto, presupponendo tutto ciò che il Concilio
ha già insegnato circa il mistero della Chiesa, si viene a prendere in
considerazione la medesima Chiesa in quanto si trova nel mondo e insieme con
esso vive ed agisce.
La Chiesa, procedendo dall'amore dell'eterno Padre, fondata nel tempo dal
Cristo redentore, radunata nello Spirito Santo, ha una finalità salvifica
ed escatologica che non può essere raggiunta pienamente se non nel mondo
futuro. Ma essa è già presente qui sulla terra, ed è
composta da uomini, i quali appunto sono membri della città terrena
chiamati a formare già nella storia dell'umanità la famiglia dei
figli di Dio, che deve crescere costantemente fino all'avvento del Signore.
Unita in vista dei beni celesti e da essi arricchita, tale famiglia fu da Cristo
« costituita e ordinata come società in questo mondo » e
fornita di « mezzi capaci di assicurare la sua unione visibile e sociale ».
Perciò la Chiesa, che è insieme « società visibile e
comunità spirituale » cammina insieme con l'umanità tutta e
sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena; essa è come il
fermento e quasi l'anima della società umana, destinata a rinnovarsi in
Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio. Tale compenetrazione di città
terrena e città celeste non può certo essere percepita se non con
la fede; resta, anzi, il mistero della storia umana, che è turbata dal
peccato fino alla piena manifestazione dello splendore dei figli di Dio.
Ma la Chiesa, perseguendo il suo proprio fine di salvezza, non solo comunica
all'uomo la vita divina; essa diffonde anche in qualche modo sopra tutto il
mondo la luce che questa vita divina irradia, e lo fa specialmente per il fatto
che risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida la
compagine della umana società e conferisce al lavoro quotidiano degli
uomini un più profondo senso e significato. Così la Chiesa, con i
singoli suoi membri e con tutta intera la sua comunità, crede di poter
contribuire molto a umanizzare di più la famiglia degli uomini e la sua
storia.
Inoltre la Chiesa cattolica volentieri tiene in gran conto il contributo
che, per realizzare il medesimo compito, han dato e danno, cooperando insieme,
le altre Chiese o comunità ecclesiali.
Al tempo stesso essa è persuasa che, per preparare le vie al Vangelo,
il mondo può fornirle in vario modo un aiuto prezioso mediante le qualità
e l'attività dei singoli o delle società che lo compongono. Allo
scopo di promuovere debitamente tale mutuo scambio ed aiuto, nei campi che in
qualche modo sono comuni alla Chiesa e al mondo, vengono qui esposti alcuni
principi generali.
41. L'aiuto che la Chiesa intende offrire agli individui.
L'uomo d'oggi procede sulla strada di un più pieno sviluppo della sua
personalità e di una progressiva scoperta e affermazione dei propri
diritti. Poiché la Chiesa ha ricevuto la missione di manifestare il
mistero di Dio, il quale è il fine ultimo dell'uomo, essa al tempo stesso
svela all'uomo il senso della sua propria esistenza, vale a dire la verità
profonda sull'uomo.
Essa sa bene che soltanto Dio, al cui servizio è dedita, dà
risposta ai più profondi desideri del cuore umano, che mai può
essere pienamente saziato dagli elementi terreni.
Sa ancora che l'uomo, sollecitato incessantemente dallo Spirito di Dio, non
potrà mai essere del tutto indifferente davanti al problema religioso,
come dimostrano non solo l'esperienza dei secoli passati, ma anche molteplici
testimonianze dei tempi nostri.
L'uomo, infatti, avrà sempre desiderio di sapere, almeno
confusamente, quale sia il significato della sua vita, della sua attività
e della sua morte. E la Chiesa, con la sua sola presenza nel mondo, gli richiama
alla mente questi problemi. Ma soltanto Dio, che ha creato l'uomo a sua immagine
e che lo ha redento dal peccato, può offrire a tali problemi una risposta
pienamente adeguata; cose che egli fa per mezzo della rivelazione compiuta nel
Cristo, Figlio suo, che si è fatto uomo.
Chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, diventa anch'egli più uomo.
Partendo da questa fede, la Chiesa può sottrarre la dignità
della natura umana al fluttuare di tutte le opinioni che, per esempio, abbassano
troppo il corpo umano, oppure lo esaltano troppo.
Nessuna legge umana è in grado di assicurare la dignità
personale e la libertà dell'uomo, quanto il Vangelo di Cristo, affidato
alla Chiesa.
Questo Vangelo, infatti, annunzia e proclama la libertà dei figli di
Dio, respinge ogni schiavitù che deriva in ultima analisi dal peccato
onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione,
ammonisce senza posa a raddoppiare tutti i talenti umani a servizio di Dio e per
il bene degli uomini, infine raccomanda tutti alla carità di tutti.
Ciò corrisponde alla legge fondamentale della economia cristiana.
Benché, infatti, i1 Dio Salvatore e il Dio Creatore siano sempre lo
stesso Dio, e così pure si identifichino il Signore della storia umana e
il Signore della storia della salvezza, tuttavia in questo stesso ordine divino
la giusta autonomia della creatura, specialmente dell'uomo, lungi dall'essere
soppressa, viene piuttosto restituita alla sua dignità e in essa
consolidata.
Perciò la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole, proclama i diritti
umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri tali
diritti vengono promossi ovunque.
Questo movimento tuttavia deve essere impregnato dallo spirito del Vangelo e
dev'essere protetto contro ogni specie di falsa autonomia.
Siamo, infatti, esposti alla tentazione di pensare che i nostri diritti
personali sono pienamente salvi solo quando veniamo sciolti da ogni norma di
legge divina.
Ma per questa strada la dignità della persona umana non si salva e va
piuttosto perduta.
42. L'aiuto che la Chiesa intende dare alla società umana.
L'unione della famiglia umana viene molto rafforzata e completata dall'unità
della famiglia dei figli di Dio, fondata sul Cristo. Certo, la missione propria
che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è d'ordine politico, economico
o sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso è d'ordine religioso.
Eppure proprio da questa missione religiosa scaturiscono compiti, luce e
forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità
degli uomini secondo la legge divina.
Così pure, dove fosse necessario, a seconda delle circostanze di
tempo e di luogo, anch'essa può, anzi deve suscitare opere destinate al
servizio di tutti, ma specialmente dei bisognosi, come, per esempio, opere di
misericordia e altre simili.
La Chiesa, inoltre, riconosce tutto ciò che di buono si trova nel
dinamismo sociale odierno, soprattutto il movimento verso l'unità, il
progresso di una sana socializzazione e della solidarietà civile ed
economica. Promuovere l'unità corrisponde infatti alla intima missione
della Chiesa, la quale è appunto « in Cristo quasi un sacramento,
ossia segno e strumento di intima unione con Dio e dell'unità di tutto il
genere umano». Così essa mostra al mondo che una vera unione sociale
esteriore discende dalla unione delle menti e dei cuori, ossia da quella fede e
da quella carità, con cui la sua unità è stata
indissolubilmente fondata nello Spirito Santo.
Infatti, la forza che la Chiesa riesce a immettere nella società
umana contemporanea consiste in quella fede e carità effettivamente
vissute, e non in una qualche sovranità esteriore esercitata con mezzi
puramente umani. Inoltre, siccome in forza della sua missione e della sua natura
non è legata ad alcuna particolare forma di cultura umana o sistema
politico, economico, o sociale, la Chiesa per questa sua universalità può
costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità umane e
nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e le riconoscano di fatto
una vera libertà per il compimento della sua missione. Per questo motivo
la Chiesa esorta i suoi figli, come pure tutti gli uomini, a superare, in questo
spirito di famiglia proprio dei figli di Dio, ogni dissenso tra nazioni e razze,
e a consolidare interiormente le legittime associazioni umane. Il Concilio,
dunque, considera con grande rispetto tutto ciò che di vero, di buono e
di giusto si trova nelle istituzioni, pur così diverse, che la umanità
si è creata e continua a crearsi. Dichiara inoltre che la Chiesa vuole
aiutare e promuovere tutte queste istituzioni, per quanto ciò dipende da
lei ed è compatibile con la sua missione.
Niente le sta più a cuore che di servire al bene di tutti e di
potersi liberamente sviluppare sotto qualsiasi regime che rispetti i diritti
fondamentali della persona e della famiglia e riconosca le esigenze del bene
comune.
43. L'aiuto che la Chiesa intende dare all'attività umana per
mezzo dei cristiani.
Il Concilio esorta i cristiani, cittadini dell'una e dell'altra città,
di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare
dallo spirito del Vangelo.
Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza
stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano che per questo possono
trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede
li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno.
A loro volta non sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere
talmente nelle attività terrene, come se queste fossero del tutto
estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro,
esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali.
La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la
loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro
tempo.
Contro questo scandalo già nell'Antico Testamento elevavano con
veemenza i loro rimproveri i profeti e ancora di più Gesù Cristo
stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava gravi castighi.
Non si crei perciò un'opposizione artificiale tra le attività
professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall'altra. Il
cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il
prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna.
Gioiscano piuttosto i cristiani, seguendo l'esempio di Cristo che fu un
artigiano, di poter esplicare tutte le loro attività terrene unificando
gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola
sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione
tutto viene coordinato a gloria di Dio. Ai laici spettano propriamente, anche se
non esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Quando essi,
dunque, agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati,
non solo rispetteranno le leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si
sforzeranno di acquistare una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la
loro cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto
delle esigenze della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua
nuove iniziative, ove occorra, e ne assicurino la realizzazione.
Spetta alla loro coscienza, già convenientemente formata, di
inscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Dai sacerdoti
i laici si aspettino luce e forza spirituale.
Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto
che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere
pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro
missione; assumano invece essi, piuttosto, la propria responsabilità,
alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina
del magistero.
Per lo più sarà la stessa visione cristiana della realtà
che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata soluzione.
Tuttavia, altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio
diverso sulla medesima questione, come succede abbastanza spesso e
legittimamente.
Ché se le soluzioni proposte da un lato o dall'altro, anche oltre le
intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti collegate con il messaggio
evangelico, in tali casi ricordino essi che nessuno ha il diritto di rivendicare
esclusivamente in favore della propria opinione l'autorità della Chiesa.
Invece cerchino sempre di illuminarsi vicendevolmente attraverso un dialogo
sincero, mantenendo sempre la mutua carità e avendo cura in primo luogo
del bene comune.
I laici, che hanno responsabilità attive dentro tutta la vita della
Chiesa, non solo son tenuti a procurare l'animazione del mondo con lo spirito
cristiano, ma sono chiamati anche ad essere testimoni di Cristo in ogni
circostanza e anche in mezzo alla comunità umana.
I vescovi, poi, cui è affidato l'incarico di reggere la Chiesa di
Dio, devono insieme con i loro preti predicare il messaggio di Cristo in modo
tale che tutte le attività terrene dei fedeli siano pervase dalla luce
del Vangelo.
Inoltre i pastori tutti ricordino che essi con la loro quotidiana condotta e
con la loro sollecitudine mostrano al mondo un volto della Chiesa, in base al
quale gli uomini si fanno un giudizio sulla efficacia e sulla verità del
messaggio cristiano. Con la vita e con la parola, uniti ai religiosi e ai loro
fedeli, dimostrino che la Chiesa, già con la sola sua presenza, con tutti
i doni che contiene, è sorgente inesauribile di quelle forze di cui ha
assoluto bisogno il mondo moderno.
Con lo studio assiduo si rendano capaci di assumere la propria responsabilità
nel dialogo col mondo e con gli uomini di qualsiasi opinione.
Soprattutto però abbiano in mente le parole di questo Concilio: «
Siccome oggi l'umanità va sempre più organizzandosi in unità
civile, economica e sociale, è tanto più necessario che i
sacerdoti, unendo sforzi e mezzi sotto la guida dei vescovi e del sommo
Pontefice, eliminino ogni motivo di dispersione, affinché tutto il genere
umano sia ricondotto all'unità della famiglia di Dio ».
Benché la Chiesa, per la virtù dello Spirito Santo, sia
rimasta la sposa fedele del suo Signore e non abbia mai cessato di essere segno
di salvezza nel mondo, essa tuttavia non ignora affatto che tra i suoi membri
sia chierici che laici, nel corso della sua lunga storia, non sono mancati di
quelli che non furono fedeli allo Spirito di Dio.
E anche ai nostri giorni sa bene la Chiesa quanto distanti siano tra loro il
messaggio ch'essa reca e l'umana debolezza di coloro cui è affidato il
Vangelo. Qualunque sia il giudizio che la storia dà di tali difetti, noi
dobbiamo esserne consapevoli e combatterli con forza, perché non ne abbia
danno la diffusione del Vangelo. Così pure la Chiesa sa bene quanto essa
debba continuamente maturare imparando dall'esperienza di secoli, nel modo di
realizzare i suoi rapporti col mondo.
Guidata dallo Spirito Santo, la madre Chiesa non si stancherà di «esortare
i suoi figli a purificarsi e a rinnovarsi, perché il segno di Cristo
risplenda ancor più chiaramente sul volto della Chiesa».
44. L'aiuto che la Chiesa riceve dal mondo contemporaneo.
Come è importante per il mondo che esso riconosca la Chiesa quale
realtà sociale della storia e suo fermento, così pure la Chiesa
non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dall'evoluzione del genere
umano. L'esperienza dei secoli passati, il progresso della scienza, i tesori
nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso cui si svela più
appieno la natura stessa dell'uomo e si aprono nuove vie verso la verità,
tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa.
Essa, infatti, fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere
il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli;
inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: e ciò
allo scopo di adattare il Vangelo, nei limiti convenienti, sia alla comprensione
di tutti, sia alle esigenze dei sapienti. E tale adattamento della predicazione
della parola rivelata deve rimanere la legge di ogni evangelizzazione. Così,
infatti, viene sollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere
secondo il modo proprio il messaggio di Cristo, e al tempo stesso viene promosso
uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli. Allo scopo di
accrescere tale scambio, oggi soprattutto, che i cambiamenti sono così
rapidi e tanto vari i modi di pensare, la Chiesa ha bisogno particolare
dell'apporto di coloro che, vivendo nel mondo, ne conoscono le diverse
istituzioni e discipline e ne capiscono la mentalità, si tratti di
credenti o di non credenti.
È dovere di tutto il popolo di Dio, soprattutto dei pastori e dei
teologi, con l'aiuto dello Spirito Santo, ascoltare attentamente, discernere e
interpretare i vari linguaggi del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce
della parola di Dio, perché la verità rivelata sia capita sempre
più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in forma più
adatta.
La Chiesa, avendo una struttura sociale visibile, che è appunto segno
della sua unità in Cristo, può essere arricchita, e lo è
effettivamente, dallo sviluppo della vita sociale umana non perché manchi
qualcosa nella costituzione datale da Cristo, ma per conoscere questa più
profondamente, per meglio esprimerla e per adattarla con più successo ai
nostri tempi.
Essa sente con gratitudine di ricevere, nella sua comunità non meno
che nei suoi figli singoli, vari aiuti dagli uomini di qualsiasi grado e
condizione.
Chiunque promuove la comunità umana nell'ordine della famiglia, della
cultura, della vita economica e sociale, come pure della politica, sia nazionale
che internazionale, porta anche non poco aiuto, secondo il disegno di Dio, alla
comunità della Chiesa, nella misura in cui questa dipende da fattori
esterni.
