GIONA Eb.Yona(“colomba”)

 

I marinai gettano Giona direttamente in bocca al pesce

   ( formella smaltata del XII secolo).

 

 

Giona è un profeta delI'VIII secolo a.C. di Gat-Efer, piccola città galilea presso Nazaret. Compare per la prima volta nella Bibbia per predire che Geroboamo II di Israele ristabilirà i confini della nazione «dall'ingresso di Camat fino al mare dell'Araba [il Mar Morto]» (2 Re 14,25), vale a dire, approssimativamente, dal confine settentrionale stabilito da Salomone non oltre quello meridionale raggiunto dallo stesso sovrano.

Il libro di Giona, che contiene la nota storia che lo riguarda, fu scritto probabilmente molto dopo, tra il VI e il IV secolo, al tempo in cui la sua idea centrale - Dio si interessa di tutte le nazioni e non solo di Israele - era diventata un tema importante nella vita religiosa ebraica.

Giona è l'unico dei 12 testi detti Profeti Minori che contenga una profezia estremamente ridotta; la sua affermazione: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta» (Gio 3,4), nella traduzione italiana conta solo 7 parole. Invece di riferire una serie di oracoli, il libro racconta come Giona fu inghiottito da un «grande pesce» e sopravvisse «nel ventre del pesce tre giorni e tre notti» (Gio 2,1).

La storia comincia con il comando di Dio a Giona: «Alzati, va' a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me» (Gio 1,2). Ninive, la capitale del potente impero assiro, una città così vasta che ci volevano tre giorni per attraversarla, era chiamata «città sanguinaria, piena di menzogne, colma di rapine» (Na 3,1), dal profeta Naum.

Certamente era odiata dagli Israeliti, il cui regno del Nord era caduto nelle mani dell'Assiria nel 721 a.C. Giona decise di disobbedire a Dio: andò al porto di Giaffa e salì su una nave in partenza per Tarsis, località situata forse nelle estreme regioni occidentali del Mediterraneo, nella speranza di allontanarsi il più possibile da Ninive e dalla portata di Dio.

Mentre la nave era per mare, Dio suscitò una grande tempesta, che minacciò di farla naufragare. I marinai invocarono i loro dei e il capitano scese a svegliare Giona, che dormiva nella stiva, perché facesse altrettanto. Quando i marinai gettarono le sorti per scoprire se qualcuno di loro fosse colpevole di quella tempesta, Giona fu indicato come il responsabile.

Rendendosi conto che Dio aveva suscitato il fortunale a causa della sua disobbedienza, Giona chiese di essere gettato fuoribordo. I marinai obbedirono a malincuore e, appena Giona toccò le onde, il mare si calmò.

Inghiottito dal pesce, Giona chiese aiuto a Dio. Ascoltando l'angosciata preghiera del profeta, «il Signore comandò al pesce ed esso rigettò Giona sull'asciutto» (Gio 2,11). Dio ordinò di nuovo a Giona di predicare a Ninive e questa volta il profeta obbedì. Già dopo il primo giorno a Ninive, il re e il popolo si pentirono, indossarono vesti di sacco e posero sacchi anche sui loro animali in segno di penitenza. In risposta al pentimento degli abitanti, «Dio si impietosì riguardo al male che aveva

minacciato di fare loro» (Gio 3,10) e decise di non distruggere la città.

Giona era furibondo. Egli aveva fin dall'inizio disobbedito a Dio per paura che alla fine Dio si mostrasse misericordioso con Ninive.

Seduto sotto il sole cocente, invocò la morte; Dio invece fece crescere una pianta di ricino che gli facesse ombra con le sue grandi foglie. Il giorno dopo la pianta seccò e il profeta si trovò di nuovo sotto i raggi cocenti del sole. Adirato perché Dio aveva mandato un verme a distruggere la pianta, Giona implorò di nuovo di morire. Le ultime righe del libro enunciano il messaggio. Dio disse a Giona: «Tu ti dai pena per quella pianta [...] e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone?» (Gio 4,10;11). Gesù in seguito traccerà un parallelo tra i «tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt 12,40) che egli avrebbe affrontato dopo la crocifissione e i giorni e le notti passati da Giona nel ventre del pesce.

 

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