PARTE SECONDA - LA CELEBRAZIONE DEL
MISTERO CRISTIANO
SEZIONE PRIMA - L'ECONOMIA SACRAMENTALE
CAPITOLO SECONDO - LA CELEBRAZIONE
SACRAMENTALE DEL MISTERO PASQUALE
1135
La catechesi della Liturgia implica prima di tutto la comprensione
dell'economia sacramentale (capitolo primo). A questa luce si rivela la novità
della sua celebrazione. In questo capitolo si tratterà dunque della
celebrazione dei sacramenti della Chiesa. Si esporrà ciò che, nella diversità
delle tradizioni liturgiche, è comune alla celebrazione dei sette sacramenti;
quanto invece è specifico di ciascuno di essi sarà presentato più avanti.
Questa catechesi fondamentale delle celebrazioni sacramentali risponderà alle
prime domande che i fedeli si pongono a proposito di questo argomento:
-
chi celebra?
-
come celebrare?
-
quando celebrare?
-
dove celebrare?
Articolo 1
CELEBRARE LA LITURGIA DELLA CHIESA
I.
Chi celebra?
1136
La Liturgia è "azione" di " Cristo tutto intero "
("Christus totus"). Coloro che qui la celebrano, al di là dei segni,
sono già nella Liturgia celeste, dove la celebrazione è totalmente comunione e
festa.
I
celebranti della Liturgia celeste
1137
L'Apocalisse di san Giovanni, letta nella Liturgia della Chiesa, ci rivela
prima di tutto "un trono nel cielo, e sul trono Uno. . . seduto" ( Ap
4,2 ): "il Signore" ( Is 6,1 ) [Cf Ez 1,26-28 ]. Poi l'Agnello,
"immolato e ritto" ( Ap 5,6 ): [Cf Gv 1,29 ] il Cristo crocifisso e
risorto, l'unico Sommo Sacerdote del vero santuario, [Cf Eb 4,14-15; Eb
10,19-21; ecc] lo stesso "che offre e che viene offerto, che dona ed è
donato" [Liturgia di San Giovanni Crisostomo, Anafora]. Infine, il
"fiume di acqua viva" che scaturisce " dal trono di Dio e
dell'Agnello " ( Ap 22,1 ), uno dei simboli più belli dello Spirito Santo
[Cf Gv 4,10-14; Ap 21,6 ].
1138
"Ricapitolati" in Cristo, partecipano al servizio della lode di Dio e
al compimento del suo disegno: le Potenze celesti, [Cf Ap 4-5; Is 6,2-3 ] tutta
la creazione (i quattro esseri Viventi), i servitori dell'Antica e della Nuova
Alleanza (i ventiquattro Vegliardi), il nuovo Popolo di Dio (i
centoquarantaquattromila), [Cf Ap 7,1-8; Ap 14,1 ] in particolare i martiri
"immolati a causa della Parola di Dio" ( Ap 6,9-11 ), e la santissima
Madre di Dio, [La Donna: cf Ap 12; la Sposa dell'Agnello: cf Ap 21,9 ] infine
"una moltitudine immensa, che nessuno" può contare, "di ogni
nazione, razza, popolo e lingua" ( Ap 7,9 ).
1139
E' a questa Liturgia eterna che lo Spirito e la Chiesa ci fanno partecipare
quando celebriamo, nei sacramenti, il Mistero della salvezza.
I celebranti
della Liturgia sacramentale
1140
E' tutta la Comunità, il Corpo di Cristo unito al suo Capo, che celebra.
"Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della
Chiesa, che è "sacramento di unità", cioè popolo santo radunato e
ordinato sotto la guida dei vescovi. Perciò [tali azioni] appartengono
all'intero Corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; i singoli membri
poi vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli stati,
degli uffici e dell'attuale partecipazione" [Conc. Ecum. Vat. II,
Sacrosanctum concilium, 26]. Per questo "ogni volta che i riti comportano,
secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria con la
presenza e la partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa è da
preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e quasi
privata degli stessi" [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 26].
1141
L'assemblea che celebra è la comunità dei battezzati i quali, "per la
rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo, vengono consacrati a formare una
dimora spirituale e un sacerdozio santo, e poter così offrire in un sacrificio
spirituale tutte le attività umane del cristiano" [Conc. Ecum. Vat. II,
Lumen gentium, 10]. Questo "sacerdozio comune" è quello di Cristo,
unico Sacerdote, partecipato da tutte le sue membra: [Cf ibid., 10; 34; Id. ,
Presbyterorum ordinis, 2]
La
Madre Chiesa desidera ardentemente che tutti i fedeli vengano guidati a quella
piena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche, che è
richiesta dalla natura stessa della Liturgia e alla quale il popolo cristiano,
"stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acqui
sto" ( 1Pt 2,9 ) [Cf 1Pt 2,4-5 ] ha diritto e dovere in forza del
Battesimo [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 14].
