SAN GIOVANNI CRISOSTOMO

padre e dottore della Chiesa

Nacque ad Antiochia nel 345; morì esule nel 407.

 


 

Vita e opere

Ebbe un'educazione classica e cristiana; su consiglio dell'amico san Basilio si diede alla vita ascetica e poi a quella cenobitica. Costretto per motivi di salute a tornare ad Antiochia vi fu ordinato prima diacono e poi sacerdote. Fatto Vescovo di Costantinopoli (398), ebbe a soffrire molto per la difesa dell'ortodossia contro gli ariani, fino al punto d'essere condannato all'esilio, dove la morte lo colse durante un penoso viaggio. Sommo oratore (soprannominato per questo «bocca d'oro»), esegeta brillante e teologo eminente è l'autore d'una produzione letteraria imponente, in massima parte di carattere omiletico. Nella sua opera esegetica il C. dimostra chiaramente la formazione antiochena nella costante adesione alla lettera del testo e nel ridotto spazio concesso alla interpretazione tipologica. Molto frequenti vi sono gli spunti polemici contro i pagani, gli ebrei e soprattutto gli eretici, particolarmente gli ariani.

Pensiero

 Le acquisizioni teologiche più rilevanti del C. riguardano la spiritualità cristiana e la sacramentaria. Nel campo della spiritualità il C. ha saputo indicare con precisione il posto della vita contemplativa nella Chiesa.
I monaci «sono fari che appaiono in alto a coloro che vengono da lontano. Assisi nel porto, attirano tutti gli uomini alla calma di cui essi godono, non lasciando affondare quelli che volgono lo sguardo verso di loro» (Hom. 14 su 1 Tim. 3).
Ma la maggior parte dei cristiani è chiamata a vivere nel mondo. Per essi il C. traccia la via dando consigli segnati da un senso straordinariamente concreto delle situazioni e da una ispirazione squisitamente evangelica. Nella famiglia sboccia l'amore degli sposi tra loro e l'amore dei figli. L'amore del prossimo - schiavi, ricchi, ammalati o sani, padroni o servi - ha la sua sorgente nell'amore di Dio.
Nel campo della sacramentaria il C. illustra il significato cristologico ed ecclesiologico dei sacramenti. Essi sono i segni dell'unità di cui Cristo è il fondamento.
Il battesimo è presentato nella Catechesi battesimale come una nuova nascita.
L'eucaristia, insieme azione di grazie e sacrificio, perpetua la presenza reale di Cristo tra gli uomini. Il C. eccelle nel celebrare questo mistero: «Colui che gli angeli non vedono che tremando e non osano mirare senza timore per il fulgore che da lui si irradia, noi, lo prendiamo come cibo, lo riceviamo, diventiamo un solo corpo e una sola carne con il Cristo» (Hom. 82 su Mat. 5).
In occasione delle feste religiose la comunità prende coscienza della sua unità attorno al sacerdote che celebra l'eucaristia col popolo tutto, e la chiesa del cielo si associa a quella della terra. Il C. non smise mai di invitare quelli che l'ascoltavano a rendere gloria a Dio e le sue ultime parole posero un sigillo al suo insegnamento: «Gloria a Dio in tutte le cose».


OPERE PRINCIPALI sono: Omelie sulla Genesi; Omelie sui Salmi; Omelie su Matteo; Omelie sugli Atti.

 

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SANT’AMBROGIO

padre e dottore della Chiesa

Nacque ad Treviri nel 334; morì nel 397.

 

 

Ambrogio, appartenente ad una ricca ed importante famiglia romana, nacque nel 334 a Treviri, ove suo padre era un insigne personaggio pubblico, prefetto del pretorio per le Gallie. La morte prematura del capo famiglia spinse la sposa a ritornare a Roma con i suoi tre figli Marcellina, Satiro e Ambrogio. Marcellina si consacrò a Dio prendendo il velo delle vergini; Satiro, che per un certo tempo ricoperse un'alta carica statale, morì nel 378. Ambrogio, che possedeva una formazione retorica e giuridica, divenne amministratore della Liguria e dell'Emilia, con sede a Milano. Alla morte del vescovo ariano Aussenzio, scoppiarono a Milano tumulti tra cattolici e ariani per la nomina del successore. Ambrogio intervenne, in qualità di governatore, per riportare la concordia tra le parti, quando all'improvviso fu acclamato vescovo dai due partiti, nonostante fosse solo catecumeno e cercasse invano di sottrarsi alla nomina. Fu consacrato vescovo il 7 dicembre 374, solo otto giorni dopo il battesimo.


