PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE SECONDA - LA PROFESSIONE DELLA
FEDE CRISTIANA
CAPITOLO TERZO - CREDO NELLO SPIRITO
SANTO
Articolo 12
"CREDO LA VITA ETERNA"
1020
Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come
un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna. Quando la Chiesa ha
pronunciato, per l'ultima volta, le parole di perdono dell'assoluzione di
Cristo sul cristiano morente, l'ha segnato, per l'ultima volta, con una unzione
fortificante e gli ha dato Cristo nel viatico come nutrimento per il viaggio, a
lui si rivolge con queste dolci e rassicuranti parole:
Parti,
anima cristiana, da questo mondo, nel nome di Dio Padre onnipotente che ti ha
creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che è morto per te sulla
croce, nel nome dello Spirito Santo, che ti è stato dato in dono; la tua dimora
sia oggi nella pace della santa Gerusalemme, con la Vergine Maria, Madre di
Dio, con san Giuseppe, con tutti gli angeli e i santi. . . Tu possa tornare al tuo
Creatore, che ti ha formato dalla polvere della terra. Quando lascerai questa
vita, ti venga incontro la Vergine Maria con gli angeli e i santi. . . Mite e
festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli
in eterno [Rituale romano, Rito delle esequie, Raccomandazione dell'anima].
I.
Il giudizio particolare
1021
La morte pone fine alla vita dell'uomo come tempo aperto all'accoglienza o al
rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo [Cf 2Tm 1,9-10 ]. Il Nuovo
Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell'incontro
finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese,
l'immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto
alle sue opere e alla sua fede. La parabola del povero Lazzaro [Cf Lc 16,22 ] e
la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone [Cf Lc 23,43 ] così come
altri testi del Nuovo Testamento [Cf 2Cor 5,8; Fil 1,23; Eb 9,27; Eb 12,23 ]
parlano di una sorte ultima dell'anima [Cf Mt 16,26 ] che può essere diversa
per le une e per le altre.
1022
Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la
retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in
rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, [Cf Concilio
di Lione II: Denz.-Schönm., 857-858; Concilio di Firenze II: ibid., 1304-1306;
Concilio di Trento: ibid., 1820] o entrerà immediatamente nella beatitudine del
cielo, [Cf Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz.-Schönm., 1000-1001;
Giovanni XXII, Bolla Ne super his: ibid., 990] oppure si dannerà immediatamente
per sempre [Cf Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz.-Schönm., 1002].
Alla
sera della vita, saremo giudicati sull'amore [Cf San Giovanni della Croce,
Parole di luce e di amore, 1, 57].
II.
Il Cielo
1023
Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio e che sono perfettamente
purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché
lo vedono "così come egli è" ( 1Gv 3,2 ), faccia a faccia: [Cf 1Cor
13,12; Ap 22,4 ]
Con
la nostra apostolica autorità definiamo che, per disposizione generale di Dio,
le anime di tutti i santi morti prima della passione di Cristo. . . e quelle di
tutti i fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nelle
quali al momento della morte non c'era o non ci sarà nulla da purificare,
oppure, se in esse ci sarà stato o ci sarà qualcosa da purificare, quando, dopo
la morte, si saranno purificate. . ., anche prima della risurrezione dei loro
corpi e del giudizio universale - e questo dopo l'Ascensione del Signore e
Salvatore Gesù Cristo al cielo - sono state, sono e saranno in cielo, associate
al Regno dei cieli e al Paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi
angeli. E dopo la passione e la morte del nostro Signore Gesù Cristo, esse
hanno visto e vedono l'essenza divina in una visione intuitiva e anche a faccia
a faccia, senza la mediazione di alcuna creatura [ Benedetto XII, Cost.
Benedictus Deus: Denz. -Schönm., 1000; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium,
49].
1024
Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima
Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata "il
cielo". Il cielo è il fine ultimo dell'uomo e la realizzazione delle sue
aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva.
