GIOVANNI CRISOSTOMO

 

 

VITA DI GIOVANNI CRISOSTOMO
Grande predicatore della seconda metà del quarto secolo

 

RIFLESSIONI SULLA VERGINITÀ
È possibile alla potenza di Dio che una vergine abbia a partorire un figlio?

 

PREDIZIONE DELLA VERGINITÀ
Nel Vecchio Testamento troviamo la predizione della verginità di Maria?

PREDIZIONE DI ISAIA
Come l’articolo "la" afferma il legame tra verginità e maternità?

RIFLESSIONI SUL MISTERO
Come, partendo dalla genealogia di Gesù, possiamo sottolineare il mistero della nascita?

 

 

 



 

 

 

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LA PERPLESSITÀ DI GIUSEPPE
Come la perplessità di Giuseppe mette in luce la straordinarietà del mistero della nascita di Gesù?

RAPPORTO MARIA GIUSEPPE
Quale fede esige da Giuseppe il mistero della verginale maternità di Maria?

IL MISTERO DELLA NASCITA
Come Dio, nel suo intervento, dà i segni della sua presenza per la nostra salvezza?

VENNE SENZA STREPITO
Quale legame tra la venuto di Gesù e la rugiada?

 

RAPPORTO MARIA GESÙ
Il rapporto con Gesù esige un cammino di fede da parte della madre?

ALLE NOZZE DI CANA
Quale senso ha l’intervento di Maria e la risposta di Gesù?

 

 

VITA DI GIOVANNI CRISOSTOMO

 

Giovanni Crisostomo nacque ad Antiochia sull'Oronte. Abbiamo notizie sicure su Giovanni solo a partire dal 381, anno in cui fu ordinato diacono. La sua nascita va comunque generalmente situata nel decennio che va dal 344 al 354.

 

Il suo desiderio di perfezione lo portò ad abbandonare la città, dedicandosi ad una vita di solitudine e privazioni. Dal 386, anno in cui fu ordinato prete da Flaviano, fino al 397 si dedicò ad una fervida attività di predicatore, che gli valse il titolo di massimo fra gli oratori sacri. Nel 397 fu eletto patriarca di Costantinopoli. Nel 403 Giovanni fu deposto per contrasti con la corte imperiale, ma nel corso dello stesso anno egli fu richiamato a ricoprire il suo incarico vescovile: si trattava solo di una tregua.

Nel 404, nella notte di Pasqua, durante la cerimonia del battesimo, la folla invase la chiesa nella quale il vescovo stava celebrando il rito pasquale e la profanò. Cinque giorni dopo il Crisostomo viene condannato all'esilio e tre anni dopo, nel 407, muore esaurito dalle lunghe sofferenze fisiche e spirituali.

In campo mariologico abbiamo in particolare tre episodi della vita di Maria: l'Annunciazione (Omelia 4 su Matteo, 4), le nozze di Cana (Omelia 21 su Giovanni, 2), l'"incidente" di Cafarnao (Omelia 27 su Matteo, 3). La scelta di questi passi non è casuale bensì determinata dal fatto che in essi il Crisostomo analizza la limitatezza umana di Maria e non ne evidenzia l'eminenza. Ma tutto ciò non deve essere assunto come un'affermazione di non perfetta santità di Maria, bensì deve essere calato in quello che è lo scopo che Giovanni Crisostomo si prefigge, e cioè esortare tutti i credenti alla vita virtuosa, fornendo loro un modello unico, Maria appunto, nella quale pregi e difetti, limiti umani e sante virtù, convivono senza negarsi a vicenda.

Ampio spazio il Crisostomo dedica alla maternità verginale di Maria, vista come un mistero arcano, come un miracolo, come un paradosso, e in quanto tale assumibile solo per fede, senza cercare motivazioni razionali.

 

RIFLESSIONI SULLA VERGINITÀ

 

È necessario anche esporre la ragione per la quale quelle donne furono sterili. Qual è dunque la ragione? Affinché tu custodissi salda la tua fede, vedendo la Vergine partorire il nostro comune Signore. Esercita qui la tua riflessione: sull'utero cioè delle sterili; infatti dopo aver appreso in che modo un utero, chiuso e privo della sua funzionalità, sia stato aperto alla generazione dal condiscendente intervento di Dio, non ti meraviglierai ascoltando che una vergine ha partorito, anzi meravigliati e resta pure attonito, ma la tua fede permanga salda di fronte al miracolo.

Pertanto, quando il Giudeo ti dice: "Come ha potuto generare una vergine?", rispondigli: "Come ha potuto generare una donna sterile e avanzata negli anni?"

In tal caso, infatti, ben due erano gli ostacoli: lo sfiorire degli anni e una congenita sterilità. Nella Vergine, invece, vi era un solo ostacolo: la sua non partecipazione all'unione maritale. Per la qual cosa la sterile apre la strada alla Vergine. Ma affinché tu possa comprendere la finalità del precorrere delle sterili; affinché il parto verginale rientri nell'ambito di una visione di fede, ascoltane le ragioni dalle espressioni stesse che Gabriele rivolse alla Vergine. Appena giunto le disse: "Tu concepirai nell'utero e partorirai un figlio, e lo chiamerai Gesú" (Lc 1, 31). Ella restò turbata e meravigliata, poi disse: "Come è possibile? Non conosco uomo" (Lc 1, 34). E l'angelo che cosa le rispose? "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Lc 1, 35). Non tentare ora di voler cercare una conformità all'ordine naturale, giacché le cose che avvengono oltrepassano quest'ordine. Non soffermarti sui dolori derivanti dall'unione maritale giacché rispetto al matrimonio, il modo della generazione è straordinario. "Come è possibile? Non conosco uomo". Ma proprio per questo avverrà, perché non conosci uomo! Infatti, se tu avessi conosciuto un uomo, non saresti stata ritenuta degna di servire ad un tale ministero. Sicché, per il motivo per il quale tu dubiti, per questo stesso devi credere. Non perché il matrimonio sia un male, ma perché la verginità è superiore. Era necessario che l'ingresso del comune Signore di tutti noi fosse piú maestoso del nostro: il suo era un ingresso da re. Bisognava condividere con noi la generazione e, nel contempo, differenziarla dalla nostra. E l'una e l'altra cosa si verificò! Ascolta ora in che modo.

