PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE SECONDA - LA PROFESSIONE DELLA
FEDE CRISTIANA
CAPITOLO SECONDO - CREDO IN GESU' CRISTO,
IL FIGLIO UNIGENITO DI DIO
Articolo 4
"GESU' CRISTO PATI' SOTTO PONZIO
PILATO, FU CROCIFISSO, MORI' E FU SEPOLTO"
571
Il Mistero pasquale della croce e della Risurrezione di Cristo è al centro
della Buona Novella che gli Apostoli, e la Chiesa dopo di loro, devono
annunziare al mondo. Il disegno salvifico di Dio si è compiuto una volta per
tutte [Cf Eb 9,26 ] con la morte redentrice del Figlio suo Gesù Cristo.
572
La Chiesa resta fedele all'"interpretazione di tutte le Scritture"
data da Gesù stesso sia prima, sia dopo la sua Pasqua: "Non bisognava che
il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?" (
Lc 24,26-27; Lc 24,44-45 ). Le sofferenze di Gesù hanno preso la loro forma
storica concreta dal fatto che egli è stato "riprovato dagli anziani, dai
sommi sacerdoti e dagli scribi" ( Mc 8,31 ), i quali lo hanno consegnato
"ai pagani" perché fosse "schernito e flagellato e
crocifisso" ( Mt 20,19 ).
573
La fede può dunque cercare di indagare le circostanze della morte di Gesù,
fedelmente riferite dai Vangeli [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 19] e
illuminate da altre fonti storiche, al fine di una migliore comprensione del
senso della Redenzione.
Paragrafo
1
GESU'
E ISRAELE
574
Fin dagli inizi del ministero pubblico di Gesù, alcuni farisei e alcuni
sostenitori di Erode, con dei sacerdoti e degli scribi, si sono accordati per
farlo morire [Cf Mc 3,6 ]. Per certe sue azioni, [Cacciata di demoni, cf Mt
12,24; perdono dei peccati, cf Mc 2,7; guarigioni in gior- no di sabato, cf Mc
3,1-6; interpretazione originale dei precetti di purità della Legge, cf Mc
7,14-23; familiarità con i pubblicani e i pubblici peccatori, cf Mc 2,14-17 ]
Gesù è apparso ad alcuni malintenzionati sospetto di possessione demoniaca [Cf
Mc 3,22; Gv 8,48; 574 Gv 10,20 ]. Lo si accusa di bestemmia [Cf Mc 2,7; 574 Gv
5,18; Gv 10,33 ] e di falso profetismo, [Cf Gv 7,12; Gv 7,52 ] crimini religiosi
che la Legge puniva con la pena di morte sotto forma di lapidazione [Cf Gv
8,59; Gv 10,31 ].
575
Molte azioni e parole di Gesù sono dunque state un "segno di
contraddizione" ( Lc 2,34 ) per le autorità religiose di Gerusalemme,
quelle che il Vangelo di san Giovanni spesso chiama "i Giudei", [Cf
Gv 1,19; Gv 2,18; Gv 5,10; Gv 7,13; Gv 9,22; Gv 18,12; 575 Gv 19,38; Gv 20,19 ]
ancor più che per il comune popolo di Dio ( Gv 7,48-49 ). Certamente, i suoi
rapporti con i farisei non furono esclusivamente polemici. Ci sono dei farisei
che lo mettono in guardia in ordine al pericolo che corre [Cf Lc 13,31 ]. Gesù
loda alcuni di loro, come lo scriba di Mc 12,34 , e mangia più volte in casa di
farisei [Cf Lc 7,36; Lc 14,1 ]. Gesù conferma dottrine condivise da questa
élite religiosa del popolo di Dio: la risurrezione dei morti,
[Cf
Mt 22,23-34; Lc 20,39 ] le forme di pietà (elemosina, preghiera e digiuno), [Cf
Mt 6,2-18 ] e l'abitudine di rivolgersi a Dio come Padre, la centralità del
comandamento dell'amore di Dio e del del prossimo [Cf Mc 12,28-34 ].
576
Agli occhi di molti in Israele, Gesù sembra agire contro le istituzioni
fondamentali del Popolo eletto:
-
L'obbedienza alla Legge nell'integralità dei suoi precetti scritti e, per i
farisei, nell'interpretazione della tradizione orale.
-
La centralità del Tempio di Gerusalemme come luogo santo dove Dio abita in un
modo privilegiato.
-
La fede nell'unico Dio del quale nessun uomo può condividere la gloria.
I.
Gesù e la Legge
577
Gesù ha fatto una solenne precisazione all'inizio del Discorso della Montagna,
quando ha presentato, alla luce della grazia della Nuova Alleanza, la Legge
data da Dio sul Sinai al momento della Prima Alleanza:
Non
pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per
abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il
cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla Legge, senza che
tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche
minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel
Regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà
considerato grande nel Regno dei cieli ( Mt 5,17-19 ).
578
Gesù, il Messia d'Israele, il più grande quindi nel Regno dei cieli, aveva il
dovere di osservare la Legge, praticandola nella sua integralità fin nei minimi
precetti, secondo le sue stesse parole. Ed è anche il solo che l'abbia potuto
fare perfettamente [Cf Gv 8,46 ]. Gli Ebrei, secondo quanto essi stessi confessano,
non hanno mai potuto osservare la Legge nella sua integralità senza trasgredire
il più piccolo precetto [Cf Gv 7,19; 578 At 13,38-41; At 15,10 ]. Per questo,
ogni anno, alla festa dell'Espiazione, i figli d'Israele chiedono perdono a Dio
per le loro trasgressioni della Legge. In realtà, la Legge costituisce un tutto
unico e, come ricorda san Giacomo, "chiunque osservi tutta la Legge, ma la
trasgredisca in un punto solo, diventa colpevole di tutto" ( Gc 2,10 ) [Cf
Gal 3,10; Gal 5,3 ].