1142
Ma "le membra non hanno tutte la stessa funzione"( Rm 12,4 ). Alcuni
sono chiamati da Dio, nella Chiesa e dalla Chiesa, ad un servizio speciale
della comunità. Questi servitori sono scelti e consacrati mediante il
sacramento dell'Ordine, con il quale lo Spirito Santo li rende idonei ad
operare nella persona di Cristo-Capo per il servizio di tutte le membra della
Chiesa [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Presbyterorum ordinis, 2 e 15]. Il ministro
ordinato è come "l'icona" di Cristo Sacerdote. Poiché il sacramento
della Chiesa si manifesta pienamente nell'Eucaristia, è soprattutto nel
presiedere l'Eucaristia che si manifesta il ministero del vescovo e, in
comunione con lui, quello dei presbiteri e dei diaconi.
1143
Al fine di servire le funzioni del sacerdozio comune dei fedeli, vi sono
inoltre altri ministeri particolari, non consacrati dal sacramento dell'Ordine,
la cui funzione è determinata dai vescovi secondo le tradizioni liturgiche e le
necessità pastorali. "Anche i ministranti, i lettori, i commentatori, e
tutti i membri del coro svolgono un vero ministero liturgico" [Conc. Ecum.
Vat. II, Sacrosanctum concilium, 29].
1144
In questo modo, nella celebrazione dei sacramenti, tutta l'assemblea è
"liturga", ciascuno secondo la propria funzione, ma nell'"unità
dello Spirito" che agisce in tutti. "Nelle celebrazioni liturgiche
ciascuno, ministro o fedele, svolgendo il proprio ufficio, compia solo e tutto
ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza"
[Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 29].
II.
Come celebrare?
Segni
e simboli
1145
Una celebrazione sacramentale è intessuta di segni e di simboli. Secondo la
pedagogia divina della salvezza, il loro significato si radica nell'opera della
creazione e nella cultura umana, si precisa negli eventi materiali dell'Antica
Alleanza e si rivela pienamente nella persona e nell'opera di Cristo.
1146
Segni del mondo degli uomini. Nella vita umana segni e simboli occupano un
posto importante. In quanto essere corporale e spirituale insieme, l'uomo
esprime e percepisce le realtà spirituali attraverso segni e simboli materiali.
In quanto essere sociale, l'uomo ha bisogno di segni e di simboli per
comunicare con gli altri per mezzo del linguaggio, dei gesti, di azioni. La
stessa cosa avviene nella sua relazione con Dio.
1147
Dio parla all'uomo attraverso la creazione visibile. L'universo materiale si
presenta all'intelligenza dell'uomo perchè vi legga le tracce del suo Creatore
[Cf Sap 13,1; Rm 1,19-20; At 14,17 ]. La luce e la notte, il vento e il fuoco,
l'acqua e la terra,l'albero e i frutti parlano di Dio, simboleggiano ad un
tempo la sua grandezza e la sua vicinanza.
1148
In quanto creature, queste realtà sensibili possono diventare il luogo in cui
si manifesta l'azione di Dio che santifica gli uomini, e l'azione degli uomini
che rendono a Dio il loro culto. Ugualmente avviene per i segni e i simboli
della vita sociale degli uomini: lavare e ungere, spezzare il pane e
condividere il calice possono esprimere la presenza santificante di Dio e la
gratitudine dell'uomo verso il suo Creatore.
1149
Le grandi religioni dell'umanità testimoniano, spesso in modo impressionante,
tale senso cosmico e simbolico dei riti religiosi. La Liturgia della Chiesa
presuppone, integra e satifica elementi della creazione e della cultura umana
conferendo loro la dignità di segni della grazia, della nuova creazione in Gesù
Cristo.
1150
Segni dell'Alleanza. Il popolo eletto riceve da Dio segni e simboli distintivi
che caratterizzano la sua vita liturgica: non sono più soltanto celebrazioni di
cicli cosmici e di gesti sociali, ma segni dell'Alleanza, simboli delle grandi
opere compiute da Dio per il suo popolo. Tra questi segni liturgici dell'Antica
Alleanza si possono menzionare la circoncisione, l'unzione e la consacrazione
dei re e dei sacerdoti, l'imposizione delle mani, i sacrifici, e soprattutto la
Pasqua. In questi segni la Chiesa riconosce una prefigurazione dei sacramenti
della Nuova Alleanza.
