São Paulo del Brasile, 19 di aprile di 2010

Anniversario dell’elezione alla Cattedra di Pietro di

Sua Santità Benedetto XVI

La Chiesa è immacolata e indefettibile

Dopo ogni campagna di attacchi contro di lei, la Chiesa sempre ne esce

più forte e splendente di prima

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, E.P.

 

 

La moltitudine di notizie che, nelle ultime settimane, tenta di macchiare la Chiesa Cattolica, prendendo a pretesto abusi su bambini commessi da parte di sacerdoti cattolici, attinge un cre­scendo incredibile. Decisi a non far spegnere il fuoco che hanno acceso, vari organi di comunica­zione sociale si sono dedicati a investigare il passato, alla ricerca di nuove prove che coinvolgesse­ro il Vicario di Cristo in Terra, Papa Benedetto XVI, in ciò, del resto, fallendo pienamente.

Che vi siano sacerdoti impreparati e indegni, nessuno lo può negare; che abusi orribili siano stati commessi, e certamente anche in numero superiore a quanto registrato, è doveroso ricono­scere. Tuttavia, utilizzare mancanze gravissime, ma circostanziali, relative a una minoranza di chierici, per insudiciare tutta la classe sacerdotale è una ingiustizia. Usare questo come pretesto per tentare di demolire la Chiesa è diabolico.

Del resto, quanto più lo spirito libertario, relativista e neopagano della nostra epoca s’infil­tra nella Chiesa, tanto più è da temere che accadano crimini di pedofilia. Da qui ne deriva anche la necessità di introdurre nei seminari un sistema rigoroso di selezione, in modo da ammettere come candidato al sacerdozio solo chi non abbia la propensione a scendere a patti col mondo, ma voglia insegnare la pratica della dottrina cattolica in tutta la sua purezza e dare l’esempio.

L’attuale campagna pubblicitaria contro la Chiesa ci fa dimenticare una verità della quale la storia ci dà una inequivocabile testimonianza: è stata la Chiesa Cattolica che ha liberato il mondo dall’immoralità, ed è proprio perché sta rifiutando la Chiesa che il mondo affonda nuovamente nella melma dalla quale è stato riscattato.

Il mondo del paganesimo era un inferno

La maggioranza della popolazione dell’Occidente dà per certo che il mondo, in un grado maggiore o minore, ha sempre coltivato i valori ai quali siamo abituati. Questi valori, sacrosanti fino a circa 50 anni fa, in certa misura ancora resistono alla decadenza accelerata di questo inizio di millennio: famiglia tradizionale, protezione dell’innocenza infantile, senso del pudore, modi educati, abiti decenti, onorabilità, rispetto reciproco, spirito di carità, dignità umana, solidarietà, ecc.

 

Ma non è stato sempre così. Prima che Nostro Signore Gesù Cristo predicasse tra gli uomini la Buona Novella del Vangelo, il mondo era immerso in una prolungata e terribile notte, in cui regnavano la dissolutezza morale, l’egoismo, la crudeltà, la disumanità e l’oppressione, come la storia ci insegna1.

Di questa situazione non si può concludere che tutti i romani, greci e “barbari” fossero dissoluti. C’erano minoranze che non si conformavano con quella situazione ed erano pronte a ricevere la predicazione evangelica con l’avidità di naufraghi che trovano la tavola di salvezza. Di qui la rapida espansione della Chiesa Cattolica nel mondo romano e, finalmente, la conversione dell’Impero nell’anno 313 dell’era cristiana.

Religioni degradanti

Tutto ciò che la parte sana dell’opinione pubblica dell’Occidente guarda ancora con orrore oggigiorno, sarebbe, nel mondo dominato dal paganesimo, moneta corrente e normale. Ci basti ricordare quanto la mitologia greco-romana dice riguardo alle varie divinità del suo pantheon.

Formavano essi una temibile banda di depravati: adulteri, violenti, impudenti, bugiardi, ladroni, oppressori, assassini, parricidi, matricidi, fratricidi, crudeli, egoisti, traditori, pigri, fal­si, disonorati, incestuosi, fornicatori, perversi e pedofili. Zeus (il Giove dei romani), la divinità massima di questo covile, era non solo un bruto, che aveva praticato cannibalismo divorando una delle sue figlie e assassinato altri parenti prossimi, ma anche un adultero incontrollabile, che aveva fatto molte vittime tra “dee” sposate e nubili, aveva violentato le sue sorelle e nuore, aveva stuprato la sua propria figlia e persino sua madre e, oltre a questo, manteneva come amante un bambino che aveva rapito2.

I racconti di queste infamie erano nei testi presentati ai bambini nelle scuole di quel tempo, per istruirli nella grammatica, nella retorica, nella poesia, come hanno sottolineato a suo tempo gli apologisti cristiani.

La religione pagana esercitava, quindi, un potere malefico sulla società, proponendo, come esempi da imitare, le iniquità degli dèi. Inoltre, la società influenzava la religione, di modo che i miti riflettevano i costumi a quel tempo in voga.

Immoralità, crudeltà, oppressione

In quell’ambiente pagano, la situazione della donna era terribile. In generale, quasi senza alcun diritto, era praticamente considerata una schiava del marito, questo quando aveva il privi­legio di essere sposata.

Le religioni stesse, anche quelle più elevate, conducevano le donne – come, naturalmente, anche gli uomini – a grandi depravazioni. Quella dei caldei, per esempio, era sinistra e corruttri­ce, con pratiche lascive nei templi. La religione fenicia stimolava anch’essa la degradazione della donna.

 

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1 È necessario escludere il popolo ebraico. Tuttavia, anche alcune pratiche del Popolo Eletto furono mitigate da Nostro Signore Gesù Cristo o modificate posteriormente.

2 Cfr. per es. ARISTIDE, Apologeticum (scritto tra il 123 e il 127 d.C.); GIUSTINO, Apologia Prima (tra il 153 e il 155 d.C.); ARNOBIO, Disputationum Adversus Gentes (tra il 304 e il 312 d.C.).

Erodoto è uno di quelli che ci dà informazioni sulla “prostituzione sacra” esercitata nei tem­pli di Babilonia, Assiria, Grecia, Siria, Cipro e altrove3. Spesso, le “sacerdotesse” entravano nei templi ancora giovanissime, consegnate dagli stessi genitori. Il famoso “Codice di Hammurabi”, promulgato da questo re di Babilonia (tra il 1793 e il 1750 a. C.), riserva alcuni capitoli per regola­mentare questa pratica4.