Anzi, la Chiesa confessa che molto giovamento le è venuto e le può
venire perfino dall'opposizione di quanti la avversano o la perseguitano.
45. Cristo, l'alfa e l'omega.
La Chiesa, nel dare aiuto al mondo come nel ricevere molto da esso, ha di
mira un solo fine: che venga il regno di Dio e si realizzi la salvezza
dell'intera umanità. Tutto ciò che di bene il popolo di Dio può
offrire all'umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno, scaturisce
dal fatto che la Chiesa è «l'universale sacramento della salvezza»
che svela e insieme realizza il mistero dell'amore di Dio verso l'uomo. Infatti
il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, si è
fatto egli stesso carne, per operare, lui, l'uomo perfetto, la salvezza di tutti
e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine della storia umana,
« il punto focale dei desideri della storia e della civiltà »,
il centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro
aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha
esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei
morti. Vivificati e radunati nel suo Spirito, come pellegrini andiamo incontro
alla finale perfezione della storia umana, che corrisponde in pieno al disegno
del suo amore: « Ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo
come quelle della terra » (Ef 1,10). Dice il Signore stesso: « Ecco,
io vengo presto, e porto con me il premio, per retribuire ciascuno secondo le
opere sue. Io sono l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, il principio e il fine»
(Ap 22,12-13).
PARTE II
ALCUNI PROBLEMI PIÙ URGENTI
46. Proemio
Dopo aver esposto di quale dignità è insignita la persona
dell'uomo e quale compito, individuale e sociale, egli è chiamato ad
adempiere sulla terra, il Concilio, alla luce del Vangelo e dell'esperienza
umana, attira ora l'attenzione di tutti su alcuni problemi contemporanei
particolarmente urgenti, che toccano in modo specialissimo il genere umano. Tra
le numerose questioni che oggi destano l'interesse generale, queste meritano
particolare menzione: il matrimonio e la famiglia, la cultura umana, la vita
economico-sociale, la vita politica, la solidarietà tra le nazioni e la
pace. Sopra ciascuna di esse risplendano i principi e la luce che provengono da
Cristo; così i cristiani avranno una guida e tutti gli uomini potranno
essere illuminati nella ricerca delle soluzioni di problemi tanto numerosi e
complessi.
CAPITOLO I
DIGNITÀ DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA E SUA VALORIZZAZIONE
47. Matrimonio e famiglia nel mondo d'oggi
Il bene della persona e della società umana e cristiana è
strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale
e familiare. Perciò i cristiani, assieme con quanti hanno alta stima di
questa comunità, si rallegrano sinceramente dei vari sussidi, con i quali
gli uomini favoriscono oggi la formazione di questa comunità di amore e
la stima ed il rispetto della vita: sussidi che sono di aiuto a coniugi e
genitori della loro eminente missione; da essi i cristiani attendono sempre
migliori vantaggi e si sforzano di promuoverli.
Però la dignità di questa istituzione non brilla dappertutto
con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dalla
piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni. Per di
più l'amore coniugale è molto spesso profanato dall'egoismo,
dall'edonismo e da pratiche illecite contro la fecondità. Inoltre le
odierne condizioni economiche, socio-psicologiche e civili portano turbamenti
non lievi nella vita familiare. E per ultimo in determinate parti del mondo si
avvertono non senza preoccupazioni i problemi posti dall'incremento demografico.
Da tutto ciò sorgono difficoltà che angustiano la coscienza.
Tuttavia il valore e la solidità dell'istituto matrimoniale e familiare
prendono risalto dal fatto che le profonde mutazioni dell'odierna società,
nonostante le difficoltà che ne scaturiscono, molto spesso rendono
manifesta in maniere diverse la vera natura di questa istituzione.
Perciò il Concilio, mettendo in chiara luce alcuni punti capitali
della dottrina della Chiesa, si propone di illuminare e incoraggiare i cristiani
e tutti gli uomini che si sforzano di salvaguardare e promuovere la dignità
naturale e l'altissimo valore sacro dello stato matrimoniale.
48. Santità del matrimonio e della famiglia
L'intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore e
strutturata con leggi proprie, è stabilita dall'alleanza dei coniugi,
vale a dire dall'irrevocabile consenso personale. E così, è
dall'atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che
nasce, anche davanti alla società, l'istituzione del matrimonio, che ha
stabilità per ordinamento divino. In vista del bene dei coniugi, della
prole e anche della società, questo legame sacro non dipende
dall'arbitrio dell'uomo. Perché è Dio stesso l'autore del
matrimonio, dotato di molteplici valori e fini: tutto ciò è di
somma importanza per la continuità del genere umano, il progresso
personale e la sorte eterna di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità,
la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di
tutta la società umana.
Per la sua stessa natura l'istituto del matrimonio e l'amore coniugale sono
ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il
loro coronamento. E così l'uomo e la donna, che per l'alleanza coniugale «
non sono più due, ma una sola carne » (Mt 19,6), prestandosi un
mutuo aiuto e servizio con l'intima unione delle persone e delle attività,
esperimentano il senso della propria unità e sempre più pienamente
la conseguono.
Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il
bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano
l'indissolubile unità.
Cristo Signore ha effuso l'abbondanza delle sue benedizioni su questo amore
dai molteplici aspetti, sgorgato dalla fonte della divina carità e
strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa. Infatti, come un tempo
Dio ha preso l'iniziativa di un'alleanza di amore e fedeltà con il suo
popolo cosi ora il Salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai
coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre rimane con
loro perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per
essa così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per
sempre, con mutua dedizione. L'autentico amore coniugale è assunto
nell'amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del
Cristo e dalla azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi in maniera
efficace siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nello svolgimento
della sublime missione di padre e madre. Per questo motivo i coniugi cristiani
sono fortificati e quasi consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la
dignità del loro stato. Ed essi, compiendo con la forza di tale
sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dello spirito di
Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede,
speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria
perfezione e la mutua santificazione, ed assieme rendono gloria a Dio.
Prevenuti dall'esempio e dalla preghiera comune dei genitori, i figli, anzi
tutti quelli che vivono insieme nell'ambito familiare, troveranno più
facilmente la strada di una formazione veramente umana, della salvezza e della
santità.
Quanto agli sposi, insigniti della dignità e responsabilità di
padre e madre, adempiranno diligentemente il dovere dell'educazione, soprattutto
religiosa, che spetta loro prima che a chiunque altro.
I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono pure in qualche
modo alla santificazione dei genitori. Risponderanno, infatti, ai benefici
ricevuti dai genitori con affetto riconoscente, con pietà filiale e
fiducia; e li assisteranno, come si conviene a figli, nelle avversità
della vita e nella solitudine della vecchiaia. La vedovanza, accettata con
coraggio come continuazione della vocazione coniugale sia onorata da tutti. La
famiglia metterà con generosità in comune con le altre famiglie le
proprie ricchezze spirituali. Allora la famiglia cristiana che nasce dal
matrimonio, come immagine e partecipazione dell'alleanza d'amore del Cristo e
della Chiesa renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel
mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l'amore, la fecondità
generosa, l'unità e la fedeltà degli sposi, che con l'amorevole
cooperazione di tutti i suoi membri.
49. L'amore coniugale
I fidanzati sono ripetutamente invitati dalla parola di Dio a nutrire e
potenziare il loro fidanzamento con un amore casto, e gli sposi la loro unione
matrimoniale con un affetto senza incrinature. Anche molti nostri contemporanei
annettono un grande valore al vero amore tra marito e moglie, che si manifesta
in espressioni diverse a seconda dei sani costumi dei popoli e dei tempi.
Proprio perché atto eminentemente umano, essendo diretto da persona a
persona con un sentimento che nasce dalla volontà, quell'amore abbraccia
il bene di tutta la persona; perciò ha la possibilità di
arricchire di particolare dignità le espressioni del corpo e della vita
psichica e di nobilitarle come elementi e segni speciali dell'amicizia
coniugale.
Il Signore si è degnato di sanare, perfezionare ed elevare questo
amore con uno speciale dono di grazia e carità. Un tale amore, unendo
assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo dono di se
stessi, che si esprime mediante sentimenti e gesti di tenerezza e pervade tutta
quanta la vita dei coniugi anzi, diventa più perfetto e cresce proprio
mediante il generoso suo esercizio. È ben superiore, perciò, alla
pura attrattiva erotica che, egoisticamente coltivata, presto e miseramente
svanisce.
Questo amore è espresso e sviluppato in maniera tutta particolare
dall'esercizio degli atti che sono propri del matrimonio. Ne consegue che gli
atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità sono onesti e
degni; compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi
significano ed arricchiscono vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine gli
sposi stessi. Quest'amore, ratificato da un impegno mutuo e soprattutto
consacrato da un sacramento di Cristo, resta indissolubilmente fedele nella
prospera e cattiva sorte, sul piano del corpo e dello spirito; di conseguenza
esclude ogni adulterio e ogni divorzio. L'unità del matrimonio,
confermata dal Signore, appare in maniera lampante anche dalla uguale dignità
personale che bisogna riconoscere sia all'uomo che alla donna nel mutuo e pieno
amore.
Per tener fede costantemente agli impegni di questa vocazione cristiana si
richiede una virtù fuori del comune; è per questo che i coniugi,
resi forti dalla grazia per una vita santa, coltiveranno assiduamente la
fermezza dell'amore, la grandezza d'animo, lo spirito di sacrificio e li
domanderanno nella loro preghiera. Ma l'autentico amore coniugale godrà
più alta stima e si formerà al riguardo una sana opinione
pubblica, se i coniugi cristiani danno testimonianza di fedeltà e di
armonia nell'amore come anche di sollecitudine nell'educazione dei figli, e se
assumono la loro responsabilità nel necessario rinnovamento culturale,
psicologico e sociale a favore del matrimonio e della famiglia.
I giovani siano adeguatamente istruiti, molto meglio se in seno alla propria
famiglia, sulla dignità dell'amore coniugale, sulla sua funzione e le sue
espressioni; così che, formati nella stima della castità, possano
ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle nozze.
50. La fecondità del matrimonio
Il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati per loro natura alla
procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il dono più
eccellente del matrimonio e contribuiscono grandemente al bene dei genitori
stessi. Dio che disse: « non è bene che l'uomo sia solo» (Gn
2,18) e «che creò all'inizio l'uomo maschio e femmina » (Mt
19,4), volendo comunicare all'uomo una speciale partecipazione nella sua opera
creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: «crescete e
moltiplicatevi» (Gn 1,28). Di conseguenza un amore coniugale vero e ben
compreso e tutta la struttura familiare che ne nasce tendono, senza trascurare
gli altri fini del matrimonio, a rendere i coniugi disponibili a cooperare
coraggiosamente con l'amore del Creatore e del Salvatore che attraverso di loro
continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia.
I coniugi sappiano di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e quasi
suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla; ciò
deve essere considerato come missione loro propria.
E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana
responsabilità e, con docile riverenza verso Dio, di comune accordo e con
sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio
bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che
si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che spirituali
della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene
della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa
stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio,
gli sposi stessi. Però nella loro linea di condotta i coniugi cristiani
siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre
essere retti da una coscienza che sia con forme alla legge divina stessa; e
siano docili al magistero della Chiesa, che interpreta in modo autentico quella
legge alla luce del Vangelo.
Tale legge divina manifesta il significato pieno dell'amore coniugale, lo
protegge e lo conduce verso la sua perfezione veramente umana.
Così quando gli sposi cristiani, fidando nella divina Provvidenza e
coltivando lo spirito di sacrificio, svolgono il loro ruolo procreatore e si
assumono generosamente le loro responsabilità umane e cristiane,
glorificano il Creatore e tendono alla perfezione cristiana.
Tra i coniugi che in tal modo adempiono la missione loro affidata da Dio,
sono da ricordare in modo particolare quelli che, con decisione prudente e di
comune accordo, accettano con grande animo anche un più grande numero di
figli da educare convenientemente.
Il matrimonio tuttavia non è stato istituito soltanto per la
procreazione; il carattere stesso di alleanza indissolubile tra persone e il
bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste
manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se
la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c'è, il matrimonio
perdura come comunità e comunione di tutta la vita e conserva il suo
valore e la sua indissolubilità.
51. Accordo dell'amore coniugale col rispetto della vita
Il Concilio sa che spesso i coniugi, che vogliono condurre armoniosamente la
loro vita coniugale, sono ostacolati da alcune condizioni della vita di oggi, e
possono trovare circostanze nelle quali non si può aumentare, almeno per
un certo tempo, il numero dei figli; non senza difficoltà allora si può
conservare la pratica di un amore fedele e la piena comunità di vita. Là
dove, infatti, è interrotta l'intimità della vita coniugale, non è
raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il
bene dei figli: allora corrono pericolo anche l'educazione dei figli e il
coraggio di accettarne altri.
C'è chi presume portare a questi problemi soluzioni non oneste, anzi
non rifugge neppure dall'uccisione delle nuove vite. La Chiesa ricorda, invece,
che non può esserci vera contraddizione tra le leggi divine, che reggono
la trasmissione della vita, e quelle che favoriscono l'autentico amore
coniugale.
Infatti Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima
missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo degno
dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con
la massima cura; l'aborto e l'infanticidio sono delitti abominevoli. La
sessualità propria dell'uomo e la facoltà umana di generare sono
meravigliosamente superiori a quanto avviene negli stadi inferiori della vita;
perciò anche gli atti specifici della vita coniugale, ordinati secondo la
vera dignità umana, devono essere rispettati con grande stima. Perciò,
quando si tratta di mettere d'accordo l'amore coniugale con la trasmissione
responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo
dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato
secondo criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella dignità
stessa della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un
contesto di vero amore, il significato totale della mutua donazione e della
procreazione umana; cosa che risulterà impossibile se non viene coltivata
con sincero animo la virtù della castità coniugale. I figli della
Chiesa, fondati su questi principi, nel regolare la procreazione, non potranno
seguire strade che sono condannate dal magistero nella spiegazione della legge
divina. Del resto, tutti sappiamo che la vita dell'uomo e il compito di
trasmetterla non sono limitati agli orizzonti di questo mondo e non vi trovano né
la loro piena dimensione, né il loro pieno senso, ma riguardano il
destino eterno degli uomini.
52. L'impegno di tutti per il bene del matrimonio e della famiglia
La famiglia è una scuola di arricchimento umano. Perché però
possa attingere la pienezza della sua vita e del suo compimento, è
necessaria una amorevole apertura vicendevole di animo tra i coniugi, e la
consultazione reciproca e una continua collaborazione tra i genitori nella
educazione dei figli. La presenza attiva del padre giova moltissimo alla loro
formazione; ma bisogna anche permettere alla madre, di cui abbisognano
specialmente i figli più piccoli, di prendersi cura del proprio focolare
pur senza trascurare la legittima promozione sociale della donna. I figli poi,
mediante l'educazione devono venire formati in modo che, giunti alla maturità,
possano seguire con pieno senso di responsabilità la loro vocazione,
compresa quella sacra; e se sceglieranno lo stato di vita coniugale, possano
formare una propria famiglia in condizioni morali, sociali ed economiche
favorevoli. È compito poi dei genitori o dei tutori guidare i più
giovani nella formazione di una nuova famiglia con il consiglio prudente,
presentato in modo che questi lo ascoltino volentieri; dovranno tuttavia evitare
di esercitare forme di coercizione diretta o indiretta su di essi per spingerli
al matrimonio o alla scelta di una determinata persona come coniuge.
