San Simeone il Nuovo Teologo

 

 

 

 

La vita

 

La Preghiera

 

La contemplazione della Luce divina

 

 

 

La vita

 

Simeone nacque nel 949 a Galati in Paflagonia, fu educato alla corte di Costantino Porfirogeneto. Nel 977 entrò nel monastero studita per mettersi sotto la guida di Simeone Eulabis, il Pio. Un anno dopo entrò nel monastero di S. Mamos, sotto la disciplina dell'Igumenos Antonio cui successe nella carica di superiore. Non ebbe facile vita nel monastero, la sua fedeltà intransigente, la sua dottrina coerente e coraggiosa lo posero in contrasto con le autorità ecclesiastiche, nel 1009 fu condannato dal Santo Sinodo all'esilio. Egli sosteneva che il cristiano non sviluppa pienamente la grazia del Battesimo fintanto che non arrivi alla coscienza della presenza dello Spirito Santo e non veda la luce gloriosa di Dio. Senza questa maturazione interiore è temerario fondare la propria azione cristiana nel Battesimo ed esercitare, qualora uno sia prete o vescovo, il potere di sciogliere e legare. Sbarcato a Crysopoli, restaurò un antico romitaggio dedicato a Santa Marina, fu raggiunto da un piccolo numero di discepoli, morì il 12 marzo 1022. Riportiamo di seguito il capitolo su "i tre modi di preghiera" tratto dai suoi scritti

 

 

Sui tre modi di preghiera

 

Esistono tre modi di attenzione e di preghiera, per essi l'anima può elevarsi e progredire, oppure cadere e perdersi. Chi usa di questi metodi nel modo e nel tempo giusto progredisce, chi invece li pratica inopportunamente e insipientemente si smarrisce.

L'attenzione e la preghiera sono unite inseparabilmente come il corpo è legato all'anima. L'attenzione procede e controlla i movimenti del nemico come un'avanguardia, è la prima ad ingaggiare la lotta col peccato, e ad opporsi ai pensieri malvagi che vorrebbero entrare nell'anima. La preghiera ne segue le orme, sterminando e distruggendo tutti i pensieri malvagi contro i quali l'attenzione è entrata in lotta, la sola attenzione non ha la forza di distruggerli.

Da questo combattimento contro i pensieri malvagi condotto con l'attenzione e la preghiera dipende la vita dell'anima. Servendosi dell'attenzione possiamo render pura la preghiera e compiere dei progressi; se non ci serviamo dell'attenzione per conservarla pura e la lasciamo incustodita, diventa inquinata dai pensieri malvagi e diveniamo degli inservibili falliti.

Sul primo modo dell'attenzione e della preghiera

Queste sono le caratteristiche del primo modo: uno si mette in orazione, solleva le mani, gli occhi e la mente verso il cielo, tiene fermi nella mente i pensieri di Dio, immagina i beni celesti, le schiere degli angeli e le dimore dei santi, riunisce, in una parola, nella mente quanto ha appreso dalle Sante Scritture e durante la preghiera vi si sofferma, esortando l'anima ad essere desiderosa di Dio e del suo amore. Gli può capitare in questo stato di versare delle lacrime e di piangere. Può succedere, se uno segue soltanto questo modo, che poco a poco il suo cuore s'inorgoglisca senza che lui l'avverta, e pensi che ciò che esperimenta gli venga dalla grazia di Dio come consolazione, e comincia a domandare a Dio di poter rimanere sempre in quello stato. Ma questo è segno di smarrimento, il bene quando non è compiuto come si deve non è più bene.

Se quest'uomo s'impegna in una vita solitaria totale difficilmente potrà sfuggire alla follia. Se questo per un puro caso non avvenga, gli sarà impossibile raggiungere il possesso della virtù e il calmo pensiero. Questo modo contiene un altro rischio di deviazione: uno può vedere con gli occhi del corpo delle luci e dei fulgori, gustare dei profumi soavi, sentire dei suoni e altre simili cose. Alcuni ne sono rimasti del tutto invasati, nella loro insania hanno cominciato a vagolare da un luogo all'altro; altri, scambiando il diavolo per un angelo della luce, sono rimasti ingannati, fino a diventare incorreggibili rifiutando di accogliere l'ammonimento dei fratelli. Altri, istigati dal diavolo, si sono suicidati gettandosi chi da un precipizio, chi impiccandosi. . .

