Santa Teresa Manetti

 

 

Eccomi, Signore, davanti a Te.

 

 

 

Teresa Manetti, familiarmente chiamata Bettina, nasce a Campi Bisenzio, alle porte di Firenze, il 2 marzo 1846. All’età di tre anni perde  il padre. Questo evento segna profondamente la vita della famiglia, come anche il carattere della piccola Teresa, che sarà forte e volitivo, quanto aperto e generoso. La fortezza nella prova, d’esperienza della povertà, l’abbandono alla Provvidenza, il senso del sacrificio…: sono questi gli  atteggiamenti che Teresa imparò fin da piccola, soprattutto grazie all’esempio e all’educazione della mamma, donna forte e di fede profonda. Dopo un’adolescenza spigliata e vivace, trascinatrice persino nel modo di vestire e atteggiarsi, a 19 anni avverte, irresistibile, la chiamata di Dio ad una sequela radicale. Sulle orme del Carmelo Teresiano, nel 1874 insieme a due compagne si trasferisce in una casetta presso l’argine del fiume Bisenzio. Nasce, così, l’Istituto delle Suore Carmelitane di Firenze. La sua passione per Cristo, adorato nell’ Eucaristia e servito nei fratelli, la spinge a fondare altre case nel resto dell’Italia e in terra di missione (Libano, Israele, Brasile, Repubblica Ceca), aprendosi ai bisogni di ogni tempo e luogo. Muore nel  1910 consumata da una lunga e dolorosa malattia.

Il cuore della sua famiglia religiosa è ancora oggi uno stile di vita contemplativo, che si esprime in momenti quotidiani di orazione e preghiera liturgica, in un’intensa vita di fraternità. Da questo cuore fluisce, in collaborazione con sacerdoti e laici, il servizio apostolico.

 

La beata Teresa Maria della Croce, ha sempre avuto fin dalla giovinezza un’attrazione particolare per la SS. Eucaristia.

L’Adorazione perpetua fu uno dei Suoi sogni più cari e per il quale lottò a lungo contro difficoltà materiali e incomprensioni.

Una volta fondato l’Istituto, iniziò ad organizzare giornate o notti di preghiera nelle prime case, finché giunse alla costruzione di una chiesa dedicata esclusivamente a questo: la chiesa del Corpus Domini a Firenze.

L’opera dell’Adorazione perpetua fu inaugurata l’11 gennaio 1902, grazie all’amore e alla dedizione della Madre fondatrice. Non sempre è stato facile mantenere in vita l’adorazione nel corso degli anni.

Uno dei momenti più critici fu l’epidemia della “ spagnola”, negli Anni della prima guerra mondiale, che decimò le comunità. Ma la seconda guerra fu ancora più dura.

Il Convento e la chiesa del Corpus Domini erano al centro di una zona di obiettivi militari che subirono pesanti bombardamenti.

Le suore continuarono l’adorazione in un rifugio sotterraneo del convento, e non l’abbandonarono mai, neanche quando il comando tedesco ordinò lo sfollamento della zona. Da allora, come segno di ringraziamento a Dio che salvò l’opera e la vita delle suore, due lampade ardono giorno e notte sul presbitero della chiesa. Anche durante l’alluvione del 1966, Gesù fu trasportato e adorato nei piani superiori della casa.

Così il precetto della regola carmelitana di “ meditare giorno e notte la legge del Signore vegliando in preghiere” è stato ed è ancora garantito da una Presenza reale davanti alla quale sostare. Una Presenza da custodire in ogni momento della giornata, nel lavoro come nel riposo.

 

 

 

La vita scorreva e loro pregavano, giorno e notte

Da cent'anni è lì nascosto il cuore di Firenze

Dal 1902 a oggi sono passati cent'anni dacché nel centro della città di Firenze, in una piccola chiesa si fa l'adorazione al Sacramento esposto solennemente sull'altare.
Attualmente per pochi giorni le grandi cattedrali si riempiono di fedeli; hanno una loro ragione di sussistere come proclamazione solenne di tutta una comunità umana che riconosce in Cristo il suo Salvatore, ma forse è nell'umile chiesa delle
"Carmelitane di Firenze" che è il cuore della città. In questa piccola chiesa, giorno dopo giorno, senza che mai sia stata interrotta l'adorazione a Gesù nell'Eucaristia, si sono avvicendate le suore e i fedeli nell'adorazione. È Lui il Re che viene onorato. Il suo nascondimento sotto le specie del Pane lo ha reso più vicino ad ognuno di noi, ci ha insegnato quali sono le virtù che meglio possono contribuire alla vita degli uomini, alla vita delle nazioni.
È in questa adorazione fervida e umile insieme che il nostro Dio si fa nostro compagno, nostro aiuto, nostra viva speranza, nostro alimento all'amore dei fratelli. Non è questo forse lo stile di Dio? Se Dio è amore, non è forse questa umiltà che meglio rivela il dono che Egli ci ha fatto di sé?
In questo suo nascondimento Egli non solo si dona a noi senza misura, ma vuole anche associare gli uomini alla sua adorazione al Padre. Certo, Egli è Dio, ma facendosi uomo Egli si è fatto veramente nostro compagno e nostro aiuto per vivere una vocazione che rimane sempre una partecipazione alla sua vocazione umana. Noi adoriamo Gesù presente nell' Eucarestia, sappiamo tuttavia che non è Lui il termine ultimo della nostra adorazione, ma piuttosto noi siamo associati al Figlio di Dio nella sua adorazione al Padre. È da questa umile chiesa che sale al Padre Celeste l'adorazione e la lode degli uomini a Dio. In questa chiesa nascosta tra i palazzi la città vive l'atto supremo della sua fede, l'atto supremo dell'adorazione stessa del Cristo al suo Padre Celeste.
Per questo è in questa chiesetta il cuore della città. Dobbiamo ricordare il giorno in cui è iniziata l'adorazione che non si è più interrotta nemmeno nei momenti più gravi di questi cento anni: i bombardamenti della guerra, l'alluvione.
Quanto deve la città alle suore che si avvicendano giorno e notte in questo servizio di amore? Ricordare che sono passati cent'anni dal giorno nel quale fu esposto il Santissimo è un dovere per tutti i fiorentini. Questa è la grazia che le suore ci hanno fatto: di non anteporre gli uomini a Dio, il servizio ai fratelli all'adorazione del Padre. È dunque un atto di riconoscenza quello che noi vogliamo compiere con queste poche parole, sicuri che le suore non verranno meno all'impegno che si sono prese cent'anni fa di fare sì che perennemente la città viva il riconoscimento del primato di Dio nel senso vivo di questa presenza nascosta ma reale, di questa presenza segreta ma operante nel cuore degli uomini.
 
Divo Barsotti (da: avvenire )

 

 

 

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