GIOSUE EB.JEHOSHUA(Yahweh
salva]) |
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Per
prolungare la sua vittoriosa battaglia contro i cinque re presso il Gabaon,Giosuč prega il Signore di arrestare il corso del
sole. (dipinto
di Raffaello in Vaticano) |
Celebrato
come «successore di Mosč nell'ufficio profetico [...] grande per la salvezza
degli eletti di Dio» (Sir 46,1 ), Giosuč, figlio di
Nun, rappresenta un modello di obbedienza fedele
alla Legge del Signore. Viene citato per la prima volta nella Bibbia quando,
subito dopo la partenza dall'Egitto, Mosč
lo nomina difensore di Israele contro gli attacchi di Amalek
presso Refidim. Mentre Mosč osservava gli scontri
dalla cima di una collina, e Aronne
e Cur
gli tenevano le braccia alzate per
propiziare la vittoria, Giosuč «sconfisse Amalek e
il suo popolo, passandoli poi a fil di spada» (Es 17,13). Conosciuto inizialmente come Osea, che
significa "possa Yahweh salvare", il
giovane fu da Mosč ribattezzato Giosuč come riconoscimento che tutte le sue
vittorie in futuro sarebbero dipese dal Signore che combatteva per lui. La
seconda volta si parla di Giosuč come del «servo» di Mosč, il solo ammesso ad
andare con lui «sul monte del Signore» (Es 24,13)
per ricevere i Dieci Comandamenti. Pił tardi, ogni volta che Mosč lascia la
tenda sacra dove comunica con Dio, per riferire le parole di Dio al popolo
nell'accampamento, Giosuč monta la guardia presso l'entrata della tenda. Giosuč
inoltre rappresenta Efraim quando Mosč sceglie un
uomo da ognuna delle 12 tribł per mandarli a «esplorare il paese di Canaan» (Nm 13,17). Di ritorno
dalla missione, solo lui e Caleb, della tribł di Giuda, incoraggiarono il popolo a
credere che Dio avrebbe consegnato quella terra a loro; gli altri inviati
consigliarono di ritirarsi, perché gli abitanti di Canaan
sembravano pił forti degli Israeliti. Il popolo, impaurito, pensņ di
scegliersi un capo che lo riportasse in Egitto e cercņ di lapidare Giosuč e Caleb. Dio, irato, rispose affermando che nessuno di
quella generazione avrebbe visto «il paese che ho giurato di dare ai loro
padri» (Nm 14,23). Solo Giosuč e Caleb, tra tutti coloro che avevano lasciato l'Egitto,
furono destinati a entrare nella Terra Promessa. Gli altri messaggeri
morirono per un'epidemia e gli altri Israeliti furono condannati a 40 anni di
attesa nel deserto, un anno per ogni giorno della missione degli esploratori. Nonostante
le doti e la fedeltą di Giosuč, Mosč non lo scelse come successore di sua
esclusiva iniziativa, ma chiese al Signore di indicare un nuovo capo di
Israele. Affermando che «lo spirito» era in Giosuč, il Signore disse a Mosč:
«Lo farai partecipe della tua autoritą, perché tutta la comunitą degli
Israeliti gli obbedisca» (Nm 27,20). Quando Giosuč
fu davanti al sacerdote Eleazaro,
Mosč compģ tutto il rituale, imponendo le mani sull'erede designato. Eleazaro
confermņ poi la scelta con gli urim, specie di dadi che rispondevano "sģ" o
"no" alle domande poste dal sacerdote. In
seguito, Giosuč fu il capo militare durante la conquista di Canaan e il sovrintendente alla divisione della terra;
questi eventi sono ricordati nel libro che porta il suo nome. Dopo
la morte di Mosč, Dio assegnņ a Giosuč un altro ruolo. «Non si allontani
