I Santi Senesi

 

 

San Bernardino da Siena

Santa Caterina da Siena

 

 

 

 

San Bernardino da Siena

 O.F.M.

Bernardino degli Albizeschi nacque a Massa Marittima, vicino Siena, l'otto settembre 1380. Era figlio del governatore di Massa, ma i suoi genitori morirono nel 1386 ed egli fu cresciuto con grande cura dalla zia Bartolomea, una donna molto religiosa. Nel 1397, dopo un corso di legge civile e canonica, egli entrò nella Confraternita della Madonna, a pochi passi dal grande ospedale di Santa Maria della Scala.

Quando la peste colpì Siena nel 1400, Bernardino si offrì di occuparsi dell'ospedale, riunendo intorno a se altri dodici giovani che volevano rischiare la propria vita per condividere il suo compito. Per quattro mesi essi lavorarono instancabilmente, molti di loro morirono e Bernardino non si riprese mai completamente. Dopo la peste, egli si prese cura della zia cieca e ormai costretta a letto e, dopo la sua morte, pregò e digiunò per conoscere il Volere Divino riguardo al suo futuro. Mentre pregava di fronte al Crocifisso, venne impressionato e rimproverato, come San Francesco, dalla sofferenza di Nostro Signore.

Distribuì il suo patrimonio in beneficenza ed indossò il saio dei Frati Minori a San Francesco di Siena, l'otto settembre 1402.

Nel 1403 dopo la professione, Bernardino si ritirò nel monastero francescano di stretta osservanza a Colombaio, fuori città. Fu ordinato l'otto settembre 1404 e, nei successivi 12 anni, predicò occasionalmente, preferendo vivere in solitudine
L'Apostolo del Santo Nome e la persecuzione

L'otto settembre 1417, andò a Milano e predicò il suo primo sermone come missionario. Nonostante fosse un forestiero, la sua eloquenza e i meravigliosi sermoni attrassero subito grandi folle. Viaggiò a piedi per tutta l'Italia e predicò in ogni città ed in ogni villaggio in cui entrò. Tutti si contendevano l'onore di ascoltarlo, ed egli era spesso obbligato a predicare nei mercati, a causa delle enormi folle che richiamava. Egli rimproverava il vizio e poi mostrava una targa su cui c'erano scritte le iniziali di Cristo "IHS": la gente si entusiasmava così tanto da scrivere queste lettere anche sulle case. A Bologna, Bernardino indusse un fabbricante di carte da gioco, che era stato rovinato dai suoi sermoni contro il gioco d'azzardo, a guadagnarsi da vivere producendo questi cartelli, e costui realizzò una piccola fortuna. La sua parola d'ordine, come quella di S. Francesco, era"Pace", quindi persuase molte città a togliere dai muri delle chiese e dei palazzi gli stemmi delle loro fazioni in guerra, ed a sostituirle con  le iniziali "IHS". Esercitò positivamente la sua eloquenza nel riconciliare Guelfi e Ghibellini e, a Crema, agli esiliati politici fu permesso di rientrare e vennero perfino restituiti i loro beni confiscati. L'usura era uno degli argomenti principali dei suoi attacchi ed egli preparò la strada per l'istituzione di società benefiche di prestito, conosciute come Monti di Pietà. Bernardino scrisse un libro dedicato all'economia, evidenziando che il commercio, al pari di tutte le altre professioni, poteva essere praticato nel rispetto della legge oppure illegalmente. E' intitolato "Sui Contratti e sull'Usura", e si occupa della proprietà privata, dell'etica del commercio, della determinazione del valore e del prezzo, e del problema dell'usura. Bernardino fu accusato di eresia, i cartelli che aveva usato per promuovere la devozione per il Santo Nome furono usate come base per abili attacchi contro di lui, e questa controversia durò otto anni. I suoi detrattori lo accusavano di incoraggiare le superstizioni, egli fu incriminato per aver introdotto una pratica religiosa, nuova e profana, che esponeva la gente al pericolo dell'idolatria. Essi affermarono che egli portava su di sé un pezzo di carta su cui era scritto il nome di Gesù e che, quando veniva mostrato ai peccatori, emetteva raggi di luce. Nel 1427, egli fu citato dinanzi a Papa Martino V, che gli riservò una fredda accoglienza e gli vietò di predicare ed usare i suoi cartelli finché la sua condotta non fosse stata esaminata.
Il processo ebbe luogo a San Pietro alla presenza del Papa l'otto giugno 1427, e S. Bernardino fu difeso da S. Giovanni da Capestrano, grande giurista e governatore di Perugia, che era entrato nell'Ordine francescano all'età di 30 anni, ed è il santo patrono dei cappellani militari (Ricorrenza: 23 ottobre). Bernardino fu prosciolto dalle accuse dopo un attento esame della sua dottrina e della sua condotta. Il Papa lo pregò di predicare a Roma ed approvò la sua elezione a Vescovo di Siena, ma egli declinò tale onore. Gli fu offerto il vescovato anche a Ferrara nel 1431 e ad Urbino nel 1435, ma egli rifiutò sempre, poiché avrebbe dovuto rinunciare alla sua vocazione primaria, quella del missionario, e disse scherzosamente che tutta l'Italia era la sua diocesi. Dopo l'ascesa di Papa Eugenio IV, i calunniatori di Bernardino rinnovarono le loro accuse contro di lui, ma il Papa li ridusse al silenzio mediante una Bolla, il 7 gennaio 1432.