Il culto di Cibele e Attis, sorto in Frigia, da dove passò in Grecia e a Roma, portava a prati­che scabrose in pubblico. Essendosi Attis mutilato, perdendo la sua mascolinità, i suoi festeggia­menti includevano l’automutilazione di molti uomini, realizzata in mezzo ad una moltitudine che, allucinata, danzava e gridava, mentre si suonava una musica, con l’assordante rumore di flauti, cembali e tamburi5.

La Grecia contava numerosi templi dedicati a Venere, ma nessuno consacrato all’amore legittimo tra sposi. Ad Atene e in altre città si realizzava, una volta l’anno, una processione nella quale era portata una enorme scultura fallica. Uomini e donne percorrevano le strade cantando, saltando e danzando intorno a questo idolo.

Oppressione della donna

L’onorabilità femminile era inoltre ferita dal costume della poligamia, generalizzato in mol­te regioni, sebbene esistessero luoghi in cui era in vigore la poliandria6. Ugualmente degradante era l’incesto, comune specialmente in Persia7, ma anche in Grecia8.

In India, tra le crudeli pratiche millenarie del paganesimo, il costume esigeva che la vedova fosse bruciata insieme al cadavere del marito9.

Il “Codice di Hammurabi” è pieno di norme che rispecchiano lo stato di oppressione della donna nelle civiltà antiche, la quale molte volte era punita con la morte, la schiavitù o il ripudio10.

Anche a Roma e in Grecia, le leggi antiche erano inique verso la donna11, e perfino persone come l’austero Catone favorivano gravi ingiustizie a questo proposito12. Nel caso di Atene, per ov­ viare in qualche modo alla parzialità nel trattamento dato alle figlie, la legge incorreva in un’aber­razione ancora maggiore, incentivando l’incesto per risolvere problemi di eredità13, giungendo a imporre la distruzione di due famiglie già costituite, se fosse stato necessario14.

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3 Cfr. ERODOTO. Storie, I, 181; I, 199.

4 The Code of Hammurabi, King of Babylon, About 2250 BCE, traduzione in inglese di Robert Fran­cis Harper, Chicago, University of Chicago Press, 1904, nº 181, 182.

5 MARTINDALE, C. “A religião dos romanos”, in Christus – História das religiões. São Paulo, Sa­raiva, 1956, vol. II, pp. 560-561.

6 PSEUDO-CLEMENTE. The Recognitions, c. 24.

7 Ibid., c. 27.

8 COULANGES, Fustel de. La Cité Antique. Paris: Flammarion, 1984. pp. 78, 81, 82.

9 PSEUDO-CLEMENTE, op. cit., c. 25.

10 The Code of Hammurabi, op. cit., n. 110, 132, 141, 143.

11 COULANGES, op. cit., p. 78.

12 Ibid., p. 81.

A Roma, all’epoca in cui la Buona Novella di Gesù Cristo si stava già predicando, l’istituzio­ne della famiglia si trovava in una crisi profonda. L’aborto e l’abbandono dei bambini avevano assunto proporzioni spaventose. La natalità decresceva. Gli uomini ricchi preferivano mantenersi celibi e attorniarsi di numerose schiave piuttosto che assoggettarsi ai fastidi del matrimonio15.

La situazione dei bambini davanti allo Stato onnipotente

In Grecia e a Roma non esisteva la libertà individuale che i loro estimatori fanno credere: il cittadino viveva in funzione dello Stato. Nella sua Repubblica, lo stesso Platone preconizzava uno Stato onnipotente, e lo stesso Aristotele lo considerava come un ideale supremo16.

La famiglia greco-romana era anch’essa totalitaria sotto certi aspetti. Così, il Diritto Roma­no dava un potere dittatoriale al pater familias17. In Grecia erano in vigore leggi simili. Il padre aveva il diritto di rifiutare suo figlio appena nato, o venderlo come schiavo18. Poteva anche con­dannare alla pena di morte la sposa, un figlio, una figlia, o qualsiasi altro abitante della sua casa, eseguendosi senza indugio la sentenza; le autorità dello Stato non interferivano19.

A Sparta, commenta Coulanges, «lo Stato aveva il diritto di non tollerare che i suoi cittadini fossero deformi o di debole costituzione. Per questo ordinava al padre cui nascesse un figlio in queste condizioni, che lo facesse morire»20. Secondo lo stesso autore, questa legge si trovava an­che negli antichi codici di Roma. Persino Aristotele e Platone inclusero, nelle loro proposte legi­slative, questa pratica.

A Cartagine e presso i Fenici, bambini erano offerti in sacrificio agli idoli; a Roma e in Gre­cia essi erano utilizzati in riti di divinazione21. In vari luoghi, bambini ed adolescenti potevano essere puniti con la morte per un delitto commesso dal padre22.

Lo Stato, nello stesso tempo in cui dava al padre un potere illimitato dentro casa, lo limitava tirannicamente nell’educazione dei figli. Presso i greci, lo Stato era il responsabile assoluto dell’educazione, e Platone lo giustifica, poiché, dice, «i genitori non devono avere la libertà di inviare o di non inviare i loro figli ai maestri che la città sceglie, perché i bambini appartengono meno ai loro genitori che alla città»23. Lo Stato considerava come appartenente a sé il corpo e l’anima di ogni cittadino, e assumeva la responsabilità del bambino quando questo compiva sette anni di età24.

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13 Ibid., pp. 81-82.

14 Ibid., p. 82.

15 DANIEL-ROPS, [Henri Pétiot]. A Igreja dos Apóstolos e dos Mártires. São Paulo, Quadran­te, 1988. pp. 126-130

16 KOLOGRIVOF, Ivan (dir). Ensaio de suma católica contra os sem-Deus. Rio de Janeiro: José Olympio, 1939. pp. 380-381.

17 JOLOWICZ, Herbert Felix; NICHOLAS, Barry. Historical Introduction to the Study of Ro­man Law. London: Syndics of the Cambridge University Press, 1972, p. 119; COULANGES, op. cit. p. 99.

18 JOLOWICZ, NICHOLAS, op. cit., p. 114; COULANGES, op. cit., pp. 100-101. Si veda anche The Code of Hammurabi, op. cit., n. 117.

19 JOLOWICZ, NICHOLAS, op. cit., p. 119; COULANGES, op. cit., p. 102.

20 COULANGES, op. cit., p. 266.

21 GIUSTINO, Apologia Prima, c. 18: PG 6, 370.

22 DANIEL-ROPS, op. cit., p. 162; The Code of Hammurabi, op. cit., n. 210, 230.

Impietosa e diffusa schiavitù

La schiavitù era un’istituzione talmente corrente nel mondo antico che gli schiavi costituiva­no la maggioranza della popolazione. A Roma, nel tempo di Augusto, più di un terzo della popola­zione era formata da loro25.