Sotto la direzione di Simpliciano, che fu poi suo successore, si occupò di studi teologici, distribuì tra i poveri il suo non indifferente patrimonio, ed improntò la sua vita ad una rigorosa ascesi. La sua influenza fu particolarmente decisiva nella situazione ecclesiastica e politica dei suoi tempi. Lottò strenuamente ed inflessibilmente per il riconoscimento esclusivo della Chiesa di fronte al paganesimo, all'arianesimo e alle altre eresie; come anche per la sua libertà e autonomia rispetto al potere politico.

Realizzò una delle forme più riuscite di pastore, e appartiene al numero di quei grandi che con il pensiero e con l'azione posero le basi all'edificio della cultura cristiana medievale. Fu iniziatore dell'innologia religiosa popolare. Morì nel 397.

Stupisce che Ambrogio, impegnato su tanti fronti, abbia potuto trovare il tempo per la composizione di tante opere. La maggior parte di esse non contiene speculazioni dogmatiche, ma è strettamente legato al suo ministero pastorale, e anche in questo Ambrogio rivela la sua forma mentis tipicamente romana, cioè pratica.

 

 

 

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SAN GIUSTINO

padre e dottore della Chiesa

m. nel 165 circa

 

S.Giustino, discendente da una famiglia greca pagana, è considerato il più importante apologista del II° secolo.

Narra egli stesso come il suo ardente desiderio di sapere lo avesse condotto, nei suoi anni giovanili, a frequentare le scuole degli stoici, dei peripatetici e dei pitagorici, le cui dottrine però lo lasciarono deluso quanto alla ricerca della verità. Da un vecchio incontrato per caso gli venne chiaramente dimostrata l'insufficienza di ogni tentativo filosofico di spiegare l'essenza e l'immortalità dell'anima, e nello stesso tempo attirò la sua attenzione sui "profeti" e quindi sul Cristianesimo: solo la preghiera incessante apre la strada verso Dio. Da allora egli dedicò la sua vita esclusivamente alla difesa della fede cristiana, la "sola filosofia attendibile e giovevole".

La sua morte è descritta in un antico e autorevole "Martyrium Sancti Iustini et Sociorum", secondo il quale Giustino fu decapitato insieme ad altri sei cristiani a Roma, circa nell'anno 165.

Le opere.

A) La Prima Apologia può essere distinta in due parti: la prima intende discolpare i cristiani dalle accuse ingiuste loro rivolte dai pagani; la seconda, più positiva, espone il contenuto dottrinale del Cristianesimo, la condotta dei suoi seguaci, il suo culto.

B) La Seconda Apologia, attribuendo le persecuzioni scatenate contro i cristiani ai demoni, afferma che Dio conduce i suoi fedeli alla virtù e al premio per vie aspre, e dimostra la superiorità del Cristianesimo su ogni dottrina umana.

C) Il Dialogo con Trifone intende sostenere, attraverso l'artifizio retorico del dialogo con un rabbino, che la legge giudaica aveva un valore transitorio,, che il culto di Gesù Cristo non contrasta con il monoteismo, e che anche i gentili sono chiamati a far parte della Chiesa di Cristo.

 

 

 

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ORIGENE

Grande filosofo e teologo di lingua greca.

 

 Vita e opere - Nacque verso il 185 ad Alessandria e morì a Tiro nel 254. Discepolo in filosofia di Ammonio di Sciacca e in teologia di Clemente Alessandrino, nel 203 gli venne affidata la direzione del «Didascaleion» di Alessandria. Ordinato sacerdote, a causa di un forte disaccordo col suo vescovo Demetrio, dovette lasciare Alessandria. Allora aprì una nuova scuola teologica, che acquistò ben presto grande prestigio, a Cesarea. Dopo anni di intensa produzione letteraria ebbe a soffrire nella persecuzione di Decio. Sia in teologia che in esegesi O. segnò solchi indelebili: in teologia con le sue teorie sulla libertà (perfezione primaria identica in tutte le creature spirituali), sul peccato e sulla redenzione; in esegesi per la sua interpretazione allegorica, spesso decisamente ardita. Insieme al suo maestro Clemente ha il merito di aver ottenuto il diritto di cittadinanza nella teologia cristiana per la filosofia greca e dell'inculturazione greca (cioè ellenizzazione) del cristianesimo.