579
Il principio dell'integralità dell'osservanza della Legge, non solo nella
lettera ma nel suo spirito, era caro ai farisei. Mettendolo in forte risalto
per Israele, essi hanno condotto molti Ebrei del tempo di Gesù a uno zelo
religioso estremo [Cf Rm 10,2 ]. E questo, se non voleva risolversi in una
casistica "ipocrita", [Cf Mt 15,3-7; Lc 11,39-54 ] non poteva che
preparare il Popolo a quell'inaudito intervento di Dio che sarà l'osservanza
perfetta della Legge da parte dell'unico Giusto al posto di tutti i peccatori
[Cf Is 53,11; Eb 9,15 ].
580
L'adempimento perfetto della Legge poteva essere soltanto l'opera del divino
Legislatore nato sotto la Legge nella Persona del Figlio [Cf Gal 4,4 ]. Con
Gesù, la Legge non appare più incisa su tavole di pietra ma scritta nel
"cuore" ( Ger 31,33 ) del Servo che, proclamando "il diritto con
fermezza" ( Is 42,3 ), diventa l'"Alleanza del Popolo" ( Is 42,6
). Gesù compie la Legge fino a prendere su di sé "la maledizione della
Legge" ( Gal 3,13 ), in cui erano incorsi coloro che non erano rimasti
fedeli "a tutte le cose scritte nel libro della Legge" ( Gal 3,10 );
infatti la morte di Cristo intervenne "per la redenzione delle colpe
commesse sotto la Prima Alleanza" ( Eb 9,15 ).
581
Gesù è apparso agli occhi degli Ebrei e dei loro capi spirituali come un
"rabbi" [Cf Gv 11,28; Gv 3,2; 581 Mt 22,23-24; Mt 22,34-36 ]. Spesso
egli ha usato argomentazioni che rientravano nel quadro dell'interpretazione
rabbinica della Legge [Cf Mt 12,5; Mt 9,12; Mc 2,23-27; Lc 6,6-9; Gv 7,22-23 ].
Ma al tempo stesso, Gesù non poteva che urtare i dottori della Legge; infatti,
non si limitava a proporre la sua interpretazione accanto alle loro: "Egli
insegnava come uno che ha autorità e non come i loro scribi" ( Mt 7,29 ).
In lui, è la Parola stessa di Dio, risuonata sul Sinai per dare a Mosè la Legge
scritta, a farsi di nuovo sentire sul Monte delle Beatitudini [Cf Mt 5,1 ].
Essa non abolisce la Legge, ma la porta a compimento dandone in maniera divina
l'interpretazione definitiva: "Avete inteso che fu detto agli antichi. . .
ma io vi dico" ( Mt 5,33-34 ). Con questa stessa autorità divina, Gesù
sconfessa certe "tradizioni degli uomini" ( Mc 7,8 ) care ai farisei
i quali annullano " la Parola di Dio " ( Mc 7,13 ).
582
Spingendosi oltre, Gesù dà compimento alla Legge sulla purità degli alimenti,
tanto importante nella vita quotidiana giudaica, svelandone il senso
"pedagogico" [Cf Gal 3,24 ] con una interpretazione divina:
"Tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo. . .
Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. . . Ciò che esce dall'uomo, questo sì
contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore dell'uomo, escono le
intenzioni cattive" ( Mc 7,18-21 ). Dando con autorità divina
l'interpretazione definitiva della Legge, Gesù si è trovato a scontrarsi con
certi dottori della Legge, i quali non ne accettavano la sua interpretazione,
sebbene fosse garantita dai segni divini che la accompagnavano [Cf Gv 5,36; Gv
10,25; Gv 5,37-38; 582 Gv 12,37 ]. Ciò vale soprattutto per la questione del
sabato: Gesù ricorda, ricorrendo spesso ad argomentazioni rabbiniche, [Cf Mc
2,25-27; 582 Gv 7,22-24 ] che il riposo del sabato non viene violato dal
servizio di Dio [Cf Mt 12,5; Nm 28,9 ] o del prossimo, [Cf Lc 13,15-16; Lc
14,3-4 ] servizio che le guarigioni da lui operate compiono.
II.
Gesù e il Tempio
583
Gesù, come prima di lui i profeti, ha manifestato per il Tempio di Gerusalemme
il più profondo rispetto. Vi è stato presentato da Giuseppe e Maria quaranta
giorni dopo la nascita ( Lc 2,22-39 ). All'età di dodici anni decide di
rimanere nel Tempio, per ricordare ai suoi genitori che egli deve occuparsi
delle cose del Padre suo [Cf Lc 2,46-49 ]. Vi è salito ogni anno, almeno per la
Pasqua, durante la sua vita nascosta; [Cf Lc 2,41 ] lo stesso suo ministero pubblico
è stato ritmato dai suoi pellegrinaggi a Gerusalemme per le grandi feste
giudaiche [Cf Gv 2,13-14; Gv 5,1; Gv 2,14; Gv 7,1; Gv 2,10; Gv 2,14; 583 Gv
8,2; Gv 10,22-23 ].
