Intro

 

Forse vi sembrerà strano ma la storia del 2000 è...Provate a indovinare? Pinocchio?!?

Ora voglio sapere come avete fatto a indovinare... Forse lo sfondo dite???

Esattamente, dopo anni e anni dalla prima uscita del Collodi eccolo tornare vivo più che mai...Attraverso Scorribande e malandrinate ci porterà in un mondo che è magico da sempre e sempre, spero, lo sarà. Scopriremo un pinocchio in ognuno di noi e che... probabilmente, scopriremo che è meglio essere bambini che comportarsi da burattini!

 

La storia, anche se a grandi linee, spero che la conosciate tutti. Il romanzo originale racconta di un ceppo di legno che viene trasformato in burattino dalle fantasiose mani di Geppetto. Questo burattino, però non è come tutti gli, altri, questo può parlare e camminare!

Ecco che allora cominciano le nostre avventure! Pinocchio da qui in poi ne combinerà di tutti i colori: ruberà (anche se per mangiare),si burlerà di tutti, sarà irriconoscente verso chi lo ama, andrà a scuola (o per lo meno ci proverà!!)... Un vero monello!

 

Pinocchio non è cattivo, ma semplicemente non conosce la differenza tra il bene e il male, tra il giusto e il sbagliato! Si fiderà delle persone sbagliate e non darà retta a quelle a lui più vicine (come ad esempio la Fata Turchina, Geppetto). Farà tacere la voce più importante tra tutte: quella della sua Coscienza (impersonificata nel Grillo).

 

Ragazzo o Burattino?

 

Già... Eccoci allora al titolo che abbiamo deciso di dare a quest'anno di Oratorio.

Ragazzo o Burattino? Per Spiegare il perché di questo titolo ecco un testo preso sa "Pinocchio e i suoi fratelli" di Don Mazzi.

 

"[...] <<Ho pensato di fabbricarmi da me un bellissimo burattino di legno: ma un burattino meraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma, e fare i salti mortali.

Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchiere di vino... che ve ne pare?>>.

Così disse Geppetto a Mastro Ciliegia.

C'è nella letteratura questo strano burattino. Ha fatto storia. Non c'è ragazzo o adulto che non abbia letto questo libretto. Collodi è famoso quanto Dante e Manzoni. Se usciamo dalle pagine didascaliche, troviamo in natura un ragazzo di legno, che diviene, dopo romantiche avventure, di carne?

Forse un ri-Pinocchio non c'è, ma ragazzi che scappano di casa, insultano i genitori, se la spassano nel paese dei balocchi, vendono abbecedari, divengono somari, non ascoltano grilli parlanti e fatine, s'alloccano con gatti e volpi, vanno in prigione, ve ne sono tanti. [...]" 

 

Mi sembra chiaro il significato di queste poche righe... I pinocchi non esistono forse ancora tutt'oggi?

I bambini dei nostri giorni non si ritrovano, forse, davanti alla scelta di diventare un "burattino" tutto forma, aspetto fisico, bellezza ma senza un vero Cuore, o diventare un "ragazzo" che oltre all'esterno ha anche "qualcosa" all'interno?

Allora, tra tante altre storie, perché proprio "Le avventure di Pinocchio"?

 

<<Le Avventure di Pinocchio>>:

Ovvero l'Avventura della crescita

 

Fiaba e avventura da recuperare come caratteristiche dominanti in una esperienza estiva con i bambini. D'accordo, ma perché proprio con «Le avventure avventure di Pinocchio»?

Si parla comunemente di «avventura» per esplicitare quel carattere imprevedibile della vita che sfugge ad ogni programmazione. È «avventura» ciò che non è anticipabile nemmeno attraverso l'immaginazione e il progettare del bambino o dell'animatore; ciò che, essendo non accaduto né ancora raggiunto dall'immaginazione anticipatrice, lascia disarmati e insicuri. Qualcosa su cui occorre rischiare, scommettere. In questo senso si può, anzi si deve, educare all'avventura.

Vivere l'avventura è ancora qualcosa di ulteriormente formativo: scandaglia e fa emergere le risorse più impensate, arricchisce l'esperienza con la novità dell'imprevisto, fa vivere ogni giorno come se fosse il primo.

La fiaba come interfaccia della vita, l'avventura e il gioco in situazione fantastica, le attività e la riflessione per rielaborare quanto si sta vivendo, educano e sostengono il bambino nello spingersi oltre, senza paura. In «situazione protetta» è possibile sperimentare e rischiare su di un reale più morbido, dove l'insuccesso è senz'altro meno «rovinoso».

Le avventure di Pinocchio, inoltre, stimolano i bambini ad affrontare l'avventura della crescita, del «farsi persona», con tutta la fatica e l'euforia che l'accompagnano.