Pensiero - O. è uno dei più grandi e più geniali sistematici di tutti i tempi. Egli ha creato una cosmovisione in cui trovano posto sia le verità fondamentali del cristianesimo sia le dottrine più significative del platonismo, presentate con rigore logico in modo da formare un universo in cui tutto è strettamente legato dall'inizio alla fine. L'opera in cui Origene svolge sistematicamente questa trattazione si chiama Perì arkòn in greco, De principiis in latino (I principi). Si tratta di una enorme mappa, ad un tempo cosmologica e metafisica o teologica in quanto i principi presi in considerazione sono enti completi (Dio, Cristo, Spirito Santo, angeli, anima, uomo, demoni ecc.) e non elementi o categorie che danno origine agli enti stessi. L'obiettivo specifico della sua ricerca è presentato nei termini seguenti: «ordinare in un tutto organico l'esplicazione razionale di tutti questi argomenti (insegnati dalla Chiesa), sì da mettere in evidenza le verità sui singoli punti con dimostrazioni chiare e inoppugnabili e ordinare, in tal modo, un'opera organica con argomenti ed enunciazioni, sia quelle che avrò trovato nelle sacre Scritture sia quelle che avrò potuto di lì dedurre grazie a una ricerca condotta con esattezza e rigore logico». Come risulta da questo brano, l'intento di O. nei Principi è duplice: sistematico (trattare di tutti gli argomenti con ordine) e raziocinativo o filosofico (proponendo ogni verità con argomentazioni valide e rigore logico). Nel quadro delle verità cristiane O. distingue due gruppi: quello delle verità già chiaramente definite dalla Chiesa (su Dio, Cristo, Spirito Santo, l'anima, la risurrezione dai morti ecc.) e quello delle verità che sono tuttora oggetto di discussione. Il ricorso alla filosofia si può operare in entrambi i casi, ma ovviamente è più urgente e fecondo nel secondo che nel primo. L'opera si compone di quattro libri, che trattano rispettivamente:

1) il mondo trascendente (Dio, Padre, Figlio, Spirito Santo, Angeli, anime ecc.);
2) il mondo storico (creazione del mondo e dei progenitori, economia dell'A.T., incarnazione del Salvatore; resurrezione e castigo ecc.);
3) il mondo umano (il libero arbitrio, la sapienza, l'imago Dei ecc.);
4) il mondo scritturistico (interpretazione della Scrittura, simbolismo ecc.).

Intorno a Dio O. sviluppa un discorso schiettamente filosofico, nel quale adduce svariati argomenti a favore della sua natura spirituale (incorporea) e trascendente, enucleando il significato allegorico di quelle espressioni bibliche che sembrano assegnare a Dio una natura corporea. Incomprensibile nella sua natura e indefinibile nella sua essenza Dio tuttavia non rimane inaccessibile all'intelligenza umana, perché anche se «con le sue forze la nostra mente non può concepire Dio quale è, tuttavia dalla bellezza delle sue opere e dalla magnificenza delle sue creature, essa lo riconosce padre dell'universo» (I principi I, 6).
Al discorso «filosofico» su Dio O. fa seguire il discorso «teologico» sulla Trinità, sul Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, distinguendo i punti fermi, già definiti dalla Chiesa, da quelli tuttora oggetto di discussione. Secondo O., Dio all'inizio creò un complesso di nature razionali, tutte egualmente buone, libere e perfette, le quali però, successivamente, in relazione all'uso buono o meno buono del libero arbitrio, si sono differenziate in angeli, uomini e demoni. O. non presenta questa teoria come matematicamente sicura ma come più ragionevole di quella di quegli autori gnostici che distinguevano gli uomini in tre categorie, diverse fra loro per natura, origine e destino. (I principi II, 1, 2). Frutto della bontà del creatore, il mondo non viene mai abbandonato a se stesso. Dio segue costantemente con paterna sollecitudine le sue sorti e si adopera costantemente per ricondurre tutte le creature a quella bontà e unità originaria in cui le aveva costituite, ma senza interferire mai col libero arbitrio di cui ha fatto dono alle sue creature. E così la struttura dell'universo - nella prospettiva origeniana - conserva sempre un carattere profondamente dinamico, e la instabilità nel bene che caratterizza le creature al momento della loro creazione permane immutata: ogni creatura sia nel premio (angeli) sia nel castigo dell'allontanamento totale da Dio (demoni) o parziale (uomini) conserva la prerogativa del libero arbitrio, che permette a chi ha peccato di purificarsi e risalire all'antica condizione, ma fa anche sì che la creatura che si trova attualmente nel possesso del bene lo possa perdere per sua colpa e precipitare nel peccato, allontanandosi da Dio in maniera più o meno rilevante. In teologia O. diede un considerevole apporto alla elaborazione del dogma trinitario e allo sviluppo della cristologia, anche se non riuscì a sottrarsi completamente al pericolo del subordinazionismo. Egli pone all'apice del suo sistema trinitario «il Padre», Egli solo Dio in senso stretto, perché ingenerato (aghennetos). Tuttavia questo Dio che è bontà e potenza che si effonde «genera» il Figlio con un atto eterno, fuori della categoria del tempo, così che si può dire che esso «era quando non era» (I principi, 1, 2, 4) e che è un «Dio secondo» (Contra Celsum 5, 39). O. afferma che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono «persone» (hypostaseis: In Johannem 2, 10, 75), superando il punto di vista economico, più dominante in Ippolito e Tertulliano e collocandosi da un punto di vista più ontologico attraverso l'ausilio dell'idea di «generazione eterna». Il linguaggio trinitario teologico, con lui, compie perciò un considerevole progresso attraverso una precisazione dei termini chiave «persona» (hypostasis) e «sostanza» (ousia), il primo più stoico e il secondo platonico che venivano adoperati tuttavia in forma sinonimica per indicare, entrambi, l'esistenza reale, ritenuta identica all'essenza della cosa. In O. si nota la tendenza ad usare «hypostasis» nel senso di sussistenza individuale e quindi di individuo, per cui egli dice «il Figlio è diverso, nella sussistenza, dal Padre» (Contra Celsum 8, 12).
Ma nello stesso tempo egli dice, commentando (Sap7,25): «c'è una comunanza di sostanza tra il Padre e il Figlio» (da notarsi l'uso del termine omoousios) (I principi 4, 4, 1).
«Potremmo dire che l'accento e la tensione pluralistica del trinitarismo di O. è la sua caratteristica saliente, egli però cercava di dare una risposta alla esigenza monoteistica condensando la pienezza della Divinità nel Padre, sorgente della Deità.
Il suo sforzo speculativo in questo prendeva in prestito (e non poteva fare altrimenti nel suo tempo) strutture di pensiero di modello platonico che portavano inevitabilmente ad un indebolimento della trascendenza del Logos rispetto al mondo» (M. Bordoni).