584
Gesù è salito al Tempio come al luogo privilegiato dell'incontro con Dio. Per
lui il Tempio è la dimora del Padre suo, una casa di preghiera, e si accende di
sdegno per il fatto che il cortile esterno è diventato un luogo di commercio
[Cf Mt 21,13 ]. Se scaccia i mercanti dal Tempio, a ciò è spinto dall'amore
geloso per il Padre suo: ""Non fate della casa di mio Padre un luogo
di mercato". I discepoli si ricordarono che sta scritto: "Lo zelo per
la tua casa mi divora" ( Gv 2,16-17 ). Dopo la sua Risurrezione, gli
Apostoli hanno conservato un religioso rispetto per il Tempio [Cf At 2,46; At
3,1; At 5,20; At 2,21; 584 ecc].
585
Alla vigilia della sua passione, Gesù ha però annunziato la distruzione di
questo splendido edificio, di cui non sarebbe rimasta pietra su pietra [Cf Mt 24,1-2
]. In ciò vi è l'annunzio di un segno degli ultimi tempi che stanno per
iniziare con la sua Pasqua [Cf Mt 24,3; Lc 13,35 ]. Ma questa profezia ha
potuto essere riferita in maniera deformata da falsi testimoni al momento del
suo interrogatorio presso il sommo sacerdote [Cf Mc 14,57-58 ] e ripetuta come
ingiuria mentre era inchiodato sulla croce [Cf Mt 27,39-40 ].
586
Lungi dall'essere stato ostile al Tempio [Cf Mt 8,4; Mt 23,21; Lc 17,14; Gv
4,22 ] dove ha dato l'essenziale del suo insegnamento, [Cf Gv 18,20 ] Gesù ha
voluto pagare la tassa per il Tempio associandosi a Pietro, [Cf Mt 17,24-27 ]
che aveva posto come fondamento di quella che sarebbe stata la sua Chiesa [Cf
Mt 16,18 ]. Ancor più, egli si è identificato con il Tempio presentandosi come
la dimora definitiva di Dio in mezzo agli uomini [Cf Gv 2,21; Mt 12,6 ]. Per
questo la sua uccisione nel corpo [Cf Gv 2,18-22 ] annunzia la distruzione del
Tempio, distruzione che manifesterà l'entrata in una nuova età della storia
della salvezza: "E' giunto il momento in cui né su questo monte, né in
Gerusalemme adorerete il Padre" ( Gv 4,21 ) [Cf Gv 4,23-24; 586 Mt 27,51;
Eb 9,11; Ap 21,22 ].
III.
Gesù e la fede d'Israele nel Dio unico e Salvatore 586 _
587
Se la Legge e il Tempio di Gerusalemme hanno potuto essere occasione di
"contraddizione" [Cf Lc 2,34 ] da parte di Gesù per le autorità
religiose di Israele, è però il suo ruolo nella redenzione dei peccati, opera
divina per eccellenza, a rappresentare per costoro la vera pietra d'inciampo [Cf
Lc 20,17-18; Sal 118,22 ].
588
Gesù ha scandalizzato i farisei mangiando con i pubblicani e i peccatori [Cf Lc
5,30 ] con la stessa familiarità con cui pranzava con loro [Cf Lc 7,36; 588 Lc
11,37; Lc 14,1 ]. Contro quelli tra i farisei "che presumevano di essere
giusti e disprezzavano gli altri" ( Lc 18,9 ), [Cf Gv 7,49; Gv 9,34 ] Gesù
ha affermato: "Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a
convertirsi" ( Lc 5,32 ). Si è spinto oltre, proclamando davanti ai
farisei che, essendo il peccato universale, [Cf Gv 8,33-36 ] coloro che
presumono di non aver bisogno di salvezza, sono ciechi sul proprio conto [Cf Gv
9,40-41 ].
589
Gesù ha suscitato scandalo soprattutto per aver identificato il proprio
comportamento misericordioso verso i peccatori con l'atteggiamento di Dio
stesso a loro riguardo [Cf Mt 9,13; Os 6,6 ]. E' arrivato a lasciar intendere
che, sedendo a mensa con i peccatori, [ Cf Lc 15,1-2 ] li ammetteva al
banchetto messianico [Cf Lc 15,23-32 ]. Ma è soprattutto perdonando i peccati,
che Gesù ha messo le autorità religiose di Israele di fronte a un dilemma.
Infatti, come costoro, inorriditi, giustamente affermano, solo Dio può
rimettere i peccati [Cf Mc 2,7 ]. Perdonando i peccati, Gesù o bestemmia perché
è un uomo che si fa uguale a Dio, [Cf Gv 5,18; Gv 10,33 ] oppure dice il vero e
la sua Persona rende presente e rivela il Nome di Dio [Cf Gv 17,6; Gv 17,26 ].
590
Soltanto l'identità divina della Persona di Gesù può giustificare un'esigenza
assoluta come questa: "Chi non è con me è contro di me" ( Mt 12,30 );
altrettanto quando egli dice che in lui c'è "più di Giona. . . più di
Salomone" ( Mt 12,41-42 ), "c'è qualcosa più grande del Tempio"
( Mt 12,6 ); quando ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il
Messia suo Signore, [Cf Mt 12,36; Mt 12,37 ] e quando afferma: "Prima che
Abramo fosse, Io Sono" ( Gv 8,58 ); e anche: "Io e il Padre siamo una
cosa sola" ( Gv 10,30 ).
591
Gesù ha chiesto alle autorità religiose di Gerusalemme di credere in lui a
causa delle opere del Padre che egli compiva [Cf Gv 10,36-38 ]. Un tale atto di
fede, però, doveva passare attraverso una misteriosa morte a se stessi per una
rinascita "dall'alto" ( Gv 3,7 ), sotto lo stimolo della grazia
divina [Cf Gv 6,44 ]. Una simile esigenza di conversione di fronte a un così
sorprendente compimento delle promesse [Cf Is 53,1 ] permette di capire il
tragico disprezzo del sinedrio che ha stimato Gesù meritevole di morte perché
bestemmiatore [Cf Mc 3,6; Mt 26,64-66 ]. I suoi membri agivano così per
"ignoranza" [Cf Lc 23,34; At 3,17-18 ] e al tempo stesso per
l'"indurimento" ( Mc 3,5; 591 Rm 11,25 ) dell'incredulità [Cf Rm
11,20 ].