In questo modo la famiglia, nella quale le diverse generazioni si incontrano
e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più
completa e ad armonizzare i diritti della persona con le altre esigenze della
vita sociale, è veramente il fondamento della società. Tutti
coloro che hanno influenza sulla società e sulle sue diverse categorie,
quindi, devono collaborare efficacemente alla promozione del matrimonio e della
famiglia; e le autorità civili dovranno considerare come un sacro dovere
conoscere la loro vera natura, proteggerli e farli progredire, difendere la
moralità pubblica e favorire la prosperità domestica. In
particolare dovrà essere difeso il diritto dei genitori di generare la
prole e di educarla in seno alla famiglia. Una provvida legislazione ed
iniziative varie dovranno pure proteggere ed aiutare opportunamente coloro che
sono purtroppo privi di una propria famiglia.
I cristiani, bene utilizzando il tempo presente e distinguendo le realtà
permanenti dalle forme mutevoli, si adoperino per sviluppare diligentemente i
valori del matrimonio e della famiglia; lo faranno tanto con la testimonianza
della propria vita, quanto con un'azione concorde con gli uomini di buona volontà.
Così, superando le difficoltà presenti, essi provvederanno ai
bisogni e agli interessi della famiglia, in accordo con i tempi nuovi. A questo
fine sono di grande aiuto il senso cristiano dei fedeli, la retta coscienza
morale degli uomini, come pure la saggezza e la competenza di chi è
versato nelle discipline sacre.
Gli esperti nelle scienze, soprattutto biologiche, mediche, sociali e
psicologiche, possono portare un grande contributo al bene del matrimonio e
della famiglia e alla pace delle coscienze se, con l'apporto convergente dei
loro studi, cercheranno di chiarire sempre più a fondo le diverse
condizioni che favoriscono un'ordinata e onesta procreazione umana.
È compito dei sacerdoti, provvedendosi una necessaria competenza sui
problemi della vita familiare, aiutare amorosamente la vocazione dei coniugi
nella loro vita coniugale e familiare con i vari mezzi della pastorale, con la
predicazione della parola di Dio, con il culto liturgico o altri aiuti
spirituali, fortificarli con bontà e pazienza nelle loro difficoltà
e confortarli con carità, perché si formino famiglie veramente
serene.
Le varie opere di apostolato, specialmente i movimenti familiari, si
adopereranno a sostenere con la dottrina e con l'azione i giovani e gli stessi
sposi, particolarmente le nuove famiglie, ed a formarli alla vita familiare,
sociale ed apostolica.
Infine i coniugi stessi, creati ad immagine del Dio vivente e muniti di
un'autentica dignità personale, siano uniti da un uguale mutuo affetto,
dallo stesso modo di sentire, da comune santità, cosi che, seguendo
Cristo principio di vita nelle gioie e nei sacrifici della loro vocazione,
attraverso il loro amore fedele possano diventare testimoni di quel mistero di
amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e la sua
risurrezione.
CAPITOLO II
LA PROMOZIONE DELLA CULTURA
53. Introduzione
È proprio della persona umana il non poter raggiungere un livello di
vita veramente e pienamente umano se non mediante la cultura, coltivando cioè
i beni e i valori della natura. Perciò, ogniqualvolta si tratta della
vita umana, natura e cultura sono quanto mai strettamente connesse.
Con il termine generico di « cultura » si vogliono indicare tutti
quei mezzi con i quali l'uomo affina e sviluppa le molteplici capacità
della sua anima e del suo corpo; procura di ridurre in suo potere il cosmo
stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita sociale,
sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso
del costume e delle istituzioni; infine, con l'andar del tempo, esprime,
comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni
spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto
il genere umano.
Di conseguenza la cultura presenta necessariamente un aspetto storico e
sociale e la voce « cultura » assume spesso un significato sociologico
ed etnologico. In questo senso si parla di pluralità delle culture.
Infatti dal diverso modo di far uso delle cose, di lavorare, di esprimersi, di
praticare la religione e di formare i costumi, di fare le leggi e creare gli
istituti giuridici, di sviluppare le scienze e le arti e di coltivare il bello,
hanno origine i diversi stili di vita e le diverse scale di valori. Cosi dalle
usanze tradizionali si forma il patrimonio proprio di ciascun gruppo umano. Così
pure si costituisce l'ambiente storicamente definito in cui ogni uomo, di
qualsiasi stirpe ed epoca, si inserisce, e da cui attinge i beni che gli
consentono di promuovere la civiltà.
Sezione 1: La situazione della cultura nel mondo odierno
54. Nuovi stili di vita
Le condizioni di vita dell'uomo moderno, sotto l'aspetto sociale e
culturale, sono profondamente cambiate, così che è lecito parlare
di una nuova epoca della storia umana '. Di qui si aprono nuove vie per
perfezionare e diffondere più largamente la cultura. Esse sono state
preparate da un grandioso sviluppo delle scienze naturali e umane, anche
sociali, dal progresso delle tecniche, dallo sviluppo e dall'organizzazione
degli strumenti di comunicazione sociale. Perciò la cultura odierna è
caratterizzata da alcune note distintive: le scienze dette «esatte»
affinano al massimo il senso critico; i più recenti studi di psicologia
spiegano in profondità l'attività umana; le scienze storiche
spingono fortemente a considerare le cose sotto l'aspetto della loro mutabilità
ed evoluzione; i modi di vivere ed i costumi diventano sempre più
uniformi; l'industrializzazione, l'urbanesimo e le altre cause che favoriscono
la vita collettiva creano nuove forme di cultura (cultura di massa), da cui
nascono nuovi modi di pensare, di agire, di impiegare il tempo libero; lo
sviluppo dei rapporti fra le varie nazioni e le classi sociali rivela più
ampiamente a tutti e a ciascuno i tesori delle diverse forme di cultura, e così
poco a poco si prepara una forma di cultura umana più universale, la
quale tanto più promuove ed esprime l'unità del genere umano,
quanto meglio rispetta le particolarità delle diverse culture.
55. L'uomo artefice della cultura
Cresce sempre più il numero degli uomini e delle donne di ogni gruppo
o nazione che prendono coscienza di essere artefici e promotori della cultura
della propria comunità. In tutto il mondo si sviluppa sempre più
il senso dell'autonomia e della responsabilità, cosa che è di
somma importanza per la maturità spirituale e morale dell'umanità.
Ciò appare ancor più chiaramente se teniamo presente
l'unificazione del mondo e il compito che ci si impone di costruire un mondo
migliore nella verità e nella giustizia. In tal modo siamo testimoni
della nascita d'un nuovo umanesimo, in cui l'uomo si definisce anzitutto per la
sua responsabilità verso i suoi fratelli e verso la storia.
56. Difficoltà e compiti
In queste condizioni non stupisce che l'uomo sentendosi responsabile del
progresso della cultura, nutra grandi speranze, ma consideri pure con ansietà
le molteplici antinomie esistenti ch'egli deve risolvere. Che cosa si deve fare
affinché gli intensificati rapporti culturali, che dovrebbero condurre ad
un vero e fruttuoso dialogo tra classi e nazioni diverse, non turbino la vita
delle comunità, né sovvertano la sapienza dei padri, né
mettano in pericolo il carattere proprio di ciascun popolo?
In qual modo promuovere il dinamismo e l'espansione della nuova cultura
senza che si perda la viva fedeltà al patrimonio della tradizione? Questo
problema si pone con particolare urgenza là dove la cultura, che nasce
dal grande sviluppo scientifico e tecnico, si deve armonizzare con la cultura
che, secondo le varie tradizioni, viene alimentata dagli studi classici.
In qual maniera conciliare una così rapida e crescente
diversificazione delle scienze specializzate, con la necessità di farne
la sintesi e di mantenere nell'uomo le facoltà della contemplazione e
dell'ammirazione che conducono alla sapienza?
Che cosa fare affinché le moltitudini siano rese partecipi dei beni
della cultura, proprio quando la cultura degli specialisti diviene sempre più
alta e complessa?
Come, infine, riconoscere come legittima l'autonomia che la cultura
rivendica a se stessa, senza giungere a un umanesimo puramente terrestre, anzi
avverso alla religione?
In mezzo a queste antinomie, la cultura umana va oggi sviluppata in modo da
perfezionare con giusto ordine la persona umana nella sua integrità e da
aiutare gli uomini nell'esplicazione di quei compiti, al cui adempimento tutti,
ma specialmente i cristiani fraternamente uniti in seno all'unica famiglia
umana, sono chiamati.
Sezione 2: Alcuni principi riguardanti la retta promozione della cultura
57. Fede e cultura
I cristiani, in cammino verso la città celeste, devono ricercare e
gustare le cose di lassù questo tuttavia non diminuisce, anzi aumenta
l'importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la
costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della
fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore
impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di
quest'attività, mediante la quale la cultura umana acquista un posto
importante nella vocazione integrale dell'uomo.
L'uomo infatti, quando coltiva la terra col lavoro delle sue braccia o con
l'aiuto della tecnica, affinché essa produca frutto e diventi una dimora
degna di tutta la famiglia umana, e quando partecipa consapevolmente alla vita
dei gruppi sociali, attua il disegno di Dio, manifestato all'inizio dei tempi,
di assoggettare la terra e di perfezionare la creazione, e coltiva se stesso;
nel medesimo tempo mette in pratica il grande comandamento di Cristo di
prodigarsi al servizio dei fratelli.
L'uomo inoltre, applicandosi allo studio delle varie discipline, quali la
filosofia, la storia, la matematica, le scienze naturali, e coltivando l'arte,
può contribuire moltissimo ad elevare l'umana famiglia a più alti
concetti del vero, del bene e del bello e a una visione delle cose di universale
valore; in tal modo essa sarà più vivamente illuminata da quella
mirabile Sapienza, che dall'eternità era con Dio, disponendo con lui ogni
cosa, giocando sull'orbe terrestre e trovando le sue delizie nello stare con i
figli degli uomini.
Per ciò stesso lo spirito umano, più libero dalla schiavitù
delle cose, può innalzarsi con maggiore speditezza al culto ed alla
contemplazione del Creatore. Anzi, sotto l'impulso della grazia si dispone a
riconoscere il Verbo di Dio che, prima di farsi carne per tutto salvare e
ricapitolare in se stesso, già era « nel mondo » come «
luce vera che illumina ogni uomo » (Gv 1,9).
Certo, l'odierno progresso delle scienze e della tecnica, che in forza del
loro metodo non possono penetrare nelle intime ragioni delle cose, può
favorire un certo fenomenismo e agnosticismo, quando il metodo di investigazione
di cui fanno uso queste scienze viene a torto innalzato a norma suprema di
ricerca della verità totale. Anzi, vi è il pericolo che l'uomo,
fidandosi troppo delle odierne scoperte, pensi di bastare a se stesso e non
cerchi più valori superiori.
Questi fatti deplorevoli però non scaturiscono necessariamente dalla
odierna cultura, né debbono indurci nella tentazione di non riconoscere i
suoi valori positivi. Fra questi si annoverano: il gusto per le scienze e la
rigorosa fedeltà al vero nella indagine scientifica, la necessità
di collaborare con gli altri nei gruppi tecnici specializzati, il senso della
solidarietà internazionale, la coscienza sempre più viva della
responsabilità degli esperti nell'aiutare e proteggere gli uomini, la
volontà di rendere più felici le condizioni di vita per tutti,
specialmente per coloro che soffrono per la privazione della responsabilità
personale o per la povertà culturale. Tutti questi valori possono essere
in qualche modo una preparazione a ricevere l'annunzio del Vangelo; preparazione
che potrà essere portata a compimento dalla divina carità di colui
che è venuto a salvare il mondo.
58. I molteplici rapporti fra il Vangelo di Cristo e la cultura
Fra il messaggio della salvezza e la cultura esistono molteplici rapporti.
Dio infatti, rivelandosi al suo popolo fino alla piena manifestazione di sé
nel Figlio incarnato, ha parlato secondo il tipo di cultura proprio delle
diverse epoche storiche.
Parimenti la Chiesa, che ha conosciuto nel corso dei secoli condizioni
d'esistenza diverse, si è servita delle differenti culture per diffondere
e spiegare nella sua predicazione il messaggio di Cristo a tutte le genti, per
studiarlo ed approfondirlo, per meglio esprimerlo nella vita liturgica e nella
vita della multiforme comunità dei fedeli.
Ma nello stesso tempo, inviata a tutti i popoli di qualsiasi tempo e di
qualsiasi luogo, non è legata in modo esclusivo e indissolubile a nessuna
razza o nazione, a nessun particolare modo di vivere, a nessuna consuetudine
antica o recente. Fedele alla propria tradizione e nello stesso tempo cosciente
dell'universalità della sua missione, può entrare in comunione con
le diverse forme di cultura; tale comunione arricchisce tanto la Chiesa stessa
quanto le varie culture.
Il Vangelo di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo
decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali derivanti dalla sempre
minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità
dei popoli. Con la ricchezza soprannaturale feconda dall'interno, fortifica,
completa e restaura in Cristo le qualità spirituali e le doti di ciascun
popolo. In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione già con questo
stesso fatto stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e civile
e, mediante la sua azione, anche liturgica, educa l'uomo alla libertà
interiore.
59. Armonizzazione dei diversi aspetti della cultura
Per i motivi suddetti la Chiesa ricorda a tutti che la cultura deve mirare
alla perfezione integrale della persona umana, al bene della comunità e
di tutta la società umana. Perciò è necessario coltivare lo
spirito in modo che si sviluppino le facoltà dell'ammirazione,
dell'intuizione, della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un
giudizio personale e di coltivare il senso religioso, morale e sociale.
Infatti la cultura, scaturendo direttamente dalla natura ragionevole e
sociale dell'uomo, ha un incessante bisogno della giusta libertà per
svilupparsi e le si deve riconoscere la legittima possibilità di
esercizio autonomo secondo i propri principi. A ragione dunque essa esige
rispetto e gode di una certa inviolabilità, salvi evidentemente i diritti
della persona e della comunità, sia particolare sia universale, entro i
limiti del bene comune.
Il sacro Concilio, richiamando ciò che insegnò il Concilio
Vaticano I, dichiara che « esistono due ordini di conoscenza »
distinti, cioè quello della fede e quello della ragione, e che la Chiesa
non vieta che «le arti e le discipline umane (...) si servano, nell'ambito
proprio a ciascuna, di propri principi e di un proprio metodo »; perciò,
« riconoscendo questa giusta libertà », la Chiesa afferma la
legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze.
Tutto questo esige pure che l'uomo, nel rispetto dell'ordine morale e della
comune utilità, possa liberamente cercare la verità, manifestare e
diffondere le sue opinioni, e coltivare qualsiasi arte; esige, infine, che sia
informato secondo verità degli eventi della vita pubblica.
È compito dei pubblici poteri, non determinare il carattere proprio
delle forme di cultura, ma assicurare le condizioni e i sussidi atti a
promuovere la vita culturale fra tutti, anche fra le minoranze di una nazione.
Perciò bisogna innanzi tutto esigere che la cultura, stornata dal proprio
fine, non sia costretta a servire il potere politico o il potere economico.
