SANTI MISTICI

 

 

SANTA TERESA DI GESU' D'AVILA

 

SAN GIOVANNI DELLA CROCE

 

SANTA GEMMA GALGANI

 

 

 

 

 

SANTA TERESA DI GESU' D'AVILA

vergine e dottore della Chiesa

 

Teresa de Ahumada y Cepada nacque a Avila, in Spagna, il 28 marzo 1515 da una nobile ed antica famiglia. Fin dall’infanzia si distinse per grande amore alla lettura della Sacra Scrittura e fu animata dal desiderio del martirio.
A vent’anni entrò nel Carmelo di Avila e fece grandi progressi nella via della perfezione e ebbe rivelazioni mistiche. L’Ordine seguiva allora osservanze mitigate, Teresa riformò allora il suo Carmelo, e con l’aiuto di s. Giovanni della Croce fondò una serie di case per carmelitani e carmelitane "scalzi", riportando in esse la purezza e l'austerità delle origini carmelitane.

Santa Teresa è una delle più grandi mistiche della Chiesa; scrisse libri di profonda dottrina e le sue opere sono annoverate tra i capolavori della letteratura spagnola.
Fedele alla Chiesa e nello spirito del Concilio di Trento Teresa contribuì al rinnovamento dell'intera comunità ecclesiale..
Morì il 4 ottobre 1582 a Alba de Tormes, che divenne per la correzione gregoriana del calendario istiutita il giorno dopo, il 15 ottobre.
Fu canonizzata il 12 marzo 1622 da Papa GregorioXV e Papa Paolo VI il 27 settembre 1970 le riconobbe il titolo di dottore della Chiesa.

 

 

Dalle "Opere" di santa Teresa d’Avila, vergine
Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ho sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi. Ne ho fatto molte volte l’esperienza, e me l’ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. E’ da lui, Signore nostro, che ci vengono tutti i beni. Egli ci istruirà. Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto. Che cosa possiamo desiderare di più, quando abbiamo al fianco un così buon amico che non ci abbandona mai nelle tribolazioni e nelle sventure, come fanno gli amici del mondo? Beato colui che lo ama per davvero e lo ha sempre con sé! Ho considerato e ho appreso che alcuni santi molto contemplativi, come Francesco, Antonio da Padova, Bernardo, Caterina da Siena, non hanno seguito altro cammino. Bisogna percorrere questa strada con grande libertà, abbandonandoci nelle mani di Dio. Ogni volta poi, che pensiamo a Cristo, ricordiamoci dell’amore che lo ha spinto a concederci tante grazie e dell’accesa carità che Dio ci ha mostrato dandoci in lui un pegno della tenerezza con cui ci segue: amore infatti domanda amore. Perciò sforziamoci di considerare questa verità e di eccitarci ad amare. Se il Signore ci facesse la grazia, una volta, di imprimerci nel cuore questo amore, tutto ci diverrebbe facile e faremmo molto, in breve e senza fatica.

Teresa di Gesù, riformatrice dell’Ordine Carmelitano, santa, beatificata nel 1614 e canonizzata nel 1622, ebbe un particolare culto a S. Maria della Scala [Roma], dove si conserva la reliquia del piede destro. Fin dal 1602 la si commemorava solennemente in questa chiesa ogni 5 ottobre. La cerimonia si svolgeva alla presenza del Collegio Cardinalizio, a cui spesso si univa anche il Pontefice. La reliquia, dono dei Carmelitani Scalzi della Congregazione di Spagna, fu consegnata il 10 maggio 1617 in un prezioso reliquiario d’argento; oggi è riposta in uno di bronzo dorato.

 

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SAN GIOVANNI DELLA CROCE

Sacerdote e dottore della Chiesa

Fontiveros, Spagna, c. 1540/2 - Ubeda, 14 dicembre 1591

 

E' fra i grandi maestri e testimoni dell'esperienza mistica. Entrato nel carmelo ebbe un'accurata formazione umanistica e teologica. Condivise con santa Teresa d'Avila il progetto di riforma dell'Ordine Carmelitano che attuò e visse con esemplare coerenza. Il Signore permise che subisse dolorose incomprensioni da parte dei confratelli d'ordine e di Riforma .

In questo cammino di croce, abbracciato per puro amore, ebbe le più alte illuminazioni mistiche di cui è cantore e dottore nelle sue opere:' La salita del Carmelo', 'La notte oscura dell'anima', 'Il cantico spirituale' e 'La fiamma viva di'amore'. Fra le più alte voci della lirica spagnola, è il mistico 'del nulla e del tutto', guida sapiente di generazioni di anime alla contemplazione e all'unione con Dio.