Il padrone di uno schiavo aveva su di lui intero diritto. Uno schiavo non era un uomo pro­priamente detto; era una cosa, res mancipi26. Il padrone aveva non solo il diritto di coabitare con la moglie dello schiavo senza commettere adulterio, ma anche di disporre dei figli di lui, e se lo avesse ferito o ucciso, non commetteva delitto27.

Nella legge romana vi erano incisi relativi agli schiavi che davano occasione a grandi crudel­tà. Al tempo di Nerone, per esempio, un alto magistrato fu assassinato da uno dei suoi schiavi. «Il Senato, dopo una lunga discussione, decise di applicare a tutti i servi della casa la vecchia legge che condannava al supplizio della croce tutti gli schiavi che non avessero saputo proteggere il suo signore. Davanti a questa sentenza terribile, ci furono tali proteste popolari che i 400 condannati dovettero essere giustiziati sotto la sorveglianza dell’esercito»28.

Ci fu sempre l’uno o l’altro proprietario di schiavi che li trattava con umanità o — più rara­mente — con rispetto, ma sarebbe una grande ingenuità pensare che questa fosse l’attitudine abi­tuale.

Massacri cruenti

Nell’Antichità i massacri erano visti con indifferenza, come un avvenimento naturale nella vita dei popoli. La strage della popolazione di una città non causava la minima sorpresa, né indi­gnazione.

La tendenza a sacrifici cruenti era legata a vari riti del paganesimo. Nella Grecia la vecchia religione considerava conveniente offrire olocausti umani per la riconciliazione con gli dei. Questi sacrifici, comuni tra i greci delle epoche remote, si allentarono più tardi, ma non sparirono com­pletamente. Nel secolo II dell’Era Cristiana ancora si sacrificavano vite umane nell’Arcadia, in onore di Zeus Liceo29.

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23 COULANGES, op. cit., p. 267.

24 COULANGES, Ibid.; MARROU, Henri Irénée. A History of Education in Antiquity. Madi­son: University of Wisconsin Press, 1982, pp. 20, 23, 31.

25 DANIEL-ROPS, op. cit., p. 128.

26 JOLOWICZ, NICHOLAS, op. cit., pp. 133-138, 277.

27 WEISS, Juan-Bautista. Historia Universal. V. 3. Barcelona: Tipografia La Educación, 1928, pp. 390-391.

28 DANIEL-ROPS, op. cit., p. 132.

 

A Roma, lo spettacolo più apprezzato dal popolo era quello di uomini che morivano, e le lotte di gladiatori costituivano occasioni per empi massacri. «Al mattino, dice Seneca, gli uomini sono gettati ai leoni e agli orsi; dopo mezzogiorno, sono gettati [ad arbitrio] degli spettatori. La fine per tutti i lottatori dev’essere la morte, e si mette mano all’opera con ferro e fuoco, finché l’arena non rimane vuota»30. In queste “sessioni” aperte a mezzogiorno, i condannati a morte dovevano uccidersi mutuamente fino all’ultimo. Tanto questo costume quanto il pasto delle fie­re con carne umana, ci aiutano a «comprendere questa voluttà di ferocia a cui i romani daranno sfogo nelle persecuzioni anticristiane», osserva Daniel-Rops, e conclude: «Per quanto rivoltanti ci sembrino, queste scene, di cui anche i cristiani saranno vittime, erano normali a Roma. E rari, molto rari, erano gli spettatori che esteriorizzavano la loro disapprovazione»31.

Panem et circenses rimase nota come formula ideale per mantenere la moltitudine calma, che veniva incontro anche al suo crescente gusto per il sangue. È stato, anche, una delle cause del suo deterioramento.

La piaga della pedofilia

Ciò che la stampa di oggi denomina come pedofilia era largamente praticato nel mondo an­tico, sotto la protezione della legge, per influenza delle religioni pagane.

In Grecia, era ricorrente come prassi del tutto legale la corruzione sessuale dei ragazzi, più propriamente chiamata pederastia32. Ogni uomo adulto che non fosse schiavo aveva il diritto di praticarla. Tale era l’usanza anche in Persia e in altri luoghi, dove si mantengono attraverso i se­coli. Roma finì per essere contaminata dal male greco, al punto che diversi imperatori cercavano, come amanti, adolescenti33.

Ragazzi considerati belli, se erano fatti prigionieri di guerra, o rapiti o venduti dai genitori, erano mutilati in modo da alimentare tutto un traffico di eunuchi34. Non vi sfuggivano neppure i figli stessi della nobiltà35.

In Grecia — Atene, in particolar modo —, le vittime della pederastia non erano soltanto prigionieri di guerra, i rapiti e gli schiavi. Qualunque bambino poteva diventare bersaglio dei desideri infami di uomini adulti. E il costume era che cedesse. Se un padre, dotato di un minimo di sensibilità morale, desiderava risparmiare questa tragedia ai figli, doveva agire prima che ac­cadesse, impiegando schiavi che, come falchi, vigilassero sui bambini36. Ma, dice Eschine, molti padri desideravano avere bei figli, sapendo che questi sarebbero diventati bersaglio di predatori37.

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29 HUBY, J., “A religião dos gregos”, in Christus – História das Religiões. São Paulo, Saraiva, 1956, vol. II, p. 514.

30 WEISS, op. cit., pp. 658-659.

31 DANIEL-ROPS, op. cit., p. 162.

32 DEMAUSE, Lloyd. Foundations of Psychohistory. New York: Creative Roots, 1982, pp. 50- 53. Come mostra l’autore, Roma non rimase indenne da questo problema.

33 È il caso per es. di Adriano, il cui attaccamento morboso per un bambino è stato roman­zato da Marguerite Yourcenar in “Memorie di Adriano”.

34 HERODOTUS, op. cit. Book 3, “Thalia”, n. 92; Book 8, “Urania”, n. 105.

35 Ibid., Book 3, “Thalia”, n. 48; Book 6, “Erato”, n. 32.

Le scuole — le tanto elogiate Accademie — erano luoghi dove gli studenti, di appena 12 anni di età o anche più piccoli38, restavano alla mercé dei maestri39. Le leggi ateniesi arrivavano all’as­surdità di proteggere e incentivare questa pratica, anche regolando il flirt e l’“innamoramento” tra uomini e bambini40.