Sezione 3: Alcuni doveri più urgenti per i cristiani circa la
cultura
60. Il riconoscimento del diritto di ciascuno alla cultura e sua
attuazione
Poiché si offre ora la possibilità di liberare moltissimi
uomini dal flagello dell'ignoranza, è compito sommamente confacente al
nostro tempo, in specie per i cristiani, lavorare indefessamente perché
tanto in campo economico quanto in campo politico, tanto sul piano nazionale
quanto sul piano internazionale, siano prese le decisioni fondamentali, mediante
le quali sia riconosciuto e attuato dovunque il diritto di tutti a una cultura
umana conforme alla dignità della persona, senza distinzione di razza, di
sesso, di nazione, di religione o di condizione sociale. Perciò è
necessario procurare a tutti una quantità sufficiente di beni culturali,
specialmente di quelli che costituiscono la cosiddetta cultura di base, affinché
moltissimi non siano impediti, a causa dell'analfabetismo e della privazione di
un'attività responsabile, di dare una collaborazione veramente umana al
bene comune.
Occorre perciò fare ogni sforzo affinché quelli che ne sono
capaci possano accedere agli studi superiori; ma in tale maniera che, per quanto
è possibile, essi possano occuparsi nell'umana società di quelle
funzioni, compiti e servizi che corrispondono alle loro attitudini naturali e
alle competenze acquisite 11. Così ognuno e i gruppi sociali di ciascun
popolo potranno raggiungere il pieno sviluppo della loro vita culturale, in
conformità con le doti e tradizioni loro proprie.
Bisogna inoltre fare di tutto perché ciascuno prenda coscienza tanto
del diritto alla cultura, quanto del dovere di coltivarsi e di aiutare gli
altri. Vi sono talora condizioni di vita e di lavoro che impediscono lo sforzo
culturale e perciò distruggono l'interesse per la cultura. Questo vale in
modo speciale per gli agricoltori e gli operai, ai quali bisogna assicurare
condizioni di lavoro tali che non impediscano, ma promuovano la loro vita
culturale. Le donne lavorano già in quasi tutti i settori della vita;
conviene però che esse possano svolgere pienamente i loro compiti secondo
le attitudini loro proprie. Sarà dovere di tutti far si che la
partecipazione propria e necessaria delle donne nella vita culturale sia
riconosciuta e promossa.
61. L'educazione ad una cultura integrale
Oggi vi è più difficoltà di un tempo di ridurre a
sintesi le varie discipline e arti del sapere. Mentre infatti aumenta il volume
e la diversità degli elementi che costituiscono la cultura, diminuisce
nello stesso tempo la capacità per i singoli uomini di percepirli e di
armonizzarli organicamente, cosicché l'immagine dell'«uomo
universale» diviene sempre più evanescente. Tuttavia ogni uomo ha il
dovere di tener fermo il concetto della persona umana integrale, in cui
eccellono i valori della intelligenza, della volontà, della coscienza e
della fraternità, che sono fondati tutti in Dio Creatore e sono stati
mirabilmente sanati ed elevati in Cristo.
La famiglia anzitutto è come la madre e la nutrice di questa
educazione; in essa i figli, vivendo in una atmosfera d'amore, apprendono più
facilmente la gerarchia dei valori, mentre collaudate forme culturali vengono
quasi naturalmente trasfuse nell'animo dell'adolescente, man mano che si
sviluppa.
Per la medesima educazione nella società odierna vi sono opportunità
derivanti specialmente dall'accresciuta diffusione del libro e dai nuovi
strumenti di comunicazione culturale e sociale, che possono favorire la cultura
universale. La diminuzione più o meno generalizzata del tempo dedicato al
lavoro fa aumentare di giorno in giorno per molti uomini le possibilità
di coltivarsi. Il tempo libero sia impiegato per distendere lo spirito, per
fortificare la salute dell'anima e del corpo; mediante attività e studi
di libera scelta; mediante viaggi in altri paesi (turismo), con i quali si
affina lo spirito dell'uomo, e gli uomini si arricchiscono con la reciproca
conoscenza; anche mediante esercizi e manifestazioni sportive, che giovano a
mantenere l'equilibrio dello spirito, ed offrono un aiuto per stabilire fraterne
relazioni fra gli uomini di tutte le condizioni, di nazioni o di razze diverse.
I cristiani collaborino dunque affinché le manifestazioni e le attività
culturali collettive, proprie della nostra epoca, siano impregnate di spirito
umano e cristiano.
Tuttavia tutte queste facilitazioni non possono assicurare la piena ed
integrale formazione culturale dell'uomo, se nello stesso tempo trascuriamo di
interrogarci profondamente sul significato della cultura e della scienza per la
persona umana.
62. Accordo fra cultura umana e insegnamento cristiano
Sebbene la Chiesa abbia grandemente contribuito al progresso della cultura,
l'esperienza dimostra tuttavia che, per ragioni contingenti, l'accordo fra la
cultura e la formazione cristiana non si realizza sempre senza difficoltà.
Queste difficoltà non necessariamente sono di danno alla fede;
possono, anzi, stimolare lo spirito ad acquisirne una più accurata e
profonda intelligenza. Infatti gli studi recenti e le nuove scoperte delle
scienze, come pure quelle della storia e della filosofia, suscitano nuovi
problemi che comportano conseguenze anche per la vita pratica ed esigono nuove
indagini anche da parte dei teologi. Questi sono inoltre invitati, nel rispetto
dei metodi e delle esigenze proprie della scienza teologica, a ricercare modi
sempre più adatti di comunicare la dottrina cristiana agli uomini della
loro epoca: altro è, infatti, il deposito o le verità della fede,
altro è il modo con cui vengono espresse, a condizione tuttavia di
salvaguardarne il significato e il senso profondo. Nella cura pastorale si
conoscano sufficientemente e si faccia uso non soltanto dei principi della
teologia, ma anche delle scoperte delle scienze profane, in primo luogo della
psicologia e della sociologia, cosicché anche i fedeli siano condotti a
una più pura e più matura vita di fede.
A modo loro, anche la letteratura e le arti sono di grande importanza per la
vita della Chiesa. Esse cercano infatti di esprimere la natura propria
dell'uomo, i suoi problemi e la sua esperienza nello sforzo di conoscere e
perfezionare se stesso e il mondo; cercano di scoprire la sua situazione nella
storia e nell'universo, di illustrare le sue miserie e le sue gioie, i suoi
bisogni e le sue capacità, e di prospettare una sua migliore condizione.
Così possono elevare la vita umana, che esprimono in molteplici forme,
secondo i tempi e i luoghi.
Bisogna perciò impegnarsi affinché gli artisti si sentano
compresi dalla Chiesa nella loro attività e, godendo di un'ordinata
libertà, stabiliscano più facili rapporti con la comunità
cristiana. Siano riconosciute dalla Chiesa le nuove tendenze artistiche adatte
ai nostri tempi secondo l'indole delle diverse nazioni e regioni. Siano ammesse
negli edifici del culto, quando, con modi d'espressione adatti e conformi alle
esigenze liturgiche, innalzano lo spirito a Dio.
Così la conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la predicazione
evangelica si rende più trasparente all'intelligenza degli uomini e
appare come connaturata con le loro condizioni d'esistenza.
I fedeli dunque vivano in strettissima unione con gli uomini del loro tempo,
e si sforzino di penetrare perfettamente il loro modo di pensare e di sentire,
quali si esprimono mediante la cultura. Sappiano armonizzare la conoscenza delle
nuove scienze, delle nuove dottrine e delle più recenti scoperte con la
morale e il pensiero cristiano, affinché il senso religioso e la
rettitudine morale procedano in essi di pari passo con la conoscenza scientifica
e con il continuo progresso della tecnica; potranno così giudicare e
interpretare tutte le cose con senso autenticamente cristiano.
Coloro che si applicano alle scienze teologiche nei seminari e nelle
università si studino di collaborare con gli uomini che eccellono nelle
altre scienze, mettendo in comune le loro forze e opinioni. La ricerca
teologica, mentre persegue la conoscenza profonda della verità rivelata,
non trascuri il contatto con il proprio tempo, per poter aiutare gli uomini
competenti nelle varie branche del sapere ad acquistare una più piena
conoscenza della fede. Questa collaborazione gioverà grandemente alla
formazione dei sacri ministri, che potranno presentare ai nostri contemporanei
la dottrina della Chiesa intorno a Dio, all'uomo e al mondo in maniera più
adatta, così da farla anche da essi più volentieri accettare. È
anzi desiderabile che molti laici acquistino una conveniente formazione nelle
scienze sacre e che non pochi tra loro si diano di proposito a questi studi e li
approfondiscano con mezzi scientifici adeguati. Ma affinché possano
esercitare il loro compito, sia riconosciuta ai fedeli, tanto ecclesiastici che
laici, una giusta libertà di ricercare, di pensare e di manifestare con
umiltà e coraggio la propria opinione nel campo in cui sono competenti.
CAPITOLO III
VITA ECONOMICO-SOCIALE
63. La vita economica e alcuni aspetti caratteristici contemporanei
Anche nella vita economico-sociale sono da tenere in massimo rilievo e da
promuovere la dignità della persona umana, la sua vocazione integrale e
il bene dell'intera società. L'uomo infatti è l'autore, il centro
e il fine di tutta la vita economico-sociale.
L'economia contemporanea, come ogni altro campo della vita sociale, è
caratterizzata da un dominio crescente dell'uomo sulla natura, dalla
moltiplicazione e dalla intensificazione dei rapporti e dalla interdipendenza
tra cittadini, gruppi e popoli, come pure da un più intenso intervento
dei pubblici poteri. Nello stesso tempo, il progresso nella efficienza
produttiva e nella migliore organizzazione degli scambi e servizi hanno reso
l'economia strumento adatto a meglio soddisfare i bisogni accresciuti della
famiglia umana.
Tuttavia non mancano motivi di preoccupazione. Molti uomini, soprattutto
nelle regioni economicamente sviluppate, appaiono quasi unicamente retti dalle
esigenze dell'economia, cosicché quasi tutta la loro vita personale e
sociale viene permeata da una mentalità economicistica, e ciò si
diffonde sia nei paesi ad economia collettivistica che negli altri. In un tempo
in cui lo sviluppo della vita economica, orientata e coordinata in una maniera
razionale e umana, potrebbe permettere una attenuazione delle disparità
sociali, troppo spesso essa si tramuta in una causa del loro aggravamento o, in
alcuni luoghi, perfino nel regresso delle condizioni sociali dei deboli e nel
disprezzo dei poveri. Mentre folle immense mancano dello stretto necessario,
alcuni, anche nei paesi meno sviluppati, vivono nell'opulenza o dissipano i
beni. Il lusso si accompagna alla miseria. E, mentre pochi uomini dispongono di
un assai ampio potere di decisione, molti mancano quasi totalmente della
possibilità di agire di propria iniziativa o sotto la propria
responsabilità, spesso permanendo in condizioni di vita e di lavoro
indegne di una persona umana.
Simili squilibri economici e sociali si avvertono tra l'agricoltura,
l'industria e il settore dei servizi, come pure tra le diverse regioni di uno
stesso paese. Una contrapposizione, che può mettere in pericolo la pace
del mondo intero, si fa ogni giorno più grave tra le nazioni
economicamente più progredite e le altre.
Gli uomini del nostro tempo reagiscono con coscienza sempre più
sensibile di fronte a tali disparità: essi sono profondamente convinti
che le più ampie possibilità tecniche ed economiche, proprie del
mondo contemporaneo, potrebbero e dovrebbero correggere questo funesto stato di
cose. Ma per questo si richiedono molte riforme nelle strutture della vita
economico-sociale; è necessario anche da parte di tutti un mutamento di
mentalità e di abitudini di vita. In vista di ciò la Chiesa, lungo
lo svolgersi della storia, ha formulato nella luce del Vangelo e, soprattutto in
questi ultimi tempi, ha largamente insegnato i principi di giustizia e di equità
richiesti dalla retta ragione umana e validi sia per la vita individuale o
sociale che per la vita internazionale. Il sacro Concilio, tenuto conto delle
caratteristiche del tempo presente, intende riconfermare tali principi e
formulare alcuni orientamenti, con particolare riguardo alle esigenze dello
sviluppo economico.
Sezione 1: Sviluppo economico
64. Lo sviluppo economico a servizio dell'uomo
Oggi più che mai, per far fronte all'aumento della popolazione e per
rispondere alle crescenti aspirazioni del genere umano, giustamente si tende ad
incrementare la produzione di beni nell'agricoltura e nell'industria e la
prestazione dei servizi. Perciò sono da favorire il progresso tecnico, lo
spirito di innovazione, la creazione di nuove imprese e il loro ampliamento,
l'adattamento nei metodi dell'attività produttiva e dello sforzo
sostenuto da tutti quelli che partecipano alla produzione, in una parola tutto
ciò che possa contribuire a questo sviluppo. Ma il fine ultimo e
fondamentale di tale sviluppo non consiste nel solo aumento dei beni prodotti, né
nella sola ricerca del profitto o del predominio economico, bensì nel
servizio dell'uomo: dell'uomo integralmente considerato, tenendo cioè
conto della gerarchia dei suoi bisogni materiali e delle esigenze della sua vita
intellettuale, morale, spirituale e religiosa; di ogni uomo, diciamo, e di ogni
gruppo umano, di qualsiasi razza o continente. Pertanto l'attività
economica deve essere condotta secondo le leggi e i metodi propri dell'economia,
ma nell'ambito dell'ordine morale, in modo che così risponda al disegno
di Dio sull'uomo.
65. Lo sviluppo economico sotto il controllo dell'uomo
Lo sviluppo economico deve rimanere sotto il controllo dell'uomo. Non deve
essere abbandonato all'arbitrio di pochi uomini o gruppi che abbiano in mano un
eccessivo potere economico, né della sola comunità politica, né
di alcune nazioni più potenti. Conviene, al contrario, che il maggior
numero possibile di uomini, a tutti i livelli e, quando si tratta dei rapporti
internazionali, tutte le nazioni possano partecipare attivamente al suo
orientamento. È necessario egualmente che le iniziative spontanee dei
singoli e delle loro libere associazioni siano coordinate e armonizzate in modo
conveniente ed organico con la molteplice azione delle pubbliche autorità.
Lo sviluppo economico non può essere abbandonato né al solo
gioco quasi meccanico della attività economica dei singoli, né
alla sola decisione della pubblica autorità. Per questo, bisogna
denunciare gli errori tanto delle dottrine che, in nome di un falso concetto di
libertà, si oppongono alle riforme necessarie, quanto delle dottrine che
sacrificano i diritti fondamentali delle singole persone e dei gruppi
all'organizzazione collettiva della produzione.
Si ricordino, d'altra parte, tutti i cittadini che essi hanno il diritto e
il dovere - e il potere civile lo deve riconoscere loro - di contribuire secondo
le loro capacità al progresso della loro propria comunità.
Specialmente nelle regioni economicamente meno progredite, dove si impone
d'urgenza l'impiego di tutte le risorse ivi esistenti, danneggiano gravemente il
bene comune coloro che tengono inutilizzate le proprie ricchezze o coloro che -
salvo il diritto personale di migrazione - privano la propria comunità
dei mezzi materiali e spirituali di cui essa ha bisogno.