1151
Segni assunti da Cristo. Nella sua predicazione il Signore Gesù si serve spesso
dei segni della creazione per far conoscere i misteri del Regno di Dio [Cf Lc
8,10 ]. Compie le guarigioni o dà rilievo alla sua predicazione con segni o
gesti simbolici[Cf Gv 9,6; 1151 Mc 7,33-35; Mc 8,22-25 ]. Conferisce un nuovo
significato ai fatti e ai segni dell'Antica Alleanza, specialmente all'Esodo e
alla Pasqua, [Cf Lc 9,31; 1151 Lc 22,7-20 ] poiché egli stesso è il significato
di tutti questi segni.
1152
Segni sacramentali. Dopo la Pentecoste, è mediante i segni sacramentali della
sua Chiesa che lo Spirito Santo opera la santificazione. I sacramenti della
Chiesa non aboliscono, ma purificano e integrano tutta la ricchezza dei segni e
dei simboli del cosmo e della vita sociale. Inoltre essi danno compimento ai
tipi e alle figure dell'Antica Alleanza, significano e attuano la salvezza
operata da Cristo, prefigurano e anticipano la gloria del cielo.
Parole
e azioni
1153
Ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre,
in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo,
attraverso azioni e parole. Anche se le azioni simboliche già per se stesse
sono un linguaggio, è tuttavia necessario che la Parola di Dio e la risposta
della fede accompagnino e vivifichino queste azioni, perché il seme del Regno
porti il suo frutto nella terra buona. Le azioni liturgiche significano ciò che
la Parola di Dio esprime: l'iniziativa gratuita di Dio e, nello stesso tempo,
la risposta di fede del suo popolo.
1154
La Liturgia della Parola è parte integrante delle celebrazioni sacramentali.
Per nutrire la fede dei credenti, devono essere valorizzati i segni della
Parola di Dio: il libro della Parola (lezionario o evangeliario), la
venerazione di cui è fatta oggetto (processione, incenso, candele), il luogo da
cui viene annunziata (ambone), la sua proclamazione udibile e comprensibile,
l'omelia del ministro che ne prolunga la proclamazione, le risposte
dell'assemblea (acclamazioni, salmi di meditazione, litanie, confessione di
fede. . ).
1155
Inseparabili in quanto segni e insegnamento, la parola e l'azione liturgiche lo
sono anche in quanto realizzano ciò che significano. Lo Spirito Santo non si
limita a dare l'intelligenza della Parola di Dio suscitando la fede; attraverso
i sacramenti egli realizza anche le "meraviglie" di Dio annunziate
dalla Parola; rende presente e comunica l'opera del Padre compiuta dal Figlio
diletto.
Canto
e musica
1156
"La tradizione musicale di tutta la Chiesa costituisce un tesoro di inestimabile
valore, che eccelle tra le altre espressioni dell'arte, specialmente per il
fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrale
della Liturgia solenne" [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium,
112]. La composizione e il canto dei Salmi ispirati, frequentemente
accompagnati da strumenti musicali, sono già strettamente legati alle
celebrazioni liturgiche dell'Antica Alleanza. La Chiesa continua e sviluppa
questa tradizione: Intrattenetevi "a vicenda con salmi, inni, cantici
spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore" (
Ef 5,19 ) [Cf Col 3,16-17 ]. "Chi canta prega due volte" [Cf
Sant'Agostino, Enarratio in Psalmos, 72, 1].
1157
Il canto e la musica svolgono la loro funzione di segni in una maniera tanto
più significativa quanto più sono strettamente uniti all'azione liturgica, [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 112] secondo tre criteri
principali: la bellezza espressiva della preghiera, l'unanime partecipazione
dell'assemblea nei momenti previsti e il carattere solenne della celebrazione.
In questo modo essi partecipano alla finalità delle parole e delle azioni
liturgiche: la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli: [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Sacrosanctum concilium, 112]
Quante
lacrime versate ascoltando gli accenti dei tuoi inni e cantici, che risuonavano
dolcemente nella tua Chiesa! Una commozione violenta: quegli accenti fluivano
nelle mie orecchie e distillavano nel mio cuore la verità, eccitandovi un caldo
sentimento di pietà. Le lacrime che scorrevano mi facevano bene [Sant'Agostino,
Confessiones, 9, 6, 14].
1158
L'armonia dei segni (canto, musica, parole e azioni) è qui tanto più
significativa e feconda quanto più si esprime nella ricchezza culturale propria
del Popolo di Dio che celebra [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium,
119]. Per questo "si promuova con impegno il canto popolare religioso, in
modo che nei pii e sacri esercizi, e nelle stesse azioni liturgiche",
secondo le norme della Chiesa, "possano risuonare le voci dei fedeli"
[Cf Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 119]. Tuttavia, "i testi
destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano
presi di preferenza dalla Sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche" [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 119].
