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Scuola libera e paritaria: lo stato aiuti

Prendendo spunto dal carteggio apparso sull’Araldo del 5 ottobre fra don Pietro Lalloni e il Direttore Gino Mecca vorrei fare delle considerazioni sulla scuola privata e la scuola statale.

La scuola privata a cui si accenna immagino essere quella paritaria, la quale per la maggior parte dei casi è una scuola cattolica e che rappresenta circa il 9/% dell’intero sistema scolastico. Queste scuole sono pubbliche ed hanno lo stesso valore di una statale anch’essa pubblica.

Essere assertori della funzione primaria della scuola pubblica ossia ritenere che la scuola statale sia il soggetto primario ad assicurare il diritto all’istruzione, come scrive il Direttore Mecca, a mio parere si presta ad ambiguità che vorrei sgombrare, con alcune considerazioni che traggo dal magistero della chiesa e in particolare dai documenti del Centro Studi Scuola Cattolica.

Esercizio inutile? non mi pare. Molta confusione generano i mass media sulla questione tanto che ogni anno dobbiamo soffrire manifestazioni contro i fondi da destinare alle "scuole dei preti" invece che alle scuole statali. Molta ideologia, poco ragionamento. Qualche punto fermo:

1.La libertà di scelta è un valore prioritario perché indica il completamento del disegno di democratizzazione della Repubblica, riconoscendo in particolare il compito educativo delle famiglie e la corresponsabilità dei vari soggetti sociali nel favorire la piena realizzazione del progetto formativo di ciascun cittadino, nessuno escluso. La libertà di educazione, come libertà di scelta della scuola da frequentare, si fonda sul diritto di ogni persona ad educarsi e ad essere educata secondo le proprie convinzioni e sul correlativo diritto dei genitori di decidere dell'educazione e del genere d'istruzione da dare ai loro figli minori.

2. Si tratta di principi da sempre affermati dalla Dottrina sociale della Chiesa (Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, nn.238-242.), ma che hanno bisogno di essere sostenuti. L’affermazione del principio di libertà e di sussidiarietà educativa non significa liberalizzare in modo indiscriminato il mercato dell’istruzione, inseguendo magari modelli puramente aziendalistici. Non significa nemmeno sminuire il compito e il diritto-dovere dello Stato di aprire e di gestire scuole proprie. Significa, invece, dar vita a un sistema capace di valorizzare e armonizzare tutte le risorse educative della nostra società, facendole convergere nel contesto di un autentico servizio pubblico.

3.Occorre promuovere il convincimento diffuso che il diritto allo studio per tutti non è salvaguardato dalla sola scuola di Stato, ma, da un lato, dal riconoscimento della pari dignità delle iniziative, che nascono dalla società civile e, dall’altro lato, dal ruolo di garanzia e di controllo che lo Stato stesso si assume nei confronti del loro pubblico servizio.

Infine se la scuola è paritaria (ormai da quasi un decennio) non si capisce come mai si dimentica la uguale dignità della scuola sia essa statale che paritaria.

L’opinione corrente insomma ritiene che se lo Stato concedesse una qualche forma di riconoscimento economico alle famiglie che scelgono le scuole paritarie (non chiamiamole più private perché la legge non le chiama così), questo contributo si configurerebbe come un privilegio inaccettabile a scapito della scuola statale. Niente di più errato.

Se io metto su una scuola dell’infanzia con 700.000 bambini, 20.000 docenti(dati FISM) facendo pagare una retta salata ai genitori che con me l’hanno voluta e per i loro figli l’hanno scelta, è chiaro che lo stato ci guadagna (in €uro ma anche nel confronto con diverse modalità e soggetti educativi). E non basta una pacca sulla spalla o una medaglia commemorativa, mi servono fondi sennò le famiglie pagano due volte e la scuola paritaria cattolica e di ispirazione cristiana, muore e saremo tutti più poveri.

Don Giuseppe Bonomo

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