Una breve storia del poverello di Assisi

  SAN FRANCESCO: UNA LUCE NEL BUIO  

L' ETA' DI MEZZO  
UNA GIOVINEZZA AGIATA  
SORELLA POVERTA'  
IL "POVERELLO" E I "MINORI"  
NASCE IL PRESEPE

  Una pietra miliare nella storia della Chiesa

       San Francesco d'Assisi, o più semplicemente Frate Francesco, come forse vorrebbe essere chiamato, è certamente uno dei santi più conosciuti e amati, tanto da diventare, con Santa Caterina da Siena, patrono d'Italia.

 

L'ETA' DI MEZZO

     Francesco visse a cavallo dei secoli XII e XIII, nel pieno di quella Età di Mezzo, il Medioevo, così ricco di contraddizioni, di splendori e di miserie, da risultare di difficile lettura.

       Il peggio era forse passato, nel senso che dopo l'anno Mille venne a dissolversi quella cappa di terrore che aleggiava su tutto il Vecchio Continente: il Mille e non più Mille, ovvero l'attesa spasmodica della fine del mondo. Si assistette, in particolare, allo sviluppo delle autonomie cittadine, i Comuni, che divennero soggetti sociali, politici, economici e militari di prima grandezza, con un intenso rifiorire di attività commerciali. Basti pensare alla potenza delle Repubbliche Marinare, soprattutto Venezia, e alla sconfitta dell'esercito Imperiale guidato dal Barbarossa a opera della Lega dei Comuni Lombardi.  

     Anche la Chiesa di Roma, in perenne lotta con l'Impero, acquistava sempre più potenza e prestigio, tanto da promuovere le Sante Crociate per la liberazione dei Luoghi Santi, con la famosa frase di Papa Urbano II nel 1095: "Dio lo vuole!". Queste spedizioni militari, ben otto, si succedettero per quasi due secoli, con il Papato che arrivò a scomunicare un Imperatore, Federico II, per la sua ritrosia a partecipare a queste guerre che, il più delle volte, si caratterizzarono per la crudeltà dei combattimenti e per le reciproche atrocità. Ben presto l'originale motivazione religiosa, per quanto discutibile, quasi scomparve a favore di più banali ragioni politiche e commerciali. L'esempio della IV crociata è emblematico: partita da Venezia, su navi veneziane, fu subito distolta dal suo obiettivo per attaccare e conquistare Zara, nemica di Venezia.  

     Era quindi una società viva, in continua evoluzione, ma per il popolino, ovvero per la stragrande maggioranza della popolazione, la povertà e spesso la fame continuavano a regnare sovrane, e ben pochi pensavano alla gente comune e alle sue minute, ma non per questo superflue necessità: non certo la Chiesa, tutta occupata a tessere alleanze e a programmare guerre; non certo i nuovi stati che, faticosamente, si stavano formando; non i Comuni, chiusi nei loro egoismi e particolarismi, e in perenne guerra tra loro. Forse è proprio in questo scenario di desolante e diffusa miseria che può leggersi la ragione dello straordinario successo della predicazione di Francesco: egli offriva una luce, per quanto dura e non facile, in un mondo dominato dalla violenza e dagli egoismi.  

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UNA GIOVINEZZA AGIATA

     Francesco poteva dirsi fortunato, addirittura privilegiato: egli nacque - si era nel 1182 - da una ricca e rispettata famiglia di mercanti di stoffa di Assisi, nel cuore dell'Umbria. Pur non appartenendo al rango nobile, in virtù della ricchezza paterna Francesco aveva libero accesso ai circoli e ai gruppi più raffinati ed eleganti della città. La sua giovinezza fu un susseguirsi di feste, banchetti e divertimenti; di più, Francesco divenne il leader, il capo del suo gruppo, sempre alla ricerca di nuovi divertimenti, nuove sensazioni ed emozioni.  

     Non deve stupire questo comportamento giovanile di Francesco, anzi, fu un po' la premessa della sua "conversione": dotato di un animo estremamente sensibile, e di una acuta intelligenza, egli era alla costante ricerca del senso, della ragione della propria vita, senza peraltro riuscire a trovarla. In questo suo vivere quasi frenetico, partecipò anche alla guerra tra Assisi e Perugia, durante la quale venne fatto prigioniero. Al ritorno dalla prigionia, durata quasi un anno, apparentemente nulla era cambiato in Francesco, che riprese la sua precedente vita "mondana".

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SORELLA POVERTA'

     Dopo una grave malattia, Francesco decise di arruolarsi nell'esercito del famoso condottiero Gualtiero di Brienne, all'epoca al servizio del Papa: sicuramente lo fece per procurarsi, con l'attività militare, quell'appagamento, quella ragione di vita che tutti i divertimenti e gli svaghi non riuscivano a dargli. Egli partì da Assisi, solo, su uno splendido destriero, con indosso una sfavillante armatura, suscitando invidia e ammirazione. Ma durante il viaggio successe qualcosa, qualcosa di talmente importante da indurlo a donare tutto ai poveri e a tornare nella sua città vestito di stracci, come il più umile dei mendicanti. Cosa era accaduto? Francesco non volle mai parlarne a fondo, ma ugualmente possiamo pensare che in quel viaggio scoprì, come in una rivelazione - e forse fu realmente tale - tutta la vanità e l'inutilità della sua vita passata.

