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INCONTRO 11 MARZO 2008

EMERGENZA EDUCAZIONE NELLA SPE SALVI

Se all’inizio dell’essere cristiano - e quindi all’origine di ogni educazione cristiana - non c’è una decisione etica o una grande idea, ma l’incontro con la Persona ecclesialmente viva e presente di Gesù Cristo crocefisso - risorto, che dà alla vita, con un nuovo orizzonte e la direzione decisiva, la "pienezza della fede" (Ebrei 10,22) cioè la "immutabile professione della speranza" (10,23), allora è essenziale giungere e far giungere con l’educazione alla consapevolezza di aver ricevuto in dono una speranza affidabile che si manifesta anche là dove viene messa a confronto l’esistenza cristiana con la vita prima della fede e con la situazione dei seguaci di altre religioni.
Paolo ricorda agli Efesini come, prima del loro incontro con Cristo, fossero "senza speranza e senza Dio nel mondo" (Ef 2,12). Naturalmente egli sa che essi avevano avuto degli dèi, che avevano avuto una religione, ma i loro dèi si erano rivelati discutibili e dai loro miti contraddittori non emanava alcuna speranza. Nonostante gli dèi, essi erano "senza Dio" e conseguentemente si trovavano in un mondo buio, davanti a un futuro oscuro. Nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo - parole nelle quali appare senza mezzi termini ciò a cui Paolo accenna. Nello stesso senso egli dice ai Tessalonicesi: voi non dovete "affliggervi come gli altri che non hanno speranza" (Ts 4,13). Anche qui compare come elemento distintivo dei cristiani il fatto che essi hanno un futuro: non è che sappiano nei particolari ciò che li attende, ma, sanno nell’insieme che la loro vita non finisce nel vuoto. Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente. Così possiamo ora dire: il cristianesimo non era soltanto una "buona notizia" - una comunicazione di contenuti fino al momento ignoti. Nel nostro linguaggio si direbbe: il messaggio cristiano non era solo "informativo", ma "performativo". Ciò significa: il Vangelo non è soltanto comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita: è educazione alla vita - alla vera vita! La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente ed educa diversamente; gli è stata donata una vita nuova. C’è la certezza che presente e futuro sono di chi crede alla verità con la sola forza della verità e all’amore con la sola forza dell’amore!Ecco la sorprendente scoperta nell’ambito educativo: la mia, la nostra speranza è preceduta dall’attesa che Dio coltiva nei nostri confronti! Sì, Dio ci ama e proprio per questo attende che noi torniamo a Lui, che apriamo il cuore al suo amore, che mettiamo la nostra mano nella sua e ci ricordiamo di essere suoi figli. Questa attesa di Dio precede sempre la nostra speranza, esattamente come il suo amore ci raggiunge sempre per primo (1 Gv 4,10). In questo senso la speranza cristiana è detta "teologale", come la fede e la carità: Dio ne è la fonte, il sostegno e il termine. Come è importante nel percorso educativo la consapevolezza che il mio e altrui Creatore ha posto nello spirito di ciascuno un riflesso del suo desiderio di vita per tutti. Ogni uomo è chiamato a sperare corrispondendo all’attesa che Dio ha su di lui. Del resto l’esperienza ci dimostra che è proprio così. Che cosa manda avanti il mondo, se non la fiducia che Dio ha nell’uomo, pur con tutti i suoi limiti e colpevolezze? E’ una fiducia che ha il suo riflesso soprattutto nel cuore dei piccoli, degli umili, quando attraverso le difficoltà e le fatiche si impegnano ogni giorno a fare del loro meglio, a compiere quel poco di bene che però agli occhi di Dio è tanto: in famiglia, nel posto di lavoro, a scuola, nei diversi ambiti della società. Nel cuore di ogni uomo è indelebilmente scritta la speranza, perché Dio nostro Padre è vita, e per la vita eterna e beata siamo fatti.
Ma in che cosa consiste questa speranza, che come speranza, è "redenzione", risurrezione, la più grande "mutazione" mai accaduta, il "salto" decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma con lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo? Ma oggi l’impegno educativo punta veramente ad una fede cristiana che è anche per noi una speranza che trasforma dall’inizio e fino alla fine dei tempi e sorregge la nostra vita in tutti gli ambiti? Nella risurrezione del Verbo incarnato c’è il suo compimento e insieme l’anticipazione e il pegno della nostra speranza. Gesù Cristo risorge dai morti perché tutto il suo essere è perfetta ed intima unione con Dio, via umana alla Verità e alla Vita cioè al Dio vivente, Padre, Figlio e Spirito Santo, che è l’amore davvero più forte della morte. Egli era una cosa sola con la Vita indistruttibile e pertanto poteva donare la propria vita lasciandosi uccidere, ma non poteva soccombere definitivamente alla morte: in concreto nell’Ultima Cena egli ha anticipato e accettato per amore la propria morte in croce, trasformandola così nel dono di sé, quel dono che ci dà già oggi con l’Eucaristia e tutta la mediazione sacramentale la vita eterna, ci libera e ci salva. La sua risurrezione è stata dunque come un’esplosione di luce, un’esplosione dell’amore che scioglie le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato per tutti quelli che lo incontrano e lo accolgono una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra in questo mondo, come la speranza veramente affidabile di fronte al presente anche faticoso, emerge con piccole speranze che giorno per giorno ci mantengono in cammino, dimensione reale, sostanziale che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé attraverso la vita e la testimonianza della Chiesa, primizia di questa trasformazione, che è opera di Dio e non nostra. Essa giunge a noi mediante la fede e il sacramento del Battesimo, che è realmente morte e risurrezione, rinascita, trasformazione del nostro essere in una vita nuova. Ma essa è per noi "performativa" - un messaggio che plasma, educa in modo nuovo la vita stessa, una meta di cui noi possiamo essere sicuri, così grande da giustificare la fatica del cammino o è ormai soltanto "informazione" che, nel frattempo, abbiamo accantonata e che ci sembra superata da informazioni più recenti come, anziché il Regno di Dio, il regno dell’uomo attraverso la scienza e la tecnica industriale della rivoluzione borghese del 1789, attraverso la politica scientificamente elaborata della rivoluzione proletaria di Marx dal 1848 o dell’attuale tecnoscienza che riduce radicalmente l’uomo a prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale, capovolgendo la rivendicazione moderna della centralità dell’uomo e della sua libertà?...il cristianesimo moderno, di fronte ai successi della scienza, della tecnica e della politica nella progressiva strutturazione del mondo, si era in gran parte concentrato soltanto sull’individuo e sulla salvezza della propria anima, certamente fondamentali, abbandonando il mondo alla sua miseria e rifugiandosi in una salvezza eterna soltanto privata. Henri De Lubac ha raccolto alcune voci tipiche di questa educazione cristiana del cristianesimo moderno riduttivo: "Ho trovato la gioia? No…Ho trovato la mia gioia. E ciò è una cosa terribilmente diversa…La gioia di Gesù può essere individuale. Può appartenere ad una sola persona, ed essa è salva. E’ nella pace…., per ora e per sempre, ma lei sola. Questa solitudine nella gioia non la turba. Al contrario: lei è, appunto, l’eletta! Nella sua beatitudine attraversa le battaglie con una rosa in mano". Con questo orizzonte l’educazione cristiana ha ristretto l’orizzonte della sua speranza e non ha neppure riconosciuto sufficientemente la grandezza del suo compito - anche se resta grande ciò che ha continuato a fare nella formazione dell’uomo e nella cura dei deboli e dei sofferenti. [Spe salvi n. 2,3, 10, 30; Benedetto XVI a Verona].