Le
sacre immagini
1159
La sacra immagine, l'Icona liturgica, rappresenta soprattutto Cristo. Essa non
può rappresentare il Dio invisibile e incomprensibile; è stata l'Incarnazione
del Figlio di Dio ad inaugurare una nuova "economia" delle immagini:
Un
tempo Dio, non avendo né corpo, né figura, non poteva in alcun modo essere
rappresentato da una immagine. Ma ora che si è fatto vedere nella carne e che
ha vissuto con gli uomini, posso fare una immagine di ciò che ho visto di Dio.
. . A viso scoperto, noi contempliamo la gloria del Signore [San Giovanni
Damasceno, De sacris imaginibus orationes, 1, 16: PG 96, 1245A].
1160
L'iconografia cristiana trascrive attraverso l'immagine il messaggio evangelico
che la Sacra Scrittura trasmette attraverso la Parola. Immagine e Parola si
illuminano a vicenda:
In
poche parole, noi intendiamo custodire gelosamente intatte tutte le tradizioni
della Chiesa, sia scritte che orali. Una di queste riguarda la raffigurazione
del modello mediante una immagine, in quanto si accordi con la lettera del
messaggio evangelico, in quanto serva a confermare la vera e non fantomatica
Incarnazione del Verbo di Dio e procuri a noi analogo vantaggio, perché le cose
rinviano l'una all'altra in ciò che raffigurano come in ciò che senza ambiguità
esse significano [Concilio di Nicea II: Conciliorum oecumenicorum decreta,
111].
1161
Tutti i segni della celebrazione liturgica sono riferiti a Cristo: lo sono
anche le sacre immagini della Santa Madre di Dio e dei Santi, poiché
significano Cristo che in loro è glorificato. Esse manifestano "il nugolo
di testimoni" ( Eb 12,1 ) che continuano a partecipare alla salvezza del
mondo e ai quali noi siamo uniti, soprattutto nella celebrazione sacramentale.
Attraverso le loro icone, si rivela alla nostra fede l'uomo creato "a
immagine di Dio", e trasfigurato "a sua somiglianza", [Cf Rm
8,29; 1161 1Gv 3,2 ] come pure gli angeli, anch'essi ricapitolati in Cristo:
Procedendo
sulla via regia, seguendo la dottrina divinamente ispirata dei nostri santi
padri e la tradizione della Chiesa cattolica - riconosciamo, infatti, che lo
Spirito Santo abita in essa - noi definiamo con ogni rigore e cura che, a
somiglianza della raffigurazione della croce preziosa e vivificante, così le
venerande e sante immagini, sia dipinte che in mosaico o in quasiasi altro
materiale adatto, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, sulle sacre
suppellettili, sui sacri paramenti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e
nelle vie; siano esse l'immagine del signore Dio e salvatore nostro Gesù
Cristo, o quella dell'immacolata signora nostra, la santa Madre di Dio, dei
santi angeli, di tutti i santi e giusti [Concilio di Nicea II: Denz. -Schönm.,
600].
1162
"La bellezza e il colore delle immagini sono uno stimolo per la mia
preghiera. E' una festa per i miei occhi, così come lo spettacolo della
campagna sprona il mio cuore a rendere gloria a Dio" [San Giovanni
Damasceno, De sacris imaginibus orationes, 1, 27: PG 94, 1268B]. La
contemplazione delle sante icone, unita alla meditazione della Parola di Dio e
al canto degli inni liturgici, entra nell'armonia dei segni della celebrazione
in modo che il mistero celebrato si imprima nella memoria del cuore e si
esprima poi nella novità di vita dei fedeli.
III.
Quando celebrare?
Il
tempo liturgico
1163
"La santa Madre Chiesa considera suo dovere celebrare con sacra memoria in
determinati giorni nel corso dell'anno, l'opera salvifica del suo Sposo divino.
Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di "domenica", fa la
memoria della Risurrezione del Signore, che una volta all'anno, unitamente alla
sua beata Passione, celebra a Pasqua, la più grande delle solennità. Nel ciclo
annuale poi presenta tutto il mistero di Cristo. . . Ricordando in tal modo i
misteri della Redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni
salvifiche e dei meriti del suo Signore, così che siano resi in qualche modo
presenti in ogni tempo, perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere
ripieni della grazia della salvezza" [ Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum
concilium, 102].
1164
Fin dalla legge mosaica il Popolo di Dio ha conosciuto feste in data fissa, a
partire dalla Pasqua, per commemorare le stupende azioni del Dio Salvatore,
rendergliene grazie, perpetuarne il ricordo e insegnare alle nuove generazioni
a conformare ad esse la loro condotta di vita. Nel tempo della Chiesa, posto
tra la Pasqua di Cristo, già compiuta una volta per tutte, e la sua
consumazione nel Regno di Dio, la Liturgia celebrata in giorni fissi è totalmente
impregnata della novità del Mistero di Cristo.