Se venire alla luce da utero indica eguaglianza con noi, invece nascere escludendol'unione maritale è per noi un evento inenarrabile. Che tu porti avanti una gravidanza nell'utero, questo è un fatto che rientra nell'ordine della natura umana; ma che poi tu sia gravida senza concorso maritale, quest'altro è un fatto che trascende la natura umana. E tutto questo affinché tu comprenda sia l'eccellenza, sia la comunanza che Egli ha con te. Osserva inoltre il sapiente disegno degli avvenimenti.

 

Né la sua eccellenza guastò la somiglianza e la parentela con noi, né questa parentela con noi oscurò la sua eccellenza, ma l'una e l'altra veniva indicata dai fatti: Egli ebbe alcune qualità perfettamente simili alle nostre, ed altre diverse da noi. Ma, come dicevo, questa è la ragione del precorrere delle donne sterili: affinché cioè il parto della Vergine fosse oggetto di fede e affinché essa stessa fosse condotta per mano alla fede sia dell'annunzio dell'angelo che della promessa. Ascolta infatti cosa le dice l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Lc 1, 35). In tal modo, dice, tu puoi generare e tutto sarà opera dell'attività dello Spirito. Non avere quindi lo sguardo rivolto alla terra: l'attività operativa discende dai cieli. Ciò che accade è condiscendente intervento dello Spirito; non cercare la conformità all'ordine naturale, neppure quella riguardante le leggi proprie del matrimonio. Ma poiché questo parlare oltrepassava la sua capacità di umana comprensione, l'angelo volle offrirle una seconda argomentazione dimostrativa.

Considera insieme a me in che modo la donna sterile conduce la Vergine alla fede del parto. Poiché la precedente argomentazione era superiore alla capacità di comprensione della Vergine, ascolta come l'angelo riuscí a portare il discorso su contenuti più accessibili, conducendola per mano attraverso cose sensibili. "Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile" (Lc 1, 36). Ma per quale motivo presentava alla Vergine il parto della sua parente, perché le diceva: "... che tutti dicevano sterile"? Le parlava così affinché con ogni mezzo la conducesse per mano ad aver fede nell’Annunciazione. Per lo stesso motivo le parlò anche dello sfiorire degli anni e della congenita sterilità. E per questo motivo attese a comunicarle il tempo della gravidanza. Esso, infatti, non le fu annunziato subito dall’inizio e dal primo suo esordio, ma solo una volta trascorso il sesto mese, affinché il volume del seno, assicurando con certezza lo stato di gravidanza, offrisse una inconfutabile dimostrazione del concepimento. Osserva insieme a me quanta prudenza vi è in Gabriele! Non le richiamò alla memoria né Sara, né Rebecca, né Rachele. Perché? Per quale motivo? Queste erano sterili, avanzate negli anni; insomma, per esse il miracolo fu davvero grande. Gabriele, invece, poiché tutte queste storie erano antiche, le riporta un fatto recente al fine di indirizzare alla fede la sua mente.

 

PREDIZIONE DELLA VERGINITÀ

 

Ascolta dunque come tutti preannunziarono la croce, chi in un modo e chi in un altro. Il primo è il patriarca Giacobbe, quando, alludendo a lui, con le sue parole dice: "Da un germoglio figlio mio, sei risalito" (Gn 49, 9). Ora, chiamando "germoglio" la Vergine, egli rappresenta la purezza di Maria...

 

Rifletti attentamente come fu importante ascoltare e conoscere che Dio, l'ineffabile, l'incorruttibile si fosse degnato di divenire uomo, di assumere la carne plasmata dalla terra e dal fango, di entrare in un utero verginale, di essere portato in seno per nove mesi, di essere allattato e di aver provato tutte le sofferenze umane! Ebbene, poiché ciò che sarebbe accaduto, sarebbe stato talmente straordinario che molti, pur vedendo che Egli si realizzava concretamente non gli avrebbero creduto, dapprima mandò innanzi i profeti affinché preannunziassero questo stesso evento. Ed infatti il patriarca proprio questo predisse, dicendo: "Da un germoglio, figlio mio, sei risalito; ti sei sdraiato, ti sei accovacciato come un leone" (Gn 49, 9). Allo stesso modo quando Isaia dice: "Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, e lo chiameranno Emmanuele" (Is 7, 14). E altrove ancora: "È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida" (Is 53, 2). Il profeta, quindi, designa come "terra arida" l'utero verginale perché non è stato fecondato da seme di uomo, né ha beneficiato del rapporto coniugale, ma lo ha generato indipendentemente dall'unione carnale.

