La Vita Religiosa

Pensieri di Fra Cecilio Maria

A cura di Fra Gerolamo Ferretti Cappuccino

 

 

Presentazione

 

Non è difficile tessere l'elogio della vita religiosa, dei suoi vari aspetti ed elementi costitutivi. Meno facile è fare e scrivere seriamente propositi e vivere la vita religiosa con costante impegno di osservare gli obblighi e lo spirito particolare di ogni ordine. Ma è difficilissimo ed eroico tendere praticamente ogni giorno, per lunghi anni, per tutta la vita alla perfezione religiosa con l'osservanza perfetta dei voti, della regola e dello spirito che la informa. Fra Cecilio non ha solo scritto e fatto propositi, ma per tutta la sua vita ha sostanzialmente praticato quello che ha scritto e proposto.

Leggendo questi. pensieri notiamo come la povertà sera­fica era per lui "un sole", "una felicità intima", era "Mamma Povertà".

 

Per lui era indiscutibile la povertà di diritto: non aveva alcun diritto a proprietà, uso ed usufrutto alcuno. Per lui la povertà doveva essere estrema come la povertà di San Francesco e dei primi frati Cappuccini.

Se invece di una cella gli avessero assegnato un sottoscala con una stuoia ed una croce, sarebbe stato felice. Per questo sempre protestò contro i più semplici e ragio­nevoli adattamenti delle nostre costruzioni alle nuove esigenze della vita conventuale.

Restaurato dopo cent'anni il convento di Monforte, solo per obbedienza accettò una cella piccola con un letto, sedia, tavolino, armadietto, crocefisso e lavandino.

Non aveva orologio: bastava quello del convento che suona le ore per tutti.

Non ricordo di averlo mai visto con abiti e sandali nuovi. Erano queste le sue proteste?

Forse no, ma rivelano quanto gli stesse a cuore Madonna Povertà.

Anche per la castità poteva essere paragonato ad un angelo da giovane e da vecchio.

Specialmente da giovane quando doveva parlare con donne i suoi occhi erano rivolti a terra o al cielo. Mai uscì dalla sua bocca un discorso, una parola che potesse appannare la bella virtù. Anzi più volte oggettivamente forse sbagliò per un ecces­so opposto.

E' ben noto a tutti come non potesse tollerare le donne in pantaloni e le allontanasse spesso in modo rude, non per la loro immodestia, ma perché ciò era contrario a quanto prescrive Mosè nella Sacra Scrittura (Deut. 22,5). Così in altre circostanze la sua rusticità era eccessiva. Solo da vecchio diventò più remissivo e quasi paterno.

 Uomo di carattere, di volontà forte e tenace, certo e fermo nelle sue convinzioni, non accettava facilmente un dialo­go o un compromesso, e sebbene protestasse di essere sempre pronto all'obbedienza, non era facilmente arren­devole e di facile comando, anche se nessuno può mettere in dubbio la sua rettitudine. Ma questa volontà anzitutto la imponeva a se stesso con continue penitenze, digiuni, mortificazioni, sacrifici e laboriosità indefessa, come attestano i pensieri qui raccol­ti.

Soprattutto fra Cecilio fu un religioso di preghiera conti­nua che lo teneva continuamente unito a Dio. Il Tabernacolo, il Crocifisso, Maria Santissima, erano il centro di gravitazione di quasi tutti i suoi pensieri, sentimenti e parole.

Come abbia pregato, Dio solo lo sa, ma è certo che fra Cecilio irradiava una luce soprannaturale non comu­ne e che il soprannaturale informava tutta la sua vita. La sorgente non poteva essere che la preghiera e l'Euca­ristia.

 

 

Pensieri di fra Cecilio Maria sulla Vita Religiosa

 

Il vostro Cuore trafitto dalle mie infedeltà, illumina l'anima mia e mi incoraggia a intensificare la vita di mortificazione per essere più fedele nell'osservanza delle promesse fattevi con la professione religiosa.

 

Occuperò la mia mente nelle cose più belle, più pre­ziose, più di attualità, più proficue: il santo Vangelo, la Regola, la Passione e Morte di Gesù, la vita intima di Gesù Sacramentato e Maria Immacolata.