66. Ingenti disparità economico-sociali da far scomparire
Per rispondere alle esigenze della giustizia e dell'equità, occorre
impegnarsi con ogni sforzo affinché, nel rispetto dei diritti personali e
dell'indole propria di ciascun popolo, siano rimosse il più rapidamente
possibile le ingenti disparità economiche che portano con sé
discriminazioni nei diritti individuali e nelle condizioni sociali quali oggi si
verificano e spesso si aggravano. Similmente, in molte zone, tenendo presenti le
particolari difficoltà del settore agricolo quanto alla produzione e alla
commercializzazione dei beni, gli addetti all'agricoltura vanno sostenuti per
aumentare la produzione e garantirne la vendita, nonché per la
realizzazione delle trasformazioni e innovazioni necessarie, come pure per
raggiungere un livello equo di reddito; altrimenti rimarranno, come spesso
avviene, in condizioni sociali di inferiorità. Da parte loro gli
agricoltori, soprattutto i giovani, si impegnino con amore a migliorare la loro
competenza professionale, senza la quale non si dà sviluppo
dell'agricoltura.
La giustizia e l'equità richiedono similmente che la mobilità,
assolutamente necessaria in una economia di sviluppo, sia regolata in modo da
evitare che la vita dei singoli e delle loro famiglie si faccia incerta e
precaria. Per quanto riguarda i lavoratori che, provenendo da altre nazioni o
regioni, concorrono con il loro lavoro allo sviluppo economico di un popolo o di
una zona, è da eliminare accuratamente ogni discriminazione nelle
condizioni di rimunerazione o di lavoro. Inoltre tutti e in primo luogo i poteri
pubblici, devono trattarli come persone, e non semplicemente come puri strumenti
di produzione; devono aiutarli perché possano accogliere presso di sé
le loro famiglie e procurarsi un alloggio decoroso, nonché favorire la
loro integrazione nella vita sociale del popolo o della regione che li accoglie.
Si creino tuttavia nella misura del possibile, posti di lavoro nelle regioni
stesse d'origine.
Nelle economie attualmente in fase di ulteriore trasformazione, come nelle
nuove forme della società industriale nelle quali, per esempio, si va
largamente applicando l'automazione, si richiedono misure per assicurare a
ciascuno un impiego sufficiente e adatto, insieme alla possibilità di una
formazione tecnica e professionale adeguata; inoltre bisogna garantire la
sussistenza e la dignità umana di coloro che, soprattutto per motivi di
salute e di età, si trovano in particolari difficoltà.
Sezione 2: Alcuni principi relativi all'insieme della vita
economico-sociale
67. Lavoro, condizione di lavoro e tempo libero
Il lavoro umano, con cui si producono e si scambiano beni o si prestano
servizi economici, è di valore superiore agli altri elementi della vita
economica, poiché questi hanno solo valore di strumento.
Tale lavoro, infatti, sia svolto in forma indipendente sia per contratto con
un imprenditore, procede direttamente dalla persona, la quale imprime nella
natura quasi il suo sigillo e la sottomette alla sua volontà. Con il
lavoro, l'uomo provvede abitualmente al sostentamento proprio e dei suoi
familiari, comunica con gli altri, rende un servizio agli uomini suoi fratelli e
può praticare una vera carità e collaborare attivamente al
completamento della divina creazione. Ancor più: sappiamo per fede che
l'uomo, offrendo a Dio il proprio lavoro, si associa all'opera stessa redentiva
di Cristo, il quale ha conferito al lavoro una elevatissima dignità,
lavorando con le proprie mani a Nazareth. Di qui discendono, per ciascun uomo,
il dovere di lavorare fedelmente, come pure il diritto al lavoro.
Corrispondentemente è compito della società, in rapporto alle
condizioni in essa esistenti, aiutare da parte sua i cittadini a trovare
sufficiente occupazione. Infine il lavoro va rimunerato in modo tale da
garantire i mezzi sufficienti per permettere al singolo e alla sua famiglia una
vita dignitosa su un piano materiale, sociale, culturale e spirituale, tenuto
conto del tipo di attività e grado di rendimento economico di ciascuno,
nonché delle condizioni dell'impresa e del bene comune.
Poiché l'attività economica è per lo più
realizzata in gruppi produttivi in cui si uniscono molti uomini, è
ingiusto ed inumano organizzarla con strutture ed ordinamenti che siano a danno
di chi vi operi. Troppo spesso avviene invece, anche ai nostri giorni, che i
lavoratori siano in un certo senso asserviti alle proprie opere. Ciò non
trova assolutamente giustificazione nelle cosiddette leggi economiche. Occorre
dunque adattare tutto il processo produttivo alle esigenze della persona e alle
sue forme di vita, innanzitutto della sua vita domestica, particolarmente in
relazione alle madri di famiglia, sempre tenendo conto del sesso e dell'età
di ciascuno. Ai lavoratori va assicurata inoltre la possibilità di
sviluppare le loro qualità e di esprimere la loro personalità
nell'esercizio stesso del lavoro. Pur applicando a tale attività
lavorativa, con doverosa responsabilità, tempo ed energie, tutti i
lavoratori debbono però godere di sufficiente riposo e tempo libero, che
permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa. Anzi,
debbono avere la possibilità di dedicarsi ad attività libere che
sviluppino quelle energie e capacità, che non hanno forse modo di
coltivare nel loro lavoro professionale.
68. Partecipazione nell'impresa e nell'indirizzo economico generale;
conflitti di lavoro
Nelle imprese economiche si uniscono delle persone, cioè uomini
liberi ed autonomi, creati ad immagine di Dio. Perciò, prendendo in
considerazione le funzioni di ciascuno - sia proprietari, sia imprenditori, sia
dirigenti, sia operai - e salva la necessaria unità di direzione
dell'impresa, va promossa, in forme da determinarsi in modo adeguato, la attiva
partecipazione di tutti alla gestione dell'impresa. Poiché, tuttavia, in
molti casi non è più a livello dell'impresa, ma a livello
superiore in istituzioni di ordine più elevato, che si prendono le
decisioni economiche e sociali da cui dipende l'avvenire dei lavoratori e dei
loro figli, bisogna che essi siano parte attiva anche in tali decisioni,
direttamente o per mezzo di rappresentanti liberamente eletti.
Tra i diritti fondamentali della persona umana bisogna annoverare il diritto
dei lavoratori di fondare liberamente proprie associazioni, che possano
veramente rappresentarli e contribuire ad organizzare rettamente la vita
economica, nonché il diritto di partecipare liberamente alle attività
di tali associazioni senza incorrere nel rischio di rappresaglie. Grazie a tale
partecipazione organizzata, congiunta con una formazione economica e sociale
crescente, andrà sempre più aumentando in tutti la coscienza della
propria funzione e responsabilità: essi saranno così portati a
sentirsi parte attiva, secondo le capacità e le attitudini di ciascuno,
in tutta l'opera dello sviluppo economico e sociale e della realizzazione del
bene comune universale.
In caso di conflitti economico-sociali, si deve fare ogni sforzo per
giungere a una soluzione pacifica. Benché sempre si debba ricorrere
innanzitutto a un dialogo sincero tra le parti, lo sciopero può tuttavia
rimanere anche nelle circostanze odierne un mezzo necessario, benché
estremo, per la difesa dei propri diritti e la soddisfazione delle giuste
aspirazioni dei lavoratori. Bisogna però cercare quanto prima le vie atte
a riprendere il dialogo per le trattative e la conciliazione.
69. I beni della terra e loro destinazione a tutti gli uomini
Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti
gli uomini e di tutti i popoli, e pertanto i beni creati debbono essere
partecipati equamente a tutti, secondo la regola della giustizia, inseparabile
dalla carità, Pertanto, quali che siano le forme della proprietà,
adattate alle legittime istituzioni dei popoli secondo circostanze diverse e
mutevoli, si deve sempre tener conto di questa destinazione universale dei beni.
L'uomo, usando di questi beni, deve considerare le cose esteriori che
legittimamente possiede non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso
che possano giovare non unicamente a lui ma anche agli altri. Del resto, a tutti
gli uomini spetta il diritto di avere una parte di beni sufficienti a sé
e alla propria famiglia. Questo ritenevano giusto i Padri e dottori della
Chiesa, i quali insegnavano che gli uomini hanno l'obbligo di aiutare i poveri,
e non soltanto con il loro superfluo. Colui che si trova in estrema necessità,
ha diritto di procurarsi il necessario dalle ricchezze altrui. Considerando il
fatto del numero assai elevato di coloro che nel mondo intero sono oppressi
dalla fame, il sacro Concilio richiama urgentemente tutti, sia singoli che
autorità pubbliche, affinché - memori della sentenza dei Padri: «
Dà da mangiare a colui che è moribondo per fame, perché se
non gli avrai dato da mangiare, lo avrai ucciso » realmente mettano a
disposizione ed impieghino utilmente i propri beni, ciascuno secondo le proprie
risorse, specialmente fornendo ai singoli e ai popoli i mezzi con cui essi
possano provvedere a se stessi e svilupparsi.
Nelle società economicamente meno sviluppate, frequentemente la
destinazione comune dei beni è in parte attuata mediante un insieme di
consuetudini e di tradizioni comunitarie, che assicurano a ciascun membro i beni
più necessari. Bisogna certo evitare che alcune consuetudini vengano
considerate come assolutamente immutabili, se esse non rispondono più
alle nuove esigenze del tempo presente; d'altra parte però, non si deve
agire imprudentemente contro quelle oneste consuetudini che non cessano di
essere assai utili, purché vengano opportunamente adattate alle odierne
circostanze. Similmente, nelle nazioni economicamente molto sviluppate, una rete
di istituzioni sociali per la previdenza e la sicurezza sociale può in
parte contribuire a tradurre in atto la destinazione comune dei beni. Inoltre, è
importante sviluppare ulteriormente i servizi familiari e sociali, specialmente
quelli che provvedono agli aspetti culturali ed educativi. Ma nell'organizzare
tutte queste istituzioni bisogna vegliare affinché i cittadini non siano
indotti ad assumere di fronte alla società un atteggiamento di passività
o di irresponsabilità nei compiti assunti o di rifiuto di servizio.
70. Investimenti e moneta
Gli investimenti, da parte loro, devono contribuire ad assicurare possibilità
di lavoro e reddito sufficiente tanto alla popolazione attiva di oggi, quanto a
quella futura. Tutti i responsabili di tali investimenti e della organizzazione
della vita economica globale--sia singoli che gruppi o pubbliche autorità
--devono aver presenti questi fini e mostrarsi consapevoli del loro grave
obbligo: da una parte di vigilare affinché si provveda ai beni necessari
richiesti per una vita decorosa sia dei singoli che di tutta la comunità;
d'altra parte di prevedere le situazioni future e di assicurare il giusto
equilibrio tra i bisogni attuali di consumo, sia individuale che collettivo, e
le esigenze di investimenti per la generazione successiva. Si abbiano ugualmente
sempre presenti le urgenti necessità delle nazioni o regioni
economicamente meno sviluppate.
In campo monetario ci si guardi dal danneggiare il bene della propria
nazione e delle altre. Si provveda inoltre affinché coloro che sono
economicamente deboli non siano ingiustamente danneggiati dai mutamenti di
valore della moneta.
71. Accesso alla proprietà e dominio privato dei beni; problemi dei
latifondi Poiché la proprietà e le altre forme di potere privato
sui beni esteriori contribuiscono alla espressione della persona e danno
occasione all'uomo di esercitare il suo responsabile apporto nella società
e nella economia, è di grande interesse favorire l'accesso degli
individui o dei gruppi ad un certo potere sui beni esterni.
La proprietà privata o un qualche potere sui beni esterni assicurano
a ciascuno una zona indispensabile di autonomia personale e familiare e bisogna
considerarli come un prolungamento della libertà umana. Infine,
stimolando l'esercizio della responsabilità, essi costituiscono una delle
condizioni delle libertà civili.
Le forme di tale potere o di tale proprietà sono oggi varie e vanno
modificandosi sempre di più di giorno in giorno. Nonostante i fondi
sociali, i diritti e i servizi garantiti dalla società, le forme di tale
potere o di tale proprietà restano tuttavia una fonte non trascurabile di
sicurezza. Tutto ciò non va riferito soltanto alla proprietà dei
beni materiali, ma altresì dei beni immateriali, come sono ad esempio le
capacità professionali.
La legittimità della proprietà privata non è in
contrasto con quella delle varie forme di proprietà pubblica. Però
i1 trasferimento dei beni in pubblica proprietà non può essere
fatto che dalla autorità competente, secondo le esigenze ed entro i
limiti del bene comune e con un equo indennizzo. Spetta inoltre alla pubblica
autorità impedire che si abusi della proprietà privata agendo
contro il bene comune.
Ogni proprietà privata ha per sua natura anche un carattere sociale,
che si fonda sulla comune destinazione dei beni. Se si trascura questo carattere
sociale, la proprietà può diventare in molti modi occasione di
cupidigia e di gravi disordini, così da offrire facile pretesto a quelli
che contestano il diritto stesso di proprietà.
In molti paesi economicamente meno sviluppati esistono proprietà
agricole estese od anche immense, scarsamente o anche per nulla coltivate per
motivi di speculazione; mentre la maggioranza della popolazione è
sprovvista di terreni da lavorare o fruisce soltanto di poderi troppo limitati,
e d'altra parte, l'accrescimento della produzione agricola presenta un carattere
di evidente urgenza. Non è raro che coloro che sono assunti come
lavoratori dipendenti dai proprietari di tali vasti possedimenti, ovvero coloro
che ne coltivano una parte a titolo di locazione, ricevono un salario o altre
forme di remunerazione indegne di un uomo, non dispongono di una abitazione
decorosa o sono sfruttati da intermediari. Mancando così ogni sicurezza,
vivono in tale stato di dipendenza personale, che viene loro interdetta quasi
ogni possibilità di iniziativa e di responsabilità e viene loro
impedita ogni promozione culturale ed ogni partecipazione attiva nella vita
sociale e politica. Si impongono pertanto, secondo le varie situazioni, delle
riforme intese ad accrescere i redditi, a migliorare le condizioni di lavoro, ad
aumentare la sicurezza dell'impiego e a favorire l'iniziativa personale; ed
anche riforme che diano modo di distribuire le proprietà non
sufficientemente coltivate a beneficio di coloro che siano capaci di farle
fruttificare. In questo caso, devono essere loro assicurate le risorse e gli
strumenti indispensabili, in particolare i mezzi di educazione e le possibilità
di una giusta organizzazione cooperativa. Ogni volta che il bene comune esige
l'espropriazione della proprietà, l'indennizzo va calcolato secondo equità,
tenendo conto di tutte le circostanze.
72. L'attività economico-sociale e il regno di Cristo
I cristiani che partecipano attivamente allo sviluppo economico-sociale
contemporaneo e alla lotta per la giustizia e la carità siano convinti di
poter contribuire molto alla prosperità del genere umano e alla pace del
mondo. In tali attività, sia che agiscano come singoli, sia come
associati, brillino per il loro esempio. A tal fine è di grande
importanza che, acquisite la competenza e l'esperienza assolutamente
indispensabili, mentre svolgono le attività terrestri conservino una
giusta gerarchia di valori, rimanendo fedeli a Cristo e al suo Vangelo, cosicché
tutta la loro vita, individuale e sociale, sia compenetrata dello spirito delle
beatitudini, specialmente dello spirito di povertà. Chi segue fedelmente
Cristo cerca anzitutto il regno di Dio e vi trova un più valido e puro
amore per aiutare i suoi fratelli e per realizzare, con l'ispirazione della
carità, le opere della giustizia.
CAPITOLO IV
LA VITA DELLA COMUNITÀ POLITICA
73. La vita pubblica contemporanea
Ai nostri giorni si notano profonde trasformazioni anche nelle strutture e
nelle istituzioni dei popoli; tali trasformazioni sono conseguenza della
evoluzione culturale, economica e sociale dei popoli. Esse esercitano una grande
influenza, soprattutto nel campo che riguarda i diritti e i doveri di tutti
nell'esercizio della libertà civile e nel conseguimento del bene comune,
come pure in ciò che si riferisce alla regolazione dei rapporti dei
cittadini tra di loro e con i pubblici poteri.