In
sintesi
592
Gesù non ha abolito la Legge del Sinai, ma l'ha portata a compimento [Cf Mt
5,17-19 ] con una tale perfezione [Cf Gv 8,46 ] da rivelarne il senso ultimo
[Cf Mt 5,33 ss] e da riscattarne le trasgressioni [Cf Eb 9,15 ].
593
Gesù ha venerato il Tempio salendovi in occasione delle feste giudaiche di
pellegrinaggio e ha amato di un amore geloso questa dimora di Dio in mezzo agli
uomini. Il Tempio prefigura il suo Mistero. Se ne predice la distruzione, è per
manifestare la sua propria uccisione e l'inizio di una nuova epoca della storia
della salvezza, nella quale il suo Corpo sarà il Tempio definitivo.
594
Gesù ha compiuto azioni, quale il perdono dei peccati, che lo hanno rivelato
come il Dio Salvatore [Cf Gv 5,16-18 ]. Alcuni Giudei, i quali non
riconoscevano il Dio fatto uomo , [Cf Gv 1,14 ] ma vedevano in lui "un
uomo" che si faceva "Dio" ( Gv 10,33 ), l'hanno giudicato un
bestemmiatore.
Paragrafo
2
GESU'
MORI' CROCIFISSO
I.
Il processo di Gesù
Divisioni
delle autorità ebraiche a riguardo di Gesù
595
Tra le autorità religiose di Gerusalemme non ci sono stati solamente il fariseo
Nicodemo [Cf Gv 7,50 ] o il notabile Giuseppe di Arimatea ad essere, di
nascosto, discepoli di Gesù, [Cf Gv 19,38-39 ] ma a proposito di lui [Cf Gv
9,16-17; Gv 10,19-21 ] sono sorti dissensi per lungo tempo al punto che alla
vigilia stessa della sua passione, san Giovanni può dire di essi che
"molti credettero in lui" anche se in maniera assai imperfetta ( Gv
12,42 ). La cosa non ha nulla di sorprendente se si tiene presente che
all'indomani della Pentecoste "un gran numero di sacerdoti aderiva alla
fede" ( At 6,7 ) e che "alcuni della setta dei farisei erano diventati
credenti" ( At 15,5 ) al punto che san Giacomo può dire a san Paolo che
"parecchie migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono
gelosamente attaccati alla Legge" ( At 21,20 ).
596
Le autorità religiose di Gerusalemme non sono state unanimi nella condotta da
tenere nei riguardi di Gesù [Cf Gv 9,16; Gv 10,19 ]. I farisei hanno minacciato
di scomunica coloro che lo avrebbero seguito [Cf Gv 9,22 ]. A coloro che
temevano che tutti avrebbero creduto in lui e i Romani sarebbero venuti e
avrebbero distrutto il loro Luogo santo e la loro nazione [Cf Gv 11,48 ] il
sommo sacerdote Caifa propose profetizzando: E' "meglio che muoia un solo
uomo per il popolo e non perisca la nazione intera" ( Gv 11,49-50 ). Il
Sinedrio, avendo dichiarato Gesù "reo di morte" ( Mt 26,66 ) in
quanto bestemmiatore, ma avendo perduto il diritto di mettere a morte, [Cf Gv
18,31 ] consegna Gesù ai Romani accusandolo di rivolta politica, [Cf Lc 23,2 ]
cosa che lo metterà alla pari con Barabba accusato di "sommossa" ( Lc
23,19 ). Sono anche minacce politiche quelle che i sommi sacerdoti esercitano
su Pilato perché egli condanni a morte Gesù [Cf Gv 19,12; 596 Gv 19,15; Gv
19,21 ].
Gli
Ebrei non sono collettivamente responsabili
della
morte di Gesù
597
Tenendo conto della complessità storica del processo di Gesù espressa nei
racconti evangelici, e quale possa essere il peccato personale dei protagonisti
del processo (Giuda, il Sinedrio, Pilato), che Dio solo conosce, non si può
attribuirne la responsabilità all'insieme degli Ebrei di Gerusalemme, malgrado
le grida di una folla manipolata [Cf Mc 15,11 ] e i rimproveri collettivi
contenuti negli appelli alla conversione dopo la Pentecoste [Cf At 2,23; At
2,36; At 3,13-14; At 4,10; 597 At 5,30; At 7,52; At 10,39; At 13,27-28; 1Ts
2,14-15 ]. Gesù stesso perdonando sulla croce [Cf Lc 23,34 ] e Pietro sul suo
esempio, hanno riconosciuto l'"ignoranza" ( At 3,17 ) degli Ebrei di
Gerusalemme ed anche dei loro capi. Ancor meno si può, a partire dal grido del
popolo: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli" (
Mt 27,25 ) che è una formula di ratificazione, [Cf At 5,28; 597 At 18,6 ]
estendere la responsabilità agli altri Ebrei nel tempo e nello spazio:
Molto
bene la Chiesa ha dichiarato nel Concilio Vaticano II: "Quanto è stato
commesso durante la Passione non può essere imputato né indistintamente a tutti
gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo. . . Gli Ebrei non
devono essere presentati né come rigettati da Dio, né come maledetti, come se
ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura" [Conc. Ecum. Vat. II, Nostra aetate,
4].