 

La nuova Regola

 

Nel 1430, l'"Apostolo del Santo Nome" divenne "Vicario Generale" dei Frati della Stretta Osservanza. Egli riformò la Regola e coinvolse i frati come predicatori e maestri, insistendo sull'istruzione i teologia e diritto canonico come parte integrante del normale curriculum. Molti conventi passarono facilmente dalla Regola Conventuale a quella Osservante, ed il numero dei frati crebbe da 300 a oltre 4,000. Bernardino scrisse dei trattati sulla Beata Vergine ed opere teologiche in Latino ed Italiano, esaminando i principali aspetti dottrinali e morali della Cristianità.

 

Il suo ultimo viaggio ed i sermoni

 

Nel 1442, si dimise dalla sua carica, per cominciare un viaggio missionario, anche se la sua salute stava peggiorando. Lo iniziò nel 1444, predicando a Massa Marittima, poi continuò i suoi viaggi apostolici, dirigendosi verso il Regno di Napoli. Fu costretto a cavalcare un asino, perché era troppo debole per camminare, consumato dal suo laborioso apostolato durato quarant’anni. Non andò più lontano dell'Aquila, in Abruzzo, dove morì, giacendo sulla nuda terra, alla vigilia dell'Ascensione, il 20 maggio 1444. Avvennero numerosissimi miracoli presso la sua tomba e Papa Niccolò V lo canonizzò il 24 maggio 1450. Il 17 maggio 1472, il corpo di Bernardino fu solennemente trasferito nella nuova chiesa degli Osservanti dell'Aquila, eretta in suo onore, e racchiuso un costoso reliquiario donato da Luigi XI di Francia. Questa chiesa fu completamente distrutta dal terremoto del 1703 e fu sostituita con un'altra costruzione dove i preziosi resti mortali di S. Bernardino vengono tuttora venerati. La sua ricorrenza è il 20 maggio.
Egli fu il più grande missionario del 15° secolo ed è spesso chiamato"l'Apostolo d'Italia". Nel 1956, fu nominato patrono della pubblicità e degli inserzionisti da Papa Pio XII per la sua abilità nel rendere chiara la fede cattolica ai suoi ascoltatori mediante l'uso del linguaggio più semplice e popolare.
I suoi sermoni duravano tre o quattro ore ed erano pieni di esempi, aneddoti e digressioni. Egli si adattava ai dialetti ed ai gerghi locali, e spesso ricorreva alla mimica ed agli scherzi. Nel 1427, un tale Benedetto da Siena prese nota, parola per parola, di quarantacinque sermoni quaresimali in vernacolo. Il manoscritto originale andò perduto, ma ne esistono ancora molte antiche copie, che sono state stampate con il titolo:"Le Prediche Volgari di Siena".