1025
Vivere in cielo è "essere con Cristo" [Cf Gv 14,3; Fil 1,23; 1Ts 4,17
]. Gli eletti vivono "in lui", ma conservando, anzi, trovando la loro
vera identità, il loro proprio nome: [Cf Ap 2,17 ]
Vita
est enim esse cum Christo; ideo ubi Christus, ibi vita, ibi regnum - La vita,
infatti, è stare con Cristo, perché dove c'è Cristo, là c'è la vita, là c'è il
Regno [Sant'Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, 10, 121: PL 15,
1834A].
1026
Con la sua morte e la sua Risurrezione Gesù Cristo ci ha "aperto" il
cielo. La vita dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della
Redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste
coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà. Il
cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in
lui.
1027
Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo
supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne
parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa
del Padre, Gerusalemme celeste, paradiso: "Quelle cose che occhio non
vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato
Dio per coloro che lo amano" ( 1Cor 2,9 ).
1028
A motivo della sua trascendenza, Dio non può essere visto quale è se non quando
egli stesso apre il suo Mistero alla contemplazione immediata dell'uomo e
gliene dona la capacità. Questa contemplazione di Dio nella sua gloria celeste
è chiamata dalla Chiesa la "la visione beatifica":
Questa
sarà la tua gloria e la tua felicità: essere ammesso a vedere Dio, avere
l'onore di partecipare alle gioie della salvezza e della luce eterna insieme
con Cristo, il Signore tuo Dio, . . . godere nel Regno dei cieli, insieme con i
giusti e gli amici di Dio, le gioie dell'immortalità raggiunta [San Cipriano di
Cartagine, Epistulae, 56, 10, 1: PL 4, 357B].
1029
Nella gloria del cielo i beati continuano a compiere con gioia la volontà di
Dio in rapporto agli altri uomini e all'intera creazione. Regnano già con
Cristo; con lui "regneranno nei secoli dei secoli" ( Ap 22,5 ) [Cf Mt
25,21; Mt 25,23 ].
III.
La purificazione finale o Purgatorio
1030
Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente
purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però
sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la
santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.
1031
La Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è
tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina
della fede relativa al Purgatorio soprattutto nei Concilii di Firenze [Cf Denz.
-Schönm., 1304] e di Trento [Cf ibid. , 1820; 1580]. La Tradizione della
Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, [Cf ad esempio, 1Cor 3,15;
1031 1Pt 1,7 ] parla di un fuoco purificatore:
Per
quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c'è, prima del Giudizio,
un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno
pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in
questo secolo, né in quello futuro ( Mt 12,31 ). Da questa affermazione si
deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre
nel secolo futuro [San Gregorio Magno, Dialoghi, 4, 39].
1032
Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di
cui la Sacra Scrittura già parla: "Perciò [Giuda Maccabeo] fece offrire il
sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato" (
2Mac 12,45 ). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti
e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, [Cf Concilio
di Lione II: Denz. -Schönm., 856] affinché, purificati, possano giungere alla
visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le
indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti:
Rechiamo
loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal
sacrificio del loro padre, [Cf Gb 1,5 ] perché dovremmo dubitare che le nostre
offerte per i morti portino loro qualche consolazione? Non esitiamo a
soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere [San
Giovanni Crisostomo, Homiliae in primam ad Corinthios, 41, 5: PG 61, 594-595].
IV.
L'inferno
1033
Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non
possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro
prossimo o contro noi stessi: "Chi non ama rimane nella morte. Chiunque
odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in
se stesso la vita eterna" ( 1Gv 3,15 ). Nostro Signore ci avverte che
saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i
piccoli che sono suoi fratelli [Cf Mt 25,31-46 ]. Morire in peccato mortale
senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio,
significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed
è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i
beati che viene designato con la parola "inferno".
1034
Gesù parla ripetutamente della "Geenna", del "fuoco
inestinguibile", [Cf Mt 5,22; Mt 5,29; 1034 Mt 13,42; Mt 13,50; Mc 9,43-48
] che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di
convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo [Cf Mt 10,28 ].
Gesù annunzia con parole severe che egli "manderà i suoi angeli, i quali
raccoglieranno. . . tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella
fornace ardente" ( Mt 13,41-42 ), e che pronunzierà la condanna:
"Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!" ( Mt 25,41 ).