Greci famosi nel mondo della letteratura, delle arti, della filosofia e della politica, praticaro­no e lodarono la pederastia, come Solone, Eschilo, Sofocle, Senofonte, Tucidide, Eschine e Aristo­fane41.

La filosofia greca giunse a dibattere questa pratica, senza mai condannarla completamente. Anche Socrate, Platone e Aristotele non rimasero esenti da questo male42. Nel Carmide, Platone si riferisce all’adolescente che portava questo nome, come se fosse un innamorato che loda la sua amata, parlando del suo fascino e delle emozioni che produceva. Nel Simposium, il personaggio Fedro si riempie di lirismo quando descrive un esercito felice e di successo interamente composto da uomini-amanti e bambini-amati43. Tuttavia, finalmente attratto da idee più elevate, Platone è giunto dalla sua approvazione condizionale della pederastia nei suoi primi dialoghi, alla con­danna formale di questo vizio nella sua opera finale, Le Leggi. Comunque, i suoi tentativi, come quelli di alcuni stoici, di proporre una pederastia “casta” furono ricevuti con sarcasmo dal popolo e non ebbero conseguenze. Infatti, l’“amore platonico” è molto difficile da essere praticato, poiché in materia di castità l’uomo non riesce a restare permanentemente nelle vie di mezzo44.

I greci arrivarono a considerare il rapporto naturale tra uomo e donna come inferiore al rapporto tra uomo e bambino. In una società nella quale questo tipo di comportamento influen­zava persino l’ideale dello Stato, la donna doveva essere disprezzata45, relegata al ruolo di mera riproduttrice.

Un’opera storico-filosofica come Erotes, del secolo II o III d.C., da molti attribuita a Luciano di Samosata, contiene un dialogo tra due greci che discutono seriamente su quale amore sarebbe superiore... Sempre, nel decimo Dialogo delle Cortigiane, Luciano affronta questo tema. Plutar­co, nell’Erotica, analizza, con molta serietà, quale attrazione — per donne o per bambini — sia la più interessante per un uomo adulto. Per fortuna, al contrario che nell’Erotes, conclude che l’ide­ale è realmente il matrimonio monogamico.

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36 AFARY, Janet; ANDERSON, Kevin B. Foucault and the Iranian Revolution. Chicago: The University of Chicago Press, 2005. p. 148.

37 WOHL, Victoria. Love among the Ruins: The Erotics of Democracy in Classical Athens. �������Prince­ton: Princeton University Press, 2002, p. 6.

38 DEMAUSE, op. cit., p. 51. L’autore cita Plutarco, che si riferisce all’esistenza dello stesso male anche a Roma.

39 WOHL, op. cit., p. 150; AFARY, ANDERSON, op. cit., p. 148; MARROU, op. cit., pp. 26- 37.

40 WOHL, op. cit., p. 226; AFARY, ANDERSON, op. cit., pp. 148-149; MARROU, op. cit., p. 31.

41 WOHL, op. cit., pp. 87, 226 et passim; AFARY, ANDERSON, op. cit., pp. 4, 148. MAR­ROU (op. cit., p. 366), elogia il silenzio di Omero sulla pederastia, il che costituisce un’eccezio­ne onorevole tra gli scrittori di allora. A quanto sembra, egli «decise di ignorare una ben nota istituzione della sua epoca».

42 MARROU, op. cit., p. 33.

43 WOHL, op. cit., p. 4.

44 MARROU, op. cit., p. 366.

45 WOHL, op. cit., pp. 8, 48; AFARY, ANDERSON, op. cit., pp. 144, 145, 150, 151.

 

 

A Roma, anche le bambine potevano essere vittime di abuso sessuale. È quanto si deduce dalle parole di San Giustino, nella sua Apologia, con le quali vitupera il costume secondo il quale bambini rifiutati — bambini e bambine — fossero allevati per la prostituzione: «E così come gli antichi allevavano greggi di bovini, capre, pecore e cavalli, così voi ora allevate bambini destina­ti a questo vergognoso uso; e per quest’uso impuro, una moltitudine di donne ed ermafroditi, e quelli che commettono iniquità che non si possono neppure menzionare, si diffondono per tutta la nazione. [...] E vi sono coloro che prostituiscono persino i loro propri figli e mogli; alcuni sono apertamente mutilati per essere usati nella sodomia»46.

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Questo è il mondo quando non è presente la santa Chiesa di Dio. Il quadro qui presentato, anche se non completo, è sufficientemente tragico per esporre i mali dell’Antichità pagana e darci un’idea dello shock che si è verificato nel momento in cui il messaggio del Vangelo ha cominciato ad esaltare valori opposti, ordinati e santi.

Lo shock dei valori del Vangelo con i controvalori mondani

Il messaggio di Gesù Cristo è venuto a sbilanciare il deteriorato mondo antico. La Buona Novella censurava la dissolutezza e la crudeltà, ed esaltava la libertà di praticare il bene, la casti­tà, la verginità, l’innocenza, la fedeltà coniugale, l’amore verso i nemici, la carità, l’abnegazione, la bontà verso i più deboli, la dignità di tutti gli esseri umani, creati a immagine e somiglianza di Dio.

Un orrore speciale per il peccato della pedofilia è stato instillato nelle anime dal nostro Divi­no Maestro, con parole di una estrema severità: «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» (Mt 18,6).

Davanti alla sublimità del Vangelo, il paganesimo non poteva rimanere indifferente. Gli re­stavano soltanto due reazioni: o incantarsi e sottomettersi al giogo soave di Dio, oppure odiare e perseguitare. Non pochi si sono convertiti. Molti, però, si sono afferrati al fango, e il loro odio ha portato al martirio milioni di cristiani.

Tuttavia, il sangue dei martiri ha cominciato ad essere il seme di nuovi cristiani, secondo la celebre affermazione di Tertulliano47. Lo spettacolo di uomini e donne, vecchi e vecchie, adulti nel pieno della salute, giovani vigorosi, vergini, bambini — tutti che confessavano la fede in Gesù Cristo e procedevano risoluti in direzione della morte —, strappava l’ammirazione di molti spetta­tori, provocando conversioni sempre più numerose.

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46 JUSTINUS, op. cit, 27: PG 6, 370. Ver tb. DEMAUSE, op. cit., pp. 52-53.

47 Apologia, 50,13.

 

Il paganesimo dovette, pertanto, ricorrere ad altre armi, per tentare di invertire il gioco: la diffamazione e la calunnia. Come rilevano gli Apologisti cristiani di quei primi secoli, i pagani co­minciarono ad accusare i cristiani esattamente dei crimini che il paganesimo commetteva.