Da quanto abbiamo detto non è difficile, per chi ha buon senso, comprendere quale rischio sia incluso in questo primo modo di attenzione e di preghiera (quando venga considerato come l'unico nella via della preghiera). Anche se qualcuno evita questi pericoli nel praticarlo perché vive in una comunità, ai suoi rischi sono esposti particolarmente gli eremiti, sappia che non farà nessun passo avanti nella vita spirituale.

Sul secondo modo di attenzione e di preghiera

Questo è il secondo modo di attenzione e di preghiera: l’orante ritrae la mente dagli oggetti sensibili e la raccoglie nel suo intimo; vigila sui sensi e unifica i suoi pensieri in modo che interrompano il vagabondaggio tra le vanità mondane. A volte esamina i suoi pensieri, a volte si ferma a considerare le parole che le sue labbra pronunciano; a volte ferma il pensiero quando affascinato dal diavolo vola verso qualcosa di peccaminoso e di vano; a volte, vinto da qualche passione, con grande travaglio e sforzo lotta per rientrare in sé stesso. La nota specifica di questo modo è che si svolge nella testa, i pensieri combattono contro i pensieri.

In questo combattimento contro se stesso, non si può trovare la pace, né il tempo di praticare quelle virtù che sono il coronamento della verità. Questo stato è paragonabile ad uno che lotti con i nemici, nella notte, al buio, sente le loro voci, subisce i loro colpi, ma non vede chiaramente dove siano, da dove vengano e per qual motivo stiano aggredendolo; rimane dentro la testa, mentre i pensieri malvagi escono dal cuore. La tenebra che gli avvolge la mente, la tempesta che infuria nei suoi pensieri sono la causa che impedisce di vedere la origine di questa deviazione, non riesce a sfuggire dalla presa dei demoni, suoi nemici, e a riconoscere i loro colpi. Se poi insieme a tutto questo uno vien preso dalla vanità di ritenersi vigilante su se stesso come dovrebbe, lavora inutilmente e perderà per sempre ogni ricompensa. Orgoglioso disprezza e critica gli altri e loda se stesso, considerandosi atto ad essere un pastore di uomini e di guidare gli altri diventa simile ad un cieco che vuol condurre altri ciechi.

Questi sono i caratteri del secondo modo di attenzione e di preghiera. Chi vuol raggiungere la salvezza saprà riconoscere il danno che sta arrecando all'anima sua e aprirà con cura gli occhi su se stesso. Questo modo, ciò nonostante, è migliore del primo come una notte di plenilunio è meglio di una notte senza luna.

Sul terzo modo di attenzione e di preghiera

Il terzo modo è meraviglioso ma difficile a spiegare; è insieme difficile e incredibile per chi non lo abbia mai praticato, fino al punto da esser respinto come possibile attuazione. Nel nostro tempo infatti è difficile incontrare chi pratichi questo modo di attenzione e di preghiera; verrebbe da pensare che questo dono benedetto ci abbia abbandonato insieme all'obbedienza.

Se uno osserva l'obbedienza perfetta al suo padre spirituale, si libera da ogni perplessità, avendole poste sulle spalle della sua guida. Libero da ogni attaccamento sensibile, può dedicarsi con zelo e diligenza alla pratica del terzo modo di preghiera, supponendo però che si sia posto sotto la direzione di una guida non sottoposta a smarrimenti.

Se vuoi raggiungere la salvezza comincia in questo modo: stabilisci nel tuo cuore la perfetta obbedienza alla tua guida spirituale, compi qualunque cosa con coscienza pura, alla presenza di Dio; non è possibile avere la coscienza pura senza l'obbedienza. Conserva pura la coscienza in queste tre direzioni: di fronte a Dio, di fronte alla tua guida spirituale, di fronte agli uomini e alle cose e alla realtà del mondo.

