Santa Caterina da Siena

e

Sant'Agnese da Montepulciano

 

 

 

Quando nacque Santa Caterina da Siena, il 25 marzo 1347, Sant' Agnese era già morta da trenta anni, ma l'affinità spirituale nel comune ideale domenicano fu sufficiente a far sbocciare nel cuore di Caterina una simpatia spirituale verso la sorella maggiore, Agnese.

La vita della Santa poliziana le fu familiare fin dalla sua fanciullezza. Siena non dista molto da Montepulciano, e i religiosi del convento di San Domenico dovevano parlare spesso di Sant'Agnese, le cui gesta avevano già varcato la stretta cerchia cittadina. Inoltre il Beato Raimondo da Capua, confessore e direttore spirituale della Senese, era stato a Montepulciano per tre anni alla guida spirituale di quella comunità domenicana. Sant'Agnese era morta da poco, e lui, conquistato dalle virtù della Santa, ne aveva tramandato il ricordo scrivendone la Legenda.

Nell'autunno del 1374, aveva allora ventisette anni, Caterina, ottenuto il permesso del suo confessore, volle recarsi a Montepulciano per venerare Sant'Agnese. L'accompagnavano alcune mantellate, cioè terziarie domenicane come lei dedite alla pietà e alle opere di misericordia. Rapita in Dio, con gli occhi chiusi, ella andava avanti alle compagne senza mai sbagliare la strada, né sentire la stanchezza, come se portata in braccio dal Signore. Di quando in quando, era ripresa da Gesù perché avesse riguardo delle compagne e non corresse troppo; in quei momenti rallentava il passo.

Il Beato Raimondo ci racconta i particolari di questo primo incontro tra le due Sante domenicane: Caterina era in ginocchio davanti al corpo incorrotto di Agnese, tutta raccolta nella preghiera, ma quando si chinò per baciare umilmente i piedi della Santa poliziana, il piede sinistro di questa si solleva verso la bocca di Caterina, quasi gareggiando nell'onorarsi. Il gesto notato da tutti i presenti fu interpretato come un chiaro segno di accoglienza amorosa e di onore verso la consorella senese.

Forse sarà tornata alla mente di Caterina la visione che ebbe un giorno e detta delle "due sedie". Nella visione un angelo introduceva Caterina in Paradiso e le mostrava una splendida sedia dicendole: "Quella é destinata a te nel Coro dei Serafini". Caterina guardò e vide alla destra di quella un'altra sedia, pure splendida, nella quale sedeva una fanciulla vestita con un abito bianco e un mantello nero; domandò chi fosse e l'angelo le rispose: "Quella é Agnese da Montepulciano figlia anch'essa di San Domenico".

Santa Caterina divenne amicissima del monastero poliziano. Quando una sua nipote, Eugenia, figlia di un suo fratello, espresse il desiderio di entrare tra le suore domenicane di Sant'Agnese, fu lei stessa ad accompagnarla e, arrivata, non mancò la sua fervida preghiera davanti al corpo di Sant'Agnese. Memore però del primo incontro che alla sua umiltà recò tanto turbamento, questa volta non si recò a baciare i piedi, ma il capo. Uno dei miracoli che spesso si ripeteva nella vita di Sant'Agnese era quello di una pioggia di minuscole particelle bianche, simili a fiocchi di neve a forma di croce che cadevano sulla Santa e sui luoghi vicini. Fu la stessa Caterina a far notare il miracolo alla sua cognata Lisa e alle vicine: "Perché, disse, non osservate il dono che ci viene dal Cielo?", infatti, alzati gli occhi, esse videro una bianchissima e minutissima manna che, come neve, si posava su tutti. Il Beato Raimondo così commenta l'episodio: "Dio volle simboleggiare nella candidezza e nelle minutissime particelle di quella manna il bianco giglio della purezza, le chiare perle dell'umiltà fiorite in quelle due Sante vergini".

Le suore di Montepulciano edificate dalla presenza di Caterina avrebbero desiderato che la Santa senese restasse più a lungo con loro. In una lettera da Montepulciano a Monna Agnese Orso Malavolta in Siena la Santa fece cenno a queste sante insistenze delle suore: "Sappiate che ci viene voglia di dire: Facciamo qui tre tabernacoli perrocché veramente ci pare il Paradiso con queste santissime vergini, e sono sì inebriate di noi (di lei e delle consorelle mantellate che l'accompagnavano) che non ci lassano partire e piangono sempre la nostra partenza".

Una sosta tra le consorelle di Montepulciano era quasi d'obbligo per Caterina e il gruppo dei suoi fedeli ogni qualvolta il suo apostolato la spingeva ad inoltrarsi nella Val d'Orcia o nell'Amiata. Ma la sua intensa vita apostolica per la Chiesa e per le anime, alla quale il suo Sposo divino l'aveva chiamata, non permetteva a Caterina di restare a lungo sul Tabor della contemplazione nella celletta di Agnese, ma anche lontana, ella ritornava spesso con la mente a quei momenti di paradiso passati vicino alla consorella poliziana.