 

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CLEMENTE DI ALESSANDRIA

 

Atene 150 ca. - morto nel 212 ca. in una città della Cappadocia), scrittore ecclesiastico, Padre della Chiesa.

1. Vita e opere - Convertito al cristianesimo durante l'adolescenza, avido di cultura e di verità viaggiò molto, fino a quando si stabilì ad Alessandria dove gli fu affidata la direzione del Didaskaleion (una delle migliori scuole di catechesi e di teologia di allora). Costretto a lasciare la scuola durante la persecuzione di Marco Aurelio si rifugiò in Cappadocia presso il discepolo sant'Alessandro, col quale trascorse gli ultimi anni della sua vita. Coltissimo, C. compì il primo tentativo di utilizzare la filosofia greca, in larga misura quella platonica, per interpretare ed esprimere la fede cristiana. Questo gli ha guadagnato il titolo di «gnostico cristiano» e di padre della teologia.

2. Pensiero - C. è l'ideatore e il padre della filosofia cristiana. Egli non si accontentò di difendere la causa della filosofia - e lo fece con estrema decisione facendo vedere che anche la filosofia fu scelta dalla Provvidenza per preparare le genti all'avvento di Cristo - né si limitò a servirsi del linguaggio di Platone e degli stoici per dare una veste più elegante alle verità del cristianesimo, ma si spinse più avanti, e assunse la filosofia come procedimento logico per dare carattere razionale ad alcune verità fondamentali che la filosofia greca aveva perseguito invano e che il Vangelo di Cristo aveva invece reso palesi: verità intorno a Dio, all'uomo e al mondo. In tal modo egli gettò le basi della filosofia cristiana anzi ne produsse il primo esemplare: si tratta di una filosofia cristiana di stampo marcatamente platonico. A questo C. attese soprattutto negli Stromati, nei quali egli si prefigge di «abbracciare la verità mescolata con i dogmi della filosofia, o piuttosto avvolta e ricoperta da essi, come la parte commestibile della noce è coperta dal guscio» (Stromati I, 18). Alla realizzazione di questo programma C. dedicò tutte le sue forze e il suo straordinario acume e competenza, conseguendo come risultato la prima grande sintesi tra filosofia greca e cristianesimo. Partendo dal Logos (ossia dalla Rivelazione) e assumendolo come criterio supremo di verità C. giunse alla conclusione che la «teologia» (ossia la cosmologia) platonica è sostanzialmente vera mentre, da parte loro, le verità fondamentali annunciate dal cristianesimo intorno a Dio e all'uomo sono razionalizzabili. Con questa operazione intelligente egli conseguì due notevoli risultati:
a) ha salvato il fior fiore della filosofia greca e
b) ha dato al cristianesimo una solida base razionale. Grazie a questo successo, a C. va il merito non piccolo di avere gettato le basi di quella nuova forma di sapere che è la filosofia cristiana. Questa non è un nuovo sistema filosofico (nei singoli autori può diventare anche questo) e neppure semplicemente una nuova grande corrente di pensiero, bensì un nuovo modo di fare filosofia (che potrà dar vita a tanti sistemi e correnti filosofiche). La sua modalità filosofica consiste nel ricercare una spiegazione globale della realtà usando la ragione e i suoi metodi speculativi e, allo stesso tempo, accogliendo dalla rivelazione cristiana quei contenuti che sono suscettibili di una rigorizzazione razionale. A C. è stato dato il titolo di «padre della filosofia cristiana
».

 

 

 

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