Tutti
i peccatori furono gli autori della Passione di Cristo
598
La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi,
non ha mai dimenticato che "ogni singolo peccatore è realmente causa e
strumento delle. . . sofferenze" del divino Redentore [Catechismo Romano,
1, 5, 11; cf Eb 12,3 ]. Tenendo conto del fatto che i nostri peccati offendono
Cristo stesso, [Cf Mt 25,45; At 9,4-5 ] la Chiesa non esita ad imputare ai
cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che
troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei:
E'
chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel peccato.
Se infatti le nostre colpe hanno tratto Cristo al supplizio della croce, coloro
che si immergono nell'iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro,
il Figlio di Dio e lo scherniscono [Cf Eb 6,6 ] con un delitto ben più grave in
loro che non negli Ebrei. Questi infatti - afferma san Paolo non avrebbero
crocifisso Gesù se lo avessero conosciuto come re divino [Cf 1Cor 2,8 ]. Noi
cristiani, invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con
le nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e peccatrici
[Catechismo Romano, 1, 5, 11].
E
neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crocifiggerlo, e
ancora lo crocifiggi, quando ti diletti nei vizi e nei peccati [San Francesco
d'Assisi, Admonitio, 5, 3].
II.
La morte redentrice di Cristo
nel
disegno divino della salvezza
"Gesù
consegnato secondo il disegno prestabilito di Dio"
599
La morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso in un concorso
sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio, come
spiega san Pietro agli Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo discorso di
Pentecoste: "Egli fu consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la
prescienza di Dio" ( At 2,23 ). Questo linguaggio biblico non significa
che quelli che hanno "consegnato" Gesù ( At 3,13 ) siano stati solo
esecutori passivi di una vicenda scritta in precedenza da Dio.
600
Tutti i momenti del tempo sono presenti a Dio nella loro attualità. Egli
stabilì dunque il suo disegno eterno di "predestinazione"
includendovi la risposta libera di ogni uomo alla sua grazia: "Davvero in
questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto
come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele [Cf Sal
2,1-2 ] per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato
che avvenisse" ( At 4,27-28 ). Dio ha permesso gli atti derivati dal loro
accecamento [Cf Mt 26,54; Gv 18,36; Gv 19,11 ] al fine di compiere il suo
disegno di salvezza [Cf At 3,17-18 ].
"Morto
per i nostri peccati secondo le Scritture"
601
Questo disegno divino di salvezza attraverso la messa a morte del Servo, il
Giusto, [Cf Is 53,11; 601 At 3,14 ] era stato anticipatamente annunziato nelle
Scritture come un mistero di redenzione universale, cioè di riscatto che libera
gli uomini dalla schiavitù del peccato [Cf Is 53,11-12; 601 Gv 8,34-36 ]. San
Paolo professa, in una confessione di fede che egli dice di avere
"ricevuto", che "Cristo morì per i nostri peccati secondo le
Scritture " ( 1Cor 15,3 ) [Cf At 3,18; At 7,52; At 13,29; 601 At 26,22-23
]. La morte redentrice di Gesù compie in particolare la profezia del Servo
sofferente [Cf Is 53,7-8 e At 8,32-35 ]. Gesù stesso ha presentato il senso
della sua vita e della sua morte alla luce del Servo sofferente [Cf Mt 20,28 ].
Dopo la Risurrezione, egli ha dato questa interpretazione delle Scritture ai
discepoli di Emmaus, [Cf Lc 24,25-27 ] poi agli stessi Apostoli [Cf Lc 24,44-45
].
"Dio
l'ha fatto peccato per noi"
602
San Pietro può, di conseguenza, formulare così la fede apostolica nel disegno
divino della salvezza: "Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili,
come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata
dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza
difetti e senza macchia. Egli fu predestinato, già prima della fondazione del
mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi" ( 1Pt 1,18-20 ). I
peccati degli uomini, conseguenti al peccato originale, sono sanzionati dalla
morte [Cf Rm 5,12; 1Cor 15,56 ]. Inviando il suo proprio Figlio nella
condizione di servo, [Cf Fil 2,7 ] quella di una umanità decaduta e votata alla
morte a causa del peccato, [Cf Rm 8,3 ] "colui che non aveva conosciuto
peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo
diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" ( 2Cor 5,21 ).
603
Gesù non ha conosciuto la riprovazione come se egli stesso avesse peccato [Cf
Gv 8,46 ]. Ma nell'amore redentore che sempre lo univa al Padre, [Cf Gv 8,29 ]
egli ci ha assunto nella nostra separazione da Dio a causa del peccato al punto
da poter dire a nome nostro sulla croce: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai
abbandonato?" ( Mc 15,34; 603 Sal 22,2 ). Avendolo reso così solidale con
noi peccatori, "Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato
per tutti noi" ( Rm 8,32 ) affinché noi fossimo "riconciliati con lui
per mezzo della morte del Figlio suo" ( Rm 5,10 ).
Dio
ha l'iniziativa dell'amore redentore universale
604
Nel consegnare suo Figlio per i nostri peccati, Dio manifesta che il suo
disegno su di noi è un disegno di amore benevolo che precede ogni merito da
parte nostra. "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma
è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione
per i nostri peccati" ( 1Gv 4,10 ) [Cf 1Gv 4,19 ]. "Dio dimostra il
suo amore verso di noi, perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto
per noi" ( Rm 5,8 ).
