San Giovanni Maria Vianney

Il Santo curato d’ Ars

 

 

San Giovanni Maria Vianney Sacerdote

4 agosto – Memoria

Dardilly (Lione, Francia), 8 maggio 1786 - Ars-sur-Formans       (Ain, Francia), 4 agosto 1859

 

Di famiglia contadina, nonostante fosse del tutto privo della prima formazione, riuscì ad essere ordinato sacerdote principalmente perché ritenuto un modello di pietà. Divenuto curato di Ars-en-Dombes, si dedicò all'evangelizzazione del paese soprattutto attraverso l'esempio della sua bontà e carità, sempre torturato dal pensiero della propria inadeguatezza. Dieci anni dopo il suo arrivo, il paese di Ars era gremito di fedeli ed egli, a cui inizialmente era stato vietato di confessare, fu uno dei più illuminati "confessori" della storia della Chiesa, a dimostrazione che non sempre sono necessarie la filosofia e la teologia per avvicinare le anime a Dio e per guidare le coscienze.

 

 

Contro la sua volontà di farsi prete sembra congiurare l’universo intero: la famiglia povera, il padre ostile, la Rivoluzione che scristianizza la Francia; poi Napoleone lo chiama soldato e lui diserta per non dover servire l’uomo che ha imprigionato papa Pio VII (lo salva il fratello François, arruolandosi al posto suo). Diventa infine prete a 29 anni nell’agosto 1815, mentre gli inglesi portano Napoleone prigioniero a Sant’Elena.
Ma i suoi studi sono stati un disastro, e non solo per la Rivoluzione: è lui che non ce la fa col latino, non sa argomentare né predicare... Per farlo sacerdote c’è voluta la tenacia dell’abbé Charles Balley, parroco di Ecully, presso Lione: gli ha fatto scuola in canonica, l’ha avviato al seminario, lo ha riaccolto quando è stato sospeso dagli studi. Dopo un altro periodo di preparazione, l’ha poi fatto ordinare sacerdote a Grenoble.
E Giovanni Maria Vianney, appena prete, torna a Ecully come vicario dell’abbé Balley, che però muore nel 1817. Allora lo mandano vicino a Bourg-en-Bresse, ad Ars, un borgo con meno di trecento abitanti, che diventerà parrocchia soltanto nel 1821.
Poca gente, frastornata da 25 anni di sconquassi. E tra questa gente lui, con un suo rigorismo male accetto, con la sua impreparazione, tormentato dal sentirsi incapace. Aria di fallimento, angoscia, voglia di andarsene...
Ma dopo alcuni anni ad Ars viene gente da ogni parte. Quasi dei pellegrinaggi. Vengono per lui, conosciuto in altre parrocchie dove va ad aiutare o a supplire parroci, specie nelle confessioni. Le confessioni: ecco perché vengono. Questo curato deriso da altri preti, e anche denunciato al vescovo per le “stranezze” e i “disordini”, è costretto a stare in confessionale sempre più a lungo.
E ormai ascolta anche il professionista di città, il funzionario, la gente autorevole, chiamata ad Ars dai suoi straordinari talenti nell’orientare e confortare, attirata dalle ragioni che sa offrire alla speranza, dai mutamenti che il suo parlare tutto minuscolo sa innescare.
E qui potremmo parlare di successo, di rivincita del curato d’Ars, e di una sua trionfale realizzazione. Invece continua a credersi indegno e incapace, tenta due volte la fuga e poi deve tornare ad Ars, perché lo aspettano in chiesa, venuti anche da lontano.
Sempre la messa, sempre le confessioni, fino alla caldissima estate 1859, quando non può più andare nella chiesa piena di gente perché sta morendo. Paga il medico dicendogli di non venire più: ormai le cure sono inutili. Annunciata la sua morte, "treni e vetture private non bastano più", scrive un testimone. Dopo le esequie il suo corpo rimane ancora esposto in chiesa per dieci giorni e dieci notti. Papa Pio XI lo proclamerà santo nel 1925.

 

PAROLE DI GIOVANNI MARIA VlANNEY SUL SACERDOTE

 

Se avessimo fede, vedremmo Dio nascosto neL sacerdote come una luce dietro il vetro, come il vino mescolato all'acqua.

 

Quando iL sacerdote è all'altare o sul pulpito, dobbiamo guardarlo come se fosse Dio stesso.

 

Quanto è grande il sacerdote! Se egli si comprendesse, morirebbe. .. Dio gli ubbidisce: dice due parole e Nostro Signore scende dal cielo.

 

Se non vi fosse il sacramento dell'Ordine non avremmo Nostro Signore. Chi è che lo ha messo la, nel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto l'anima nostra al suo ingresso nella vita ? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l'ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest'anima viene a morire, chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote.

 

Solo in cielo si comprenderà la felicità di celebrare la messa.