dalla tua bocca il libro di questa legge», gli comandņ il Signore, «ma
meditalo giorno e notte, perché tu cerchi di agire secondo quanto vi č
scritto» (Gs 1,8). Durante il periodo in cui guidņ
gli Israeliti, egli spesso interpretņ per loro la Legge e la lesse
pubblicamente per ricordare a tutti i termini dell'alleanza con Dio, sia le
promesse sia le richieste fatte loro dal Signore. Contemporaneamente, Giosuč
avrebbe riferito le parole del Signore che interpretavano gli eventi storici
in termini di obbedienza o di disobbedienza, a volte accompagnate da parole
nuove di giudizio e di governo. Il popolo di Israele rispose al suo nuovo
capo dicendo: «Come abbiamo obbedito in tutto a Mosč, cosģ obbediremo a tč» (Gs 1,17). |
SULLE ORME DI MOSČ Molte
delle imprese di Giosuč ricordano quelle di Mosč. Per esempio, Giosuč guidņ il
popolo attraverso il Giordano a piedi asciutti, proprio come aveva fatto Mosč
nel Mar Rosso; come lui intercedette per gli Israeliti; e scrisse la Legge su
tavole di pietra. E, come aveva fatto Mosč nel deserto, Giosuč mandņ
messaggeri in Canaan, in particolare a Gerico, una
grande cittą cinta di mura situata in un'oasi del deserto nei pressi del
Giordano, quando ancora gli Israeliti erano accampati dall'altra parte del
fiume, sull'altopiano di Moab. Lģ gli esploratori
scoprirono che gli abitanti di Gerico erano atterriti fin da quando avevano
sentito che Israele era uscito dall'Egitto, aveva oltrepassato il Mar Rosso e
distrutto eserciti nella regione al di lą del Giordano. Quando
Giosuč ricevette queste notizie dai suoi inviati, diede ordine ai sacerdoti
di condurre gli Israeliti attraverso il fiume, aprendo la processione con
l'arca dell'alleanza. Non appena i piedi dei sacerdoti toccarono l'acqua, «si
fermarono le acque che fluivano dall'alto e stettero come un solo argine» (Gs 3,16), cosicché tutti poterono passare senza bagnarsi.
Mentre attraversavano il Giordano, gli anziani delle 12 tribł raccolsero
delle pietre dal letto del fiume e con quelle pietre Giosuč costruģ un altare
in Galgala per commemorare la traversata
miracolosa. Lģ Giosuč circoncise anche tutti i maschi nati nel deserto e il
popolo celebrņ la Pasqua, mangiando prodotti di quella terra, per cui il
Signore non dovette pił provvedere la manna. Vicino
a Gerico, Giosuč incontrņ improvvisamente un uomo con una spada sguainata. Giosuč
gli chiese: «Tu sei per noi o per i nostri avversari?». L'uomo si presentņ
come «il capo dell'esercito del Signore» e disse a Giosuč di togliersi i
sandali, come aveva fatto Mosč davanti al roveto ardente, perché «il luogo
sul quale tu stai č santo» (Gs 5,13-15). Il ruolo
di Dio nella lotta contro i Cananei č evidente
nella presa di Gerico, quando Giosuč fece crollare le mura della cittą con il
suono delle trombe, e nel successivo fallimento del primo tentativo di
conquistare la piccola cittą di Ai. Nonostante
il divieto del Signore di prendere bottino in Gerico, un uomo di nome Acan si impadronģ di un bel mantello, 200
sicli d'argento e di un lingotto d'oro, e nascose
la refurtiva in una buca praticata nel suolo della sua tenda. A causa di ciņ,
i 3000 uomini mandati a conquistare Ai furono respinti e 36 di essi uccisi.