Eden significa "terra vergine", e tale fu quel luogo nel quale Dio piantò il paradiso: "Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente" (Gn 2, 8). Sappi dunque che il paradiso non fu opera delle mani dell'uomo. La terra, infatti, era vergine, non era ancora stata sfiorata dall'aratro, né scavata nel solco, ma pur senza conoscere mani di agricoltori, solo per comando, fece germogliare quelle piante. Per questa ragione la chiamò "Eden", che significa terra vergine! E questa vergine fu "tipo" dell'altra Vergine. Infatti, come questa terra, senza ricevere seme, fece germogliare per noi il paradiso, cosí anche l'altra, senza ricevere seme di uomo, fece germogliare per noi il Cristo.

Anche Davide, mostrando chiaramente la sua venuta nella carne, diceva: "Scenderà come pioggia sull'erba, come acqua che irrora la terra" (Ps 71, 6), perché senza strepito e senza turbamento entrò nell'utero verginale.

D'altra parte non bastarono solo queste cose, ma una volta giunto, affinché quanto accadeva non fosse creduto mera apparenza, rese credibile l'evento non solo nel suo aspetto esteriore ma, e questo per molto tempo, col passare Egli stesso attraverso tutte le vicende umane. Ed infatti non entra in un essere umano perfetto e completo, in modo cioè da essere pienamente comprensibile, ma entra nell'utero di una vergine, sí da tollerare la gestazione, il parto, il nutrimento di latte, lo sviluppo fisico, affinché rendesse credibile quanto avveniva con il trascorrere del tempo e con tutte le differenti tappe del suo ciclo evolutivo. Ebbene non gli è sufficiente neppure questo modo per fornire le prove della dimostrazione, ma, con l'assumere la carne, Egli consente che essa sopporti gli svantaggi provenienti dalla natura: l'aver fame e sete, il dormire e il sentirsi affaticato. Alla fine, poi, giunto sulla croce, lascia che la carne patisca le sofferenze proprie della sua natura...

 

PREDIZIONE DI ISAIA

 

"Ecco, la vergine concepirà" (Is 7, 14).

Se non fosse stata vergine non sarebbe stata "segno". Il segno, infatti, deve superare l'ordine comune delle cose, superare il corso naturale della natura ed essere nuovo e straordinario al punto da porsi come segno peculiare per ciascuno di quelli che lo vedono o ne sentono parlare.

 

È per questa sua specifica caratteristica che lo si chiama "segno", per questo suo contrassegno. Ora, non sarebbe contrassegno se dovesse confondersi con gli altri comuni eventi, sicché se il discorso riguardava una donna che generava secondo la legge della natura, per quale ragione doveva chiamare "segno" ciò che accade ogni giorno? Perciò, esordendo, non ha detto semplicemente: "Ecco, una vergine", ma "Ecco, la Vergine", e, con l'aggiunta dell'articolo, alludeva ad una vergine unica e distinta dalle altre. Che poi questa aggiunta indichi chiaramente una tale cosa, lo si può apprendere anche dai Vangeli. Quando i Giudei mandarono a chiedere a Giovanni: "Chi sei tu?", essi non dissero: "Sei tu cristo?", ma: "Sei tu il Cristo?". Essi neppure dissero: "Sei tu profeta", ma: "Sei tu il profeta?". Ora ciascuno di questi modi di esprimersi aveva in sé un titolo singolare. E per tale motivo che Giovanni, all'inizio del suo Vangelo non ha detto: "In principio era un Verbo", ma: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio".

Allo stesso modo Isaia non ha detto: "Ecco, una vergine", ma: "Ecco, la Vergine", impiegando l'avverbio ecco con una dignità che si addice al profeta. Infatti il profeta quasi vedeva gli avvenimenti, se li rappresentava e aveva la certezza piena di quello che diceva: i profeti vedevano le cose invisibili con piú chiarezza dei nostri occhi!

Ora è naturale che i loro sensi fossero soggetti all'inganno, ma la grazia dello Spirito donava loro di parlare senza rischio di errore. E perché - si obietta - non ha aggiunto che il parto sarebbe stato opera dello Spirito? Ciò che veniva detto da lui era profezia e bisognava che fosse annunziato ombratamente, come già ho detto spesso, a causa della cecità mentale degli uditori, temendo che apprendendo essi chiaramente i fatti, non ne bruciassero tutti i libri. Infatti, se non hanno risparmiato i profeti, a maggior ragione non avrebbero rispettato i loro scritti. D'altronde quanto è stato detto non è una semplice congettura: al tempo di Geremia, un altro re, presi questi libri, li ridusse in pezzi e li gettò nel fuoco. Vedi quale intollerabile pazzia? quale inconcepibile collera? Al re non bastò togliere di mezzo gli scritti, ma li bruciò persino, desideroso di dare pieno sfogo alla sua stolta passione. Ciononostante, pur parlando oscuramente, questo ammirabile profeta ha indicato tutto.

Ma una vergine finché resta vergine, come potrebbe concepire diversamente se non per opera dello Spirito Santo? A nessun altro era possibile sospendere la legge della natura, ma lo era all'autore della natura. In tal modo, dicendo "la vergine concepirà", il profeta ha rivelato tutto.

Prevedendo da lontano questo avvenimento, il profeta non parla solamente del parto e dello straordinario concepimento, ma anche del nutrimento della prima età, quello che si dà quando si è ancora in fasce, in nulla differente da quello degli altri uomini, e senza che avesse sotto questo aspetto, alcunché di insolito. In lui né tutto era diverso, né tutto era comune. Nascere da una donna è comune, ma nascere da una vergine sorpassa la nostra condizione (cf. Is 7, 15).