1165
Quando la Chiesa celebra il Mistero di Cristo, una parola scandisce la sua
preghiera: Oggi!, come eco della preghiera che le ha insegnato il suo Signore
[Cf Mt 6,11 ] e dell'invito dello Spirito Santo [ Cf Eb 3,7-4,11; Sal 95,7 ].
Questo "oggi" del Dio vivente in cui l'uomo è chiamato ad entrare è
l'"Ora" della Pasqua di Gesù, che attraversa tutta la storia e ne è
il cardine:
La
vita si è posata su tutti gli esseri e tutti sono investiti da una grande luce;
l'Oriente degli orienti ha invaso l'universo, e Colui che era "prima della
stella del mattino" e prima degli astri, immortale e immenso, il grande
Cristo, brilla su tutti gli esseri più del sole. Perciò, per noi che crediamo
in lui, sorge un giorno di luce, lungo, eterno, che non si spegne più: la
Pasqua mistica [Sant'Ippolito di Roma, De paschate, 1-2].
Il
Giorno del Signore
1166
"Secondo la tradizione apostolica, che trae origine dal giorno stesso
della Risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il Mistero pasquale ogni otto
giorni, in quello che si chiama giustamente Giorno del Signore o domenica"
[Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 106]. Il giorno della
Risurrezione di Cristo è ad un tempo il "primo giorno della settimana",
memoriale del primo giorno della creazione, e l'"ottavo giorno" in
cui Cristo, dopo il suo "riposo" del grande Sabato, inaugura il
Giorno "che il Signore ha fatto", il "giorno che non conosce
tramonto" [Liturgia bizantina]. La "cena del Signore" ne
costituisce il centro, poiché in essa l'intera comunità dei fedeli incontra il
Signore risorto che la invita al suo banchetto: [Cf Gv 21,12; 1166 Lc 24,30 ]
Il giorno del Signore, il giorno della Risurrezione, il giorno dei cristiani, è
il nostro giorno. E' chiamato giorno del Signore proprio per questo: perché in
esso il Signore è salito vittorioso presso il Padre. I pagani lo chiamano
giorno del sole: ebbene, anche noi lo chiamiamo volentieri in questo modo: oggi
infatti è sorta la luce del mondo, oggi è apparso il sole di giustizia i cui
raggi ci portano la salvezza [San Girolamo, In die dominica Paschae homilia:
CCL 78, 550, 52].
1167
La domenica è per eccellenza il giorno dell'Assemblea liturgica, giorno in cui
i fedeli si riuniscono "perché, ascoltando la Parola di Dio e partecipando
all'Eucaristia, facciano memoria della Passione, della Risurrezione e della
gloria del Signore Gesù, e rendano grazie a Dio che li ha "rigenerati per
una speranza viva per mezzo della Risurrezione di Gesù Cristo dai morti"":
[Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 106]
O
Cristo, quando contempliamo le meraviglie compiute in questo giorno della
domenica della tua santa Risurrezione, noi diciamo: Benedetto il giorno di
domenica, perché in esso ha avuto inizio la creazione. . . la salvezza del
mondo. . . il rinnovamento del genere umano. . . In esso il cielo e la terra si
sono rallegrati e l'universo intero si è riempito di luce. Benedetto il giorno
di domenica, perché in esso furono aperte le porte del paradiso in modo che
Adamo e tutti coloro che ne furono allontanati vi possano entrare senza timore
[Fanqith, Ufficio siro-antiocheno, vol. 6, prima parte dell'estate, p. 193 b].
L'anno
liturgico
1168
A partire dal Triduo Pasquale, come dalla sua fonte di luce, il tempo nuovo
della Risurrezione permea tutto l'anno liturgico del suo splendore.
Progressivamente, da un versante e dall'altro di questa fonte, l'anno è
trasfigurato dalla Liturgia. Essa costituisce realmente l'"anno di grazia
del Signore" ( Lc 4,19 ). L'Economia della salvezza è all'opera nello
svolgersi del tempo, ma dopo il suo compimento nella Pasqua di Gesù e
nell'effusione dello Spirito Santo, la conclusione della storia è anticipata,
"pregustata", e il Regno di Dio entra nel nostro tempo.
1169
Per questo la Pasqua non è semplicemente una festa tra le altre: è la
"Festa delle feste", la "Solennità delle solennità", come
l'Eucaristia è il Sacramento dei sacramenti (il Grande sacramento).
Sant'Atanasio la chiama "la Grande domenica", [Sant'Atanasio di
Alessandria, Epistula festivalis, 329: PG 26, 1366A] come la Settimana santa in
Oriente è chiamata "la Grande Settimana". Il Mistero della
Risurrezione, nel quale Cristo ha annientato la morte, permea della sua potente
energia il nostro vecchio tempo, fino a quando tutto gli sia sottomesso.
