MICHEA Eb.MIKAYAHU(“colui che è come Yahweh”)

 

Il profeta Michea ( opera del miniaturista francese Andrè Beauneveu, 1360-1403).

 

All'inizio dell'omonimo libro biblico, di Michea si dice che veniva da Moreset, un piccolo villaggio al confine della Filistea, una trentina di chilometri a sud-ovest di Gerusalemme. Il passo ricorda poi che egli profetava fuori della sua patria, forse in Gerusalemme, e che quel suo luogo di origine era più facilmente riconoscibile dai suoi uditori del nome della sua famiglia. Ma il ridotto numero di oracoli a lui attribuiti e giunti fino a noi non hanno altro riferimento storico se non l'epoca del suo ministero, intorno alla seconda metà dell'VIII secolo a.C. e l'inizio del VII, cioè durante i regni di tre re di Giuda: Iotam, Acaz ed Ezechia, che governarono tra il 742 e il 687 a.C.

Ciascuno dei tre re dovette scegliere se difendere i confini di Giuda dall'Assiria, oppure, come nel caso di Ezechia, sottomettersi come vassallo. In ogni caso, dovevano essere imposte pesanti tasse per mantenere l'esercito o per pagare il tributo all'Assiria. Sottoposti a dure e opprimenti condizioni economiche, quasi tutti i cittadini di Gerusalemme vivevano dunque al limite della sussistenza ed erano diventati facile preda dei loro corrotti governanti. In difesa della maggioranza immiserita che abitava in Gerusalemme e nei villaggi della provincia, Michea fustigava i ricchi possidenti che opprimevano i poveri, i giudici avidi che trattavano ingiustamente il popolo e i profeti opportunisti che offrivano solo false speranze di pace.

Sebbene non si abbiano informazioni sulla persona di Michea, la sua reputazione di oppositore profetico dei re era talmente ben nota da essere citato più di 70 anni dopo, durante il regno di Ioiakim. Difendendo il profeta Geremia, alcuni anziani ricordarono che, quando Michea aveva proferito infausti presagi contro Giuda, Ezechia saggiamente gli aveva risparmiato la vita. Essi citarono le parole esatte del profeta: «Sion sarà arata come un campo e Gerusalemme diverrà un mucchio di rovine, il monte del Tempio un'altura selvosa» (Mic 3, 12; Ger 26,18). Le dure critiche di Michea avevano provocato il pentimento di Ezechia, e gli anziani rammentavano come Dio, in risposta, avesse allontanato il castigo minacciato, promettendo pace dalle aggressioni straniere durante la vita del re.

Come molti altri profeti dell'Antico Testamento, compreso il suo contemporaneo più anziano Isaia, Michea era un inviato di Dio e non un semplice analista politico. Quando il popolo reagiva alle parole di Michea, in realtà rispondeva a Dio stesso più che alle opinioni personali del profeta. La travolgente eloquenza di Michea spesso conferiva un alone poetico alle sue frasi di condanna. Una volta compose per la nazione di Giuda un lamento funebre nel quale piangeva la distruzione delle città fin sotto le porte della stessa Gerusalemme. Nonostante alcune di queste città risultino ignote e le sottigliezze dell'originale ebraico, gli studiosi sono in grado di individuare una serie di sofisticati e ironici giochi di parole. Il suo monito a Bet-le-Afra («casa della polvere») gioca sulla seconda parte del nome della città: «Avvoltolatevi [dal verbo ebraico aphar} nella polvere» (Mic 1,10): il cospargersi di polvere era il modo con cui la gente del tempo dimostrava dolore e lutto. Sebbene i suoi oracoli spesso appaiano come giudizi definitivi, i pronunciamenti raccolti nel libro di Geremia confermano che le dure parole di Michea erano più minacce per provocare un cambiamento che vere e proprie condanne. Egli offriva ai re e a tutti coloro ai quali si rivolgeva la possibilità di confessare i peccati nella speranza del perdono e della benedizione di Dio.

L'organizzazione che Michea da alle profezie nel suo libro manifesta il suo scopo. Sebbene molti studiosi oggi pensino che solo i primi tre capitoli contengano oracoli del Michea storico, la sistematizzazione di quei capitoli, come le tradizioni aggiunte negli altri quattro, hanno un unico schema: una condanna seguita immediatamente da promesse di restaurazione e di conforto. Questa visione di speranza nella misericordia di Dio, che accompagna sempre le più aspre critiche, si manifesta con piena chiarezza alla fine del libro: «Qual dio è come tè, che togli l'iniquità e perdoni il peccato [?]» (Mic 7,18). Gli autori di due Vangeli, Matteo e Giovanni, trovano in uno dei messaggi di speranza di Michea una promessa messianica che da Betlemme, «così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, [...] uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele» (Mic 5,1).

Sebbene Michea e Isaia profetizzassero nello stesso periodo, nessuno dei due cita l'altro negli oracoli che ci sono pervenuti attraverso la Bibbia. La promessa di Michea che il regno di Davide sarà ripristinato - le ben note espressioni: «Dalle loro spade forgeranno vomeri, dalle loro lame, falci» (Mic 4,3) - è la stessa attribuita a Isaia, in Isaia 2,4. Le attribuzioni avvennero circa un secolo dopo la morte dei due profeti e fanno pensare che gli scribi della generazione successiva forse non concordavano sulla paternità dei singoli messaggi. Non è questo l'unico caso nel quale Isaia usa espressioni assai simili a quelle di Michea. Nonostante le relazioni esistenti tra loro, Michea appare più provinciale di Isaia, che dimostra un maggior respiro internazionale nelle sue affermazioni e nelle sue proposte di riforma. Michea, però, è ricordato per il suo profondo interesse verso la purezza del culto e l'ingiustizia sociale, esemplificata soprattutto da espressioni come: «Ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mic 6,8).

 

 

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