TORNA a scuola

RITIRO DI QUARESIMA – 19 MARZO 2006

 APPUNTI

INTRODUZIONE ALL’ANGELUS:

ALL’INIZIO DI OGNI GIORNATA, QUANDO PRENDIAMO COSCIENZA DI NOI STESSI, SI RINNOVA IL DRAMMA DELLA DECISIONE E IL MIRACOLO DELL’ADESIONE ALLA DOLCE PRESENZA DEL SIGNORE.

LA NOSTRA LIBERTA’ DICE Sì AL MISTERO GUARDANDO

E DOMANDANDO A MARIA DI RICONOSCERLO PRESENTE QUI ED ORA.

L’ANGELUS CI AIUTI A FAR MEMORIA DELL’ATTIMO IN CUI IL MISTERO DI DIO SI E’ FATTO CARNE NEL VENTRE DI MARIA

 

ANGELUS

CANTO

LIBERATI DAL GIOGO DEL MALE – NON SON SINCERA

INTRODUZIONE:

In questo tempo di quaresima, il grido che il canto della Mascagni esprime, è il grido dell’uomo vero al quale solo Dio basta.

Dall’umile constatazione del proprio limite – Mio Dio mi guardo ed ecco scopro che non ho volto – alla presa di coscienza che il cuore dell’uomo non ha di che temere – perché tremi mio cuore tu non sei solo –perché non è sottratto alla sua presenza, la grande presenza, il tutto per cui il nostro cuore è fatto. La presenza del Mistero che si è fatto carne interroga drammaticamente la mia libertà perché si giochi. Non può non giocarsi pena il dissolvimento dell’io. Infatti non è un pensiero, seppur nobile, o una dottrina, Cristo è una presenza reale. Incontrandolo avviene come uno strappo nella nostra vita quotidiana, quasi una ferita che non si può rimarginare.

Pavese ne “Il mestiere di vivere” affronta la questione in modo lancinante:” Il pensiero più risoluto, più ostinatamente perseguito, è niente in confronto a ciò che avviene.”

         Un incontro reale poiché è il reale che si impone alla nostra vita ogni mattina quando dicendo “io” lo stupore verso ciò che incontriamo ci apre ad un impegno sempre nuovo. Nell’io che agisce emerge quella che chiamiamo esperienza elementare, la nostra impronta interiore, la scintilla dell’anima, il volto interiore, in una parola il Cuore.

Il cuore, che è esigenza di giustizia, verità, felicità, esigenza di tutto, attende una corrispondenza che è inimmaginabile. La forma del compimento dell’attesa del nostro cuore è la presenza di Cristo.

Il fatto che non stabiliamo noi l’oggetto di tale corrispondenza è i fulcro della ragionevolezza della fede. Noi di norma siamo portati a desiderare ciò che non dura, speriamo cioè qualcosa da Dio non Dio stesso, speriamo un frammento, dimentichi del tutto. Eppure il nostro cuore è fatto per l’infinito. Come ci ricorda s. Agostino”il nostro cuore è senza posa finché non riposa in TE”

Insomma ci viene offerto il vero contenuto del desiderio del cuore e noi ci accontentiamo di qualcosa. Ci viene incontro 100 e noi diciamo “grazie, meglio 50 o 10”

Se siamo veri – e questo però frutto di una vera ascesi, siamo attratti da Cristo in una affezione che non ha fine. “L’anima mia ha sete del Dio vivente, quando vedrò il Suo volto? “ questo è il grido di  uomini il cui cuore non è atrofizzato.

    L’atrofia del cuore che approda al nichilismo ha il suo punto di partenza nel riempire la vita di cose da fare. E’ un rischio vero: tante cose da fare che ci appaiono importanti, magari in nome del movimento. Così la vita si sclerotizza e non si fa un passo in più perché si elude la domanda che il cuore chiede.

La nostra vita è un cammino e se l’iniziativa non è ragionevole, non prende dentro tutti i fattori della vita, non dà consistenza al cammino.

Il nostro cammino ha uno scopo, una meta, “attraversare la realtà è possedere la realtà” vogliamo essere in questo cammino appassionati alla realtà.

Il termine appassionati, passione, ha a che fare con una passività: è una cosa che ci sorprende, ci capita – come un innamoramento – è un’obbedienza al Mistero così come ci insegna il Papa: ob-audire stare in ascolto. A Salomone che ascolta Dio parla:”Chiedi ciò che vuoi e ti sarà dato. E Salomone risponde:” che io abbia la saggezza, e un cuore semplice.”

 La condizione del nostro cammino è la semplicità del cuore.

E’ questa semplicità che ci permette di fare un’esperienza e non mille esperienze. L’esperienza è ciò che fa crescere se giudicata in atto, fatta una volta uno non cerca altro che approfondirla, ed è sempre nuova. Così tutto ciò che accade dal mattino alla sera viene sottoposto al giudizio del cuore che è esigenza di totalità e perciò il contrario di ogni sentimentalismo che è invece reazione istintiva non sottoposta al vaglio della ragione.

    In un suo romanzo, che trovate anche narrato dal Gius nel DVD sul rischio educativo, Gide parla di una ragazza che un pastore protestante scova in un tugurio. I nonni già molto vecchi, nata cieca sorda e per questo muta rimane presto orfana. I due vecchi nonni non le badano più, le danno da mangiare spiegando al pastore che non hanno la forza di starle dietro, di tentare anche un minimo sforzo perché prenda contatto con la realtà. Capite a cosa porta la cecità e la sordità di fronte al reale? Muti, senza un giudizio che parta dal cuore perché il potere l’ha reso muto. Senza una trama di rapporti restiamo sordi e muti di fronte al reale.

La nostra fraternità, ad un anno dalla morte di don Giussani deve risplendere di più come trama di rapporti, essere capace di valutare e dare un giudizio su ciò che ci accade, fare un cammino umano dove la coscienza del proprio peccato, non sia di ostacolo. Non importa se sbagli

    A volte diamo troppe energie a gesti che poi non consistono: perché?

E’ fuori luogo il senso del fare. Non è un’affezione a Cristo che spesso ci spinge a far dei gesti, bensì la presunzione che sia colmato un nostro desiderio secondo una nostra misura.

Nella presunzione che sia colmato il nostro desiderio da qualcosa di altro che non sia Dio, una nostra misura, seppure appare buona, non troviamo risposta al nostro vivere.

Ponendo male la domanda, la risposta ci inganna e ci lascia preda del nulla.

Così il Gesù rimane puro nome. Nel nichilismo Gesù rimane puro nome privo di esperienza amorosa.

Invece seguire il giudizio del cuore, quest’impossibile corrispondenza, passa attraverso l’esperienza dell’io.

L’io domanda, attende la risposta al bisogno di significato della vita.

Vale la pena essere cristiani non per le iniziative che si fanno, ma per una novità di vita che si ridesta nell’impatto con la realtà.

La realtà invece è Cristo ci avverte S. Paolo, non gloriatevi di pratiche di poco conto ma trasformate la vostra vita conformandola a Cristo.

    La fraternità è il luogo ove la memoria di Cristo, l’atteggiamento del cuore di fronte al reale trova spazio e tempo in una trama di rapporti che sorregge la persona trovando accoglienza e perdono.