Da una coscienza più viva della dignità umana sorge, in
diverse regioni del mondo, lo sforzo di instaurare un ordine politico-giuridico
nel quale siano meglio tutelati nella vita pubblica i diritti della persona: ad
esempio, il diritto di liberamente riunirsi, associarsi, esprimere le proprie
opinioni e professare la religione in privato e in pubblico. La tutela, infatti
dei diritti della persona è condizione necessaria perché i
cittadini, individualmente o in gruppo, possano partecipare attivamente alla
vita e al governo della cosa pubblica.
Assieme al progresso culturale, economico e sociale, si rafforza in molti
il desiderio di assumere maggiori responsabilità nell'organizzare la vita
della comunità politica.
Nella coscienza di molti aumenta la preoccupazione di salvaguardare i
diritti delle minoranze di una nazione, senza che queste dimentichino il loro
dovere verso la comunità politica. Cresce inoltre il rispetto verso le
persone che hanno altre opinioni o professano religioni diverse.
Contemporaneamente si instaura una più larga collaborazione, tesa a
garantire a tutti i cittadini, e non solo a pochi privilegiati, l'effettivo
godimento dei diritti personali.
Vengono condannate tutte quelle forme di regime politico, vigenti in alcune
regioni, che impediscono la libertà civile o religiosa, moltiplicano le
vittime delle passioni e dei crimini politici e distorcono l'esercizio
dell'autorità dal bene comune per farlo servire all'interesse di una
fazione o degli stessi governanti.
Per instaurare una vita politica veramente umana non c'è niente di
meglio che coltivare il senso interiore della giustizia, dell'amore e del
servizio al bene comune e rafforzare le convinzioni fondamentali sulla vera
natura della comunità politica e sul fine, sul buon esercizio e sui
limiti di competenza dell'autorità pubblica.
74. Natura e fine della comunità politica
Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi che formano la comunità
civile sono consapevoli di non essere in grado, da soli, di costruire una vita
capace di rispondere pienamente alle esigenze della natura umana e avvertono la
necessità di una comunità più ampia, nella quale tutti
rechino quotidianamente il contributo delle proprie capacità, allo scopo
di raggiungere sempre meglio il bene comune.
Per questo essi costituiscono, secondo vari tipi istituzionali, una comunità
politica.
La comunità politica esiste dunque in funzione di quel bene comune,
nel quale essa trova significato e piena giustificazione e che costituisce la
base originaria del suo diritto all'esistenza.
Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni di vita sociale
che consentono e facilitano agli esseri umani, alle famiglie e alle associazioni
il conseguimento più pieno della loro perfezione.
Ma nella comunità politica si riuniscono insieme uomini numerosi e
differenti, che legittimamente possono indirizzarsi verso decisioni diverse.
Affinché la comunità politica non venga rovinata dal divergere di
ciascuno verso la propria opinione, è necessaria un'autorità
capace di dirigere le energie di tutti i cittadini verso il bene comune, non in
forma meccanica o dispotica, ma prima di tutto come forza morale che si appoggia
sulla libertà e sul senso di responsabilità.
È dunque evidente che la comunità politica e l'autorità
pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò
appartengono all'ordine fissato da Dio, anche se la determinazione dei regimi
politici e la designazione dei governanti sono lasciate alla libera decisione
dei cittadini.
Ne segue parimenti che l'esercizio dell'autorità politica, sia da
parte della comunità come tale, sia da parte degli organismi che
rappresentano lo Stato, deve sempre svolgersi nell'ambito dell'ordine morale,
per il conseguimento del bene comune (ma concepito in forma dinamica), secondo
le norme di un ordine giuridico già definito o da definire. Allora i
cittadini sono obbligati in coscienza ad obbedire. Da ciò risulta
chiaramente la responsabilità, la dignità e 1 importanza del ruolo
di coloro che governano.
Dove i cittadini sono oppressi da un'autorità pubblica che va al di là
delle sue competenze, essi non rifiutino ciò che è oggettivamente
richiesto dal bene comune; sia però lecito difendere i diritti propri e
dei concittadini contro gli abusi dell'autorità, nel rispetto dei limiti
dettati dalla legge naturale e dal Vangelo.
Le modalità concrete con le quali la comunità politica
organizza le proprie strutture e l'equilibrio dei pubblici poteri possono
variare, secondo l'indole dei diversi popoli e il cammino della storia; ma
sempre devono mirare alla formazione di un uomo educato, pacifico e benevolo
verso tutti, per il vantaggio di tutta la famiglia umana.
75. Collaborazione di tutti alla vita pubblica
È pienamente conforme alla natura umana che si trovino strutture
giuridico-politiche che sempre meglio offrano a tutti i cittadini, senza alcuna
discriminazione, la possibilità effettiva di partecipare liberamente e
attivamente sia alla elaborazione dei fondamenti giuridici della comunità
politica, sia al governo degli affari pubblici, sia alla determinazione del
campo d'azione e dei limiti dei differenti organismi, sia alla elezione dei
governanti.
Si ricordino perciò tutti i cittadini del diritto, che è anche
dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione del bene comune.
La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che, per
servire gli uomini, si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso
delle relative responsabilità.
Affinché la collaborazione di cittadini responsabili possa ottenere
felici risultati nella vita politica quotidiana, si richiede un ordinamento
giuridico positivo, che organizzi una opportuna ripartizione delle funzioni e
degli organi del potere, insieme ad una protezione efficace dei diritti,
indipendente da chiunque.
I diritti delle persone, delle famiglie e dei gruppi e il loro esercizio
devono essere riconosciuti, rispettati e promossi non meno dei doveri ai quali
ogni cittadino è tenuto. Tra questi ultimi non sarà inutile
ricordare il dovere di apportare allo Stato i servizi, materiali e personali,
richiesti dal bene comune.
Si guardino i governanti dall'ostacolare i gruppi familiari, sociali o
culturali, i corpi o istituti intermedi, né li privino delle loro
legittime ed efficaci attività, che al contrario devono volentieri e
ordinatamente favorire.
Quanto ai cittadini, individualmente o in gruppo, evitino di attribuire un
potere eccessivo all'autorità pubblica, né chiedano
inopportunamente ad essa troppi servizi e troppi vantaggi, col rischio di
diminuire così la responsabilità delle persone, delle famiglie e
dei gruppi sociali.
Ai tempi nostri, la complessità dei problemi obbliga i pubblici
poteri ad intervenire più frequentemente in materia sociale, economica e
culturale, per determinare le condizioni più favorevoli che permettano ai
cittadini e ai gruppi di perseguire più efficacemente, nella libertà,
il bene completo dell'uomo. Il rapporto tra la socializzazione l'autonomia e lo
sviluppo della persona può essere concepito in modo differente nelle
diverse regioni del mondo e in base alla evoluzione dei popoli. Ma dove
l'esercizio dei diritti viene temporaneamente limitato in vista del bene comune,
si ripristini al più presto possibile la libertà quando le
circostanze sono cambiate. È in ogni caso inumano che l'autorità
politica assuma forme totalitarie, oppure forme dittatoriali che ledano i
diritti della persona o dei gruppi sociali.
I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l'amore verso
la patria, ma senza grettezza di spirito, cioè in modo tale da prendere
anche contemporaneamente in considerazione il bene di tutta la famiglia umana,
di tutte le razze, popoli e nazioni, che sono unite da innumerevoli legami.
Tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria speciale vocazione
nella comunità politica; essi devono essere d'esempio, sviluppando in se
stessi il senso della responsabilità e la dedizione al bene comune, così
da mostrare con i fatti come possano armonizzarsi l'autorità e la libertà,
l'iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale, la
opportuna unità e la proficua diversità. In ciò che
concerne l'organizzazione delle cose terrene, devono ammettere la legittima
molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i
cittadini che, anche in gruppo, difendono in maniera onesta il loro punto di
vista.
I partiti devono promuovere ciò che, a loro parere, è
richiesto dal bene comune; mai però è lecito anteporre il proprio
interesse a tale bene.
Bisogna curare assiduamente la educazione civica e politica, oggi
particolarmente necessaria, sia per l'insieme del popolo, sia soprattutto per i
giovani, affinché tutti i cittadini possano svolgere il loro ruolo nella
vita della comunità politica. Coloro che sono o possono diventare idonei
per l'esercizio dell'arte politica, così difficile, ma insieme così
nobile. Vi si preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio
interesse e a vantaggi materiali. Agiscono con integrità e saggezza
contro l'ingiustizia e l'oppressione, l'assolutismo e l'intolleranza d'un solo
uomo e d'un solo partito politico; si prodighino con sincerità ed equità
al servizio di tutti, anzi con l'amore e la fortezza richiesti dalla vita
politica.
76. La comunità politica e la Chiesa
È di grande importanza, soprattutto in una società pluralista,
che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e
la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli,
individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati
dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della
Chiesa in comunione con i loro pastori.
La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna
maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad
alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del
carattere trascendente della persona umana.
La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una
dall'altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a
servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. Esse
svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più
efficace, quanto più coltiveranno una sana collaborazione tra di loro,
secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo. L'uomo
infatti non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella
storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna.
Quanto alla Chiesa, fondata nell'amore del Pcedentore, essa contribuisce ad
estendere il raggio d'azione della giustizia e dell'amore all'interno di
ciascuna nazione e tra le nazioni. Predicando la verità evangelica e
illuminando tutti i settori dell'attività umana con la sua dottrina e con
la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove anche la libertà
politica e la responsabilità dei cittadini.
Gli apostoli e i loro successori con i propri collaboratori, essendo inviati
ad annunziare agli uomini il Cristo Salvatore del mondo, nell'esercizio del loro
apostolato si appoggiano sulla potenza di Dio, che molto spesso manifesta la
forza del Vangelo nella debolezza dei testimoni. Bisogna che tutti quelli che si
dedicano al ministero della parola di Dio, utilizzino le vie e i mezzi propri
del Vangelo, i quali differiscono in molti punti dai mezzi propri della città
terrestre.
Certo, le cose terrene e quelle che, nella condizione umana, superano questo
mondo, sono strettamente unite, e la Chiesa stessa si serve di strumenti
temporali nella misura in cui la propria missione lo richiede. Tuttavia essa non
pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall'autorità civile. Anzi,
essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti,
ove constatasse che il loro uso può far dubitare della sincerità
della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni.
Ma sempre e dovunque, e con vera libertà, è suo diritto
predicare la fede e insegnare la propria dottrina sociale, esercitare senza
ostacoli la propria missione tra gli uomini e dare il proprio giudizio morale,
anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò sia richiesto
dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime. E farà
questo utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono conformi al Vangelo e in
armonia col bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle
situazioni.
Nella fedeltà del Vangelo e nello svolgimento della sua missione nel
mondo, la Chiesa, che ha come compito di promuovere ed elevare tutto quello che
di vero, buono e bello si trova nella comunità umana rafforza la pace tra
gli uomini a gloria di Dio.
CAPITOLO V
LA PROMOZIONE DELLA PACE E LA COMUNITÀ DELLE NAZIONI
77. Introduzione
In questi nostri anni, nei quali permangono ancora gravissime tra gli uomini
le afflizioni e le angustie derivanti da guerre ora imperversanti, ora
incombenti, l'intera società umana è giunta ad un momento
sommamente decisivo nel processo della sua maturazione. Mentre a poco a poco
l'umanità va unificandosi e in ogni luogo diventa ormai più
consapevole della propria unità, non potrà tuttavia portare a
compimento l'opera che l'attende, di costruire cioè un mondo più
umano per tutti gli uomini e su tutta la terra, se gli uomini non si volgeranno
tutti con animo rinnovato alla vera pace. Per questo motivo il messaggio
evangelico, in armonia con le aspirazioni e gli ideali più elevati del
genere umano, risplende in questi nostri tempi di rinnovato fulgore quando
proclama beati i promotori della pace, «perché saranno chiamati
figli di Dio» (Mt 5,9).
Illustrando pertanto la vera e nobilissima concezione della pace, il
Concilio, condannata l'inumanità della guerra, intende rivolgere un
ardente appello ai cristiani, affinché con l'aiuto di Cristo, autore
della pace, collaborino con tutti per stabilire tra gli uomini una pace fondata
sulla giustizia e sull'amore e per apprestare i mezzi necessari per il suo
raggiungimento.
78. La natura della pace
La pace non è la semplice assenza della guerra, né può
ridursi unicamente a rendere stabile l'equilibrio delle forze avverse; essa non
è effetto di una dispotica dominazione, ma viene con tutta esattezza
definita a opera della giustizia » (Is 32,7). È il frutto
dell'ordine impresso nella società umana dal suo divino Fondatore e che
deve essere attuato dagli uomini che aspirano ardentemente ad una giustizia
sempre più perfetta. Infatti il bene comune del genere umano è
regolato, sì, nella sua sostanza, dalla legge eterna, ma nelle sue
esigenze concrete è soggetto a continue variazioni lungo il corso del
tempo; per questo la pace non è mai qualcosa di raggiunto una volta per
tutte, ma è un edificio da costruirsi continuamente. Poiché
inoltre la volontà umana è labile e ferita per di più dal
peccato, l'acquisto della pace esige da ognuno il costante dominio delle
passioni e la vigilanza della legittima autorità.
Tuttavia questo non basta. Tale pace non si può ottenere sulla terra
se non è tutelato il bene delle persone e se gli uomini non possono
scambiarsi con fiducia e liberamente le ricchezze del loro animo e del loro
ingegno. La ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri
popoli e la loro dignità, e l'assidua pratica della fratellanza umana
sono assolutamente necessarie per la costruzione della pace. In tal modo la pace
è frutto anche dell'amore, il quale va oltre quanto può apportare
la semplice giustizia.
La pace terrena, che nasce dall'amore del prossimo, è essa stessa
immagine ed effetto della pace di Cristo che promana dal Padre. Il Figlio
incarnato infatti, principe della pace, per mezzo della sua croce ha
riconciliato tutti gli uomini con Dio; ristabilendo l'unità di tutti in
un solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne l'odio e, nella
gloria della sua risurrezione, ha diffuso lo Spirito di amore nel cuore degli
uomini.
Pertanto tutti i cristiani sono chiamati con insistenza a praticare la verità
nell'amore (Ef 4,15) e ad unirsi a tutti gli uomini sinceramente amanti della
pace per implorarla dal cielo e per attuarla.
Mossi dal medesimo spirito, noi non possiamo non lodare coloro che,
rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a
quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata anche dei più
deboli, purché ciò si possa fare senza pregiudizio dei diritti e
dei doveri degli altri o della comunità.
Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia
della guerra fino alla venuta di Cristo; ma in quanto riescono, uniti
nell'amore, a vincere i1 peccato essi vincono anche la violenza, fino alla
realizzazione di quella parola divina « Con le loro spade costruiranno
aratri e falci con le loro lance; nessun popolo prenderà più le
armi contro un altro popolo, né si eserciteranno più per la guerra»
(Is 2,4).