Con la crisi delle ideologie che hanno secolarizzato la speranza cristiana rinasce una nuova possibilità educativa
"E’ necessaria un’autocritica dell’età moderna in dialogo con il cristianesimo e con la sua concezione della speranza. In un tale dialogo anche i cristiani, nel contesto delle loro conoscenze e delle loro esperienze, devono imparare nuovamente in che cosa consista veramente la loro speranza, che cosa abbiano da offrire al mondo e che cosa invece non possano offrire. Bisogna che nell’autocritica dell’età moderna confluisca anche un’autocritica del cristianesimo moderno, che deve sempre di nuovo imparare a comprendere se stesso a partire dalle proprie radici". In questa doppia "autocritica" della cultura moderna e del cristianesimo moderno, prosegue il Papa, "ragione e fede hanno bisogno l’una dell’altra per realizzare la loro vera natura e la loro missione educatrice" (Spe salvi n.22).
Educa chi accompagna il percorso del vissuto che fa scoprire il senso cioè il logos del proprio e altrui essere, come di tutta la storia del mondo e Benedetto XVI fa scorrere l’intera storia,dal principio fino al suo compimento, fino a Cristo giudice, sull’inferno, sul purgatorio, sul paradiso. Si tratta di prendere coscienza di quell’esperienza elementare, originaria cioè quel complesso di esigenze e di evidenze in noi senza di noi, come il proprio e altrui essere dono di un misterioso Donatore divino. E questo mi immette, mi proietta a confrontare il proprio e altrui essere dono dentro il confronto con tutto ciò che esiste naturalmente o è accaduto storicamente: è il senso religioso naturale. Questa apertura originaria di ogni io umano, cui occorre sempre rifarsi in ogni cammino educativo vero, fa emergere quel nucleo di esigenze, di verità, di bontà, di giustizia, di amore, di felicità, le quali costituiscono il volto ultimo, l’energia profonda con cui gli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze accostano tutti e tutto. Un semplice sguardo alla storia antica, mostra con chiarezza come in diverse parti della terra, segnate da culture differenti, sorgano nello stesso tempo le domande di fondo che caratterizzano il percorso di ogni esistenza umana, il proprio percorso: chi sono? Da dove vengo e dove vado? Perché la presenza del male? cosa ci sarà dopo questa vita?