1170
Nel Concilio di Nicea (anno 325) tutte le Chiese si sono accordate perché la
Pasqua cristiana sia celebrata la domenica che segue il plenilunio (14 Nisan)
dopo l'equinozio di primavera. A causa dei diversi metodi utilizzati per calcolare
il giorno 14 del mese di Nisan, il giorno di pasqua non sempre ricorre
contemporaneamente nelle Chiesa Occidentali e Orientali. Perchè esse cercano
oggi un accordo per ritornare a celebrare alla stessa data il giorno della
Risurrezione del Signore.
1171
L'anno liturgico è il dispiegarsi dei diversi aspetti dell'unico Mistero
pasquale. Questo è vero soprattutto per il ciclo delle feste relative al
Mistero dell'Incarnazione (Annunciazione, Natale, Epifania) le quali fanno
memoria degli inizi della nostra salvezza e ci comunicano le primizie del
Mistero di Pasqua.
Il
Santorale nell'anno liturgico
1172
"Nella celebrazione di questo ciclo annuale dei misteri di Cristo, la
santa Chiesa venera con speciale amore la beata Maria Madre di Dio, congiunta
indissolubilmente con l'opera salvifica del Figlio suo; in Maria ammira ed
esalta il frutto più eccelso della Redenzione, e contempla con gioia, come in
una immagine purissima, ciò che essa tutta desidera e spera di essere"
[Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 103].
1173
Quando, nel ciclo annuale, la Chiesa fa memoria dei martiri e degli altri
santi, essa "proclama il Mistero pasquale" in coloro "che hanno
sofferto con Cristo e con lui sono glorificati; propone ai fedeli i loro
esempi, che attraggono tutti al Padre per mezzo di Cristo, e implora per i loro
meriti i benefici di Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium,
104; cf ibid., 108 e 111].
La
Liturgia delle Ore
1174
Il Mistero di Cristo, la sua Incarnazione e la sua Pasqua, che celebriamo
nell'Eucaristia, soprattutto nell'Assemblea domenicale, penetra e trasfigura il
tempo di ogni giorno attraverso la celebrazione della Liturgia delle Ore,
"l'Ufficio divino" [Cf ibid., 83-101]. Nella fedeltà alle esortazioni
apostoliche di "pregare incessantemente", [Cf 1Ts 5,17; Ef 6,18 ]
questa celebrazione "è costituita in modo da santificare tutto il corso
del giorno e della notte per mezzo della lode di Dio" [Conc. Ecum. Vat.
II, Sacrosanctum concilium, 84]. Essa costituisce la "preghiera pubblica
della Chiesa" [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 84] nella
quale i fedeli (chierici, religiosi e laici) esercitano il sacerdozio regale
dei battezzati. Celebrata "nella forma approvata" dalla Chiesa, la
Liturgia delle Ore "è veramente la voce della Sposa stessa che parla allo
Sposo, anzi è la preghiera di Cristo, con il suo Corpo, al Padre" [Conc.
Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 84].
1175
La Liturgia delle Ore è destinata a diventare la preghiera di tutto il Popolo
di Dio. In essa Cristo stesso "continua" ad esercitare il suo
"ufficio sacerdotale per mezzo della sua stessa Chiesa"; [Conc. Ecum.
Vat. II, Sacrosanctum concilium, 84] ciascuno vi prende parte secondo il ruolo
che riveste nella Chiesa e le circostanze della propria vita: i sacerdoti in
quanto "impegnati nel sacro ministero pastorale", poiché sono
chiamati a rimanere "assidui alla preghiera e al ministero della
Parola"; [Cf ibid., 86; 96; Id., Presbyterorum ordinis, 5] i religiosi e
le religiose in forza del carisma della loro vita di consacrazione; [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 98] tutti i fedeli secondo le loro
possibilità. "I pastori d'anime procurino che le Ore principali,
specialmente i Vespri, siano celebrate in chiesa con partecipazione comune, nelle
domeniche e feste più solenni. Si raccomanda che pure i laici recitino
l'Ufficio divino o con i sacerdoti, o riuniti tra loro, o anche da soli"
[Cf Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 98].
1176
Celebrare la Liturgia delle Ore richiede non soltanto di far concordare la voce
con il cuore che prega, ma anche di procurarsi "una più ricca istruzione
liturgica e biblica, specialmente riguardo ai Salmi" [Cf Conc. Ecum. Vat.
II, Sacrosanctum concilium, 98].
1177
Gli inni e le preghiere litaniche della Liturgia delle Ore inseriscono la
preghiera dei Salmi nel tempo della Chiesa, dando espressione al simbolismo
dell'ora della giornata, del tempo liturgico o della festa celebrata. Inoltre
la lettura della Parola di Dio ad ogni Ora (con i responsori o i tropari che
seguono ad essa), e, in certe Ore, le letture dei Padri e dei maestri
spirituali, rivelano in modo più profondo il senso del mistero celebrato, sono
di aiuto alla comprensione dei Salmi e preparano alla preghiera silenziosa. La
lectio divina, nella quale la Parola di Dio è letta e meditata per trasformarsi
in preghiera, è così radicata nella celebrazione liturgica.