È degno di nota che una delle accuse era quella della pedofilia, aggravata da incesto48. San Giustino commenta: «Le cose che voi fate apertamente e con plauso, [...] di queste stesse cose voi ci accusate»49. E Arnobio rinfaccia ai pagani: «Quanto vergognoso, quanto petulante è censurare, in un altro, quello che l’accusatore vede che egli stesso pratica — approfittare dell’occasione per oltraggiare e accusare altri di cose che possono essere ritorte contro lui stesso!»50.

Vale a dire, quei pagani facevano come il ladro che, mentre ruba, grida: «Acchiappa il la­dro!»

Una civiltà governata dal Vangelo

La Chiesa Cattolica ha finito per vincere, a causa della forza intrinseca del bene. Lentamen­te, aiutata dalla grazia divina, che non sbaglia mai, ha preso i greco-latini decadenti e i barbari germanici, li ha convertiti, li ha educati e ha ispirato l’edificazione di una civiltà brillante il cui apice, mai prima raggiunto, si è concretizzato nei secoli XII e XIII.

In quest’epoca, afferma Papa Leone XIII, «la filosofia del Vangelo governava la società». Allora, «la forza della sapienza cristiana e lo spirito divino erano penetrati nelle leggi, nelle isti­tuzioni, nei costumi dei popoli, in ogni ordine e settore dello Stato». Dal rapporto armonioso tra il potere religioso e quello temporale, «la società trasse [...] frutti inimmaginabili, la memoria dei quali dura e durerà, consegnata ad innumerevoli monumenti storici, che nessuna mala arte di ne­mici può contraffare od oscurare»51.

Fu in questo tempo che la Chiesa sviluppò la scolastica, edificò le cattedrali gotiche (con le sue vetrate e monumenti), creò le Università e gli ospedali, diede impulso alla scienza e al pro­gresso tecnico, migliorò le relazioni internazionali tra gli Stati, abolì la schiavitù, fece avanzare il progresso sociale, elevò la condizione della donna, tanto che nel XIV secolo, l’Europa aveva oltre­passato di gran lunga tutti gli altri continenti.

Come fa emergere uno studioso del progresso tecnico medioevale, in quell’epoca, «per la prima volta nella storia si costruì una civiltà complessa, che non si sorreggeva più sulle spalle su­date di schiavi o di servi, ma principalmente sull’energia non umana»52.

Quanto più avanzano gli studi storici e scientifici su questa materia, tanto più viene dimo­strata questa verità, demolendo il mito che il Medioevo fu un’epoca di arretratezza e di oppressione. La letteratura specializzata a tale riguardo si moltiplica sempre di più53.

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48 MINUCIUS FELIX, Octavius, c. 9; LECLERCQ, Henri, P. Verbete: “Accusation Contre les Chrétiens”, in Dictionnaire d’Archéologie Chrétienne et de Liturgie. V. 1, 1e partie. Paris: Le­touzey et Ané, 1924. Cols. 274, 275.

49 JUSTINUS, op.cit., c. 27.

50 ARNOBIUS, op. cit., l. 2., n. 70.

51 LEONE XIII. Lettera Enciclica Immortale Dei. 1/11/1885, n. 28.

52 WHITE, Lynn. Medieval Religion and Technology. Berkeley and Los Angeles: University of Los Angeles Press, 1978, p. 22.

Perché accusare solo la Chiesa?

Tuttavia, ci sono sempre state minoranze non conformi al dominio della virtù, della verità e del bene, sicché la Chiesa si trova periodicamente vittima di nuovi attacchi.

Uno dei procedimenti favoriti continua ad essere quello di accusare la Chiesa precisamente di crimini che il mondo stesso non si vergogna di commettere. Quali sono i maggiori distruttori dell’innocenza infantile oggigiorno? Chi promuove una pornografia sfrenata, che non rispetta né età, né dignità, e che incoraggia ogni tipo di crimine sessuale? Chi sono coloro che, in tutti i modi, fanno pressione sulle scuole per iniziare i bambini a pratiche immorali? Chi dà impulso ai cam­biamenti nelle leggi, in modo da abolire l’influenza cristiana e sostituirla con il vecchio paganesi­mo? Queste sono domande che chiedono risposte; ecco qui un tema molto appropriato per uno studio futuro.

Si consideri l’accusa di pedofilia. Come dicono gli esperti, sulla base di ricerche effettuate finora, la maggior parte di questi crimini sono commessi in particolare nella stessa casa della famiglia, e coloro che abusano sono principalmente i patrigni, seguiti – che tristezza! – dai geni­tori, da altri parenti e dai compagni dei parenti delle vittime54. Curiosamente, non si è mai visto nessun avversario della Chiesa chiedere uno studio serio sulla relazione tra la disgregazione della famiglia, causa principale dell’esistenza di milioni di patrigni, e i crimini di pedofilia, né esigere un’indagine sui pericoli del portarsi innamorati dentro casa, quando lì risiedono minori.

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53 Si veda per es., WOODS, Thomas E. How the Catholic Church Built Western Civilization. Washington, DC: Regnery, 2005; STARK, Rodney. The Victory of Reason. How Christianity Led to Freedom, Capitalism, and Western Sciences. New York: Random House, 2005; PERNOUD, Régine. Pour en finir avec le Moyen Âge. Paris: Seuil, 1977; SWEENEY, Jon M. Beauty Awakening Belief. London: Society for Promoting Christian Knowledge, 2009; JAKI, Stanley L. Patterns or Principles and Other Essays. Wilmington: Intercollegiate Studies Institute, 1995; JONES, Terry. Medieval Lives. London: BBC Books, 2004; GRANT, Edward. God and Reason in the Middle Ages. Cambridge: Cambridge University Press, 2001; LINDBERG, David C. (editor). Science in the Middle Ages. Chicago: University of Chicago Press, 1980.