La vita - la vita eterna
"Nella ricerca di una risposta - sottolinea Benedetto XVI al n. 10 - vorrei partire dalla forma classica del dialogo con cui il rito del Battesimo esprimeva l’accoglienza del neonato nella comunità dei credenti e la sua rinascita in Cristo…"Che cosa chiedi alla Chiesa?" Risposta: "La fede". "E che cosa ti dona la fede?" "La vita eterna". Stando a questo dialogo, i genitori cercavano per il bambino l’accesso alla fede, la comunione con i credenti, perché vedevano nella fede la chiave per "la vita eterna". Di fatto, oggi come ieri, di questo si tratta nel Battesimo. Quando si diventa cristiani non si tratta soltanto di un atto di socializzazione entro la comunità, non semplicemente accoglienza nella Chiesa. I genitori si aspettano di più per il battezzando: si aspettano che la fede, di cui è parte la corporeità della Chiesa e dei suoi sacramenti, gli doni la vita - la vita eterna della risurrezione dentro al tempo, la "novità" cristiana chiamata a trasformare il mondo, la bellezza e la profondità della speranza cristiana. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere. Non è la scienza che redime l’uomo, anche se può dare molto. Dio è il fondamento della speranza - non un qualsiasi dio, ma quel volto che Gesù, il Figlio Unigenito, ci ha rivelato con la sua incarnazione, con la sua vita terrena e la sua predicazione, e soprattutto con la sua morte e risurrezione. La vera e sicura speranza è fondata sulla fede in Dio Amore, Padre misericordioso, che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16), affinché gli uomini, ogni singolo e l’umanità nel suo insieme, e con loro tutte le creature possano avere vita in abbondanza (Gv 10,10). Il suo regno non è un al di là immaginario, posto in futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi garanzia che esiste ciò che vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è "veramente" vita. Chi viene toccato dall’amore comincia a intuire che cosa propriamente sarebbe "vita". Comincia a intuire che cosa vuol dire la parola di speranza che abbiamo incontrato nel rito del Battesimo: dalla fede aspetto la "vita eterna" - la vita vera che, interamente e senza minacce, in tutta la sua pienezza è semplicemente vita. Gesù che di sé ha detto di essere venuto perché noi abbiamo la vita e l’abbiamo in pienezza (Gv 10,10), ci ha anche spiegato che cosa significhi "vita": "Questa è ala vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Gv 17,3). La vita nel senso vero non la si ha da soli e neppure solo da sé: essa è relazione anima-corpo, uomo-donna, io-comunità di vissuti fraterni di comunione, storia e intero universo. E la vita nella sua totalità è relazione con Colui che è la sorgente della vita. Se siamo in relazione con Colui che non muore, che è la Vita stessa e lo stesso Amore, allora siamo nella vita. Allora già "viviamo".
Il Papa concretizza ulteriormente questa idea rivolgendo l’attenzione ad alcuni "luoghi" di concreto e pratico apprendimento, di esercizio e quindi di educazione alla speranza:
1. La preghiera come scuola della speranza
2. Agire e soffrire come luoghi di apprendimento della speranza
3. Il giudizio come luogo di apprendimento e di esercizio della speranza.
Il Papa conclude invitando ogni cammino educativo a fissare lo sguardo in Maria, stella della speranza. Ogni vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Per giungere fino a Lui abbiamo bisogno, a livello educativo, di luci vicine - di persone, di amici che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza - lei che con il suo "sì" aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell’Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi (Gv 1,14)?

don Giuseppe Bonomo