ISAIA

Capitoli 40-66

Il libro della consolazione

 

Anno Pastorale

2006-2007

 

I 27 capitoli comprendono tre parti diverse per ampiezza, linguaggio, riferi­mento storico e contenuto teologico. La parte più significativa e ampia (Is 40-55) è comunemente detta "Libro della consolazione", dalle parole dei primi versetti «consolate, consolate il mio popolo... gridate che è finita la sua schiavitù» (40,1-2): essa è attribuita a un anonimo chiamato Secondo Isaia. All'interno di questi capitoli si trovano quattro brani in poesia, staccati tra loro, convergenti verso un personaggio detto "servo" e i brani Canti del servo, sull'estensione dei quali esiste varietà di opinioni. È preferibile questa delimi­tazione: Is 42,1-7; 49, l-9a; 50,4-9a; 52,13-53,12. Gli ultimi capitoli (Is 56-66) sono riferiti a un Terzo Isaia. Sotto questo nome non sta tuttavia una per­sona all'origine dei capitoli, anche se sconosciuta, come avviene per il Secondo Isaia: il termine è puramente convenzionale. Le varietà storica, letteraria e teologica, infatti, dei capitoli non permettono di ritrovare un'unica persona all'origine dei testi, anche se alcuni collegamenti tra loro lasciano trasparire qualche intervento finale di redazione.

                                                                           Itinerari delle Deportazioni

 

IL SECONDO ISAIA

 

Non abbiamo notizie su di lui, né è possibile dedurle dal suo scritto, salvo un'afferma­zione sulla coscienza di essere un inviato: « Il Signore Dio ha mandato me insieme con il suo spirito» (Is 48,16). Conosciamo invece la situazione in cui vive, quella dell'esilio babilone­se, di cui con parole toccanti dichiara la fine imminente, invitando alla speranza. Egli, infat­ti, vive a Babilonia, capitale di un vasto regno, situata sul fiume Eufrate, dove la parte più nobile e influente della Giudea fu deportata da Nabucodonosor nel 586, dopo la distruzio­ne di Gerusalemme. Altre due deportazioni, quella del 597 in seguito alla ribellione del re Jojakìm e quella del 585 dopo l'uccisione del governatore Godolia, potrebbero aumentare il numero dei deportati fino a 20.000. All'inizio della seconda metà del VI sec, dopo decen­ni di esilio, quando ormai il popolo aveva perso ogni speranza, il profeta osa gridare che c'è una buona notizia, un "vangelo": la schiavitù sta per finire (Is 40,1-11); il ritorno attra­verso il deserto che rifiorisce, sotto la guida forte e attenta di Dio pastore, è ormai vicino.

 

 

IL TERZO ISAIA ( capp. 56-66)

 

Questi capitoli sono caratterizzati dalla varietà. Alternano infatti brani dai toni duri con­tro l'idolatria (Is 57,3-13) e il falso digiuno (Is 58,3-5) a immagini splendide sulla nuova Gerusalemme (Is 60.62) e la nuova creazione (Is 65,17-25; 66,22); testi vicini al ritorno da Babilonia (Is 57) e altri databili a metà del V sec, al tempo di Esdra e Neemia (Is 60,10; cf. 58,12; 61,4); testi che contengono aperture universalistiche verso stranieri ed eunuchi (Is 56,3-7; 66,18b-21) insieme alla prospettiva di ricevere servizi dagli stranieri (Is 61,5-6); passi di profonda dottrina messianica (Is 61,1-3) e preoccupazioni minuziose relative al sabato (Is 56,6-7; 58,13-14). L'attribuzione pertanto di questa ultima parte del libro di Isaia a un anonimo autore chiamato Terzo Isaia è puramente convenzionale. I capitoli in realtà sono dovuti a più autori e non presentano un apprezzabile collegamento tra loro: traspare appena una redazione definitiva. Tra le molte opinioni sulla composizione finale, la più probabile è quella presentata da C. Westermamn, Isaia {capp. 40-66), Paideia, Brescia, 1978, p. 369. Egli pone al centro l'annuncio della salvezza (capp. 60-62) incorniciato tra due lamentazioni (capp. 59 e 63-64) e da una serie di testi più recenti e formatisi in quattro stra­ti: quest'insieme di testi vari ha dato luogo ai due complessi estremi (capp. 56-58 e 65-66).

«L'importanza del Tritoisaia - afferma C. Westermann - non sta tanto in ciò che ha annunciato, quanto piuttosto nel fatto che dopo la fine dell'esilio, in un tempo di profonda delusione e di estrema povertà di comuni ideali e intendimenti, egli ha rinnovato la pro­messa della salvezza» (p. 369).

I testi pertanto vedono l'origine nell'arco di un secolo, a partire dal ritorno in patria in seguito all'editto di Ciro (539) fino a metà del quinto secolo, con Esdra e Neemia. Sono i tempi difficili del dopo esilio, caratterizzati da delusione e grande povertà. Emergono pertanto esortazioni a interessarsi dei poveri materialmente e ad apprezzare quella povertà "spirituale" che si appoggia a Dio come Padre (Is 63,8.16; 64,7), ad evitare scontri e vio­lenze (Is 58,2-4), contrasti tra gli esuli rimpatriati e i rimasti in Giudea, a superare la super­ficialità nelle espressioni religiose (Is 59). Il tempio è ricostruito (515), ma la discussione su di esso e sui sacrifici si trasforma in tensione (Is 66,1-4).

Immagini e insegnamenti profondi concentrati in Is 60-62, con linguaggio e contenuto simile al Secondo Isaia, propositi di conversione alla luce dell'agire misericordioso di Dio nella storia (Is 63,7-64,11), scoperta del vero digiuno nell'attenzione al prossimo per ren­derlo libero, sfamarlo e vestirlo (Is 58,6-7) sono tra le pagine più belle di questa parte del libro di Isaia.

 

 

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