54 La letteratura a questo riguardo è abbondante. Si veda, per es., CARROLL, Janell L.; WOLPE, Paul Root. Sexuality and Gender in Society. New York: HarperCollins College Publi­shers, 1996: «Infatti, avere un patrigno è uno dei più potenti pronostici di abuso sessuale» (p. 553). FINKELHOR, David. “Child Sexual Abuse”, in ROSENBERG, Mark L.; FENLEY, Mary Ann (editors). Violence in America. A Public Health Approach. Oxford, New York: Oxford Uni­versity Press, 1991: «Diversi fattori si sono rivelati consistentemente associati ad un maggior rischio di abuso: (1) quando il bambino vive senza uno dei parenti biologici, (2) quando la ma­dre non è sempre alla portata del bambino, a causa del suo impiego fuori casa, o per invalidità o malattia, (3) quando il bambino riferisce che il matrimonio dei suoi genitori è infelice o se­gnato da conflitti, (4) quando il bambino informa che ha un rapporto povero coi suoi genitori o è sottoposto a castighi o abuso infantile, (5) quando il bambino dice di avere un patrigno» (p. 85). Secondo vari studi, le bambine che vivono con un patrigno costituiscono il gruppo di più alto rischio. Per tale ragione, Finkelhor, un’illustre autorità in questa materia, pensa che le famiglie nelle quali c’è un patrigno dovrebbero essere oggetto di politiche per prevenire abusi (FINKELHOR, David; and associates. A Sourcebook on Child Sexual Abuse. Newbury Park, CA: Sage Publications, 1986, pp. 77-79). Nello stesso senso, la Radio Vaticana, nell’edizione del 5/4/2010 del Radiogiornale, esprimendo sorpresa per la campagna paradossale contro la Chiesa, ricorda che, secondo i dati ufficiali, i principali responsabili di abusi sessuali sui bambini non sono sacerdoti. È ciò che dimostra un rapporto del governo americano del 2008, secondo il quale «più del 64% degli abusi è perpetrato da genitori, parenti o altre persone che vivono nella stessa casa, quindi nel contesto delle relazioni familiari. Nelle scuole del paese, quasi il 10% dei giovani subiscono abusi. Per quanto riguarda i sacerdoti cattolici coinvolti, si stima che siano meno dello 0,03%». Recenti studi condotti in altri paesi indicano che i dati referenti agli Stati Uniti si ripetono, con lievi variazioni, in tutto l’Occidente. Una statistica pubblicata nel “Portale del Bambino”, del Dipartimento di Stato dello Sviluppo Umano (SEDH / PB) dello Stato di Paraíba, Brasile, mostra che il 90% dei casi di pedofilia avvengono all’interno delle pa­reti domestiche, e la più alta incidenza si verifica nel seguente ordine: padre, patrigno, fratello, zio, nonni, padrini e vicini di casa (http://crianca.pb.gov.br/contador/?p=479). La rivista Veja (18/3/2010, p. 112) informa che, nella classe media brasiliana, nel 37% dei casi di pedofilia, chi abusa è il patrigno, e nel 34% è lo stesso padre. Inoltre, nelle classi C e D, il 74% delle vit­time sono figli di genitori separati.

55 JENKINS, Philip. Pedophiles and Priests: Anatomy of a contemporary crisis. Oxford, New York: Oxford University Press, 1996, p. 55.

 

Solo di passaggio, si noti che la massa dei pedofili è costituita da uomini sposati. C’è anche da rilevare che tutte le religioni hanno membri propri coinvolti in casi di pedofilia, e alcune in proporzioni gigantesche.

Perché, allora, sollevare una campagna internazionale solamente contro la Chiesa Cattolica?

Prova inequivocabile della santità della Chiesa

Sottolineiamo ancora una volta: è stata la Chiesa Cattolica che, sempre fedele agli insegna­menti del suo Fondatore, ha fatto cessare in Occidente la pratica della pedofilia e ha ispirato orro­re di essa.

Pertanto, chi attacca la Chiesa a questo proposito sta utilizzando, contro di lei, un valore che le appartiene, e sta implicitamente riconoscendo che essa è inattaccabile a partire dai con­trovalori del mondo.

In altre parole, gli stessi avversari stanno fornendo la prova che la Chiesa Cattolica Apo­stolica Romana è sostanzialmente santa.

La Chiesa Cattolica censura il mondo perché questo è corrotto. Essa richiede un elevato standard di comportamento, casto e puro. L’assalto feroce e serrato dei nemici consiste nel cerca­re di accusarla ingiustamente di non praticare la morale che essa stessa ha impiantato nella socie­tà. A questo si riduce l’attuale campagna pubblicitaria, per quanto riguarda la pedofilia.

Ma come fare per colpire la Chiesa per le colpe di una minoranza dei suoi membri? Uno degli studi più accreditati sul problema della pedofilia, di Philip Jenkins, analizza le tecniche gior­nalistiche utilizzate per enfatizzare, non i crimini di individui che per caso sono sacerdoti, ma il contesto istituzionale che è stato unicamente lo scenario e non la causa del loro comportamento55.

Si utilizzano titoli suggestivi, giochi di parole, termini ben studiati, come, per esempio, dare a un libro il titolo appariscente di: «E non ci indurre in tentazione». A loro volta, i programmi tele­visivi sui casi di pedofilia collocano, come sottofondo, cerimonie liturgiche, musica gregoriana, sacerdoti con la tonaca, in modo che così la Chiesa venga stigmatizzata nel suo insieme e si faccia un’associazione visiva tra ciò che è distintamente cattolico con lo stereotipo di sacerdoti lascivi e cinici56.

Ora, medici, professori, infermieri e altri professionisti appaiono in numero elevato tra i perpetratori di crimini di pedofilia57, ma chi giungerà all’assurdità di accusare tutti i membri di queste categorie e a denigrare una classe intera per i crimini di una minoranza?

È invece così che si procede nel caso dei sacerdoti cattolici. Lo shock che il delitto sessuale di un sacerdote causa nell’opinione pubblica — shock giustificato, perché la Chiesa Cattolica è l’uni­ca istituzione dalla quale si spera che i suoi membri siano di una purezza immacolata, come pure che i suoi sacerdoti siano santi — gli avversari lo sanno sfruttare.

La santità sostanziale della Chiesa

Resta da chiedersi come può la Chiesa mantenersi santa di fronte alle prove che alcuni preti compiano crimini così gravi.

In realtà, l’argomento più forte contro la Chiesa Cattolica è sempre stato la vita dei cattivi cattolici. Tuttavia, non ci si può stupire che nella Chiesa di Cristo vi siano membri indegni. Lo stesso Gesù paragonò la sua Chiesa alla rete che prende pesci buoni e cattivi (cfr. Mt 13, 47-50); al campo, dove la zizzania cresce in mezzo al grano (cfr. Mt 13, 24-30); alla festa di nozze, per la quale si presenta uno degli ospiti senza l’abito nuziale (cfr. Mt 22, 11-14).

Tuttavia, la Chiesa sarà sempre immacolata, come mette in evidenza San Paolo: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’ac­qua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5, 25-27).