1035
La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua
eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la
morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene
dell'inferno, "il fuoco eterno" [Cf Simbolo "Quicumque":
Denz. -Schnöm., 76; Sinodo di Costantinopoli: ibid., 409. 411; 274]. La pena
principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale
soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e
alle quali aspira.
1036
Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa
riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo
deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno.
Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione:
"Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via
che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto
stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto
pochi sono quelli che la trovano!" ( Mt 7,13-14 ).
Siccome
non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che
vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita
terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati
tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco
eterno, nelle tenebre esteriori dove "ci sarà pianto e stridore di
denti" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48].
1037
Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; [ Cf Concilio di Orange II:
Denz. -Schönm. , 397; Concilio di Trento: ibid. , 1567] questo è la conseguenza
di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste
sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei
fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole "che
alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" ( 2Pt 3,9 ):
Accetta
con benevolenza, o Signore, l'offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e
tutta la tua famiglia: disponi nella tua pace i nostri giorni, salvaci dalla
dannazione eterna, e accoglici nel gregge degli eletti [Messale Romano, Canone
Romano].
V.
Il Giudizio finale
1038
La risurrezione di tutti i morti, "dei giusti e degli ingiusti" ( At
24,15 ), precederà il Giudizio finale. Sarà "l'ora in cui tutti coloro che
sono nei sepolcri udranno la sua voce [del Figlio dell'Uomo] e ne usciranno:
quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per
una risurrezione di condanna" ( Gv 5,28-29 ). Allora Cristo "verrà
nella sua gloria, con tutti i suoi angeli. . . E saranno riunite davanti a lui
tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le
pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. .
. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita
eterna" ( Mt 25,31; Mt 25,32; Mt 25,46 ).
1039
Davanti a Cristo che è la Verità sarà definitivamente messa a nudo la verità
sul rapporto di ogni uomo con Dio [Cf Gv 12,49 ]. Il Giudizio finale
manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto
o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena:
Tutto
il male che fanno i cattivi viene registrato a loro insaputa. Il giorno in cui
Dio non tacerà ( Sal 50,3 ). . . egli si volgerà verso i malvagi e dirà loro:
"Io avevo posto sulla terra i miei poverelli, per voi. Io, loro capo,
sedevo nel cielo alla destra di mio Padre, ma sulla terra le mie membra avevano
fame. Se voi aveste donato alle mie membra, il vostro dono sarebbe giunto fino
al capo. Quando ho posto i miei poverelli sulla terra, li ho costituiti come
vostri fattorini perché portassero le vostre buone opere nel mio tesoro: voi
non avete posto nulla nelle loro mani, per questo non possedete nulla presso di
me [Sant'Agostino, Sermones, 18, 4, 4: PL 38, 130-131].
1040
Il Giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo. Soltanto
il Padre ne conosce l'ora e il giorno, egli solo decide circa la sua venuta.
Per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà allora la sua parola definitiva su
tutta la storia. Conosceremo il senso ultimo di tutta l'opera della creazione e
di tutta l'Economia della salvezza, e comprenderemo le mirabili vie attraverso
le quali la Provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine
ultimo. Il Giudizio finale manifesterà che la giustizia di Dio trionfa su tutte
le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il suo amore è più forte della
morte [Cf Ct 8,6 ].
1041
Il messaggio del Giudizio finale chiama alla conversione fin tanto che Dio dona
agli uomini "il momento favorevole, il giorno della salvezza" ( 2Cor
6,2 ). Ispira il santo timor di Dio. Impegna per la giustizia del Regno di Dio.
Annunzia la "beata speranza" ( Tt 2,13 ) del ritorno del Signore il
quale "verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto
mirabile in tutti quelli che avranno creduto" ( 2Ts 1,10 ).
VI.
