San Grato

Vescovo del V secolo

Nessuna memoria di Santo è prevista per oggi dal rinnovato Calendario della Chiesa. Possiamo perciò introdurre in questo giorno restato libero il ricordo di un antico personaggio caro ai fedeli di un'antica città italiana, ancora onorato come patrono dell'intera diocesi.

La città è Aosta, la romana Augusta Praetoria, la città più « alpina » d'Italia, nell'incomparabile scenario della sua valle. E il Patrono è San Grato, le cui reliquie si conservano nella cattedrale aostana insieme con quelle di San Giocondo, festeggiato il 30 dicembre.

San Grato fu Vescovo d'Aosta nel V secolo, tra il 450 e il 470.La sua rinomanza dovette essere assai grande sui due versanti delle Alpi, quello italiano e quello francese. Tale, almeno, da tentare la penna di uno scrittore ignoto e piuttosto tardo, non certo di fantasia, ma di epoca, il quale rinarrò a suo modo la vita del Vescovo d'Aosta, in mancanza di notizie storiche sicure.

Ne fece così un contemporaneo di Carlomagno Imperatore, con un errore di tre secoli abbondanti, giustificato dal fatto che Carlomagno fu una delle figure più popolari e amate dell'antichità. Attorno al quasi leggendario Imperatore fiorirono innumerevoli leggende, e sullo sfondo dei suo tempo vennero ambientate le più pittoresche imprese, di solito cavalleresche, ma talvolta anche religiose.

Aver quindi allacciato il nome di San Grato, Vescovo e Patrono di Aosta, alla « barba fiorita » di Carlomagno parve all'ignoto autore efficace abbellimento della figura del Santo. Per noi, la leggenda ha soltanto valore di curiosità, e commenta singolarmente la fama dei Santo aostano, fama certamente assai più antica della leggenda stessa.

Si sa infatti con certezza che, ad un concilio convocato a Milano, nel 451, dal Vescovo Eusebio, uno dei partecipanti e firmatari fu proprio San Grato, rappresentante la Chiesa di Aosta.

Alla stessa epoca sembra appartenere l'iscrizione sepolcrale del Santo, che ha una storia curiosa. Le reliquie di San Grato, come abbiamo detto, sono conservate nella cattedrale, in una cassa del XIII secolo. L'antica epigrafe, invece, si trova in un'altra chiesa. Qual è la ragione di questo fatto?

E’ una ragione semplice, e al tempo stesso suggestiva. Nel Medioevo, non solo le reliquie di San Grato erano considerate ricche di proprietà miracolose, ma perfino alla sua lapide funeraria si attribuivano virtù straordinarie, e si diceva, per esempio, che il suo contatto risanasse la repellente e contagiosa malattia della lebbra.

Perciò l'epigrafe venne portata, dalla cattedrale, al lebbrosario, a portata di mano, o almeno di preghiere, degli infelici infermi, che vivevano rigorosamente isolati dal resto del mondo. Quando il lebbrosario restò vuoto i resti del Santo avevano ricevuto, nel frattempo, una nuova e più degna sistemazione dentro la cattedrale. E allora l'epigrafe venne riposta in un'altra chiesa, come una reliquia a sé, circondata da viva venerazione.

Questo per quanto riguarda la lapide. San Grato in persona, poi, viene invocato, non soltanto ad Aosta, ma in tutto il Piemonte, per liberare le campagne dai bruchi, vermi, locuste, e altri insetti nocivi.