 

RIFLESSIONI SUL MISTERO

 

Quando Paolo parla di un uomo e lo dice "senza padre e senza madre", non ha turbato forse le vostre orecchie? Ma che dico di un uomo! Se, infatti, avesse detto questo di Cristo stesso, non ci avrebbe offerto in questo modo una cosí ampia materia di discussione? Poiché se Egli è senza padre, come può essere figlio? Se è senza padre, come può essere Unigenito? Un figlio deve necessariamente avere un padre, altrimenti non sarebbe piú figlio. Ora il Figlio di Dio è senza padre e senza madre. Come? Sí, è senza padre secondo la generazione terrena; è senza madre secondo la generazione celeste. Infatti né ebbe un padre sulla terra né una madre nei cieli. "Senza genealogia". Osservino attentamente coloro che investigano sulla sua natura da una angolatura non esatta, sebbene alcuni pensino che la parola "senza genealogia" si riferisca alla sua generazione divina. Ma gli eretici non vogliono che si ritenga neppure questo; anzi fanno di questa generazione l'oggetto della loro temeraria speculazione. I piú moderati tra costoro concordano sul fatto che questa parola sia concernente la generazione celeste del Cristo, ma ritengono pure che "senza genealogia" non si possa applicare in alcun modo alla generazione terrena. A questo punto, allora, diamo ad essi la prova che Paolo ha parlato delle due generazioni, sia di quella della terra e sia di quella del cielo. D'altronde, se quella terrena ci riempie di stupore, quella divina ci offre il mistero piú profondo. Per questo anche Isaia dice: "Chi racconterà la sua generazione?" (Is 58, 8).

Isaia, si dice, intendeva riferirsi alla generazione divina. Ma allora cosa risponderemo a Paolo che parla delle due generazioni, aggiungendovi subito "senza genealogia"? Infatti, dopo aver prima detto "senza padre e senza madre", immediatamente aggiunge "senza genealogia", affinché tu creda che Egli sia senza genealogia non solo secondo la generazione divina, secondo la quale il Cristo è senza madre, ma anche in rapporto a quella terrena, secondo la quale è senza padre. Ecco perché, dopo aver discusso dell'una e dell'altra, aggiunge: "senza genealogia". Questa terrena, infatti, è incomprensibile proprio perché noi non osiamo gettare lo sguardo sulla sua generazione celeste. Ora, se i sagrati del tempio sono cosí temibili e inaccessibili, come si oserà penetrare nelle parti riservate del tempio? Io so bene che il Cristo è stato generato dal Padre, ma ne ignoro "il come". So bene che Egli nacque da una vergine, ma neppure in questo caso riesco a comprenderne il modo. Noi affermiamo il fatto delle due generazioni, ma il "come" di entrambe lo tacciamo, non siamo in grado di esprimerlo. Ora, come quando si tratta della Vergine, pur non sapendo in che modo sia stato generato dalla Vergine, tuttavia io affermo che fu generato; non elimino quindi il fatto semplicemente perché ne ignoro il modo. Allora fa' anche tu alla stessa maniera quando si tratta del Padre: anche se tu ignori come il Figlio sia stato generato, nondimeno riconosci il fatto che "fu generato". Se un eretico ti domanda in che modo il Figlio è stato generato dal Padre, fa' cadere il senso della sua domanda e digli: "Scendi dal cielo, dimostrami come Egli è nato dalla Vergine, e poi fammi pure la domanda". Tienilo fermo su questo punto, pressalo, non dargli l'agio di sottrarsi e di rifugiarsi nel labirinto dei suoi ragionamenti. Al contrario, mantienilo fermo e soffocalo, non con le mani, chiaramente, ma con le parole. Non accordargli alcuna delle distinzioni, nessuno dei sotterfugi a cui egli suole ricorrere. È da qui che giungono a turbare coloro che discutono con essi, per il fatto che noi li seguiamo dove essi vogliono e non li riportiamo alle leggi delle Sacre Scritture. Innalza allora attorno a lui, come un muro e da ogni parte, le testimonianze tratte dalle Scritture, cosí non potrà nemmeno aprire la bocca. Digli in che modo Cristo è nato dalla Vergine. Io non andrò via, io non indietreggerò di un solo passo; egli allora non saprebbe trovare il modo di rispondere, pur dibattendosi con ogni sforzo. Infatti, quando sarà Dio stesso a chiudere, chi riuscirà mai ad aprire? Queste verità si possono ammettere con la sola fede. Se tu, a questo punto, non riesci ancora ad acquietarti, ma persisti a cercare delle ragioni, ti riporterò le stesse ragioni che Cristo oppose a Nicodemo: "Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?" (Gv 3,12). Io ti ho interrogato sulla nascita verginale del Cristo; tu non sai, non osi aprire bocca e ardisci fare del cielo l'oggetto della tua temeraria curiosità?