605
Questo amore è senza esclusioni; Gesù l'ha richiamato a conclusione della parabola
della pecorella smarrita: "Così il Padre vostro celeste non vuole che si
perda neanche uno solo di questi piccoli" ( Mt 18,14 ). Egli afferma di
"dare la sua vita in riscatto per molti " ( Mt 20,28 ); quest'ultimo
termine non è restrittivo: oppone l'insieme dell'umanità all'unica persona del
Redentore che si consegna per salvarla [Cf Rm 5,18-19 ]. La Chiesa, seguendo
gli Apostoli, [Cf 2Cor 5,15; 1Gv 2,2 ] insegna che Cristo è morto per tutti
senza eccezioni: "Non vi è, non vi è stato, non vi sarà alcun uomo per il
quale Cristo non abbia sofferto" [Concilio di Quierzy (853): Denz.
-Schönm.,624].
III.
Cristo ha offerto se stesso al Padre
per
i nostri peccati
Tutta
la vita di Cristo è offerta al Padre
606
Il Figlio di Dio "disceso dal cielo non per fare" la sua
"volontà ma quella di colui che" l'ha "mandato" ( Gv 6,38
), "entrando nel mondo dice: . . Ecco, io vengo. . . per fare, o Dio, la
tua volontà. . . Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati
santificati, per mezzo dell'offerta del Corpo di Gesù Cristo, fatta una volta
per sempre" ( Eb 10,5-10 ). Dal primo istante della sua Incarnazione, il
Figlio abbraccia nella sua missione redentrice il disegno divino di salvezza:
"Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera"
( Gv 4,34 ). Il sacrificio di Gesù "per i peccati di tutto il mondo"
( 1Gv 2,2 ) è l'espressione della sua comunione d'amore con il Padre: "Il
Padre mi ama perché io offro la mia vita" ( Gv 10,17 ). "Bisogna che
il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha
comandato" ( Gv 14,31 ).
607
Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo
anima tutta la vita di Gesù [Cf Lc 12,50; Lc 22,15; Mt 16,21-23 ] perché la sua
Passione redentrice è la ragion d'essere della sua Incarnazione: "Padre,
salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!" ( Gv 12,27
). "Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?" ( Gv
18,11 ). E ancora sulla croce, prima che tutto sia compiuto, [Cf Gv 19,30 ]
egli dice: "Ho sete" ( Gv 19,28 ).
"L'Agnello
che toglie il peccato del mondo"
608
Dopo aver accettato di dargli il battesimo tra i peccatori, [Cf Lc 3,21; Mt
3,14-15 ] Giovanni Battista ha visto e mostrato in Gesù "l'Agnello di
Dio.. . che toglie il peccato del mondo" ( Gv 1,29 ) [Cf Gv 1,36 ]. Egli
manifesta così che Gesù è insieme il Servo sofferente che si lascia condurre in
silenzio al macello [Cf Is 53,7; 608 Ger 11,19 ] e porta il peccato delle
moltitudini [Cf Is 53,12 ] e l'agnello pasquale simbolo della redenzione di
Israele al tempo della prima Pasqua [Cf Es 12,3-14; e anche Gv 19,36; 1Cor 5,7
]. Tutta la vita di Cristo esprime la sua missione: "servire e dare la
propria vita in riscatto per molti"( Mc 10,45 )
Gesù
liberamente fa suo l'amore redentore del Padre
609
Accogliendo nel suo cuore umano l'amore del Padre per gli uomini, Gesù "li
amò sino alla fine" ( Gv 13,1 ) "perché nessuno ha un amore più
grande di questo: dare la propria vita per i propri amici" ( Gv 15,13 ).
Così nella sofferenza e nella morte, la sua umanità è diventata lo strumento
libero e perfetto del suo amore divino che vuole la salvezza degli uomini [ Cf
Eb 2,10; Eb 2,17-18; Eb 4,15; Eb 5,7-9 ]. Infatti, egli ha liberamente
accettato la sua passione e la sua morte per amore del Padre suo e degli uomini
che il Padre vuole salvare: "Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me
stesso" ( Gv 10,18 ). Di qui la sovrana libertà del Figlio di Dio quando
va liberamente verso la morte [Cf Gv 18,4-6; 609 Mt 26,53 ].
Alla
Cena Gesù ha anticipato l'offerta libera della sua vita
610
La libera offerta che Gesù fa di se stesso ha la sua più alta espressione nella
Cena consumata con i Dodici Apostoli [Cf Mt 26,20 ] nella "notte in cui
veniva tradito" ( 1Cor 11,23 ). La vigilia della sua passione, Gesù,
quand'era ancora libero, ha fatto di quest'ultima Cena con i suoi Apostoli il
memoriale della volontaria offerta di sé al Padre [Cf 1Cor 5,7 ] per la
salvezza degli uomini: "Questo è il mio Corpo che è dato per voi" (
Lc 22,19 ). "Questo è il mio Sangue dell'Alleanza, versato per molti, in
remissione dei peccati" ( Mt 26,28 ).
611
L'Eucaristia che egli istituisce in questo momento sarà il
"memoriale" [Cf 1Cor 11,25 ] del suo sacrificio. Gesù nella sua
offerta include gli Apostoli e chiede loro di perpetuarla [Cf Lc 22,19 ]. Con
ciò, Gesù istituisce i suoi Apostoli sacerdoti della Nuova Alleanza: "Per
loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella
verità" ( Gv 17,19 ) [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm. , 1752; 1764].
