GIOELE Eb. YOEL (“Yah[weh] è Dio”)

 

Il profeta Gioele

(scultura in avorio del IX secolo)

 

 

Eccetto il fatto che era «figlio di Petuel» (Gl 1,1)- una persona non ricordata altrove nella Bibbia - del profeta Gioele non si hanno altre informazioni. Il libro che porta il suo nome è il secondo dei cosiddetti Profeti Minori, subito dopo quello di Osea. Da indizi contenuti nel libro, ricaviamo che Gioele visse in Giuda durante il periodo postesilico, tra il 538 e il 531 a.C., ma gli studiosi non sono d'accordo nello stabilire date più precise.

Il libro di Gioele si divide in due parti: un invito al lamento e al pentimento per le terribili calamità delle cavallette e della siccità che simboleggiavano la distruzione nazionale (Gl1,2- 2,27); e la promessa di completa restaurazione successiva a una apocalittica guerra con le altre nazioni (Gl3,1-4,21). In questo cambiamento delle fortune nazionali possiamo vedere il desti no del regno di Giuda, il cui popolo era stato portato in esilio dai Babilonesi e in seguito, sotto i Persiani, ebbe il permesso di tornare a Gerusalemme per ricostruire il tempio.

Il flagello delle cavallette descritto nei versetti di apertura illustra bene questa calamità naturale non rara nel Medio Oriente. Ma un accenno indica che il flagello non è che il preludio per un'unica storica catastrofe quando il profeta paragona le cavallette a un esercito invasore:

«Corrono come prodi, come guerrieri che scalano le mura» (Gl 2,7). L'ultimo riferimento a «quello che viene dal settentrione» (Gl 2,20) estende il riferimento ad altre nazioni - Tiro, Sidone, Filistea, Grecia - che hanno rapito i tesori del tempio e trascinato il popolo in cattività.

Se Gioele profetò nel periodo immediatamente successivo al ritorno dall'esilio, avrebbe potuto essere un contemporaneo dei profeti Aggeo e Zaccaria, mentre se il libro fu scritto più tardi - dopo la dedicazione del secondo tempio nel 515 a.C. - il nome di Gioele potrebbe riferirsi a un personaggio di quel periodo al quale furono attribuiti concetti di tradizione più antica. L'invito di quest'uomo di Dio a un pentimento rituale del popolo davanti ai sacerdoti e il suo profetico annuncio di salvezza in risposta alle preghiere dei Giudei dimostrano il forte attaccamento di Gioele al culto e alla liturgia del tempio. Forse lavorò al fianco dei sacerdoti come membro del personale del tempio in Gerusalemme.

Nonostante la divisione tra la profezia della catastrofe e la promessa di restaurazione, il libro di Gioele sembra appartenere a una sola persona che lo pervade tutto con la sua voce profondamente umana. Il profeta invita il popolo con espressioni come «svegliatevi», «piangi», «proclamate un digiuno», e «suonate la tromba» (Gl 1,5;8;14 e 2,1). Ma la sua paura e la sua ansietà vengono improvvisamente alleviate al pensiero che «il Signore si mostri geloso per la sua terra e si muova a compassione del suo popolo» (Gl 2,18). Le cavallette sono spazzate via dal paese; grano, vino e olio vengono prodotti di nuovo; il tema dell'oscurità è sostituito da quello della liberazione divina. Tutto questo avviene perché «voi saprete che io sono il Signore vostro Dio che abito in Sion, mio monte santo» (Gl 4,17).

Mai più stranieri violeranno Gerusalemme, promette il Signore al popolo eletto.

 

La profezia di Gioele è notevole anche perché contiene un'affascinante descrizione del lamento rituale di un'intera comunità. Bambini e anziani si radunano nel tempio; le madri che allattano portano i neonati nel santuario; lo sposo esce dalla sua camera e la sposa dal suo talamo per unirsi alla solenne assemblea, dove i sacerdoti piangono apertamente mentre elevano la loro profonda preghiera «tra il vestibolo e l'altare» (Gl 2,17). Le parole di Gioele dimostrano che i profeti di Israele speravano che le loro invettive provocassero un pentimento tale da poter trasformare i loro messaggi di condanna in messaggi di benedizione.

 

Nell'Antico Testamento la profezia di Gioele è stata inserita strategicamente tra il libro di Osea e quello di Amos, datati entrambi all'VIII secolo a.C. Così le parole senza tempo di Gioele suonano come una conversazione con loro attraverso i secoli. In questo modo, l'oracolo del profeta Gioele non è legato a un singolo periodo storico, ma costituisce un modello di giudizio e di promessa di Dio che vale per i tempi e i luoghi futuri. A conferma che il libro è rivolto a un uditorio tanto vasto sono le parole dei primissimi versetti: «Raccontatelo ai vostri figli e i figli vostri ai loro figli» (Gl 1,3). L'introduzione sembra evidenziare che il messaggio del libro è molto più importante dell'irrecuperabile biografia del suo profetico messaggero.

 

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