La speranza dei cieli nuovi e della terra nuova
1042
Alla fine dei tempi, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Dopo il
Giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in
corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato:
Allora
la Chiesa. . . avrà il suo compimento. . . nella gloria del cielo, quando verrà
il tempo della restaurazione di tutte le cose e quando col genere umano anche
tutto il mondo, il quale è intimamente unito con l'uomo e per mezzo di lui
arriva al suo fine, sarà perfettamente ricapitolato in Cristo [Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 48].
1043
Questo misterioso rinnovamento, che trasformerà l'umanità e il mondo, dalla
Sacra Scrittura è definito con l'espressione: "i nuovi cieli e una terra
nuova" ( 2Pt 3,13 ) [Cf Ap 21,1 ]. Sarà la realizzazione definitiva del
disegno di Dio di "ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo
come quelle della terra" ( Ef 1,10 ).
1044
In questo nuovo universo, [Cf Ap 21,5 ] la Gerusalemme celeste, Dio avrà la sua
dimora in mezzo agli uomini. Egli "tergerà ogni lacrima dai loro occhi;
non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di
prima sono passate" ( Ap 21,4 ) [Cf Ap 21,27 ].
1045
Per l'uomo questo compimento sarà la realizzazione definitiva dell'unità del
genere umano, voluta da Dio fin dalla creazione e di cui la Chiesa nella storia
è "come sacramento" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 1]. Coloro
che saranno uniti a Cristo formeranno la comunità dei redenti, la "Città
santa" di Dio ( Ap 21,2 ), "la Sposa dell'Agnello" ( Ap 21,9 ).
Essa non sarà più ferita dal peccato, dalle impurità, [Cf Ap 21,27 ] dall'amor
proprio, che distruggono o feriscono la comunità terrena degli uomini. La
visione beatifica, nella quale Dio si manifesterà in modo inesauribile agli
eletti, sarà sorgente perenne di gaudio, di pace e di reciproca comunione.
1046
Quanto al cosmo, la Rivelazione afferma la profonda comunione di destino fra il
mondo materiale e l'uomo:
La
creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio. . . e
nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione.
. . Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi
nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le
primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la
redenzione del nostro corpo ( Rm 8,19-23 ).
1047
Anche l'universo visibile, dunque, è destinato ad essere trasformato,
"affinché il mondo stesso, restaurato nel suo stato primitivo, sia, senza
più alcun ostacolo, al servizio dei giusti", partecipando alla loro glorificazione
in Gesù Cristo risorto [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 5, 32, 1].
1048
" Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità, e non
sappiamo il modo in cui sarà trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto
di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla Rivelazione che
Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia,
e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che
salgono nel cuore degli uomini" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
39].
1049
"Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto
stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce
quel corpo dell'umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione
che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere
il progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Cristo, tuttavia, nella misura
in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di
grande importanza" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39].
1050
"Infatti. . . tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità,
dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il
suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia,
illuminati e trasfigurati, allorquando Cristo rimetterà al Padre il Regno
eterno e universale" [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39]. Dio
allora sarà "tutto in tutti" ( 1Cor 15,28 ), nella vita eterna:
La
vita, nella sua stessa realtà e verità, è il Padre, che attraverso il Figlio
nello Spirito Santo, riversa come fonte su tutti noi i suoi doni celesti. E per
la sua bontà promette veramente anche a noi uomini i beni divini della vita
eterna [ San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses illuminandorum, 18, 29: PG 33,
1049, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del giovedì della
diciassettesima settimana. [Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 28.]
In
sintesi
1051
Ogni uomo riceve nella sua anima immortale la propria retribuzione eterna fin
dalla sua morte, in un giudizio particolare ad opera di Cristo, giudice dei
vivi e dei morti.
1052
"Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di
Cristo. . . costituiscono il Popolo di Dio nell'al di là della morte, la quale
sarà definitivamente sconfitta nel giorno della risurrezione, quando queste
anime saranno riunite ai propri corpi" .
1053
"Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite attorno a
Gesù e a Maria in Paradiso, forma la Chiesa del cielo, dove esse nella
beatitudine eterna vedono Dio così com'è e dove sono anche associate, in
diversi gradi, con i santi angeli al governo divino esercitato da Cristo
glorioso, intercedendo per noi e aiutando la nostra debolezza con la loro
fraterna sollecitudine" [Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 29].