L'agonia
del Getsemani
612
Il calice della Nuova Alleanza, che Gesù ha anticipato alla Cena offrendo se
stesso, [Cf Lc 22,20 ] in seguito egli lo accoglie dalle mani del Padre
nell'agonia al Getsemani [Cf Mt 26,42 ] facendosi "obbediente fino alla
morte" ( Fil 2,8 ) [Cf Eb 5,7-8 ]. Gesù prega: "Padre mio, se è
possibile, passi da me questo calice!" ( Mt 26,39 ). Egli esprime così
l'orrore che la morte rappresenta per la sua natura umana. Questa, infatti,
come la nostra, è destinata alla vita eterna; in più, a differenza della
nostra, è perfettamente esente dal peccato [Cf Eb 4,15 ] che causa la morte;
[Cf Rm 5,12 ] ma soprattutto è assunta dalla Persona divina dell' "Autore
della vita" ( At 3,15 ), del "Vivente" ( Ap 1,17 ) [Cf Gv 1,4;
Gv 5,26 ]. Accettando nella sua volontà umana che sia fatta la volontà del
Padre, [Cf Mt 26,42 ] Gesù accetta la sua morte in quanto redentrice, per
"portare i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce" ( 1Pt
2,24 ).
La
morte di Cristo è il sacrificio unico e definitivo
613
La morte di Cristo è contemporaneamente il sacrificio pasquale che compie la
redenzione definitiva degli uomini [Cf 1Cor 5,7; Gv 8,34-36 ] per mezzo
dell'"Agnello che toglie il peccato del mondo" ( Gv 1,29 ) [Cf 1Pt
1,19 ] e il sacrificio della Nuova Alleanza [Cf 1Cor 11,25 ] che di nuovo mette
l'uomo in comunione con Dio [Cf Es 24,8 ] riconciliandolo con lui mediante il
sangue "versato per molti in remissione dei peccati" ( Mt 26,28 ) [Cf
Lv 16,15-16 ].
614
Questo sacrificio di Cristo è unico: compie e supera tutti i sacrifici [Cf Eb
10,10 ]. Esso è innanzitutto un dono dello stesso Dio Padre che consegna il
Figlio suo per riconciliare noi con lui [Cf 1Gv 4,10 ]. Nel medesimo tempo è
offerta del Figlio di Dio fatto uomo che, liberamente e per amore, [Cf Gv 15,13
] offre la propria vita [Cf Gv 10,17-18 ] al Padre suo nello Spirito Santo [Cf
Eb 9,14 ] per riparare la nostra disobbedienza.
Gesù
sostituisce la sua obbedienza alla nostra disobbedienza
615
"Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti
peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti
giusti" ( Rm 5,19 ). Con la sua obbedienza fino alla morte, Gesù ha
compiuto la sostituzione del Servo sofferente che offre "se stesso in
espiazione ", mentre porta "il peccato di molti", e li
giustifica addossandosi "la loro iniquità" [Cf Is 53,10-12 ]. Gesù ha
riparato per i nostri errori e dato soddisfazione al Padre per i nostri peccati
[Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1529].
Sulla
croce, Gesù consuma il suo sacrificio
616
E' l'amore "sino alla fine" ( Gv 13,1 ) che conferisce valore di
redenzione e di riparazione, di espiazione e di soddisfazione al sacrificio di
Cristo. Egli ci ha tutti conosciuti e amati nell'offerta della sua vita [Cf Gal
2,20; Ef 5,2; Ef 5,25 ]. "L'amore del Cristo ci spinge, al pensiero che
uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti" ( 2Cor 5,14 ). Nessun
uomo, fosse pure il più santo, era in grado di prendere su di sé i peccati di
tutti gli uomini e di offrirsi in sacrificio per tutti. L'esistenza in Cristo
della Persona divina del Figlio, che supera e nel medesimo tempo abbraccia
tutte le persone umane e lo costituisce Capo di tutta l'umanità, rende
possibile il suo sacrificio redentore per tutti .
617
"Sua sanctissima passione in ligno crucis nobis justificationem meruit -
La sua santissima passione sul legno della croce ci meritò la
giustificazione" insegna il Concilio di Trento [Denz. -Schönm., 1529]
sottolineando il carattere unico del sacrificio di Cristo come "causa di
salvezza eterna" ( Eb 5,9 ). E la Chiesa venera la croce cantando: "O
crux, ave, spes unica - Ave, o croce, unica speranza" [Inno "Vexilla
Regis"].
La
nostra partecipazione al sacrificio di Cristo
618
La croce è l'unico sacrificio di Cristo, che è il solo "mediatore tra Dio
e gli uomini" ( 1Tm 2,5 ). Ma, poiché nella sua Persona divina incarnata,
"si è unito in certo modo ad ogni uomo", [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 22] egli offre "a tutti la possibilità di venire in contatto,
nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale" [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 22]. Egli chiama i suoi discepoli a prendere la loro croce e a
seguirlo, [Cf Mt 16,24 ] poiché patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne
seguiamo le orme [Cf 1Pt 2,21 ]. Infatti egli vuole associare al suo sacrificio
redentore quelli stessi che ne sono i primi beneficiari [Cf Mc 10,39; Gv
21,18-19; Col 1,24 ]. Ciò si compie in maniera eminente per sua Madre,
associata più intimamente di qualsiasi altro al mistero della sua sofferenza
redentrice [Cf Lc 2,35 ].
Al
di fuori della croce non vi è altra scala per salire al cielo [Santa Rosa da
Lima; cf P. Hansen, Vita mirabilis, Louvain 1668].
In
sintesi
619
"Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture" ( 1Cor
15,3 ).
620
La nostra salvezza proviene dall'iniziativa d'amore di Dio per noi poiché
"è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di
espiazione per i nostri peccati" ( 1Gv 4,10 ). "E' stato Dio infatti a
riconciliare a sé il mondo in Cristo" ( 2Cor 5,19 ).