 

Quale anno di nascita più probabile viene indicato il 1540, a Fontiveros (Avila, Spagna). Rimase ben presto orfano di padre e dovette trasferirsi con la mamma da un luogo all'altro, mentre portava avanti come poteva i suoi studi e cercava di guadagnarsi la vita. A Medina, nel 1563, vestì l'abito dei Carmelitani e dopo l'anno di noviziato ottenne di poter vivere secondo la Regola senza le mitigazioni. Sacerdote nel 1567 dopo gli studi di filosofia e teologia fatti a Salamanca, lo stesso anno si incontrò con S. Teresa di Gesù, la quale da poco aveva ottenuto dal Priore Generale Rossi il permesso per la fondazione di due conventi di Carmelitani contemplativi (poi detti Scalzi), perchè fossero di aiuto alle monache da lei istituite. Dopo un altro anno - durante il quale si accordò con la Santa - il 28 novembre 1568 fece parte del primo nucleo di riformati a Duruelo, cambiando il nome di Giovanni di S. Mattia in quello di Giovanni della Croce.
Vari furono gli incarichi entro la riforma. Dal 1572 al 1577 fu anche confessore-governatore del monastero dell'Incarnazione di Avila (non della riforma, ma vi era priora S.Teresa, all'inizio). Ed in tale qualità si trovò coinvolto in un increscioso incidente della vita interna del monastero, di cui fu ritenuto erroneamente responsabile: preso, rimase circa otto mesi nel carcere del convento di Toledo, da dove fuggì nell'agosto 1578; in carcere scrisse molte delle sue poesie, che più tardi commentò nelle sue celebri opere.
Dopo la vicenda di Toledo, esercitò di nuovo vari incarichi di superiore, sino a che il Vicario Generale (nel frattempo la riforma aveva ottenuto una certa autonomia) Nicola Doria fece a meno di lui nel 1591. E non fu questa l'unica "prova" negli ultimi tempi della sua vita, per lui che aveva dato tutto alla riforma: sopportò come sanno fare i santi. Morì tra il 13 e il 14 dicembre 1591 a Ubeda: aveva 49 anni.
Il suo magistero era fondamentalmente orale; se scrisse, fu perchè ripetutamente richiesto. Tema centrale del suo insegnamento che lo ha reso celebre fuori e dentro la chiesa cattolica è l'unione per grazia dell'uomo con Dio, per mezzo di Gesù Cristo: dal grado più umile al più sublime, in un itinerario che prevede la tappa della via purgativa, illuminativa e unitiva, altrimenti detta dei principianti, proficienti e perfetti. Per arrivare al tutto, che è Dio, occorre che l'uomo dia tutto di sé, non con spirito di schiavitù, bensì di amore. Celebri i suoi aforismi: "Nella sera della tua vita sarai esaminato sull'amore", e "dove non c'è amore, metti amore e ne ricaverai amore". Canonizzato da Benedetto XIII il 27 dicembre 1726, venne proclamato Dottore della Chiesa da Pio XI il 24 agosto 1926.

 

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SANTA GEMMA GALGANI

1878-1903

 

 

La storia di questa Santa, così vicina a noi nel tempo (1878 - 1903) e nelle abitudini della vita quotidiana, ha dell'incredibile, per i fenomeni mistici di cui fu protagonista. In certi periodi della sua tormentata esistenza sopportò vessazioni di ogni genere. Il demonio le appariva persino nelle sembianze del confessore per suggerirle delle oscenità. Altre volte le compariva come un angelo luminoso; smascherato, svaniva in una grande fiamma rossa che lasciava a terra un mucchio di cenere.

 

Spesso la picchiava, lasciandola poi esanime sul pavimento, dove la trovavano col volto tumefatto e le ossa slogate.
Era tuttavia confortata sovente dalla compagnia di Cristo, della Vergine e del suo Angelo custode. Così raccontò lei stessa, per obbedienza, gli avvenimenti che presiedettero al misterioso fenomeno della ricezione delle stimmate: «Eravamo alla sera dell'8 giugno 1899, quando, tutt'ad un tratto, mi sento un intenso dolore dei miei peccati... Comparve Gesù, che aveva tutte le ferite aperte; ma da quelle ferite non usciva più sangue, uscivano come fiamme di fuoco, che vennero a toccare le mie mani, i miei piedi, il mio cuore. Mi sentii morire...».
Le piaghe apèrtesi riapparivano ogni settimana dalle ore 20 del giovedì alle 15 del venerdì, accompagnate dall'estasi. Davanti a questi misteriosi fenomeni, divenuti presto motivo di curiosità, la gente del rione, a Lucca, in via de' Borghi dove Gemma abitava, coniò subito un'espressione molto pertinente: «la ragazzina della grazia». Era una ragazzina cresciuta molto presto, maturata dall'esperienza del dolore.
Figlia del farmacista di Camigliaio, in provincia di Lucca, a otto anni, mortale la mamma, dovette accudire ai sette fratelli. Pochi anni dopo le morì anche il padre e lei, guarita prodigiosamente da una malattia che da tanto la affliggeva, domandò di entrare in convento, ma la sua richiesta venne respinta. Accolta in casa del cavaliere Matteo Giannini, vi condusse vita molto ritirata, serena e obbediente alle direttive del padre spirituale e delle suore passioniste che si presero cura di lei. Celava sotto i guanti e il modestissimo abito i segni della sua partecipazione alla passione di Cristo.
Intanto le manifestazioni della sua santità avevano varcato i confini del rione e della cittadina. Molti, che avevano bussato alla sua casa spinti solo dalla curiosità, ne uscirono mutati nell'animo. La malattia ossea che l'aveva colpita in giovane età riprese a farla soffrire atrocemente. Comprese che ormai il suo calvario stava per finire. Ma nella sua umiltà non riteneva di aver sufficientemente pagato con la moneta della sofferenza il privilegio di essere associata alla passione di Cristo. Morì a 25 anni, nel 1903. Era la mattina del sabato santo.