Non accade così nelle altre istituzioni terrene. Essendo semplicemente umane, gli errori dei loro membri possono offuscarle. La Chiesa è l’unica che ha una dimensione divina. Per questo, nonostante i difetti della sua dimensione umana, la sua sostanza è sempre pura. Ella è santa, perché santo è il suo Fondatore: è la Sposa immacolata di Cristo. Soltanto gli uomini della Chiesa sono peccatori, ma la Santa Madre Chiesa non può peccare.

Essa «è santa», sottolinea Paolo VI, «pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giac­ché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che im­pediscono l’irradiazione della sua santità»58. Pertanto, per qualsiasi membro della Chiesa, inclusi gli appartenenti al clero, si applica questa regola: essi solamente cadono quando diminuiscono il loro amore alla Chiesa e allentano il loro impegno verso di lei.

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56 Ibid., p. 56.

57 Ibid., pp. 126-128.

58 PAOLO VI. Credo del popolo di Dio, 19: AAS 60 (1968) 440.

 

«In questa prospettiva», ci dice il Cardinal Biffi, Arcivescovo emerito di Bologna, «diventa chiaro che ogni nostra colpa – piccola o grande che sia – non è solo infedeltà all’amore che ci lega al Padre, spregio dell’opera redentrice di Cristo, resistenza all’azione santificante dello Spirito Santo; è altresì oltraggio e sofferenza inflitti alla Chiesa. Ogni incoerenza al nostro battesimo è sempre anche ingratitudine verso colei che nel battesimo ci ha generati, è attentato alla sua bel­lezza di sposa del Signore; bellezza che agli occhi umani viene offuscata da ogni nostro atto ripro­vevole. [...] Ma almeno noi, che ogni giorno pecchiamo poco o tanto contro di lei, abituiamoci a chiedere ogni giorno perdono a questa nostra Madre carissima per tutto ciò che ci avviene di pen­sare, di dire, di compiere con animo non integralmente “ecclesiale”»59.

I peccatori non appartengono alla Chiesa per i loro peccati, dice il Cardinal Journet, «ma per ciò che ancora vi è in essi dei doni di Dio, per i caratteri sacramentali, la fede, la speranza te­ologale, le loro preghiere, i loro rimorsi. Essi sono come attaccati ai giusti; si trovano nella Chiesa provvisoriamente per essere un giorno definitivamente reintegrati in essa oppure da essa sepa­rati. Sono nella Chiesa non in maniera salvifica, ma come paralizzati in ciò che riguarda le loro attività più alte e decisive»60.

È chiaro che la Chiesa «non rigetta i peccatori dal proprio seno, ma soltanto il loro peccato; continua a mantenerli in se stessa nella speranza di poterli convertire; lotta in essi contro i loro peccati»61.

Sottolineando la santità della Chiesa, che non è mai macchiata dai peccati dei suoi figli, il Cardinal Journet richiama l’attenzione al suo intimo rapporto con ciascuna delle tre Persone della Santissima Trinità: da tutta l’eternità, la Chiesa Cattolica è conosciuta e amata dal Padre. È fondata da suo Figlio, che è venuto a redimerci per mezzo della croce. Ed è vivificata dallo Spirito Santo, che è venuto a stabilire la sua dimora in lei. «La Chiesa intera appare così come il popolo riunito ad immagine dell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, de unitate Patris et Fi­lii et Spiritus Sancti plebs adunata»62.

La relazione della Madre di Dio con la Santa Chiesa è un altro fattore di santità. La cono­scenza della vera dottrina su Maria sarà sempre una chiave per comprendere il mistero di Cristo e quello della Chiesa. La santità della Madonna si riflette nella Chiesa, nella sua verginità, nella sua purezza, nella sua disponibilità in relazione alla volontà di Dio. Anche gli angeli del cielo e i beati conservano la Chiesa nella santità, nobilitando il culto che essa presta a Dio63.

Tutte le opere della Chiesa hanno come finalità la santificazione degli uomini in Cristo e la glorificazione di Dio64. Tuttavia, essa non potrebbe realizzare questa finalità se non fosse santa. Quindi, anche se in questa terra è governata e composta da peccatori, essa è indefettibilmente santa, come dimostrano i frutti abbondanti di santificazione che ha prodotto65. Un possente segno di questa santità è l’osservanza volontaria dei consigli evangelici, per il quale centinaia di migliaia di uomini e donne rinunciano a tutto quanto potrebbero avere di legittimo in questa vita — fami­glia, beni, libertà di decidere cosa fare — per imitare totalmente Gesù Cristo66.

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59 BIFFI, Cardinale Giacomo. Meditazione Gesù di Nazareth, la fortuna di appartenergli. Giu­bileo Diocesano dei Catechisti, Cattedrale di San Pietro, Bologna, 29/10/2000.

60 JOURNET, Charles. Il mistero della Chiesa secondo il Concilio Vaticano II. Brescia: Querinia­na, 1967, pp. 84-85.

61 Ibid., p. 85.

62 Ibid., p. 31. Cfr. anche CONCILIO VATICANO II. Lumen gentium, n. 4.

63 Cfr. JOURNET, op. cit., pp. 91-95.

64 Cfr. CONCILIO VATICANO II. Sacrosanctum Concilium, n. 10.

65 Cfr. ARANGÜENA, José Ramón Pérez. A Igreja. Iniciação à eclesiologia. Lisboa: Diel, 2002. p. 110.

 

La Chiesa ha il coraggio di esigere da tutti i suoi figli la lotta contro il peccato. Molte anime dicono di sì a questo appello, ma, in generale, il bene che praticano rimane nascosto. Il male, in questo mondo, conta su una pubblicità ben più grande, poiché la sua petulanza richiama l’atten­zione di tutti. In ogni caso, uomini e donne di straordinaria santità non sono mai mancati alla Chiesa, ed è come strumento di santificazione che lei passa per un continuo rinnovamento67.

Costituisce, quindi, un grave errore proporre cambiamenti nella struttura ecclesiale. «Quan­do, in seno alla Chiesa, è messo in questione il valore dell’impegno sacerdotale come affidamento totale a Dio attraverso il celibato apostolico e come totale disponibilità a servire le anime», sotto­lineava Benedetto XVI nella sua visita in Brasile, «e si dà la preferenza alle questioni ideologiche e politiche, anche partitiche, la struttura della totale consacrazione a Dio comincia a perdere il suo significato più profondo. Come non sentire tristezza nella nostra anima?»68.