1178
La Liturgia delle Ore, che costituisce quasi un prolungamento della
celebrazione eucaristica, non esclude ma richiede come complementari le varie
devozioni del Popolo di Dio, in modo particolare l'adorazione e il culto del
Santissimo Sacramento.
IV.
Dove celebrare?
1179
Il culto "in spirito e verità" ( Gv 4,24 ) della Nuova Alleanza non è
legato ad un luogo esclusivo. Tutta la terra è santa e affidata ai figli degli
uomini. Quando i fedeli si riuniscono in uno stesso luogo, la realtà più
importante è costituita dalle "pietre vive", messe insieme "per
la costruzione di un edificio spirituale" ( 1Pt 2,4-5 ). Il Corpo di
Cristo risorto è il tempio spirituale da cui sgorga la sorgente d'acqua viva.
Incorporati a Cristo dallo Spirito Santo, "noi siamo il tempio del Dio
vivente" ( 2Cor 6,16 ).
1180
Quando non viene ostacolato l'esercizio della libertà religiosa, [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 4] i cristiani costruiscono edifici
destinati al culto divino. Tali chiese visibili non sono semplici luoghi di
riunione, ma significano e manifestano la Chiesa che vive in quel luogo, dimora
di Dio con gli uomini riconciliati e uniti in Cristo.
1181
"La casa di preghiera - in cui l'Eucaristia è celebrata e conservata; in
cui i fedeli si riuniscono; in cui la presenza del Figlio di Dio nostro
Salvatore, che si è offerto per noi sull'altare del sacrificio, viene venerata
a sostegno e consolazione dei fedeli - dev'essere nitida e adatta alla
preghiera e alle sacre funzioni" [Conc. Ecum. Vat. II, Presbyterorum
ordinis, 5; cf Id. , Sacrosanctum concilium, 122-127]. In questa "casa di
Dio", la verità e l'armonia dei segni che la costituiscono devono
manifestare Cristo che in quel luogo è presente e agisce [Cf Conc. Ecum. Vat.
II, Sacrosanctum concilium, 7].
1182
L' altare della Nuova Alleanza è la croce del Signore [Cf Eb 13,10 ] dalla
quale scaturiscono i sacramenti del Mistero pasquale. Sull'altare, che è il
centro della chiesa, viene reso presente il sacrificio della croce sotto i
segni sacramentali. Esso è anche la Mensa del Signore, alla quale è invitato il
Popolo di Dio [Cf Principi e norme per l'uso del Messale Romano, 259]. In
alcune liturgie orientali, l'altare è anche il simbolo della Tomba (Cristo è
veramente morto e veramente risorto).
1183
Il tabernacolo, nelle chiese, deve essere situato "in luogo distintissimo,
col massimo onore" [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei]. "La
nobiltà, la disposizione e la sicurezza del tabernacolo eucaristico"
[Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 128] devono favorire l'adorazione
del Signore realmente presente nel santissimo Sacramento dell'altare.
Il
sacro Crisma (Myron), la cui unzione è il segno sacramentale del sigillo del
dono dello Spirito Santo, è tradizionalmente conservato e venerato in un luogo
sicuro della chiesa. Vi si può collocare anche l'olio dei catecumeni e quello
degli infermi.
1184
La sede del Vescovo (cattedra) o del presbitero "deve mostrare il compito
che egli ha di presiedere l'assemblea e di guidare la preghiera" [Principi
e norme per l'uso del Messale Romano, 271].
L'
ambone: "L'importanza della Parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un
luogo adatto dal quale essa venga annunciata e verso il quale, durante la
Liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l'attenzione dei fedeli"
[Principi e norme per l'uso del Messale Romano, 271].
1185
Il raduno del Popolo di Dio ha inizio con il Battesimo; la chiesa deve quindi
avere un luogo per la celebrazione del Battesimo (battistero) e favorire il
ricordo delle promesse battesimali (acqua benedetta).
Il
rinnovamento della vita battesimale esige la penitenza. La chiesa deve perciò
prestarsi all'espressione del pentimento e all'accoglienza del perdono, e
questo comporta un luogo adatto per accogliere i penitenti.
La
chiesa deve anche essere uno spazio che invita al raccoglimento e alla
preghiera silenziosa, la quale prolunga e interiorizza la grande preghiera
dell'Eucaristia.