 

 

Giovedì 8 giugno 1899, ottava del Corpus Domini e vigilia della festa del Sacro Cuore di Gesù, S. Gemma riceve il dono delle stimmate, che da quel giorno ricompaiono puntualmente ogni settimana.

Le stimmate nel racconto di Gemma:

"Il giorno 8 giugno 1899, dopo la Comunione, Gesù mi avvisò che quella sera stessa mi avrebbe fatta una grazia grandissima. Il giorno stesso andai poi a confessarmi e lo dissi a Monsignore, e rispose che stessi bene attenta a riferirgli dopo ogni cosa.

 

Eravamo alla sera: tutto ad un tratto, più presto del solito mi sento un intenso dolore dei miei peccati; ma lo provai così forte, che non l' ho più sentito; quel dolore mi ridusse quasi direi lì lì per morire. Dopo di questo mi sento raccogliere tutte le potenze dell'anima: l'intelletto non conosceva che i miei peccati e l'offesa di Dio; la memoria tutti me li ricordava, e mi faceva vedere tutti i tormenti che Gesù aveva patito per salvarmi; la volontà me li faceva detestare e promettere di voler tutto soffrire per espiarli. Un mucchio di pensieri si volsero tutti alla mente: erano pensieri di dolore, di amore, di timore, di speranza e di conforto. Al raccoglimento interno successe ben presto il rapimento dei sensi, ed io mi trovai dinanzi alla Mamma mia Celeste che aveva alla sua destra l'Angelo mio Custode, che per primo mi comandò di recitare l'atto di contrizione. Dopo che l'ebbi terminato, la Mamma mi rivolse queste parole: "Figlia, in nome di Gesù ti siano rimessi tutti i peccati". Poi soggiunse: "Gesù mio Figlio ti ama tanto e vuol farti una grazia; saprai tu rendertene degna?" La mia miseria non sapeva che cosa rispondere. Soggiunse ancora: "lo ti sarò Madre, ti mostrerai tu mia vera figlia?" Aperse il manto e con esso mi ricoprì. In quell'istante comparve Gesù, che aveva tutte le ferite aperte, ma da quelle ferite non usciva più sangue, uscivano come fiamme di fuoco che in un momento solo quelle fiamme vennero a toccare le mie mani e i miei piedi e il cuore. Mi sentii morire, sarei caduta in terra, ma la Mamma mi sorresse, ricoperta sempre col suo manto. Per parecchie ore mi convenne rimanere in quella posizione. Dopo, la Mamma mia mi baciò nella fronte, e tutto disparve e mi trovai in ginocchio in terra, ma mi sentivo ancora un dolore forte alle mani, ai piedi e al cuore. Mi alzai per mettermi sul letto, e mi accorsi che da quelle parti, dove mi sentiva, usciva del sangue. Mi coprii alla meglio quelle parti, e, poi, aiutata dall'Angelo mio, potei montare sul letto. Quei dolori, quelle pene, anziché affliggermi, mi recavano una pace perfetta. La mattina a stento potei andare a fare la Comunione, e mi misi un paio di guanti, tanto per nascondermi le mani. Non potevo reggermi in piedi; ad ogni momento credevo di morire. Quei dolori mi durarono fino alle ore 3 del pomeriggio di Venerdì, festa solenne del S. Cuore di Gesù. Questa cosa per primo dovevo dirla al Confessore, ma invece più volte andai a confessarmi senza mai dirgli nulla; esso più volte me lo domandava, ma io rispondevo di no". (Autobiografia 261-262)

"Trascorse intanto parecchio tempo, e ogni giovedì sera, circa le 8 e prima, sentivo i soliti dolori; ogni volta però che mi accadeva in questo modo, sentivo prima di tutto un dolore così forte e intenso dei miei peccati, che quello mi cagionava più dolore che i dolori delle mani e dei piedi, del capo e del cuore: questo dolore dei peccati mi riduceva a uno stato di tristezza da morire. Però anche con questa grazia di Dio non miglioravo punto, ogni giorno commettevo peccati senza numero, disubbidienze, al Confessore non gli ero mai nulla sincera e sempre nascondevo qualche cosa. L'Angelo mio custode più volte mi avvisava, dicendomi che se ne sarebbe partito per non farsi più vedere, se avessi continuato in quel modo: io non obbedii ed esso se ne andò, ovvero si nascose per più tempo". (Autobiografia 263)

 

 

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