Sezione 1: Necessità di evitare la guerra
79. Il dovere di mitigare l'inumanità della guerra
Sebbene le recenti guerre abbiano portato al nostro mondo gravissimi danni
sia materiali che morali, ancora ogni giorno in qualche punto della terra la
guerra continua a produrre le sue devastazioni. Anzi dal momento che in essa si
fa uso di armi scientifiche di ogni genere, la sua atrocità minaccia di
condurre i combattenti ad una barbarie di gran lunga superiore a quella dei
tempi passati. La complessità inoltre delle odierne situazioni e la
intricata rete delle relazioni internazionali fanno sì che vengano
portate in lungo, con nuovi metodi insidiosi e sovversivi, guerre più o
meno larvate. In molti casi il ricorso ai sistemi del terrorismo è
considerato anch'esso una nuova forma di guerra.
Davanti a questo stato di degradazione dell'umanità, il Concilio
intende innanzi tutto richiamare alla mente il valore immutabile del diritto
naturale delle genti e dei suoi principi universali. La stessa coscienza del
genere umano proclama quei principi con sempre maggiore fermezza e vigore. Le
azioni pertanto che deliberatamente si oppongono a quei principi e gli ordini
che comandano tali azioni sono crimini, né l'ubbidienza cieca può
scusare coloro che li eseguono. Tra queste azioni vanno innanzi tutto annoverati
i metodi sistematici di sterminio di un intero popolo, di una nazione o di una
minoranza etnica; orrendo delitto che va condannato con estremo rigore. Deve
invece essere sostenuto il coraggio di coloro che non temono di opporsi
apertamente a quelli che ordinano tali misfatti.
Esistono, in materia di guerra, varie convenzioni internazionali, che un
gran numero di nazioni ha sottoscritto per rendere meno inumane le azioni
militari e le loro conseguenze. Tali sono le convenzioni relative alla sorte dei
militari feriti o prigionieri e molti impegni del genere. Tutte queste
convenzioni dovranno essere osservate; anzi le pubbliche autorità e gli
esperti in materia dovranno fare ogni sforzo, per quanto è loro
possibile, affinché siano perfezionate, in modo da renderle capaci di
porre un freno più adatto ed efficace alle atrocità della guerra.
Sembra inoltre conforme ad equità che le leggi provvedano umanamente al
caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi, mentre
tuttavia accettano qualche altra forma di servizio della comunità umana.
La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana condizione. E
fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà
un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una
volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si
potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di
Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica
hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro
affidati, trattando con grave senso di responsabilità cose di così
grande importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i
giusti diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su
altre nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o
politico. Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente
scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto.
Coloro poi che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle
file dell'esercito, si considerino anch'essi come servitori della sicurezza e
della libertà dei loro popoli; se rettamente adempiono il loro dovere,
concorrono anch'essi veramente alla stabilità della pace.
80. La guerra totale
Il progresso delle armi scientifiche ha enormemente accresciuto l'orrore e
l'atrocità della guerra. Le azioni militari, infatti, se condotte con
questi mezzi, possono produrre distruzioni immani e indiscriminate, che superano
pertanto di gran lunga i limiti di una legittima difesa. Anzi, se mezzi di tal
genere, quali ormai si trovano negli arsenali delle grandi potenze, venissero
pienamente utilizzati, si avrebbe la reciproca e pressoché totale
distruzione delle parti contendenti, senza considerare le molte devastazioni che
ne deriverebbero nel resto del mondo e gli effetti letali che sono la
conseguenza dell'uso di queste armi.
Tutte queste cose ci obbligano a considerare l'argomento della guerra con
mentalità completamente nuova. Sappiano gli uomini di questa età
che dovranno rendere severo conto dei loro atti di guerra, perché il
corso dei tempi futuri dipenderà in gran parte dalle loro decisioni di
oggi.
Avendo ben considerato tutte queste cose, questo sacro Concilio, facendo
proprie le condanne della guerra totale già pronunciate dai recenti sommi
Pontefici dichiara:
Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di
intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto
contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e
senza esitazione.
Il rischio caratteristico della guerra moderna consiste nel fatto che essa
offre quasi l'occasione a coloro che posseggono le più moderne armi
scientifiche di compiere tali delitti e, per una certa inesorabile
concatenazione, può sospingere le volontà degli uomini alle più
atroci decisioni. Affinché dunque non debba mai più accadere
questo in futuro, i vescovi di tutto il mondo, ora riuniti, scongiurano tutti,
in modo particolare i governanti e i supremi comandanti militari a voler
continuamente considerare, davanti a Dio e davanti alla umanità intera,
l'enorme peso della loro responsabilità.
81. La corsa agli armamenti
Le armi scientifiche, è vero, non vengono accumulate con l'unica
intenzione di poterle usare in tempo di guerra. Poiché infatti si ritiene
che la solidità della difesa di ciascuna parte dipenda dalla possibilità
fulminea di rappresaglie, questo ammassamento di armi, che va aumentando di anno
in anno, serve, in maniera certo paradossale, a dissuadere eventuali avversari
dal compiere atti di guerra. E questo è ritenuto da molti il mezzo più
efficace per assicurare oggi una certa pace tra le nazioni.
Qualunque cosa si debba pensare di questo metodo dissuasivo, si convincano
gli uomini che la corsa agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni,
non è una via sicura per conservare saldamente la pace, né il
cosiddetto equilibrio che ne risulta può essere considerato pace vera e
stabile. Le cause di guerra, anziché venire eliminate da tale corsa,
minacciano piuttosto di aggravarsi gradatamente. E mentre si spendono enormi
ricchezze per la preparazione di armi sempre nuove, diventa poi impossibile
arrecare sufficiente rimedio alle miserie così grandi del mondo presente.
Anziché guarire veramente, nel profondo, i dissensi tra i popoli, si
finisce per contagiare anche altre parti del mondo. Nuove strade converrà
cercare partendo dalla riforma degli spiriti, perché possa essere rimosso
questo scandalo e al mondo, liberato dall'ansietà che l'opprime, possa
essere restituita una pace vera.
È necessario pertanto ancora una volta dichiarare: la corsa agli
armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità e
danneggia in modo intollerabile i poveri; e c'è molto da temere che, se
tale corsa continuerà, produrrà un giorno tutte le stragi, delle
quali va già preparando i mezzi.
Ammoniti dalle calamità che il genere umano ha rese possibili,
cerchiamo di approfittare della tregua di cui ora godiamo e che è stata a
noi concessa dall'alto, per prendere maggiormente coscienza della nostra
responsabilità e trovare delle vie per comporre in maniera più
degna dell'uomo le nostre controversie. La Provvidenza divina esige da noi con
insistenza che liberiamo noi stessi dall'antica schiavitù della guerra.
Se poi rifiuteremo di compiere tale sforzo non sappiamo dove ci condurrà
la strada perversa per la quale ci siamo incamminati.
82. La condanna assoluta della guerra e l'azione internazionale per
evitarla
È chiaro pertanto che dobbiamo con ogni impegno sforzarci per
preparare quel tempo nel quale, mediante l'accordo delle nazioni, si potrà
interdire del tutto qualsiasi ricorso alla guerra. Questo naturalmente esige che
venga istituita un'autorità pubblica universale, da tutti riconosciuta,
la quale sia dotata di efficace potere per garantire a tutti i popoli sicurezza,
osservanza della giustizia e rispetto dei diritti. Ma prima che questa
auspicabile autorità possa essere costituita, è necessario che le
attuali supreme istanze internazionali si dedichino con tutto l'impegno alla
ricerca dei mezzi più idonei a procurare la sicurezza comune. La pace
deve sgorgare spontanea dalla mutua fiducia delle nazioni, piuttosto che essere
imposta ai popoli dal terrore delle armi. Pertanto tutti debbono impegnarsi con
alacrità per far cessare finalmente la corsa agli armamenti. Perché
la riduzione degli armamenti incominci realmente, non deve certo essere fatta in
modo unilaterale, ma con uguale ritmo da una parte e dall'altra, in base ad
accordi comuni e con l'adozione di efficaci garanzie.
Non sono frattanto da sottovalutare gli sforzi già fatti e che si
vanno tuttora facendo per allontanare il pericolo della guerra. Va piuttosto
incoraggiata la buona volontà di tanti che pur gravati dalle ingenti
preoccupazioni del loro altissimo ufficio, mossi dalla gravissima responsabilità
da cui si sentono vincolati, si danno da fare in ogni modo per eliminare la
guerra, di cui hanno orrore pur non potendo prescindere dalla complessa realtà
delle situazioni. Bisogna rivolgere incessanti preghiere a Dio affinché
dia loro la forza di intraprendere con perseveranza e condurre a termine con
coraggio quest'opera del più grande amore per gli uomini, per mezzo della
quale si costruisce virilmente l'edificio della pace. Tale opera esige oggi
certamente che essi dilatino la loro mente e il loro cuore al di là dei
confini della propria nazione, deponendo ogni egoismo nazionale ed ogni
ambizione di supremazia su altre nazioni, e nutrendo invece un profondo rispetto
verso tutta l'umanità, avviata ormai così faticosamente verso una
maggiore unità.
Per ciò che riguarda i problemi della pace e del disarmo, bisogna
tener conto degli studi approfonditi, già coraggiosamente e
instancabilmente condotti e dei consessi internazionali che trattarono questi
argomenti e considerarli come i primi passi verso la soluzione di problemi così
gravi; con maggiore insistenza ed energia dovranno quindi essere promossi in
avvenire, al fine di ottenere risultati concreti. Stiano tuttavia bene attenti
gli uomini a non affidarsi esclusivamente agli sforzi di alcuni, senza
preoccuparsi minimamente dei loro propri sentimenti. I capi di Stato, infatti, i
quali sono mallevadori del bene comune delle proprie nazioni e fautori insieme
del bene della umanità intera, dipendono in massima parte dalle opinioni
e dai sentimenti delle moltitudini. È inutile infatti che essi si
adoperino con tenacia a costruire la pace, finché sentimenti di ostilità,
di disprezzo e di diffidenza, odi razziali e ostinate ideologie dividono gli
uomini, ponendoli gli uni contro gli altri. Di qui la estrema, urgente necessità
di una rinnovata educazione degli animi e di un nuovo orientamento nell'opinione
pubblica. Coloro che si dedicano a un'opera di educazione, specie della gioventù,
e coloro che contribuiscono alla formazione della pubblica opinione, considerino
loro dovere gravissimo inculcare negli animi di tutti sentimenti nuovi,
ispiratori di pace. E ciascuno di noi deve adoperarsi per mutare il suo cuore,
aprendo gli occhi sul mondo intero e su tutte quelle cose che gli uomini possono
compiere insieme per condurre l'umanità verso un migliore destino.
Né ci inganni una falsa speranza. Se non verranno in futuro conclusi
stabili e onesti trattati di pace universale, rinunciando ad ogni odio e
inimicizia, L'umanità che, pur avendo compiuto mirabili conquiste nel
campo scientifico, si trova già in grave pericolo, sarà forse
condotta funestamente a quell'ora, in cui non potrà sperimentare altra
pace che la pace terribile della morte.
La Chiesa di Cristo nel momento in cui, posta in mezzo alle angosce del
tempo presente, pronuncia tali parole, non cessa tuttavia di nutrire la più
ferma speranza. Agli uomini della nostra età essa intende presentare con
insistenza, sia che l'accolgano favorevolmente, o la respingano come importuna,
il messaggio degli apostoli: a Ecco ora il tempo favorevole » per
trasformare i cuori, «ecco ora i giorni della salvezza».
Sezione 2: La costruzione della comunità internazionale
83. Le cause di discordia e i loro rimedi
L'edificazione della pace esige prima di tutto che, a cominciare dalle
ingiustizie, si eliminino le cause di discordia che fomentano le guerre. Molte
occasioni provengono dalle eccessive disparità economiche e dal ritardo
con cui vi si porta il necessario rimedio. Altre nascono dallo spirito di
dominio, dal disprezzo delle persone e, per accennare ai motivi più
reconditi, dall'invidia, dalla diffidenza, dall'orgoglio e da altre passioni
egoistiche. Poiché gli uomini non possono tollerare tanti disordini
avviene che il mondo, anche quando non conosce le atrocità della guerra,
resta tuttavia continuamente in balia di lotte e di violenze. I medesimi mali si
riscontrano inoltre nei rapporti tra le nazioni. Quindi per vincere e per
prevenire questi mali, per reprimere lo scatenamento della violenza, è
assolutamente necessario che le istituzioni internazionali sviluppino e
consolidino la loro cooperazione e la loro coordinazione e che, senza stancarsi,
si stimoli la creazione di organismi idonei a promuovere la pace.
84. La comunità delle nazioni e le istituzioni internazionali
Dati i crescenti e stretti legami di mutua dipendenza esistenti oggi tra
tutti gli abitanti e i popoli della terra, la ricerca adeguata e il
raggiungimento efficace del bene comune richiedono che la comunità delle
nazioni si dia un ordine che risponda ai suoi compiti attuali, tenendo
particolarmente conto di quelle numerose regioni che ancor oggi si trovano in
uno stato di intollerabile miseria.
Per conseguire questi fini, le istituzioni internazionali devono, ciascuna
per la loro parte, provvedere ai diversi bisogni degli uomini, tanto nel campo
della vita sociale (cui appartengono l'alimentazione, la salute, la educazione,
il lavoro), quanto in alcune circostanze particolari che sorgono qua e là:
per esempio, la necessità di aiutare la crescita generale delle nazioni
in via di sviluppo, o ancora il sollievo alle necessità dei profughi in
ogni parte del mondo, o degli emigrati e delle loro famiglie.
Le istituzioni internazionali, tanto universali che regionali già
esistenti, si sono rese certamente benemerite del genere umano. Esse
rappresentano i primi sforzi per gettare le fondamenta internazionali di tutta
la comunità umana al fine di risolvere le più gravi questioni del
nostro tempo: promuovere il progresso in ogni luogo della terra e prevenire la
guerra sotto qualsiasi forma. In tutti questi campi, la Chiesa si rallegra dello
spirito di vera fratellanza che fiorisce tra cristiani e non cristiani, e dello
sforzo d'intensificare i tentativi intesi a sollevare l'immane miseria.
85. La cooperazione internazionale sul piano economico
La solidarietà attuale del genere umano impone anche che si
stabilisca una maggiore cooperazione internazionale in campo economico. Se
infatti quasi tutti i popoli hanno acquisito l'indipendenza politica, si è
tuttavia ancora lontani dal potere affermare che essi siano liberati da
eccessive ineguaglianze e da ogni forma di dipendenza abusiva, e che sfuggano al
pericolo di gravi difficoltà interne.
Lo sviluppo d'un paese dipende dalle sue risorse in uomini e in denaro.
Bisogna preparare i cittadini di ogni nazione, attraverso l'educazione e la
formazione professionale, ad assumere i diversi incarichi della vita economica e
sociale. A tal fine si richiede l'opera di esperti stranieri, i quali nel
prestare la loro azione, si comportino non come padroni, ma come assistenti e
cooperatori. Senza profonde modifiche nei metodi attuali del commercio mondiale,
le nazioni in via di sviluppo non potranno ricevere i sussidi materiali di cui
hanno bisogno. Inoltre, altre risorse devono essere loro date dalle nazioni
progredite, sotto forma di dono, di prestiti e d'investimenti finanziari: ciò
si faccia con generosità e senza cupidigia, da una parte, e si ricevano,
dall'altra, con tutta onestà.