 

LA PERPLESSITÀ DI GIUSEPPE

 

Qui Giuseppe dimostrò tutta la sua dirittura morale: non accusò né disonorò la Vergine, ma tentò solo di mandarla via di casa sua. Poiché le cose stavano cosí e tutto versava nell'incertezza, ecco che l'angelo venne a risolvere tutte le difficoltà. Vale la pena però chiedersi perché non si presentò prima che Giuseppe pensasse queste cose, ma si presentò quando egli già stava facendo tra sé quei pensieri. "Mentre egli rifletteva su queste cose, dice l'evangelista, ecco venne l'angelo del Signore" (Mt 1, 20), sebbene il messaggero si fosse già recato dalla Vergine prima che concepisse; e questo fatto pone un'altra questione. Infatti, poiché l'angelo non aveva parlato a Giuseppe, per quale motivo la Vergine tacque, lei che aveva ascoltato il mistero dell'angelo? E, pur vedendo turbato il suo promesso sposo, perché non lo liberò dalla sua perplessità? Perché, insomma, l'angelo non gli parlò prima che si turbasse? È indispensabile risolvere innanzitutto la prima difficoltà? Per quale motivo l'angelo non gli parlò? Fu per il timore di non essere creduto e perché non si ripetesse la stessa esperienza di Zaccaria. Infatti, una volta osservato il fatto con i propri occhi, allora sarebbe stato certamente facile credere; ma poiché quanto doveva accadere non aveva ancora avuto inizio, ciò che diceva non lo si poteva accettare cosí facilmente. Per questa ragione l'angelo non gli parlò fin dall'inizio, e per la stessa ragione tacque anche la Vergine.

Maria non pensava di essere creduta dal suo promesso sposo se gli avesse raccontato una cosa tanto incredibile; al contrario, pensava che lo avrebbe irritato, come se si trattasse di occultare il peccato commesso. D'altra parte, la Vergine stessa, nel momento in cui riceve una grazia cosí grande, ha un momento di umana esitazione e dice: "Come è possibile? Non conosco uomo" (Lc 1, 34). Giuseppe, poi, avrebbe dubitato molto di piú, e soprattutto se avesse ascoltato ciò da una donna della quale c'era da sospettare.

Per questo motivo la Vergine non gli dice niente e l'angelo si presenta al momento opportuno. Intanto, mi dirai, non si comportò cosí anche con la Vergine, e non le portò la buona notizia soltanto dopo il concepimento? La ragione fu perché la Vergine non si turbasse e sconcertasse ancora di piú. La Vergine era ammirabile e Luca mette ben in evidenza la sua virtù quando dice che Maria, dopo che ebbe ascoltato il saluto dell'angelo, non si aprì subito alla gioia né prontamente accettò quanto le era stato detto, ma restò turbata cercando di sapere che tipo di saluto fosse mai quello. Era cosí compita che sarebbe stata presa dall'angoscia pensando al suo disonore; né sperava di poter essere creduta da alcuno di quelli che ascoltavano tutto ciò che lei avesse loro detto, che cioè quanto le era capitato non era frutto di adulterio! Pertanto, affinché ciò non accadesse, l'angelo si recò da lei prima del concepimento. Era altresí necessario che fosse privo di turbamento quel seno nel quale entrò il Creatore dell'universo; che fosse libera da ogni turbamento interiore quella che fu degna di essere al servizio di cosí alti misteri.

"Mentre egli rifletteva su queste cose, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe" (Mt 1, 20). Ma perché non apparve in modo manifesto come ai pastori, a Zaccaria e alla Vergine? Perché Giuseppe era un uomo particolarmente fedele e non aveva bisogno di una simile visione! La Vergine, invece, poiché le si comunicava una notizia di gran lunga piú straordinaria, di tanto piú grande di quella di Zaccaria, aveva bisogno, anche prima che il fatto si compisse, di una visione del tutto particolare. I pastori, dal canto loro, privi come erano di una sí squisita sensibilità proprio per questo necessitavano di una visione piú manifesta. Tuttavia Giuseppe riceve la rivelazione dopo il parto quando già aveva l'animo in preda al cattivo sospetto, anche se, per la verità, disposto a passare a piú miti pensieri. Solo che qualcuno gli si fosse mostrato per guidarlo benevolmente alla conoscenza dei fatti...

 

RAPPORTO MARIA GIUSEPPE

 

Una volta detto il nome di Maria, non si fermò ad esso, ma aggiunse: "la tua sposa", e non l'avrebbe chiamata cosí se non fosse stata illibata. L'evangelista qui dà alla donna il nome di "sposa", come appunto la Scrittura suole chiamare "sposi" i pretendenti anche prima del matrimonio. E che significa "prendere in sposa"? Significa "tenerla in casa", dal momento che nel suo animo già l'aveva ripudiata. Costei, dice l'angelo, che tu già interiormente hai ripudiato, tienila con te, poiché te l'affida Dio e non i suoi genitori; te l'affida non per il matrimonio, ma perché tu abiti con lei e te l'affida per mezzo della mia parola. Come Cristo piú tardi l'affiderà al suo discepolo, cosí ora l'affida a Giuseppe. Quindi l'angelo, pur facendo allusione al piano salvifico, non parlò del suo cattivo sospetto, ma lo eliminò nel modo piú nobile e piú conveniente a causa del parto e dimostrando a Giuseppe, che per tale sospetto temeva e voleva mandarla via di casa, mentre proprio per questo, uomo giusto quale era, doveva accoglierla e trattenerla in casa. In questo modo l'angelo lo liberò dalla sua grande angoscia. Maria, dice l'angelo, non solo si è tenuta lontana da una illecita unione, ma concepisce anche in modo eccedente la natura. Non solo, dunque, devi deporre ogni timore, ma devi anche gioire immensamente: "Perché ciò che in lei è nato è opera dello Spirito Santo" (Mt 1, 20). Espressione stupenda, che sorpassa ogni ragionamento umano, che trascende le leggi della natura! Un uomo che non conosce questa esposizione dei fatti come potrà credere?

Per questo l'angelo gli rivelò tutto ciò che aveva pensato nel suo animo, ciò che aveva sofferto, ciò che aveva temuto, ciò che aveva deciso di fare, affinché partendo da tali rivelazioni, desse credito anche alle altre cose.

"Partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesú" (Mt 1, 21). Per il fatto che il concepimento è opera dello Spirito Santo, non pensare, dice l'angelo a Giuseppe, di essere estraneo all'economia del mistero dell'Incarnazione! Se è vero che non hai nessuna parte nella generazione, e comunque la Vergine è rimasta intatta, tuttavia, senza attentare alla dignità della verginità, affido a te ciò che spetta ad un padre: porre il nome al figlio nato. Sarai infatti tu a dargli il nome. E sebbene egli non sia figlio tuo, tu gli mostrerai l'affetto di un padre. Perciò, dall'imposizione stessa del nome, io ti unisco intimamente al figlio nato nella qualità di padre. Inoltre, affinché nessuno potesse sospettare della sua piena paternità, ascolta con quanta precisione l'angelo esprime ciò che segue. "Darà alla luce, dice, un figlio", e non dice: "Ti darà alla luce un figlio"; quindi semplicemente "darà alla luce", un'espressione posta in modo indeterminato! La Vergine, infatti, non lo diede alla luce per Giuseppe, ma per il mondo intero.

 

IL MISTERO DELLA NASCITA

 

Gesù nacque secondo la carne, affinché tu nascessi secondo lo spirito; Egli nacque da una donna, affinché tu cessassi di essere semplice figlio di una donna. Perciò vi fu una doppia nascita: una simile alla nostra e un'altra che sorpassa la nostra. Infatti, l'essere nato da una donna è stata la cosa che ebbe in comune con noi; invece nascere non da sangue, non da volontà di uomo, non da desiderio della carne, ma per opera dello Spirito Santo, è preannunzio di una nascita futura superiore alla nostra e che egli ci avrebbe dato per grazia dello Spirito Santo.

Tuttavia, molto opportunamente l'evangelista ha aggiunto l'espressione: "Si trovò incinta" (Mt 1, 18); la qual cosa si suol dire in quei casi straordinari che si verificano al di là di ogni speranza e aspettativa. Pertanto tu non andare oltre; non chiedere piú di quanto già sia stato detto, e non dire: come lo Spirito Santo ha operato questo prodigio dalla Vergine? Perché, se anche quando è la stessa natura ad operare ci riesce impossibile spiegare la formazione dell'uomo, come potremo trovare una spiegazione quando ad operare è lo Spirito Santo? Affinché, poi, tu non avessi a stancare l'evangelista, né avessi a tormentarlo facendogli sempre inopportune domande egli stesso si trasse d'impaccio col rivelare l'autore del prodigio. Infatti sembra dirti: "Non so niente se non che quello che è successo si è verificato per opera dello Spirito Santo ". Si vergognino, dunque, quelli che con temeraria curiosità investigano la generazione celeste di Cristo. Perché se non vi è nessuno in grado di spiegare questa terrena, che ha avuto tanti testimoni, che era stata annunziata tanto tempo prima, che è stata vista e toccata, quale eccesso di pazzia non raggiungono coloro che cercano in modo curioso e inopportuno di investigare quell'ineffabile generazione celeste di Cristo? Né Gabriele, né Matteo poterono dire di piú, se non solamente che essa fu opera dello Spirito Santo. Però come e in che maniera operò lo Spirito Santo, nessuno di essi riuscí a spiegarlo, né d'altronde era possibile spiegarlo. Ma non pensare di aver imparato tutto udendo che "fu opera dello Spirito Santo"; pur sapendo questo, tuttavia ignoriamo ancora molte cose. Ad esempio: in che modo colui che è senza limite può essere racchiuso in un seno? In che modo colui che tutto contiene può essere portato in seno da una donna? Come può la Vergine generare e continuare ad essere vergine? Come lo Spirito Santo plasmò quel tempio? Come non prese dalla madre tutta la carne, ma solamente una parte che egli accrebbe e formò? Che Cristo procede dalla carne della Vergine, in modo inequivocabile l'ha significato l'evangelista con le parole: "Quel che è generato in lei" (Mt 1, 20), cosí come Paolo: "Nato da donna" (Gal 4, 4). L'Apostolo dice "da donna", per tappare la bocca a quelli che affermano che Cristo è passato per il seno materno come attraverso un canale.

Se cosí fosse, quale necessità ci sarebbe stata del seno materno? Se cosí fosse, Cristo non avrebbe nulla in comune con noi. Ma la sua carne è di un'altra "carne" e non della nostra stessa pasta. Ma come provenne dalla radice di Iesse? Come fu verga? In che modo Figlio dell'uomo? Come divenne da Maria sua madre? Come provenne dal seme di Davide? Come prese la forma di servo? Come il Verbo si fece carne? E come Paolo, scrivendo ai Romani, dice: "Da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra di ogni cosa, Dio benedetto nei secoli" (Rm 9, 5)?

Cosí dunque, che Cristo proviene da noi, dalla nostra pasta e da un seno verginale, risulta evidente da queste e da molte altre ragioni; però "il come" ciò fu possibile, non ci risulta affatto chiaro. E tu non cercarlo neppure, ma accetta ciò che ti si rivela; non scrutare con curiosità ciò che ti è taciuto!

 

VENNE SENZA STREPITO

 

"Viene il nostro Dio in modo manifesto e non sta in silenzio" (Sal 49, 3). Vedi come, esordendo, dispiega senza veli il suo discorso; scopre un tesoro ed emette un raggio piú splendente, dicendo: "Dio verrà in modo manifesto". Ma quando venne in modo manifesto?

Quando?

