ANDREA DEL SARTO Ultima cena
1527, Firenze, San Salvi

CENNI STORICI

SULLE ORIGINI

 DELLA MESSA

 

1. «Celebrando l'ultima Cena con i suoi Apostoli durante un banchetto pasquale, Gesù ha dato alla Pasqua ebraica il suo significato definitivo» (CCC 1340).

 

2. Fedeli all'insegnamento di Gesù, che ha raccomandato di ripetere i suoi gesti «finché egli venga» (1 Cor 11,26), i pri­mi cristiani «erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento de­gli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. [...] Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore» (At 2,42-46).

 

3. Questi incontri avvenivano soprattutto «il primo giorno del­la settimana», cioè la domenica, e da allora la celebrazione dell'Eucaristia si è perpetuata fino a oggi, con la stessa strut­tura fondamentale, in tutte le grandi famiglie liturgiche. Essa è diventata e rimane il centro della vita della Chiesa.

 

4.  Una prima testimonianza dell'esistenza di questo ban­chetto rituale praticato dai cristiani è del pagano Plinio il gio­vane, legato imperiale in Bitinia, in una lettera all'imperatore Traiano, nel 110, dove smentisce la supposta pericolosità sociale dei cristiani e la calunnia del cannibalismo, mentre ri­corda la loro abitudine «di riunirsi in un giorno stabilito, avan­ti l'alba, di cantare un inno a Cristo, come a un dio, e di ob­bligarsi con giuramento a non perpetrare delitti... Compiuti questi riti, avevano l'abitudine di separarsi e di riunirsi anco­ra per prendere un cibo, checché se ne dica, comune e in­nocente».

 

5. Un'altra importante testimonianza, attorno al 155, viene da san Giustino martire, un filosofo del II secolo convertito alla fede cristiana che volle spiegare la ragionevolezza del­la fede attraverso l'uso della filosofia, diventando così, forse, il più grande fra i primi apologeti. In una lettera all'impe­ratore pagano Antonino Pio (138-161), tanto importante da essere stata ripresa dal Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1345), spiega cosa facevano i cristiani: «Nel giorno chiamato "del Sole" ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne. Si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finché il tempo consente. Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammoni­sce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. Poi tutti insie­me ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere (San Giustino,Apologia , 1, 67)». E inoltre: «sia per noi stessi…  sia per tutti gli altri, dovunque si trovino, affinché, appresa la verità, me­ritiamo di essere nei fatti buoni cittadini e fedeli custodi dei precetti, e di conseguire la salvezza eterna. Finite le preghie­re, ci salutiamo l'un l'altro con un bacio. Poi al preposto dei fratelli vengono portati un pane e una coppa d'acqua e di vi­no temperato. Egli li prende ed innalza lode e gloria al Padre dell'universo nel nome del Figlio e dello Spirito Santo, e fa un rendimento di grazie (in greco: eucharistian) per essere stati fatti degni da lui di questi doni. Quando egli ha terminato le preghiere ed il rendimento di grazie, tutto il popolo presen­te acclama: "Amen". Dopo che il preposto ha fatto il rendi­mento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l'acqua "eucaristizzati" e ne portano agli as­senti (San Giustino, Apologia, 1, 65)».

 

6.I due grandi tempi della celebrazione eucaristica formano così un'unità originaria, sono «un solo atto di culto» (Concilio Vaticano II, Costituzione Sacrosantum Concilium, 56). Essi rappresentano ancora oggi il tempo più importante della vita della Chiesa, unendo la liturgia della Parola e la liturgia euca­ristica, con la presentazione del pane e del vino, l'azione di grazia che permette la trasformazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo rinnovando il sacrificio del Sal­vatore, e quindi la Comunione alla quale possono accostarsi i fedeli in grazia di Dio.

 

da il TIMONE

set.- ott.2007