 

«Le avventure»: una metafora della preadolescenza

 

Pinocchio è una fiaba pedagogica.

È il racconto delle avventure di un bambino-burattino che, attraverso la grande lezione della vita, lo scontro tra desiderio di felicità egoistica e mondo reale, l'aiuto di tanti compagni di strada, riesce a diventare un uomo e anon rimanere un pezzo di legno.

Pinocchio rappresenta simbolicamente l'alternativa che brucia dentro il preadolescente ( e i bambini di quarta e quinta elementare ormai già lo sono): restare <<burattino>>, manovrato dagli altri, o diventare <<qualcuno>>, cioè, di volta in volta, soggetto, figlio, amico, costruttore della propria vita.

Un'avventura, quella raccontata, in cui è facile ritrovare i percorsi di ogni bambino, anche di quelli di oggi.

 

COME LEGGERE "PINOCCHIO"

da "L. Guglielmoni - F. Negri, Ragazzo o Burattino?, Paoline, pp.11-13"

L'amore di un Padre

 

Se si vuole capire Pinocchio, occorre tener d'occhio Geppetto. Come si è sempre creduto Carlo Lorenzini (ndr: detto Collodi) una macchietta del marciapiede fiorentino, così si è creduto Geppetto una figura secondaria, alla stregua di maestro Ciliegia. Ma credo che non sia così.

È il padre (Geppetto o Collodi) che dà valore, in bene o in male, alle azione del figlio.

Togliete Geppetto e Pinocchio cade con il rumore di «un sacco di mestoli». La stessa Fata dai capelli turchini è molto meno necessaria di Geppetto. Potrebbe svanire, potrebbe negare a Pinocchio la sua intercessione; il libro diventerebbe più arido, ma reggerebbe ancora. Invece, Pinocchio privo di Geppetto diventerebbe un vagabondo senza meta, un ragazzo di strada senza luce di redenzione.

Infatti non c'è capitolo del libro dove il Collodi non faccia ricordare a Pinocchio il padre, Geppetto. Soltanto nel capitolo in cui descrive la vita nel paese dei balocchi, Geppetto è completamente dimenticato. E proprio allora Pinocchio perde qualsiasi connotato umano. Gli spuntano le orecchie pelose e la lunga cosa asinina.

Né forse i pesci lo libererebbero dell'involucro bestiale, se proprio in un pesce Geppetto non attendesse il suo figliolo. Poiché il libro del Collodi, apparentemente formato dalle avventure di un burattino, effettivamente è costruito sull'amore di un padre, e la vera, profonda, resistente, universale favola di Pinocchio s'imposta sulle relazioni tra padre e figlio.

E anche con la sua prepotente autonomia. Pinocchio, appena può, appena cioè ha la bocca, ride di Geppetto; appena può, appena cioè ha le mani, gli fa un dispetto; appena può, appena cioè ha i piedi, si stacca da lui con un calcio, e scappa di casa.

E Geppetto non reagisce né si dispera. Con dolore esclama: «Male, ragazzo mio, male». Con rassegnazione si dice: «Me lo merito. Dovevo pensarci prima! Ormai è tardi».

Ormai è padre. E per il figlio sarà condotto in carcere, per il figlio venderà la sua giacca in tempo di neve, per il figlio entrerà in una barchetta, «per andare a cercarlo di là del mare», per il figlio sarà inghiottito dal Pescecane.

A questo punto i dolori di Geppetto finiscono. Quando padre e figlio si incontrano nel ventre del Pescecane è, si può dire, terminato il ciclo della perdizione; si inizia il ciclo della redenzione. Il primo ciclo di Pinocchio si potrebbe intitolare: fuga dal padre, il secondo: ritorno al padre.

Il primo movimento, di fuga, è facilitato da tutte le inclinazioni, e da tutte le tentazioni.

Egli è un povero burattino sul quale hanno presa tutte le seduzioni. non sa resistere. La via del male è un dolce pendio e Pinocchio, lontano dal padre, non vi si sa reggere. Sospira il ritorno,e sempre più si allontana sa casa.

Soltanto quando incontra Geppetto nel ventre del Pescecane il suo errore si può dire finito. Ha inizio la redenzione. Il Pescecane, come la biblica balena, è l'immagine dell'espiazione e insieme il simbolo della morte apparente che precede la risurrezione.

Fatto sta che Pinocchio uscito dal ventre del Pescecane è un Pinocchio diverso dal consueto: egli è ormai forte contro le tentazioni. Vive con il padre; lo ha riconquistato. «Oh, babbino mio! Finalmente vo ho ritrovato! Ora poi non vi lascio più, mai più, mai più».