Di fronte a Dio il dovere della tua coscienza consiste nel non fare azione che, secondo la tua coscienza, non sia gradita e accetta a Dio.

Di fronte al tuo padre spirituale fa soltanto quello che ti dirà, non voler fare niente di più o di meno di quanto ti suggerisce, cammina sotto la guida della sua volontà e della sua intenzione.

Di fronte agli uomini non fare alcuna cosa che non vorresti venisse fatta a te stesso.

Di fronte alle cose il tuo dovere è di mantenere pura la tua coscienza usandola in maniera giusta, per le cose intendo il cibo, le bevande e le vesti.

Procedendo in questo modo ti appronterai un sentiero solido e diretto verso il terzo modo di attenzione e di preghiera, esso consiste essenzialmente in questo: la mente scenda nel cuore. Mentre preghi ferma l'attenzione nel cuore, percorrilo in tutti i sensi, senza mai distaccartene, e dalle profondità del cuore fa' salire a Dio la tua preghiera. Quando la mente, dimorando nel cuore, comincia a gustare quanto è buono il Signore e si sente colma di grande diletto non vorrà più abbandonare quel luogo. Contemplerà le profondità del cuore e vi rimarrà cercando e allontanando quei pensieri che il demonio vi avrà disseminato. Chi non conosce e non ha provato questo modo, lo considererà difficile e opprimente. Chi invece avrà gustato la sua dolcezza e avrà goduto nelle profondità del cuore, grida con San Paolo: "Chi potrà distaccarsi dall'amore di Cristo?..".

Osserva prima di ogni altra cosa queste tre direttive: sii libero da ogni preoccupazione, non solo riguardo a ciò che è malefico e vano ma anche a ciò che è buono, in una parola sii morto a tutto; conserva la tua coscienza in modo che nulla possa rimproverarsi; abbi il perfetto distacco da ogni attaccamento passionale, in modo da non avere alcuna inclinazione verso ciò che appartiene al mondo. Mantieni la tua attenzione in te stesso, tieni ferma la mente nel cuore, con tutti i mezzi possibili cerca di scoprire il luogo dove è il cuore; se avrai il dono di trovarlo il tuo pensiero vi dimorerà per sempre. Impegnandoti in tal modo la mente scoprirà il luogo del cuore, quando l'avrà trovato la grazia renderà la preghiera soave e ardente. La mente acquisterà la capacità di allontanare i pensieri malvagi da qualunque parte si manifestino prima che abbiano preso consistenza, facendoli dissipare con l'invocazione: "Signore Gesù abbi pietà di me! ".

Il primo e il secondo modo di attenzione e di preghiera non conducono l'uomo alla perfezione. Volendo costruire una cosa non cominciamo dal tetto ma dalle fondamenta; prima gettiamo le fondamenta poi innalziamo i muri infine edifichiamo il tetto. Altrettanto ci è richiesto per l'edificio spirituale, innanzi tutto gettiamo il fondamento: vigilando sul cuore e purificandolo dalle passioni; quindi innalziamo le mura respingendo l'assalto dei nemici che si scagliano contro servendosi dei sensi, e addestrandoci a controbattere i loro assalti il più presto possibile; dopo aver fatto questo possiamo porre mano al tetto, alla totale rinuncia a tutto per offrirci completamente a Dio. In questo modo potremo ultimare la nostra casa in Gesù Cristo, a Lui sia lode per sempre. Amen.

Filocalia , vol. V pp. 73-89.

 

 

 

 

 

La contemplazione della Luce divina

Della contemplazione della luce divina ricevuta dall'autore; come, colpito da stupore per la grandezza delle rivelazioni, si sia ricordato dell'umana debolezza e abbia condannato se stesso.

Come descrivere, Maestro, la visione del tuo volto,

come esprimere l'indicibile contemplazione della tua bellezza?

Colui che il mondo non può contenere, come lo potrà

rinserrare il suono di una parola,

come si potrebbe esprimere la tua benevolenza

per gli uomini.