 

Il sacerdote non è sacerdote per sé. Non può assolvere se stesso. Non può amministrare i sacramenti a se stesso. Egli non è per se stesso: è per voi.

 

Non sarebbe male se un sacerdote morisse a forza di fatiche e di pene sopportate per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

QUALCHE PAROLA SULLA SOFFERENZA E LA PENITENZA

 

Possiamo diventare santi, se non con l'innocenza, almeno attraverso la penitenza.

 

Ci lamentiamo della sofferenza; avremmo ben più motivo di lamentarci se non soffrissimo, perché non vi è nulla che ci renda più simili a Nostro Signore. Oh, come è bella l'unione dell'anima con Nostro Signore Gesù Cristo attraverso l'amore alla croce!

 

Quanto e consolante soffrire innanzi a Dio, sotto i suoi occhi, e poter dire alla sera, nell'esame di coscienza: «Coraggio, anima mia, oggi hai avuto due o tre ore di somiglianza con Gesù Cristo. Sei stata flagellata, coronata di spine, crocifissa con lui!...»

 

Bisogna sempre avere Dio in vista. Gesù Cristo nella pratica e se stessi nel sacrificio.

 

Se amassimo Dio, saremmo felici di soffrire per amore di colui che si è degnato di soffrire per noi.

 

La croce è la scala per il cielo.

 

La croce è la chiave che apre la porta del cielo.

 

La croce è la lampada che illumina il cielo e la terra.

 

PAROLE SULLA POVERTA’

 

Più ci rendiamo poveri per amore di Dio, più siamo veramente ricchi.

 

Non ho mai visto nessuno rovinarsi facendo opere buone.

 

Una vecchia sottana si intona bene con una vecchia pianeta.

 

Gli amici dei poveri sono gli amici di Dio.

 

Spesso crediamo di dare sollievo a un povero, e si da il caso che sia Nostro Signore.

 

Non bisogna mai disprezzare i poveri, perché quel disprezzo ricade su Dio.

 

Avete voglia di pregare il Buon Dio, di passare la vostra giornata in chiesa; ma pensate che sarebbe molto utile lavorare per i poveri che conoscete e che sono in grande necessità. Questo è molto più gradito a Dio della vostra giornata passata ai piedi del santo tabernacolo.

 

Se avete tanto date tanto; se avete poco, date poco; ma date di cuore e con gioia.

QUANTO È BELLA LA PREGHIERA!

 

La preghiera non è altro che una unione c on Dio.

 

In questa intima unione, 'Dio e l'anima sono come due pezzi di cera che si fondono insieme.

 

Non dovremmo perdere la presenza di Dio, proprio come non perdiamo il respiro.

 

Alcuni si immergono nella preghiera come un pesce nell'acqua.

 

Per pregare bene, non c'è bisogno di parlare tanto. Sappiamo che il Buon Dio è la, nel santo Tabernacolo: gli apriamo il nostro cuore, godiamo della sua santa presenza. E questa la preghiera migliore.

 

La preghiera è come il fuoco, che fa dilatare i palloni e li spinge verso il cielo.

 

Più preghiamo, più vorremmo pregare. Come un pesce che prima nuota alla superficie dell'acqua, poi si immerge e si spinge sempre innanzi.

 

Il Buon Dio è contento di essere importunato. L'uomo è un povero che deve chiedere tutto a Dio.

 

Dobbiamo pregare con molta semplicità e dire: «Mio Dio, ecco un'anima molto povera, che non ha niente, non può far niente; fammi la grazia di amarti, di servirti e di riconoscere che sono un nulla».

 

Il Buon Dio non ha bisogno di noi: se ci comanda di pregare, è solo perché vuole la nostra felicità, e la nostra felicità può trovarsi solo in questo.

 

Oh, quanto è bella la preghiera!

 

 

Quello che diceva il Curato d’Ars sul Sacramento del Perdono

 

Il sacramento della penitenza, nel quale Dio sembra dimenticare la sua giustizia, per manifestare solo la sua misericordia.

 

Nel sacramento della penitenza, Dio ci mostra la sua misericordia e ce ne rende partecipi all’infinito.

 

Per ricevere il sacramento della penitenza, occorrono tre cose. La fede, che ci fa vedere Dio presente nel sacerdote. La speranza, che ci fa credere che Dio ci farà la grazia del perdono. La carità, che ci fa amare Dio e ci mette nel cuore il dolore di averlo offeso.

 

Bisogna impiegare più tempo a chiedere la contrizione che a esaminarsi.

 

Al momento dell’ assoluzione, il Buon Dio si getta i nostri peccati dietro le spalle, cioè li dimentica, li annienta: essi non torneranno più.

 

Non è il peccatore che orna a Dio per chiedergli perdono, ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa tornare a lui.

 

 

 

 

Torna a: Un Santo per Amico