     Ma quale alternativa c'era? cosa poteva dare un senso alla sua vita? Questa ragione di vita Francesco cominciò a scoprirla abbandonando la sua vecchia cerchia di amici, il suo vecchio stile di vita, per andare incontro, come ebbe a dire in seguito, a "sorella povertà". Tra lo stupore dei suoi concittadini, Francesco frequentava i poveri tra i poveri, i mendicanti tra i mendicanti, e soprattutto i lebbrosi, che fino a poco tempo prima gli procuravano un irrefrenabile senso di ribrezzo.  

     Dopo un pellegrinaggio a Roma, durante il quale ancora una volta vendette tutto per donarlo ai poveri, egli abbandonò la città per andare ad abitare nei pressi della diroccata chiesetta di San Damiano, che iniziò a ricostruire. E' facile immaginare la reazione degli amici, e soprattutto del padre di Francesco: egli era ritenuto pazzo, tanto che fu trascinato davanti al tribunale ecclesiastico perchè fosse giudicato. E qui, davanti a una grande folla, Francesco si spogliò di tutti gli abiti restituendoli a un padre esterrefatto, per iniziare la sua nuova vita: aveva finalmente trovato il senso e la ragione della sua esistenza.

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IL "POVERELLO" E I "MINORI"

     E' incredibile cosa può fare un uomo da solo, e ancor più incredibile se egli si vota alla più assoluta e rigida povertà, umiltà e obbedienza. Eppure questo uomo, con la sua predicazione e la sua opera, riuscì a imprimere una svolta al suo tempo, e alla stessa Chiesa che, senza di lui, si sarebbe forse avviata verso un inarrestabile declino, nonostante l'apparente potenza e l'ostentato sfarzo della sua corte.  

     Quando non lavorava al restauro di San Damiano, Francesco vagava per le campagne, i paesi e le città a predicare e mendicare. La sua opera aveva una presa e un impatto enorme sulla gente, che cominciava a chiamarlo, con affetto e rispetto, il "poverello". Un aspetto forse fondamentale della sua predicazione era la gioia, la serenità, la concretezza che impregnavano le parole e la vita di Francesco. Spesso, addirittura, predicava cantando, usando uno stile poetico di grande efficacia e suggestione. Un esempio, purtroppo l'unico giunto fino a noi, è il "Cantico delle Creature", un'opera in tutto e per tutto poetica.  

     Ultimato il restauro di San Damiano, Francesco si dedicò alla chiesa della Porziuncola, ormai circondato da un piccolo gruppo di seguaci e da un generale apprezzamento. Tuttavia la diffidenza non mancava, e spesso veniva proprio dal clero locale, che mal sopportava la sua predicazione. Questo fatto turbò Francesco, in quanto egli non voleva contrapporsi alla Chiesa: decise quindi di recarsi dal Papa per chiedere il permesso di predicare. Accompagnato da dodici frati, Francesco si recò al cospetto di Innocenzo III, al quale espose una breve e semplice Regola, basata sull'insegnamento evangelico. Nonostante le resistenze della Curia e le sue stesse perplessità, Innocenzo III approvò la Regola e incoraggiò Francesco a proseguire nella sua predicazione. Da quel momento la popolarità del poverello aumentò a dismisura, come pure si moltiplicarono i suoi seguaci, che egli chiamò "l'Ordine dei Minori", ovvero dei piccoli, degli umili. Si era nel 1210.

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NASCE IL PRESEPE

     L'espansione dell'Ordine Francescano fu frenetica, e non meno intensa fu la vita di Francesco, che si dedicò anche alla predicazione missionaria nel Vicino Oriente. In uno dei suoi viaggi trovò udienza e rispetto anche presso il Sultano al-Malik al-Kamil, ed è significativo come un mite uomo vestito di sacco abbia ottenuto più delle possenti armate dei Crociati: a Francesco fu infatti concesso di predicare nei territori del Sultano!  

     Questo peregrinare per il mondo, e il suo stesso stile di vita fatto di lavoro, rinunce e penitenze, non giovarono alla salute di Francesco, che trascorse gli ultimi anni della sua vita terrena nella sua Umbria, dedicandosi alla predicazione e a pratiche penitenziali e ascetiche, in un continuo crescendo di spiritualità. Nel 1223, mentre Papa Onorio III approvava definitivamente la Regola dell'Ordine dei Frati Minori, nella selva di Greccio fu rappresentata per la prima volta in forma plastica la Natività del Signore. La fede di Francesco fece così nascere una delle tradizioni popolari e religiose più sentite di tutti i tempi: il presepe.  

     L'anno successivo, durante un ritiro penitenziale sul monte della Verna, ebbe impresse le stimmate, quasi a suggello di una vita straordinaria, che si concluse serenamente il tre ottobre 1226 nella chiesetta della Porziuncola, circondato dai confratelli e da una grande folla commossa. La leggenda vuole che, al momento della morte di Francesco, sul tetto della piccola chiesa si sia posato un grande stormo di allodole, che proruppero in un alto canto. A riprova dell'enorme influenza sul suo tempo, la sua canonizzazione fu eseguita solo due anni dopo, nel 1228.  

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