621
Gesù si è liberamente offerto per la nostra salvezza. Questo dono egli lo
significa e lo realizza in precedenza durante l'ultima Cena: "Questo è il
mio Corpo che è dato per voi" ( Lc 22,19 ).
622
In questo consiste la redenzione di Cristo: egli "è venuto per. . . dare
la sua vita in riscatto per molti" ( Mt 20,28 ), cioè ad amare "i
suoi sino alla fine" ( Gv 13,1 ) perché essi siano "liberati
dalla" loro "vuota condotta ereditata dai" loro
"padri" ( 1Pt 1,18 ).
623
Mediante la sua obbedienza di amore al Padre "fino alla morte di
croce" ( Fil 2,8 ), Gesù compie la missione espiatrice [Cf Is 53,10 ] del
Servo sofferente che giustifica molti addossandosi la loro iniquità [Cf Is
53,11; 623 Rm 5,19 ].
Paragrafo
3
GESU'
CRISTO FU SEPOLTO
624
"Per la grazia di Dio, egli" ha provato "la morte a vantaggio di
tutti" ( Eb 2,9 ). Nel suo disegno di salvezza, Dio ha disposto che il
Figlio suo non solamente morisse "per i nostri peccati" ( 1Cor 15,3 )
ma anche "provasse la morte", ossia conoscesse lo stato di morte, lo
stato di separazione tra la sua anima e il suo Corpo per il tempo compreso tra
il momento in cui egli è spirato sulla croce e il momento in cui è risuscitato.
Questo stato di Cristo morto è il Mistero del sepolcro e della discesa agli
inferi. E' il Mistero del Sabato Santo in cui Cristo deposto nel sepolcro [Cf
Gv 19,42 ] manifesta il grande riposo sabbatico di Dio [Cf Eb 4,4-9 ] dopo il
compimento [Cf Gv 19,30 ] della salvezza degli uomini che mette in pace
l'universo intero [Cf Col 1,18-20 ].
Cristo
nel sepolcro con il suo Corpo
625
La permanenza di Cristo nella tomba costituisce il legame reale tra lo stato di
passibilità di Cristo prima della Pasqua e il suo stato attuale glorioso di
risorto. E' la medesima Persona del "Vivente" che può dire: " Io
ero morto, ma ora vivo per sempre " ( Ap 1,18 ).
Dio
[il Figlio] non ha impedito che la morte separasse l'anima dal corpo, come
naturalmente avviene, ma egli li ha di nuovo ricongiunti l'uno all'altra con la
Risurrezione, al fine di essere lui stesso, nella sua Persona, il punto
d'incontro della morte e della vita arrestando in sé la decomposizione della
natura causata dalla morte e divenendo lui stesso principio di riunione per le
parti separate [San Gregorio di Nissa, Oratio catechetica, 16: PG 45, 52B].
626
Poiché l'"Autore della vita" che è stato ucciso [Cf At 3,15 ] è anche
il Vivente che "è risuscitato", [Cf Lc 24,5-6 ] necessariamente la
Persona divina del Figlio di Dio ha continuato ad assumere la sua anima e il
suo corpo separati tra di loro dalla morte:
La
Persona unica non si è trovata divisa in due persone dal fatto che alla morte
di Cristo l'anima è stata separata dalla carne; poiché il corpo e l'anima di
Cristo sono esistiti al medesimo titolo fin da principio nella Persona del
Verbo; e nella morte, sebbene separati l'uno dall'altra, sono restati ciascuno
con la medesima ed unica Persona del Verbo [San Giovanni Damasceno, De fide
orthodoxa, 3, 27: PG 94, 1098A].
"Non
lascerai che il tuo Santo veda la corruzione"
627
La morte di Cristo è stata una vera morte in quanto ha messo fine alla sua
esistenza umana terrena. Ma a causa dell'unione che la Persona del Figlio ha
mantenuto con il suo Corpo, non si è trattato di uno spogliamento mortale come gli
altri, perché "non era possibile che" la morte "lo tenesse in
suo potere" [At 2,24] e perciò "la virtù divina ha preservato il
Corpo di Cristo dalla corruzione" [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
III, 51, 3]. Di Cristo si può dire contemporaneamente: "Fu eliminato dalla
terra dei viventi" ( Is 53,8 ) e: "Il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo
veda la corruzione" ( Sal 16,9-10 ) [Cf At 2,26-27 ]. La Risurrezione di
Gesù "il terzo giorno" ( 1Cor 15,4; 627 Lc 24,46 ) [Cf Mt 12,40; Gn
2,1; Os 6,2 ] ne era il segno, anche perché si credeva che la corruzione si
manifestasse a partire dal quarto giorno [Cf Gv 11,39 ].
"Sepolti
con Cristo..."
628
Il Battesimo, il cui segno originale e plenario è l'immersione, significa
efficacemente la discesa nella tomba del cristiano che muore al peccato con
Cristo in vista di una vita nuova: "Per mezzo del Battesimo siamo dunque
stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai
morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in
una vita nuova" ( Rm 6,4 ) [Cf Col 2,12; 628 Ef 5,26 ].
In
sintesi
629
A beneficio di ogni uomo Gesù ha provato la morte [ Cf Eb 2,9 ]. Colui che è
morto e che è stato sepolto è veramente il Figlio di Dio fatto uomo.
630
Durante la permanenza di Cristo nella tomba, la sua Persona divina ha
continuato ad assumere sia la sua anima che il suo corpo, separati però tra di
loro dalla morte. E' per questo che il corpo di Cristo morto non ha conosciuto
la corruzione [Cf At 13,37 ].