1054
Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma imperfettamente
purificati, benché sicuri della loro salvezza eterna, vengono sottoposti, dopo
la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per
entrare nella gioia di Dio.
1055
In virtù della "comunione dei santi", la Chiesa raccomanda i defunti
alla misericordia di Dio e per loro offre suffragi, in particolare il santo
Sacrificio eucaristico.
1056
Seguendo l'esempio di Cristo, la Chiesa avverte i fedeli della "triste e
penosa realtà della morte eterna" , [Congregazione per il Clero,
Direttorio catechistico generale, 69] chiamata anche "inferno".
1057
La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio; in
Dio soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato
e alle quali aspira.
1058
La Chiesa prega perché nessuno si perda: "Signore, non permettere che sia
mai separato da te". Se è vero che nessuno può salvarsi da se stesso, è
anche vero che Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati" ( 1Tm
2,4 ) e che per lui "tutto è possibile" ( Mt 19,26 ).
1059
"La santissima Chiesa romana crede e confessa fermamente che nel giorno
del Giudizio tutti gli uomini compariranno col loro corpo davanti al tribunale
di Cristo per rendere conto delle loro azioni" [Concilio di Lione II:
Denz. -Schönm., 859; cf Concilio di Trento: ibid., 1549].
1060
Alla fine dei tempi, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Allora i
giusti regneranno con Cristo per sempre, glorificati in corpo e anima, e lo
stesso universo materiale sarà trasformato. Dio allora sarà "tutto in
tutti" ( 1Cor 15,28 ), nella vita eterna.
"AMEN"
1061
Il Credo, come pure l'ultimo libro della Sacra Scrittura, [Cf Ap 22,21 ]
termina con la parola ebraica Amen. La si trova frequentemente alla fine delle
preghiere del Nuovo Testamento. Anche la Chiesa termina le sue preghiere con
"Amen".
1062
In ebraico, "Amen" si ricongiunge alla stessa radice della parola
"credere". Tale radice esprime la solidità, l'affidabilità, la
fedeltà. Si capisce allora perché l'"Amen" può esprimere tanto la
fedeltà di Dio verso di noi quanto la nostra fiducia in lui.
1063
Nel profeta Isaia si trova l'espressione "Dio di verità",
letteralmente "Dio dell'Amen", cioè il Dio fedele alle sue promesse:
"Chi vorrà essere benedetto nel paese, vorrà esserlo per il Dio
fedele" ( Is 65,16 ).Nostro Signore usa spesso il termine Amen, [Cf Mt
6,2; Mt 6,5; Mt 6,16 ] a volte in forma doppia, [Cf Gv 5,19 ] per sottolineare
l'affidabilità del suo insegnamento, la sua autorità fondata sulla verità di
Dio.
1064
L'"Amen" finale del Credo riprende quindi e conferma le due parole
con cui inizia: "Io credo". Credere significa dire "Amen"
alle parole, alle promesse, ai comandamenti di Dio, significa fidarsi
totalmente di colui che è l'"Amen" d'infinito amore e di perfetta
fedeltà. La vita cristiana di ogni giorno sarà allora l'"Amen"
all'"Io credo" della professione di fede del nostro Battesimo:
Il
Simbolo sia per te come uno specchio. Guardati in esso, per vedere se tu credi
tutto quello che dichiari di credere e rallegrati ogni giorno per la tua fede
[Sant'Agostino, Sermones, 58, 11, 13: PL 38, 399].
1065
Gesù Cristo stesso è l'"Amen" ( Ap 3,14 ). Egli è l'"Amen"
definitivo dell'amore del Padre per noi; assume e porta alla sua pienezza il
nostro "Amen" al Padre: "Tutte le promesse di Dio in lui sono
divenute "sì". Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro
Amen per la sua gloria" ( 2Cor 1,20 ):
Per
lui, con lui e in lui,
a
te, Dio Padre onnipotente,
nell'unità
dello Spirito Santo,
ogni
onore e gloria
per
tutti i secoli dei secoli.
AMEN!