 

Mi necessita vivere sempre più intensamente la vita intima con Gesù Sacramentato per ottenere più facil­mente lo scopo della mia vocazione: farmi santo cappuccino in quel luogo, in quelle circostanze nelle quali, non io, ma il Signore mi ha messo.

 

Vogliamo compiacere il Signore, la nostra celeste Mamma con l'amare fortemente, generosamente, en­tusiasticamente la nostra vocazione di Fratelli Laici, secondo lo spirito del nostro Ordine.

 

Se non ci sentiamo di vivere lo spirito cappuccino che è spirito molto austero... il Signore susciterà altre anime, più generose di noi che lo sappiano vivere e noi passeremo in più comoda compagnia.

 

Occorre non perdere tempo, perché è preziosissimo, ed incominciare subito ad amare con ardore la nostra santa vocazione ed imbeverci nello spirito genuino del nostro Ordine, per essere coerenti con noi stessi e con la volontà di Dio.

 

Mio serafico Padre San Francesco, rinnovo alla divina Presenza, nelle vostre mani stimmatizzate da Cristo, i miei voti.

 

La santa Povertà è il vero sole che emana dal Croci­fisso. Cercherò di camminare sempre alla luce di que­sto sole, per incontrare festoso il nostro Giudice in punto di morte.

 

E' una grande tentazione del demonio quella che ci suggerisce in cuore che se celebrassimo la santa Messa faremmo maggior bene... I nostri sforzi devono essere rivolti continuamente a far bene la nostra parte, a vivere bene la nostra vocazione di Fratelli, con fede viva, alla presenza di Dio che ce l'ha donata e sulla quale ci giudicherà. Lui vuole premiarci ed esaltarci in Paradiso, come ha esaltato tanti nostri confratelli.

 

La nostra deve essere e vuol essere una vita angelica, vissuta con grande entusiasmo e generosità, giorno dopo giorno, seguendo i consigli evangelici e la Regola serafica, per attestare al cielo e alla terra la nostra gioia e gratitudine e dire a tutti gli uomini che servire Dio è Paradiso anche nell'attuale esilio.

 

La nostra vita consacrata a Dio con i nostri santi Voti e con la professione della Regola serafica, deve essere come quella degli Angeli, svolazzante attorno a tutti i santi Tabernacoli del mondo in compagnia della Ma­donna.

 

Il mio stato di Fratello Laico non mi permette di fare il predicatore, ma, se sarò religioso come Voi volete, in Paradiso non mancheranno anime salvate dall'abito di San Francesco da me portato.

 

San Francesco, ottenetemi di osservare la vostra sera­fica Regola con i miei santi Voti, per i quali mi è già stato solennemente promesso. "Se queste cose osser­verai, da parte di Dio ti prometto la vita eterna".

 

Dal giorno in cui ho potuto dire: "Ora non ho più nulla al mondo" e quel poco che avevo lo diedi ai poveri, secondo la nostra santa Regola... una felicità intima profonda mi ha invaso l'anima.

Non avere nulla e non potere avere nulla in modo che non si possa prendere neanche un bicchiere d'acqua, senza il dovuto permesso, è un distacco tale che ci fa simili a Cristo che, essendo padrone di tutto, volle vivere poverissimo.

 

La nostra meta è Dio, e, per arrivarci speditamente, bisogna gettare via tutto, come abbiamo promesso. Bisogna vivere il vero spirito cappuccino primitivo, e voi, Sacerdoti nostri, insegnatelo e aiutateci a viverlo.

 

Per non avere anche noi la responsabilità di aver consumato il patrimonio dei nostri vecchi, dobbiamo unirci tutti in uno, con il nostro serafico Padre San Francesco, nell'abbracciare il nudo Crocifisso.

 

Al mantenimento della mensa dei Poveri, e della no­stra, pensa la divina Provvidenza; abbiamo visto che non è mai venuta meno, neanche in tempi difficili o durante la guerra.

 

Noi serviremo sempre i Poveri per amore di Dio, con la sua grazia, anche per l'avvenire, come per il passa­to, senza che nessuno al mondo sappia chi sono le famiglie o le persone che dal convento partono con il cuore sollevato.

 

L'esempio di Povertà della Sacra Famiglia mi entusia­sma sempre più nella Povertà serafica professata, datami per Madre dal serafico Padre e a lui regalata da Gesù.