Nel suo primo arrivo: venne infatti senza strepito, restando nascosto a molti e passando inosservato per molto tempo. Ma perché dico molti, dal momento che neppure la stessa Vergine, che lo portava in grembo, conosceva l'aspetto arcano del mistero, né i suoi fratelli credevano in lui, né colui che appariva essere il padre si figurava qualcosa di grande per lui?

 

Per la qual cosa, volendo significare che questo suo arrivo era avvenuto senza strepito, lo stesso profeta, continuando dice: "Scenderà come pioggia sull'erba, come acqua che irrora la terra" (Sal 71, 6). Venne infatti senza far rumore, senza scompigliare, senza sconvolgere la terra, senza scagliare folgori, senza squassare il cielo, senza portare schiere di angeli, senza squarciare il firmamento nel mezzo per scendere cosí dalle nubi. Ma, senza strepito, per mezzo di un utero verginale, dopo essere stato portato in seno per nove mesi, come figlio di un falegname, viene generato in una mangiatoia. Ancora avvolto in misere fasce, già si macchina contro di lui; fugge con la madre in Egitto.

Dunque, quando all'inizio, nella sua prima venuta si presentò, non mostrò né fuoco, né fiume di fuoco, insomma nessun'altra cosa del genere. Ma mostrò una mangiatoia, un misero alloggio, una capanna una madre povera.

Esaminiamo allora il caso se, non essendo veramente Dio, si fosse fatto Dio, cioè se si fosse mostrato e si fosse presentato come tale. Bene; da dove vuoi cominciare a scoprirlo? Dagli avvenimenti passati? da quelli presenti? da quelli durante il parto? Chi mai, dunque, fu allora generato dalla Vergine? Chi la stella indicò? Chi guidò i Magi lungo tanto cammino? Essi non lo fecero per necessità o per costrizione. Allora fu per personale convincimento e per rivelazione? Vedi che tutta la creazione ha riconosciuto il Signore? La natura per prima cede il posto, non contesta e neppure si oppone dicendo: non elimino le doglie del parto; non ho mai saputo che un figlio potesse venire alla luce da un utero verginale; non so rendere madre senza rapporto maritale. Essa, invece, si ritrasse e cedette il passo di fronte ai suoi limiti: riconobbe il suo Signore.

 

RAPPORTO MARIA GESÙ

 

Infatti i Giudei schernivano il Signore e di lui dicevano: "Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli e le sue sorelle non sono tutti fra noi?" (Mt 13, 55-56). Benché quindi disprezzassero la sua non nobiltà di origine, tuttavia lo invitavano perché mostrasse dei segni. Gesú mostra di preoccuparsi tanto della madre al punto che sulla stessa croce l'affida al discepolo che Egli amava piú di tutti, e mostra per lei una profonda sollecitudine. Ma in questa circostanza non lo fa proprio per preoccuparsi in modo retto e della madre e dei suoi fratelli. Infatti, poiché essi lo ritenevano un semplice uomo, Egli cerca di scacciare questa loro malattia, non biasimandoli, ma correggendoli. Allora tu, te ne prego, considera non solo le parole che tra l'altro contengono un equilibrato rimprovero, ma anche il comportamento sconveniente nonché l'audacia dei fratelli. Allo stesso modo considera chi era colui che li riprendeva: non era un semplice uomo, ma l'Unigenito Figlio di Dio, e rifletti sul fine stesso del rimprovero. Gesú, infatti, non voleva in nessun modo confondere sua madre, ma voleva liberarla dalla piú tirannica delle passioni, indurla a poco a poco a concepire di lui l'idea conveniente persuadendola che non solo era suo figlio, ma anche il suo Signore.

Ti accorgerai allora che la riprensione da una parte si addiceva perfettamente al Signore ed era utile a sua madre; dall'altra parte essa era piena di mansuetudine. Infatti Gesú non disse: "Va, di' a mia madre che non è madre mia", ma a chi gli parlava rispose: "Chi è mia madre?" (Mt 12, 48), volendo aggiungere un altro insegnamento alle cose già dette. Quale è questo insegnamento? Che né essi né altri, forti del grado di parentela, avessero a trascurare la virtù. Infatti, se a sua madre a niente sarà valso l'essere sua madre senza la pratica della virtù, a maggior ragione nessuno potrà salvarsi per mero titolo di parentela. Unico titolo di legittima parentela è fare la volontà di Dio! E questo tipo di parentela è migliore e piú importante di quello proveniente dalla carne.

Dunque, sapendo bene queste cose, noi non ci inorgogliamo dei nostri figli, famosi per la loro virtù, se non possediamo la loro stessa virtù; né ci gloriamo dei nostri nobili padri, se non siamo simili ad essi nella costumanza di vita. Può infatti accadere che colui che ha generato non sia padre, e viceversa, chi non ha generato lo sia. Per questa ragione, quando in un'altra circostanza una donna gli disse: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte" (Lc 11, 27), Gesú non rispose: "Nessun grembo mi ha allevato e non ho succhiato nessuna mammella", ma: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano" (Lc 11, 28).