Per instaurare un vero ordine economico mondiale, bisognerà
rinunciare ai benefici esagerati, alle ambizioni nazionali, alla bramosia di
dominazione politica, ai calcoli di natura militaristica e alle manovre tendenti
a propagare e imporre ideologie. Vari sono i sistemi economici e sociali
proposti; è desiderabile che gli esperti possano trovare in essi un
fondamento comune per un sano commercio mondiale. Ciò sarà più
facile se ciascuno, rinunciando ai propri pregiudizi, si dispone di buon grado a
condurre un sincero dialogo.
86. Alcune norme opportune
In vista di questa cooperazione, sembra utile proporre le norme seguenti:
a) Le nazioni in via di sviluppo tendano soprattutto ad assegnare,
espressamente e senza equivoci, come fine del progresso la piena espansione
umana dei cittadini. Si ricordino che questo progresso trova innanzi tutto la
sua origine e il suo dinamismo nel lavoro e nella ingegnosità delle
popolazioni stesse, visto che esso deve sl far leva sugli aiuti esterni, ma,
prima di tutto, sulla valorizzazione delle proprie risorse nonché sulla
propria cultura e tradizione. In questa materia, quelli che esercitano sugli
altri maggiore influenza devono dare l'esempio.
b) È dovere gravissimo delle nazioni evolute di aiutare i popoli in
via di sviluppo ad adempiere i compiti sopraddetti. Perciò esse procedano
a quelle revisioni interne, spirituali e materiali, richieste da questa
cooperazione universale. Così bisogna che negli scambi con le nazioni più
deboli e meno fortunate abbiano riguardo al bene di quelle che hanno bisogno per
la loro stessa sussistenza dei proventi ricavati dalla vendita dei propri
prodotti.
c) Spetta alla comunità internazionale coordinare e stimolare lo
sviluppo, curando tuttavia di distribuire con la massima efficacia ed equità
le risorse a ciò destinate. Salvo il principio di sussidiarietà,
ad essa spetta anche di ordinare i rapporti economici mondiali secondo le norme
della giustizia.
Si fondino istituti capaci di promuovere e di regolare il commercio
internazionale, specialmente con le nazioni meno sviluppate, e destinati pure a
compensare gli inconvenienti che derivano dall'eccessiva disuguaglianza di
potere fra le nazioni. Accanto all'aiuto tecnico, culturale e finanziario, un
simile ordinamento dovrebbe mettere a disposizione delle nazioni in via di
sviluppo le risorse necessarie ad ottenere una crescita soddisfacente della loro
economia.
d) In molti casi è urgente procedere a una revisione delle strutture
economiche e sociali. Ma bisogna guardarsi dalle soluzioni tecniche premature,
specialmente da quelle che, mentre offrono all'uomo certi vantaggi materiali, si
oppongono al suo carattere spirituale e alla sua crescita. Poiché «
non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio »
(Mt 4,4). Ogni parte della famiglia umana reca in sé e nelle sue migliori
tradizioni qualcosa di quel tesoro spirituale che Dio ha affidato all'umanità,
anche se molti ignorano da quale fonte provenga.
87. La cooperazione internazionale e l'accrescimento demografico
La cooperazione internazionale è indispensabile soprattutto quando si
tratta dei popoli che, fra le molte altre difficoltà, subiscono oggi in
modo tutto speciale quelle derivanti da un rapido incremento demografico. È
urgente e necessario ricercare come, con la cooperazione intera ed assidua di
tutti, specie delle nazioni più favorite, si possa procurare e mettere a
disposizione dell'intera comunità umana quei beni che sono necessari alla
sussistenza e alla conveniente istruzione di ciascuno. Alcuni popoli potrebbero
migliorare seriamente le loro condizioni di vita se, debitamente istruiti,
passassero dai vecchi metodi di agricoltura ai nuovi procedimenti tecnici di
produzione, applicandoli con la prudenza necessaria alla situazione propria e se
instaurassero inoltre un migliore ordine sociale e attuassero una più
giusta distribuzione della proprietà terriera.
Nei limiti della loro competenza, i governi hanno diritti e doveri per ciò
che concerne il problema demografico della nazione; come, ad esempio, per quanto
riguarda la legislazione sociale e familiare, le migrazioni dalla campagna alle
città, o quando si tratta dell'informazione relativa alla situazione e ai
bisogni del paese. Oggi gli animi sono molto agitati da questi problemi. Si deve
quindi sperare che cattolici competenti in tutte queste materie, in particolare
nelle università, proseguano assiduamente gli studi già iniziati e
li sviluppino maggiormente.
Poiché molti affermano che l'accrescimento demografico nel mondo, o
almeno in alcune nazioni, debba essere frenato in maniera radicale con ogni
mezzo e con non importa quale intervento dell'autorità pubblica, il
Concilio esorta tutti ad astenersi da soluzioni contrarie alla legge morale,
siano esse promosse o imposte pubblicamente o in privato. Infatti, in virtù
del diritto inalienabile dell'uomo al matrimonio e alla generazione della prole,
la decisione circa il numero dei figli da mettere al mondo dipende dal retto
giudizio dei genitori e non può in nessun modo essere lasciata alla
discrezione dell'autorità pubblica. Ma siccome questo giudizio dei
genitori suppone una coscienza ben formata, è di grande importanza dare a
tutti il modo di accedere a un livello di responsabilità conforme alla
morale e veramente umano, nel rispetto della legge divina e tenendo conto delle
circostanze. Tutto ciò esige un po' dappertutto un miglioramento dei
mezzi pedagogici e delle condizioni sociali, soprattutto una formazione
religiosa o almeno una solida formazione morale. Le popolazioni poi siano
opportunamente informate sui progressi della scienza nella ricerca di quei
metodi che potranno aiutare i coniugi in materia di regolamentazione delle
nascite, una volta che sia ben accertato il valore di questi metodi e stabilito
il loro accordo con la morale.
88. Il compito dei cristiani nell'aiuto agli altri paesi
I cristiani cooperino volentieri e con tutto il cuore all'edificazione
dell'ordine internazionale, nel rispetto delle legittime libertà e in
amichevole fraternità con tutti. Tanto più che la miseria della
maggior parte del mondo è così grande che il Cristo stesso, nella
persona dei poveri reclama come a voce alta la carità dei suoi discepoli.
Si eviti questo scandalo: mentre alcune nazioni, i cui abitanti per la maggior
parte si dicono cristiani, godono d'una grande abbondanza di beni, altre nazioni
sono prive del necessario e sono afflitte dalla fame, dalla malattia e da ogni
sorta di miserie. Lo spirito di povertà e d'amore è infatti la
gloria e il segno della Chiesa di Cristo.
Sono, pertanto, da lodare e da incoraggiare quei cristiani, specialmente i
giovani, che spontaneamente si offrono a soccorrere gli altri uomini e le altre
nazioni. Anzi spetta a tutto il popolo di Dio, dietro la parola e l'esempio dei
suoi vescovi, sollevare, nella misura delle proprie forze, la miseria di questi
tempi; e ciò, secondo l'antico uso della Chiesa, attingendo non solo dal
superfluo, ma anche dal necessario.
Le collette e la distribuzione dei soccorsi materiali, senza essere
organizzate in una maniera troppo rigida e uniforme, devono farsi secondo un
piano diocesano, nazionale e mondiale; ovunque la cosa sembri opportuna, si farà
in azione congiunta tra cattolici e altri fratelli cristiani. Infatti lo spirito
di carità non si oppone per nulla all'esercizio provvido e ordinato
dell'azione sociale e caritativa; anzi l'esige. È perciò
necessario che quelli che vogliono impegnarsi al servizio delle nazioni in via
di sviluppo ricevano una formazione adeguata in istituti specializzati.
89. Efficace presenza della Chiesa nella comunità
internazionale
La Chiesa, in virtù della sua missione divina, predica il Vangelo e
largisce i tesori della grazia a tutte le genti. Contribuisce così a
rafforzare la pace in ogni parte del mondo, ponendo la conoscenza della legge
divina e naturale a solido fondamento della solidarietà fraterna tra gli
uomini e tra le nazioni. Perciò la Chiesa dev'essere assolutamente
presente nella stessa comunità delle nazioni, per incoraggiare e
stimolare gli uomini alla cooperazione vicendevole. E ciò, sia attraverso
le sue istituzioni pubbliche, sia con la piena e leale collaborazione di tutti i
cristiani animata dall'unico desiderio di servire a tutti.
Per raggiungere questo fine in modo più efficace, i fedeli stessi,
coscienti della loro responsabilità umana e cristiana, dovranno sforzarsi
di risvegliare la volontà di pronta collaborazione con la comunità
internazionale, a cominciare dal proprio ambiente di vita. Si abbia una cura
particolare di formare in ciò i giovani, sia nell'educazione religiosa
che in quella civile.
90. La partecipazione dei cristiani alle istituzioni internazionali
Indubbiamente una forma eccellente d'impegno per i cristiani in campo
internazionale è l'opera che si presta, individualmente o associati,
all'interno degli istituti già esistenti o da costituirsi, con il fine di
promuovere la collaborazione tra le nazioni. Inoltre, le varie associazioni
cattoliche internazionali possono servire in tanti modi all'edificazione della
comunità dei popoli nella pace e nella fratellanza. Perciò
bisognerà rafforzarle, aumentando il numero di cooperatori ben formati,
con i necessari sussidi e mediante un adeguato coordinamento delle forze. Ai
nostri giorni, infatti, efficacia d'azione e necessità di dialogo esigono
iniziative collettive. Per di più simili associazioni giovano non poco a
istillare quel senso universale, che tanto conviene ai cattolici, e a formare la
coscienza di una responsabilità e di una solidarietà veramente
universali.
Infine è auspicabile che i cattolici si studino di cooperare, in
maniera fattiva ed efficace, sia con i fratelli separati, i quali pure fanno
professione di carità evangelica, sia con tutti gli uomini desiderosi
della pace vera. Adempiranno così debitamente al loro dovere in seno alla
comunità internazionale. Il Concilio, poi, dinanzi alle immense sventure
che ancora affliggono la maggior parte del genere umano, ritiene assai opportuna
la creazione d'un organismo della Chiesa universale, al fine di fomentare
dovunque la giustizia e l'amore di Cristo verso i poveri. Tale organismo avrà
per scopo di stimolare la comunità cattolica a promuovere lo sviluppo
delle regioni bisognose e la giustizia sociale tra le nazioni.
CONCLUSIONE
91. Compiti dei singoli fedeli e delle Chiese particolari
Quanto viene proposto da questo santo Sinodo fa parte del tesoro dottrinale
della Chiesa e intende aiutare tutti gli uomini del nostro tempo--sia quelli che
credono in Dio, sia quelli che esplicitamente non lo riconoscono -- affinché,
percependo più chiaramente la pienezza della loro vocazione, rendano il
mondo più conforme all'eminente dignità dell'uomo, aspirino a una
fratellanza universale poggiata su fondamenti più profondi, e possano
rispondere, sotto l'impulso dell'amore, con uno sforzo generoso e congiunto agli
appelli più pressanti della nostra epoca.
Certo dinanzi alla immensa varietà delle situazioni e delle forme di
civiltà, questa presentazione non ha volutamente, in numerosi punti, che
un carattere del tutto generale; anzi, quantunque venga presentata una dottrina
già comune nella Chiesa, siccome non raramente si tratta di realtà
soggette a continua evoluzione, l'insegnamento presentato qui dovrà
essere continuato ed ampliato.
Tuttavia confidiamo che le molte cose che abbiamo esposto, basandoci sulla
parola di Dio e sullo spirito del Vangelo, possano portare un valido aiuto a
tutti, soprattutto dopo che i cristiani, sotto la guida dei pastori, ne avranno
portato a compimento l'adattamento ai singoli popoli e alle varie mentalità.
92. Il dialogo fra tutti gli uomini
La Chiesa, in forza della missione che ha di illuminare tutto il mondo con
il messaggio evangelico e di radunare in un solo Spirito tutti gli uomini di
qualunque nazione, razza e civiltà, diventa segno di quella fraternità
che permette e rafforza un sincero dialogo.
Ciò esige che innanzitutto nella stessa Chiesa promuoviamo la mutua
stima, il rispetto e la concordia, riconoscendo ogni legittima diversità,
per stabilire un dialogo sempre più fecondo fra tutti coloro che formano
l'unico popolo di Dio, che si tratti dei pastori o degli altri fedeli cristiani.
Sono più forti infatti le cose che uniscono i fedeli che quelle che li
dividono; ci sia unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose
dubbie e in tutto carità.
Il nostro pensiero si rivolge contemporaneamente ai fratelli e alle loro
comunità, che non vivono ancora in piena comunione con noi, ma ai quali
siamo uniti nella confessione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e dal
vincolo della carità, memori che l'unità dei cristiani è
oggi attesa e desiderata anche da molti che non credono in Cristo.
Quanto più, in effetti, questa unità crescerà nella
verità e nell'amore, sotto la potente azione dello Spirito Santo, tanto
più essa diverrà per il mondo intero un presagio di unità e
di pace. Perciò, unendo le nostre energie ed utilizzando forme e metodi
sempre più adeguati al conseguimento efficace di così alto fine,
nel momento presente, cerchiamo di cooperare fraternamente, in una conformità
al Vangelo ogni giorno maggiore, al servizio della famiglia umana che è
chiamata a diventare in Cristo Gesù la famiglia dei figli di Dio.
Rivolgiamo anche il nostro pensiero a tutti coloro che credono in Dio e che
conservano nelle loro tradizioni preziosi elementi religiosi ed umani,
augurandoci che un dialogo fiducioso possa condurre tutti noi ad accettare con
fedeltà gli impulsi dello Spirito e a portarli a compimento con alacrità.
Per quanto ci riguarda, il desiderio di stabilire un dialogo che sia
ispirato dal solo amore della verità e condotto con la opportuna
prudenza, non esclude nessuno: né coloro che hanno il culto di alti
valori umani, benché non ne riconoscano ancora l'autore, né coloro
che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere.
Essendo Dio Padre principio e fine di tutti, siamo tutti chiamati ad essere
fratelli. E perciò, chiamati a una sola e identica vocazione umana e
divina, senza violenza e senza inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme
alla costruzione del mondo nella vera pace.
93. Un mondo da costruire e da condurre al suo fine
I cristiani, ricordando le parole del Signore: «in questo conosceranno
tutti che siete i miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri» (Gv
13,35), niente possono desiderare più ardentemente che servire con
maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo contemporaneo.
Perciò, aderendo fedelmente al Vangelo e beneficiando della sua forza,
uniti con tutti coloro che amano e praticano la giustizia, hanno assunto un
compito immenso da adempiere su questa terra: di esso dovranno rendere conto a
colui che tutti giudicherà nell'ultimo giorno.
Non tutti infatti quelli che dicono: « Signore, Signore »,
entreranno nel regno dei cieli, ma quelli che fanno la volontà del Padre
e coraggiosamente agiscono. Perché la volontà del Padre è
che in tutti gli uomini noi riconosciamo ed efficacemente amiamo Cristo
fratello, con la parola e con l'azione, rendendo così testimonianza alla
verità, e comunichiamo agli altri il mistero dell'amore del Padre
celeste.
Così facendo, risveglieremo in tutti gli uomini della terra una viva
speranza, dono dello Spirito Santo, affinché alla fine essi vengano
ammessi nella pace e felicità somma, nella patria che risplende della
gloria del Signore. « A colui che, mediante la potenza che opera in noi, può
compiere infinitamente di più di tutto ciò che noi possiamo
domandare o pensare, a lui sia la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù,
per tutte le generazioni nei secoli dei secoli. Amen» (Ef 3,20-21).
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