 

Io credo che per noi cappuccini la prima penitenza dovrebbe essere quella che proviene dalla santa Po­vertà: la Mamma che dovrebbe essere amata da tutti. Si dovrebbe anche pensare che se noi, singolarmente, non ci facciamo scrupolo di mancarle di rispetto o di maltrattarla, offendiamo gli altri fratelli che vorreb­bero la nostra Mamma Povertà, rispettata e amata.

 

Mentre imparavo a conoscere e a vivere lo spirito di San Francesco contenuto nella sua Regola, vedevo chiaramente di trovarmi dove da tanto tempo mi sentivo chiamato. Il mio spirito, pronto a tutto, faceva piegare anche la carne in modo che il santo Noviziato fu per me un vero Paradiso in terra.

 

Tutta la giornata sarà per me ora di meditazione. Con il pensiero fisso a Gesù residente nel mio cuore misti­camente, o sostanzialmente glorioso nel Tabernacolo, mi sarà facilissima l'osservanza dei comandamenti di Dio e della Chiesa, facilissima l'osservanza dei miei santi Voti di Obbedienza, Povertà e Castità. Con il pensiero rivolto a Gesù, mi sarà facilissima l'osservanza della regola delle costituzioni e di tutti i doveri del mio stato.

 

Il mio ufficio sarà: studiare Gesù... studiare quanto Lui mi ama... studiare quanto Lui è degno di essere amato... studiare quanto mi conviene amarLo.

 

La santa Povertà è la virtù più cara al serafico Padre San Francesco. Pregherò San Francesco di concedere anche a me un po' del suo amore a sì bella virtù,

affinché non solo l'abbia ad amare, ma possa riuscire a godere quanto mi vedrò privo delle cose necessarie alla vita.

 

Gesù ha amato tanto la virtù della Povertà che l'ha voluta con sé tutto il tempo della sua vita, dalla culla alla croce, e perfino nel sepolcro... Gesù era il creatore e padrone di tutto il mondo.

 

Mio serafico Padre san Francesco vi prego di innamo­rarmi della Povertà, affinché distaccato da tutte le cose di questo mondo, possa volare speditamente al­l'amore di Gesù.

 

Questa è la virtù che abbellisce tutte le altre. "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio". Se amerò la santa purità anche in questo mondo penetrerò, mediante la meditazione, nei segreti di Dio.

 

Nei Poveri che verranno alla porta, vedrò la persona di Gesù... con loro userò quella carità che userei con Gesù.

 

Nell'amare teneramente e nell'osservare puntual­mente i mie tre voti, intendo far compagnia a Gesù inchiodato alla croce con tre chiodi.

 

Voglio farmi santo seguendo la via facile e breve che è Gesù; voglio diventare ricchissimo, spogliandomi di tutto quello che non è di Gesù per ereditare tutto ciò che è di Gesù.

 

se ho potuto vivere nel secolo ventidue anni, senza essere arrivato a bere un litro di vino in tutto, perché ora che ho fatto voto di povertà, non potrei farne a meno?

Non vale la scusa, suggerita dall'amor proprio, ma se i Superiori lo concedono è segno che si può prendere. Niente affatto! Neanche con la concessione dei Supe­riori, posso usare ciò che non mi è necessario.

 

Ad ogni istante intendo incominciare una nuova vita di amore... vedo quanto Iddio merita di essere amato e servito.

 

E' il Signore che ha creato tutti i fiori e vuole che ognuno conservi il suo profumo, la sua forma e colore perché gli piace di essere lodato e servito nella varietà creata da lui.

 

Mentre scopavo la chiesa, mi piaceva ricordare Gesù presente nel S. Tabernacolo che mi guardava e si compiaceva delle mie fatiche fatte per Lui, oppure pensavo all'amore sollecito e tranquillo con il quale Maria teneva pulita e ordinata la povera casa di Nazaret.

 

Sentivo nell'anima la voce di Dio che mi additava (mi diceva) come lui si compiace di esaltare quei cappuc­cini (s. Corrado da Parzam) di un sol pezzo, fatti secondo lo spirito della Regola e delle costituzioni, fedeli a quel colore e a quella forma che Lui gli ha dato, e non girano né a destra né a sinistra a mendicare forme e colori che non gli appartengono...

 

 

 

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