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Paolo, apostolo delle genti

 

La via di Damasco

Ciò che accadde verso mezzogiorno di un giorno imprecisato tra il 33 e il 35 d. C. cambiò radicalmente la vicenda personale di Saulo e determinò una svolta decisiva nella vita della comunità cristiana delle origini. Tanto che, negli Atti degli Apostoli, dal primo storico della Chiesa questo stesso avvenimento viene riportato ben tre volte, sia pure con qualche differenza nei particolari.
Vale la pena rileggere queste narrazioni, collocate in circostanze e tempi diversi, ma vibranti di un’unica eccezionale testimonianza.


Il primo racconto (At 9, 1-9) è in terza persona, steso com’è dal narratore s. Luca, che espone i fatti seguiti al martirio di Stefano, con dovizia di dettagli; senza però precisare la calvacatura usata e quindi la "caduta da cavallo", così frequente nell’iconografia paolina.


Il secondo racconto (At 22, 6-21) è in prima persona, messo com’è sulla bocca dello stesso Paolo, che – tornato a Gerusalemme 20 anni più tardi, al termine dei viaggi apostolici – viene arrestato; prima di essere imprigionato nella fortezza, ottiene dal tribuno romano di parlare in propria difesa alla folla dei giudei che lo vuole morto, perché ha insegnato a non osservare la legge mosaica e ha profanato il tempio.


Il terzo racconto (At 26, 12-23) è il più ricco di particolari e ancora in prima persona, da parte di Paolo incarcerato a Cesarea Marittima, in attesa di essere tradotto a Roma. In occasione della visita del re Agrippa e della sorella Berenice, il governatore Festo glielo presenta in pubblica riunione; lo senta pure lui e lo aiuti a stendere la motivazione che deve accompagnare lo strano prigioniero che – come civis romanus - si è appellato ad un tribunale della capitale imperiale.

Il secondo genere di testimonianza è quella diretta, a 20 anni e più dell’accaduto, in 3 testi delle sue Lettere (1Cor 15, 8-10; Gal 1, 15s; Fil 3, 3-13; ed anche 1Tim 1, 12s). È lo stesso protagonista che ne parla (non si accenna alla via di Damasco) e nessuno meglio di lui può dirci l’esperienza fatta nell’incontro nel quale si è sentito "impugnato", "afferrato","conquistato da Cristo" (Fil 3, 12); una esperienza di conversione dal giudaismo più acceso a Cristo come unico mediatore di salvezza e rivelatore del vero volto di Dio; e nello stesso tempo esperienza di vocazione a testimoniare anche agli esclusi pagani l’evento di Gesù che compie le antiche promesse fatte al popolo di Israele.

P. RE