In risposta all'amaro lamento di Giosuč per la sconfitta, Dio gli disse:
«Israele ha peccato. Essi hanno trasgredito l'alleanza che avevo loro
prescritto» (Gs 7,11). L'uomo che aveva sottratto
illegalmente il bottino doveva essere punito con la morte. Gettando le sorti,
Giosuč riuscģ a identificare Acan come il ladro;
nella valle di Acor il popolo di Israele lapidņ lui
e la sua famiglia e bruciņ tutti i suoi averi, compresa la tenda, gli animali
e tutto quel che aveva rubato a Gerico. Purificati dalla colpa del peccato di
Acan, Giosuč e il suo esercito conquistarono Ai e
la diedero alle fiamme, dopo averne fatto uscire i difensori fingendo di
fuggire davanti al loro contrattacco. Dopo questi eventi, Giosuč ordinņ ai
sacerdoti di portare l'arca in cima al monte Ebal, che
č separato dal Garizim da una breve vallata. Offrģ
sacrifici su un altare eretto sul monte Ebal e poi
fece una copia in pietra della Legge di Mosč e la lesse affinché tutti la
udissero. Giosuč
era ricorso a un astuto stratagemma per prendere Ai; in seguito sarebbe perņ
stato vittima di un piano del genere. Temendo di essere sconfitti in
battaglia, gli uomini di Gabaon, una cittą situata
strategicamente sulle alture, indossate vesti sdrucite e portando solo pane
secco e otri di vino consunti, si misero in cammino per incontrare Giosuč a Galgala. Affermarono di essere venuti da una lontana
regione poiché avevano sentito parlare delle vittorie degli Israeliti. Senza
consultare il Signore, Giosuč stabilģ un'alleanza con costoro, promettendo di
lasciarli in pace. Dopo tre giorni scoprģ che provenivano dalla vicina Gabaon, ma avendo ormai giurato per il Signore
un'alleanza con loro, Giosuč non poteva rimangiarsi la parola. Per
l'imbroglio, i Gabaoniti furono ridotti in
schiavitł tra gli Israeliti. |
VITTORIE OTTENUTE DAL
SIGNORE Quando
si diffuse la notizia della sottomissione dei Gabaoniti,
cinque re si allearono per muovere guerra contro la cittą. Per l'alleanza che
aveva stretto con essa, Giosuč fu obbligato a difenderla. Dio assicurņ la
vittoria israelita facendo cadere grosse pietre dal cielo e, su richiesta di
Giosuč, arrestando il corso del sole e della luna per concedere altre ore di
luce in modo da poter inseguire il nemico. I cinque re cercarono rifugio in
una grotta di Makkeda, ma Giosuč li intrappolņ
dentro, facendo porre un masso al suo ingresso. Al termine della battaglia,
umiliņ i re, consentendo ai suoi comandanti di mettere loro il piede sul
collo, poi li impiccņ e gettņ i loro corpi nella stessa grotta dove avevano
cercato di nascondersi. Giosuč
proseguģ la conquista di altre cittą cananee,
sconfiggendo un avversario dopo l'altro. «Giosuč prese tutti questi re e il
loro paese in una sola volta, perché il Signore, Dio di Israele, combatteva
per Israele» (Gs 10,42). Al termine di quelle
battaglie, Giosuč distribuģ il paese fra le diverse tribł di Israele. Ma il
Signore disse a Giosuč: «Rimane molto territorio da occupare» (Gs 13,1), un'affermazione che presuppone un pił
complicato processo storico adombrato nel racconto biblico, in cui la
conquista di Canaan č presentata come un unico
evento. In ogni caso, Giosuč ammonģ il popolo di avere fede se voleva
ereditare il resto del paese e lo mise in guardia contro l'ira del Signore se
avesse disobbedito al suo volere con atti peccaminosi, compresi i matrimoni
con donne del posto, che avrebbero portato a un compromesso con l'idolatria. Come
ultimo atto ufficiale, Giosuč convocņ tutti i capi di Israele per una riunione
a Sichem, in cui intendeva stabilire un'alleanza. Quando
il popolo acconsentģ di buon grado, Giosuč lo ammonģ: «Voi non potrete
servire il Signore, perché č un Dio santo, č un Dio geloso; egli non
perdonerą le vostre trasgressioni e i vostri peccati» (Gs
24,19). Il popolo non si intimorģ e allora Giosuč dichiarņ che quel giorno
essi erano testimoni contro se stessi se avessero disobbedito. Poi, aggiunti
i propri statuti e ordinamenti al libro della Legge, eresse una grande pietra
sotto il terebinto, che č nel santuario del Signore, come segno dell'alleanza
rinnovata quel giorno. Poco dopo, Giosuč morģ all'etą di 110 anni - il
periodo di vita concesso anche a Giuseppe,
un segno, a quell'epoca, dell'importanza di una
persona - e fu sepolto nella sua terra, nella regione collinosa di Efraim. |