Un pastore sollecito verso il suo gregge

Alcuni giornali hanno cercato di coinvolgere Papa Benedetto XVI nell’occultamento di cri­mini, nel tempo in cui era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e qualche voce stridente è arrivata al punto da proporre il suo arresto.

A nostro avviso, questo è il più grande errore dell’avversario nella campagna in corso contro la Chiesa. La sua insolenza è ciò che più ha provocato generale indignazione, contribuendo anche a suscitare ed infervorare i cattolici addormentati.

L’ingiustizia degli accusatori si mostra ancor più flagrante quando, passando ai fatti, si con­stata che è stato Benedetto XVI, già da cardinale, che più ha agito per sradicare il problema, zelo questo che si è ulteriormente accentuato una volta occupata la Cattedra di Pietro.

È emblematica la Lettera Pastorale che, poco prima di Pasqua, egli ha inviato ai cattolici ir­landesi, da essere letta in ogni pulpito del paese. In un gesto senza precedenti, il Santo Padre ha chiesto perdono direttamente alle vittime e alle loro famiglie, esprimendo la sua profonda desola­zione per gli «atti peccaminosi e criminali» di coloro che hanno commesso abusi. Rivolgendosi ai Vescovi, egli ha sottolineato i «gravi errori di giudizio» e le «mancanze di governo» da parte della Gerarchia. Infine, sottolineava che la Chiesa si è messa a lavorare sodo per correggere e porre ri­medio al male che è stato fatto69.

Va notato anche che, nel maggio 2001, l’allora Cardinal Ratzinger ha inviato una lettera ai Vescovi, ordinando che gli inviassero tutte le accuse contro chierici, fossero vecchie o nuove. Con questa iniziativa, la Santa Sede chiamava a sé l’indagine sugli abusi e la punizione dei colpevoli.

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66 Cfr. JOURNET, op. cit., p. 89.

67 Cfr. CONCILIO VATICANO II. Lumen Gentium, n. 15.

68 BENEDETTO XVI. Discorso. Incontro con i Vescovi del Brasile, Catedral da Sé, San Paolo, Brasile, 11/5/2007.

69 Cfr. BENEDETTO XVI. Lettera Pastorale ai cattolici dell’Irlanda, 19/3/2010.

 

In seguito, vari accusati hanno dovuto affrontare un processo canonico completo, molti sono stati dimessi dallo stato clericale, o hanno chiesto la dimissione volontariamente, mentre altri hanno subito punizioni amministrative e disciplinari, compreso il divieto di celebrare la Messa.

Contrariamente a quanto alcune fonti hanno diffuso, tale lettera non vietava a nessuno di comunicare con la polizia per denunciare eventuali abusi. In verità, i Vescovi di tutto il mondo – come negli Stati Uniti, Inghilterra e Canada – stavano già adottando la procedura di comunicare con le autorità di polizia non appena ci fosse la conferma di un caso.

D’altra parte, il Vaticano ha emesso regole severe che rendono rigorosa la selezione dei can­didati per il seminario. Inoltre, sta portando avanti iniziative come l’Anno Sacerdotale, ancora in corso, il Congresso Teologico Internazionale, tenutosi a Roma nel marzo scorso, in vista di un rinnovamento del clero e della rimozione di concetti erronei sul sacerdozio, causati da una «er­meneutica della discontinuità e della rottura»70 rispetto al Concilio Vaticano II.

Speriamo che questa brezza di rinnovamento porti un po’ di consolazione alle vittime degli orribili crimini commessi da uomini che, come rappresentanti di Dio, dovrebbero essere i primi protettori dei bambini e dei giovani. Proviamo dolore per loro e ne condividiamo sofferenze e de­lusioni, offrendo loro le nostre preghiere. In effetti, la tragedia che ci ha coinvolto ci porta, ancora una volta, a ricordare con dolore quegli innumerevoli bambini che, nell’antichità, furono vittime del crudele paganesimo.

Da ogni persecuzione, la Chiesa ne esce rafforzata

Qualunque cosa accada, contemplando la sua propria storia, la Chiesa Cattolica può dire con Cicerone: «Alios vidi ventos, alias prospexi animo procellas»71.

Come dai precedenti assalti, essa uscirà ancora più forte dall’attuale mischia. Innumerevoli reazioni da tutto il mondo già anticipano questo risultato. In Irlanda e Spagna, le chiese si sono riempite durante la Settimana Santa, come da molti anni non si verificava. Negli Stati Uniti, in Inghilterra e in altri paesi dell’Occidente, il numero di conversioni è aumentato. Molti giornalisti, molti dei quali non cattolici, hanno preso le difese della Chiesa. Sarà necessario ricordare che le persecuzioni sono indispensabili per rinsaldare la Sposa di Cristo? E anche per rinnovarla? Infatti san Paolo dice: «Nam oportet et haereses inter vos esse, ut et, qui probati sunt, manifesti fiant in vobis»72 (1 Cor 11,19).

Per evidenziare la perennità della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, Sant’Agostino ci ha lasciato questa saggia riflessione: «La Chiesa vacillerà, se vacilla il suo fondamento; ma po­trà forse Cristo vacillare? Visto che Cristo non vacilla, la Chiesa rimarrà intatta fino alla fine dei tempi»73.

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70 BENEDETTO XVI, Discorso alla Curia Romana, 22/12/2005.

71 «Ho visto altri venti e ho affrontato senza timore altre tempeste» (In L. Calpurnium Piso­nem, oratio, 9).

72 «È necessario infatti che sorgano fazioni tra voi, perché in mezzo a voi si manifestino quelli che hanno superato la prova».

73 Enarrationes in Psalmos, 103,2,5; PL, 37, 1353.

 

Ricordiamo che «Dio è Signore del mondo e della storia»74. È stato lui stesso che ha decreta­to che «le potenze degli inferi» non prevarranno contro la sua Chiesa (Mt 16,18).

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74 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 314.

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Mons. João Scognamiglio Clá Dias, E.P., è Canonico Onorario della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, Roma, Protonotario Apostolico Soprannumerario, Dottore di Dirit­to Canonico all’Angelicum, ha ottenuto il Master in Psicologia dell’Educazione dell’Univer­sità Cattolica della Colombia, Dottore Honoris Causa del Centro Università italo-brasilia­na, membro della Società Internazionale San Tommaso d’Aquino (SITA) e della Pontificia Accademia dell’Immacolata, Fondatore e Superiore Generale di tre entità di Diritto Pon­tificio: Associazione Internazionale di Fedeli Araldi del Vangelo, Società Clericale di Vita Apostolica Virgo Flos Carmeli e Società di Vita Apostolica Regina Virginum.