1186
Infine, la chiesa ha un significato escatologico. Per entrare nella casa di Dio
bisogna varcare una soglia, simbolo del passaggio dal mondo ferito dal peccato
al mondo della vita nuova al quale tutti gli uomini sono chiamati. La chiesa
visibile è simbolo della casa paterna verso la quale il Popolo di Dio è in
cammino e dove il Padre "tergerà ogni lacrima dai loro occhi" ( Ap
21,4 ). Per questo la chiesa è anche la casa di tutti i figli di Dio, aperta e
pronta ad accogliere.
In
sintesi
1187
La Liturgia è l'opera del Cristo totale, Capo e Corpo. Il nostro Sommo
Sacerdote la celebra ininterrottamente nella Liturgia celeste, con la santa
Madre di Dio, gli Apostoli, tutti i santi e la moltitudine degli uomini già
entrati nel Regno.
1188
Nella celebrazione liturgica tutta l'assemblea è "liturga", ciascuno
secondo la propria funzione. Il sacerdozio battesimale è quello di tutto il
Corpo di Cristo. Tuttavia alcuni fedeli sono ordinati mediante il sacramento
dell'Ordine per rappresentare Cristo come Capo del Corpo.
1189
La celebrazione liturgica comporta segni e simboli relativi alla creazione
(luce, acqua, fuoco), alla vita umana (lavare, ungere, spezzare il pane) e alla
storia della salvezza (i riti della Pasqua). Inseriti nel mondo della fede e
assunti dalla forza dello Spirito Santo, questi elementi cosmici, questi riti
umani, queste gesta memoriali di Dio diventano portatori dell'azione di
salvezza e di santificazione compiuta da Cristo.
1190
La Liturgia della Parola è parte integrante della celebrazione. Il significato
della celebrazione viene espresso dalla Parola di Dio che è annunziata e
dall'impegno della fede che ad essa risponde.
1191
Il canto e la musica sono strettamente connessi con l'azione liturgica. I
criteri della loro valida utilizzazione sono: la bellezza espressiva della
preghiera, la partecipazione unanime dell'assemblea e il carattere sacro della
celebrazione.
1192
Le sacre immagini, presenti nelle nostre chiese e nelle nostre case, hanno la
funzione di risvegliare e nutrire la nostra fede nel Mistero di Cristo.
Attraverso l'icona di Cristo e delle sue opere di salvezza, è lui che noi
adoriamo. Attraverso le sacre immagini della santa Madre di Dio, degli angeli e
dei santi, veneriamo le persone che in esse sono rappresentate.
1193
La domenica, "Giorno del Signore", è il giorno principale della
celebrazione dell'Eucaristia, poiché è il giorno della Risurrezione. E' il
giorno per eccellenza dell'assemblea liturgica, il giorno della famiglia
cristiana, il giorno della gioia e del riposo dal lavoro. E' "il
fondamento e il nucleo di tutto l'anno liturgico" [Conc. Ecum. Vat. II,
Sacrosanctum concilium, 106].
1194
La Chiesa "nel ciclo annuale presenta tutto il Mistero di Cristo,
dall'Incarnazione e Natività fino all'Ascensione, al giorno di Pentecoste e
all'attesa della beata speranza e del ritorno del Signore" [Conc. Ecum.
Vat. II, Sacrosanctum concilium, 102].
1195
Facendo memoria dei santi, in primo luogo della santa Madre di Dio, poi degli
apostoli, dei martiri e degli altri santi, in giorni fissi dell'anno liturgico,
la Chiesa sulla terra manifesta di essere unita alla Liturgia celeste; rende
gloria a Cristo perché ha compiuto la salvezza nei suoi membri glorificati; il
loro esempio le è di stimolo nel cammino verso il Padre.
1196
I fedeli che celebrano la Liturgia delle Ore si uniscono a Cristo, nostro Sommo
Sacerdote, mediante la preghiera dei Salmi, la meditazione della Parola di Dio,
la preghiera dei cantici e delle benedizioni, per essere associati alla sua
preghiera incessante e universale che glorifica il Padre e implora il dono
dello Spirito Santo sul mondo intero.
1197
Cristo è il vero Tempio di Dio, "il luogo in cui abita la sua
gloria"; per mezzo della grazia di Dio anche i cristiani diventano templi
dello Spirito Santo, le pietre vive con le quali viene edificata la Chiesa.
1198
Nella sua condizione terrena, la Chiesa ha bisogno di luoghi in cui la comunità
possa radunarsi: le nostre chiese visibili, luoghi santi, immagini della Città
santa, la celeste Gerusalemme verso la quale siamo in cammino come pellegrini.
1199
In queste chiese la Chiesa celebra il culto pubblico a gloria della Santissima
Trinità, ascolta la Parola di Dio e canta le sue lodi, eleva la sua preghiera,
offre il Sacrificio di Cristo, sacramentalmente presente in mezzo all'assemblea.
Queste chiese sono inoltre luoghi di raccoglimento e di preghiera personale.