I MIRACOLI DI GESU’

di don Claudio Crescimanno

Cristo aveva il potere di fare miracoli. Gli obbedivano gli uomini, la natura e persino i demoni. E con ciò provava la sua natura divina. Lo dicono i vangeli, che sono testimonianze storicamente credibili.

 

 

Chi ama il padre o la madre più di quanto ama me, non è degno di me; chi ama suo figlio o sua figlia più di quanto ama me, non è degno di me» (Mt 10,37). "Chi non disprezza persino la propria vita non può essere mio discepolo» (Lc 14, 26). Sono, queste, solo alcune delle parole di Gesù che manife­stano la straordinarietà del fenomeno cristiano: Gesù di Nazareth, caso unico nella storia, non è semplicemente il fondatore di una religione, ma ha l'ardire di presentare se stes­so come il termine ultimo di questa religione, e chiede ai suoi seguaci di credere ciecamente in lui, anzi di consegnarsi to­talmente a lui. Di fronte a una tale pretesa ci sono solo due possibili spiegazioni: o quest'uomo non è solo un uomo, ma, come egli afferma, è davvero Dio venuto nel mondo, e allora le sue pretese sono pienamente giustificate, anzi sono l'inevi­tabile conseguenza della sua identità; oppure quest'uomo è un pazzo, il più pazzo tra tutti i visionari o gli imbroglioni che sono vissuti in questo mondo.

Gesù per primo sa bene quanto le sue parole suonino scon­volgenti alle orecchie dei suoi uditori, e dunque lui stesso mostra a tutti le sue credenziali. «Se non compio le opere del Padre mio, continuate pure a non credermi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle ope­re, così che vi rendiate conto e vi convinciate che il Padre è in me e io sono nel Padre!» (Gv 10.37). Gesù dunque attribui­sce un'importanza determinante ai miracoli (le opere del Padre), al loro valore probativo, che costringe ad una presa di posizione netta nei suoi confronti. Tanto è vero che chi, no­nostante questi segni, rifiuta Gesù, è inescusabile: «Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro ha fatto, non avrebbero colpa; essi invece hanno visto, eppure hanno odiato me e il Padre mio» (Gv 15,24).

Miracoli sulla natura

Gesù compie miracoli a tutto campo.

Anzitutto prodigi sulla natura: trasforma l'acqua in vino al­le nozze di Cana (Gv 2,1-10); moltiplica più volte i pani e i pe­sci per saziare la folla che lo segue (Mt 14,13-21; 15,32-38); impone al vento e alle acque del lago in tempesta di placar­si (Mt 8,23-26). Questi gesti portentosi non devono però essere scambiati per acquiescenza verso il popolare desi­derio di sensazionalismo: al contrario, Gesù rimpro­vera la gente che vuole vedere sempre nuovi prodi­gi (Mt 12,38-39) e più volte si apparta dalla folla che

10  pressa (Gv 6,22-26). I miracoli infatti sono segni che rimandano ad altro: con essi Gesù manifesta la sua signoria sul creato, e quindi la sua natura divi­na, poiché solo Dio, che ha creato il mondo, può di­mostrarsi padrone degli elementi e dei fenomeni del mondo. Così compresi i fatti miracolosi diventano tanto eloquenti che anche gli spettatori più distrat­ti non possono non esclamare: «Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?» (Mt 8,27).

 

Miracoli sull'uomo

Gesù, poi, compie guarigioni prodigiose: i ciechi recuperano la vista (Mt 20,30-34; Gv 9,6-7), i sor­di l'udito (Mc 7,32-35), gli zoppi camminano (Mt 15,30), i paralitici si muovono (Mt 9,2-7; 12,10-13), i lebbrosi vengono risanati (Mt 8,1-4) e persino i mor­ti ritornano alla vita (Mt 9,23-25; Gv 11,17-44). Però Gesù non guarisce tutti i bisognosi del suo tem­po. A questo problema, che diviene la facile obiezio­ne degli increduli di ogni tempo (cf Lc 4,23), Gesù ri­sponde mostrando il vero significato delle guarigioni miracolose: egli manifesta la sua capacità di pren­dersi cura e di guarire in profondità tutto l'uomo, corpo e spirito. Libera alcuni uomini dai mali del cor­po per dimostrare che non mente quando asserisce di essere in grado di liberare tutti dal male radicale, il peccato, che uccide corpo e anima: «Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: Figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati. C'erano là alcuni scribi che pensavano: Costui bestemmiai... Ma Gesù... disse loro: cosa è più facile dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di cancellare i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua. Que­gli si alzò prese il suo lettuccio e se ne andò in pre­senza di tutti» (Mc 2, 5-12).

Miracoli sui demoni

Gesù, infine, guarisce istantaneamente le vittima della possessione diabolica.

Satana e i suoi angeli mostrano il potere di tentazione e di pervertimento che hanno su tutti gli uomini schiavizzandone alcuni: Gesù interviene e libera questi sventurati dalle catene invisibili che li avvinghiano (Mt 8,16; 8,28-32; 9,32-33; 17,18), dimostrando così pieno e perfetto dominio sugli spiriti immondi. Con questi esorcismi Gesù manifesta esemplarmente la sua natura divina e lo scopo della sua missione: «Se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di  Dio»(Mt 12,28).  Riguardo a questi fenomeni è sin troppo facile obbiettare che le scarse conoscenze mediche e psichiatriche del tempo potevano indurre ad attribuire  al demonio patologie perfettamente naturali. Se anche così fosse, resterebbe il fatto prodigioso di risolvere in un istante "malattie" psico-fisiche che anche oggi ben difficilmente sono guaribili, nonostante i progressi della medicina; dunque per lo meno ritor­neremmo al caso delle guarigioni miracolose di cui  abbiamo parlato prima. Resta comunque tutta da dimostrare la possibilità di spiegare senza ricorso al preternaturale i fenomeni della possessione anche del nostro tempo, di cui la scienza moderna ben po­co sa dire e nulla risolvere.