Ero seduto alla luce di una fiaccola che brillava su di me

e illuminava l'oscurità e le tenebre della notte

e credevo, in questa luce, di essere occupato a leggere

come se scrutassi parole ed esaminassi propositi.

Dunque mentre meditavo, Maestro, su questi temi,

tu apparisti d'improvviso dall'alto, tanto più grande del sole,

e brillasti dai cieli nel mio cuore.

E tutto il resto, lo vedevo come un'oscurità profonda.

E in mezzo una colonna di luce fendette l'aria intera

e passò dai cieli fino a me, il povero.

Immediatamente, dimenticai la luce della lampada,

persi il ricordo di trovarmi all'interno della casa.

Stavo seduto in quella che mi sembrava essere

un'atmosfera oscura.

Dimenticai del resto il mio stesso corpo;

ti dicevo (e adesso te lo dico dal fondo del mio cuore):

“Abbi pietà di me, Maestro, abbia pietà di me, Unico!”

Di me che non ti ho mai servito, Salvatore,

che ho provocato la tua collera dalla più giovane età.

Ho praticato tutti i vizi dell'anima e del corpo,

ho commesso colpe innumerevoli, orripilanti,

più di tutti gli uomini, più di tutte le bestie,

ho superati tutti i rettili e tutte le belve.

Devi dunque provare per me misericordia,

per me che ho peccato più follemente di tutti;

perché sei tu stesso che hai detto che non sono i sani

ad avere bisogno di medici, Oh Cristo!, ma i malati.

Così, poiché sono un grave malato, gravemente negligente,

versa abbondantemente su di me la tua misericordia,

oh Verbo!».

Oh ebbrezza di luce! oh slanci del fuoco!

oh movimenti della fiamma che si operavano

in me, misero, che venivano da te e dalla tua gloria!

Gloria, io lo so e lo proclamo, è il tuo Spirito,

il tuo Spirito che divide con te, oh Verbo, la natura e l'onore.

È della stessa stirpe, della stessa gloria, della stessa essenza,

esso solo con tuo Padre e con te, Cristo, Dio dell'Universo.

Io ti adoro, e ti rendo grazie perché mi hai concesso di scoprire,

per quanto poco, la potenza della tua divinità.

Ti rendo grazie perché, mentre stavo seduto nell'oscurità,

tu ti sei rivelato a me, mi hai illuminato,

mi hai concesso di vedere

la luce del tuo volto che nessuno può reggere.

Io sono rimasto seduto nell'oscurità, lo so, ma mentre

restavo immerso, vestito di oscurità, tu sei apparso come una luce,

mi hai illuminato interamente della tua luce

e io sono diventato luce nella notte,

io che mi trovavo in mezzo all'oscurità.

E l'oscurità non ha soffocato interamente la tua luce,

né la tua luce ha cacciato l'oscurità visibile,

ma (esse sono) insieme, del tutto separate, non confuse,

lontane l'una dall'altra, naturalmente, niente affatto mescolate,

tranne che per il fatto che nello stesso luogo esse riempiono

tutto come io credo.

Così io sono nella luce, pur essendo immerso nell'oscurità

e sono anche nell'oscurità vivendo in mezzo alla luce,

eccomi nella luce, eccomi nell'oscurità

e dico: Chi mi consentirà di trovare, in seno all'oscurità, la luce

che essa non può accogliere?

Perché, come potrà l'oscurità ricevere

in sé la luce e, senza essere messa in fuga, resterà, essa, l'oscurità

in mezzo alla luce? Che temibile portento sto vedendo:

lo sdoppiamento dei miei due occhi, quelli del corpo

e quelli dell'anima.

Adesso ascolta: ti esporrò i misteri temibili di un Dio doppio,

che mi sono occorsi in quanto uomo doppio.

Egli ha preso la mia carne e mi ha dato il suo spirito

e sono diventato io stesso dio per grazia divina,

figlio di Dio ma per adozione, oh dignità, oh gloria!

(Inni, XXV, 1-66)

 

 

 

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