Non vedi quindi, come Egli non neghi in nessun modo la parentela secondo natura, ma solo le anteponga quella proveniente dalla virtù? Lo stesso precursore, inoltre, quando dice: "Razza di vipere!, non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre" (Mt 3, 7-9), non dichiara che essi non discendevano da Abramo secondo la carne, ma che ad essi non giovava affatto quella discendenza se non avevano anche la parentela proprio della condotta di vita. La stessa cosa indicava Cristo, quando diceva: "Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!" (Gv 8, 39); con ciò non negava la loro parentela carnale con Abramo, ma insegnava loro a cercarne un'altra maggiore e piú importante! Ed anche in questa circostanza intende fare la stessa cosa, comportandosi però con piú delicatezza e grazia: Egli infatti parlava di sua madre. Non disse: "Non è mia madre e quelli non sono i miei fratelli perché non fanno la mia volontà", né intese esprimere un giudizio o una condanna; che anzi, parlando con quella mansuetudine che gli si addiceva, li rendeva padroni del loro proprio volere: "...perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre" (Mt 12, 50). Perciò, se vogliono esserlo, prendano quella strada!

E quando la donna gridò: "Beato il grembo che ti ha portato" (Lc 11, 27), non disse: "Non è mia madre", ma: "Se vuole essere beata, compia la volontà del Padre mio".

Infatti chi è tale, è mio fratello, sorella e madre! Oh! Quanto è l'onore, quanta l'eccellenza della virtù! A quali altezze essa conduce colui che la persegue! Quante donne hanno detto beata quella santa Vergine e la sua maternità, e quante hanno desiderato divenire madre come lei, posponendo ogni altra cosa!

 

ALLE NOZZE DI CANA

 

"Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesú. Fu invitato alle nozze anche Gesú con i suoi discepoli" (Gv 2, 1-2). Ora quelli che lo avevano invitato non nutrivano per lui quella stima che meritava, né lo avevano invitato come una persona di riguardo, ma semplicemente come uno dei tanti, insomma come un loro conoscente. A questo volle fare allusione l'Evangelista con le parole: "Anche la madre di Gesú e i suoi discepoli erano là". Dunque, come avevano invitato lei e i fratelli, cosí avevano invitato anche Gesú. "Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesú gli disse: "Non hanno più vino"" (Gv 2, 11).

Gesú le diede una risposta alquanto aspra, dicendo: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora" (Gv 2, 4). Tuttavia, se vuoi sapere quanto grande era la venerazione verso sua madre, ascolta Luca quando narra della sua sottomissione ai genitori; e ancora lo stesso evangelista Giovanni quando parla della grande cura che Egli si prese di lei perfino sulla croce. Quando i genitori non impediscono né si oppongono alla volontà di Dio, è necessario e doveroso essere sottomessi ad essi; il non comportarsi in questo modo, è indice di grave pericolo. Quando, al contrario, essi pretendono qualcosa di sconveniente e si oppongono in cose riguardanti lo spirito, obbedire ad essi non sarebbe senza pericolo. È per questa ragione che in una simile circostanza le rispose in quel modo, come anche in un'altra, quando disse: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?" (Mt 12, 48; Mc 3, 33). Non aveva ancora di lui un concetto adeguato: per il fatto di averlo generato, cosa comune a tutte le madri, credeva di potergli comandare tutto, mentre avrebbe dovuto venerarlo e adorarlo come suo Signore. Per questo allora le rispose in quel modo. Cerca di immaginare il personaggio circondato come era dalla folla e dal popolo, da un gran numero di persone intente ad ascoltarlo e ad apprendere la sua dottrina, e immagina la madre mentre tra la folla gli si avvicina e gli interrompe il discorso per parlare con lui in disparte, non trattenendosi dall'entrare in casa, anzi condurlo fuori, solo per sé. Per questo diceva: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?", non avendo con ciò l'intenzione di offendere colei che lo aveva generato. Tutt'altro! Egli intendeva preoccuparsi di lei nel migliore dei modi, senza permettere cioè che Maria avesse di lui un'opinione vile e meschina.

Se, infatti, Egli si prendeva cura degli altri e faceva di tutto per ingenerare in essi un'adeguata opinione di sé, a maggior ragione si comportava cosí verso la madre. D'altra parte è probabile che essa, anche dopo aver ascoltato il Figlio, non volesse obbedirgli, ma volesse rivendicare la propria autorità, in qualità di madre. Ancora per questo motivo Egli rispose cosí a quelli che gli chiedevano di lei. Inoltre, comportandosi diversamente, non avrebbe potuto condurla da una siffatta meschina opinione ad una piú alta, se essa si fosse aspettata sempre di essere onorata da lui in quanto figlio, senza mai ritenerlo come suo Signore. Proprio per questo motivo ed in una simile circostanza Gesú le rispose: "Che ho a che fare con te, o donna?". Ma c'è anche un'altra ragione necessaria e non meno importante. Qual è questa ragione? E che i miracoli operati non venissero in sospetto. Insomma Gesú doveva essere pregato da quelli che si trovavano nel bisogno, ma non dalla madre. Perché mai? Perché mentre le cose fatte su richiesta dei parenti, grandi che siano, spesso non riescono gradite ai presenti; invece quando sono gli stessi bisognosi a supplicare, il miracolo resta al di sopra di ogni sospetto, la lode è sincera, grande ne è l'utilità.

 

Dunque per tale motivo in questa circostanza la rimproverò, dicendo: "Che ho a che fare con te, o donna?". Voleva infatti insegnarle a non fare piú per il futuro una simile cosa. Indubbiamente gli stava molto a cuore l'onore della madre, ma molto di piú la salvezza della sua anima e del bene dei molti, per i quali si era rivestito della carne. Pertanto queste non erano parole di un figlio che rispondeva con arroganza alla madre, ma manifestazione di una sapiente distribuzione del bene mediante la quale indirizzare adeguatamente la madre stessa, nonché per far sí che i suoi miracoli avessero una conveniente apparenza di dignità.

 

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