Culmine e sintesi di tutti i "segni" è la risurrezione di Cristo, come egli stesso afferma: «Questa generazio­ne perversa e adultera domanda un segno, ma il vero segno che le sarà dato è quello del profeta Giona: co­me infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt 12,39-40). La risur­rezione è infatti un miracolo sulla natura, poiché vin­ce le leggi inesorabili della morte; è un miracolo sulla condizione umana, poiché ne capovolge l'esito; è un miracolo sul demonio, poiché trasforma la più grande vittoria del male (l'assassinio dell'Inviato di Dio) nel de­finitivo trionfo del bene (Gesù risorto è la primizia della rinascita dell'umanità riconciliata con Dio).

 

Credibilità della narrazione evangelica

 Su quali motivi di credibilità possiamo contare per affermare la verità dei fatti narrati?  Diciamo anzitutto che i racconti evangelici dei miracoli sono il frutto di una testimonianza diretta, scrit­ti a breve distanza dagli avvenimenti. Il linguaggio è semplice e immediato, racconta i fatti con sobrietà e senza voler solleticare la fantasia o il gusto per il meraviglioso.

Gli eventi prodigiosi non sono massi erratici estranei alla narrazione, ma al contrario perfettamente inse­riti e connessi ad essa, alle vicende e agli insegna­menti del Protagonista. Tanto è vero che la critica razionalista che ha tentato di epurare i vangeli dai miracoli ha poi dovuto riconoscere che eliminando quelle parti i testi risultano sconnessi, la narrazione si disgrega e perde la sua logica interna. Gesù compie i suoi miracoli pubblicamente, davanti a discepoli e nemici, a giudei e pagani; e nelle condi­zioni più sfavorevoli per un presunto illusionista, cioè in spazi aperti e senza ausilio di alcuno strumento, non in ambienti riservati o con allestimenti scenici particolari.

Non meno importante è la testimonianza degli stes­si nemici di Gesù: «I farisei dicevano: è per mezzo del principe dei demoni che egli scaccia i demoni» (Mt 9,34); dunque non negano i miracoli, ma cercano di spiegarli in modo per loro vantaggioso. È eviden­te che se avessero potuto negarli impunemente ne avrebbero subito approfittato: questo significa che la notorietà dei fatti era tale da non poter essere assolutamente sminuita. Sulla scia di tale involontaria te­stimonianza, successivamente anche il Talmud e la Mishnah (testi di commento alla Scrittura) riprendono la medesima tesi, fornendoci così una preziosa atte­stazione extra evangelica, pienamente coincidente. Aveva forse Gesù delle conoscenze mediche o psichiatriche fuori del comune per il suo tempo, che gli permettevano di guarire le malattie del corpo e del­lo spirito? Certamente no, poiché non si vede dove avrebbe potuto acquisirle; ma anche ammesso che fosse così, come spiegare che tali guarigioni avven­gano senza aver prima fatto uno studio accurato dei sintomi, senza una diagnosi, senza l'ausilio di alcun strumento tecnico o psicologico? Come ammettere che un uomo che ha fatto il semplice artigiano per trent'anni, improvvisamente sia in grado di guarire ogni sorta di malattia e di lesione organica immedia­tamente e alle volte addirittura a distanza, di risusci­tare i morti, di dominare le forze della natura, quan­do nulla di tutto questo è possibile neppure oggi, ai grandi luminari della scienza moderna, con tutti gli strumenti che questa mette a loro disposizione? Davanti a questa domanda ecco che gli avversari di Gesù ripiegano accusandolo di commercio col demonio, risposta risibile, data l'innegabile eccelsa santità di colui che compie tali opere. I razionalisti moderni invece non trovano di meglio che liquidare come necessariamente fantasiosi i racconti evangelici come ci spiega senza alcun im­barazzo E. Havet: «Il primo dovere che ci ha imposto il principio razionalista, che è il fondamento di ogni critica, è di scartare dalla vita di Gesù il soprannatu­rale. Ciò porta via di colpo tutti i miracoli del Vange­lo. Quando la critica rifiuta di credere alle narrazio­ni miracolose, essa non ha bisogno di addurre del­le prove per suffragare la sua negazione: ciò che si racconta è falso, per la semplice ragione che ciò che si racconta non può essere accaduto» (Citato in V. Messori, Ipotesi su Gesù, pag. 136). È questo un metodo razionale e scientifico, o non piuttosto un dogmatismo arrogante? Quando mai si può essere autorizzati ad eliminare a priori ciò che non rientra nei propri parametri, per paura di dover mutare tali parametri? In realtà il pregiudizio radica­le è antiscientifico: la scienza infatti, e proprio quel­la moderna, è per definizione sperimentale, cioè non esclude nulla a priori, ma si evolve in proporzione al­la sempre più approfondita comprensione della real­tà. Metodo davvero scientifico è la libertà di abban­donare immediatamente una teoria, appena i dati ricavati dallo studio dei fatti lo esigono. Al contra­rio, all'origine di questo pregiudizio contro il sopran­naturale non c'è la scienza, ma il suo opposto, cioè un'ideologia, e precisamente l'idealismo, che rove­scia il realismo che sta alla base della cultura classi­ca, in favore del primato delle idee sui fatti.

 

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