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Santa Caterina da Siena

Vergine e dottore della Chiesa, patrona d'Italia

 

Siena, 25 marzo 1347 - Roma, 29 aprile 1380

Entrata nelle Mantellate, condusse una vita di penitenza e di carità verso i condannati e gli infermi. Portata al misticismo, ricevette le stigmate. Entrò in contatto con grandi personalità tra le quali Gregorio XI che convinse a riportare la sede pontificia da Avignone a Roma e dal quale ottenne diverse concessioni a favore del proprio Ordine. Le sue opere più importanti ci offrono una sintesi dell’esperienza domenicana, agostiniana, francescana e mistica con cui entrò in contatto, ravvivata dalla sua mente illuminata dall’intima unione con Dio. Insieme a San Francesco d’Assisi è Patrona d’Italia.

Lo si dice oggi come una scoperta: "Se è in crisi la giustizia, è in crisi lo Stato". Ma lo diceva già nel Trecento una ragazza: "Niuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia". Eccola, Caterina da Siena. Ultima dei 25 figli (con una gemella morta quasi subito) del rispettato tintore Jacopo Benincasa e di sua moglie Lapa Piacenti, figlia di un poeta. Caterina non va a scuola, non ha maestri. Accasarla bene e presto, ecco il pensiero dei suoi, che secondo l’uso avviano discorsi di maritaggio quando lei è sui 12 anni. E lei dice di no, sempre, anche davanti alle rappresaglie. E la spunta. Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua “cella” di terziaria domenicana (o Mantellata, per l’abito bianco e il mantello nero).
La stanzetta si fa cenacolo di artisti e di dotti, di religiosi, di processionisti, tutti più istruiti di lei. E tutti amabilmente pilotati da lei. Li chiameranno “Caterinati”. Lei impara faticosamente a leggere, e più tardi anche a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi è dettata. Con essi lei parla a papi e re, a cuoiai e generali, a donne di casa e a regine. Anche ai "prigioni di Siena", cioè ai detenuti, che da lei non sentono una parola di biasimo per il male commesso. No, Caterina è quella della gioia e della fiducia: accosta le loro sofferenze a quelle di Gesù innocente e li vuole come lui: "Vedete come è dolcemente armato questo cavaliero!". Nel vitalissimo e drammatico Trecento, tra guerra e peste, l’Italia e Siena possono contare su Caterina, come ci contano i colpiti da tutte le sventure, e i condannati a morte: ad esempio, quel perugino, Nicolò di Tuldo, selvaggiamente disperato, che lei trasforma prima del supplizio: "Egli giunse come uno agnello mansueto, e vedendomi, cominciò a ridere; e volse ch’io gli facessi il segno della croce".
Va ad Avignone, ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso papa Gregorio XI. Ma dà al Pontefice la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377. Parla chiaro ai vertici della Chiesa. A Pietro, cardinale di Ostia, scrive: "Vi dissi che desideravo vedervi uomo virile e non timoroso (...) e fate vedere al Santo Padre più la perdizione dell’anime che quella delle città; perocché Dio chiede l’anime più che le città". C’è pure chi la cerca per ammazzarla, a Firenze, trovandola con un gruppo di amici. E lei precipitosamente si presenta: "Caterina sono io! Uccidi me, e lascia in pace loro!". Porge il collo, e quello va via sconfitto. Deve poi recarsi a Roma, chiamata da papa Urbano VI dopo la ribellione di una parte dei cardinali che dà inizio allo scisma di Occidente. Ma qui si ammala e muore, a soli 33 anni. Sarà canonizzata nel 1461 dal papa senese Pio II. Nel 1939 Pio XII la dichiarerà patrona d’Italia con Francesco d’Assisi. E nel 1970 avrà da Paolo VI il titolo di dottore della Chiesa.

 

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