AGOSTINO AURELIO

(Tagaste 354 - Ippona 430), teologo e filosofo, padre della Chiesa latina, dottore e santo.

 

 

 

 

 

Vita e opere

Compì gli studi a Madaura, Tagaste e Cartagine. Studente brillante ma moralmente alquanto libertino, appena conclusi gli studi, aprì una scuola di retorica a Cartagine e successivamente a Roma e a Milano, su invito del governatore della città. Qui l'incontro con Ambrogio e l'esempio di alcuni convertiti (nonché le ferventi preghiere della madre Monica) affrettarono la sua conversione al cristianesimo (prima aveva abbracciato per vari anni il manicheismo). Dopo il battesimo nel 387, rientrò in Africa, dove nel 391 fu consacrato sacerdote e nel 396 fu nominato vescovo di Ippona. Da allora fino alla morte si batté con tutte le sue forze e il suo grandissimo zelo, con gli scritti e la predicazione, per la difesa dell'ortodossia, ottenendo prima la condanna del donatismo (Concilio di Cartagine, 411) e più tardi del pelagianesimo (Concilio di Milevi, 416).

Pensiero

Uno dei più grandi geni dell'umanità in assoluto, A. è il massimo esponente della teologia e della filosofia cristiane della Chiesa latina per il primo millennio. Non c'è area della filosofia e della teologia in cui il suo pensiero non abbia lasciato il segno non soltanto attraverso tutta l'età medioevale ma anche quella moderna. In metafisica, con la critica del manicheismo e con la soluzione del problema del male (concepito non come sostanza ma come privatio boni, privazione di una perfezione dovuta); con la dimostrazione dell'esistenza di Dio, movendo dalla presenza della verità nella mente umana. In antropologia filosofica, con la sua concezione dualistica della realtà umana (il corpo unito all'anima in modo puramente strumentale); con l'affermazione del primato della volontà sull'intelletto; con la distinzione tra libero arbitrio (pura capacità di scelta, che può volere sia il bene sia il male) e la libertà (potere di scegliere ed operare il bene). In gnoseologia, con la critica allo scetticismo, facendo appello al si fallor sum (se mi inganno esisto certamente!); con la distinzione netta tra scienza (ratio inferior), che si occupa delle cose di questo mondo, cose terrene e sapienza (ratio superior), che ha per oggetto le verità eterne; con la teoria della illuminazione divina, per spiegare la cognizione delle verità eterne. In pedagogia, dando importanza relativa alla funzione del maestro, il quale coadiuva semplicemente l'apprendimento della verità, poiché questa viene comunicata alla mente dal maestro interiore (il Verbo divino). In ecclesiologia, con l'identificazione della Chiesa con il regno di Dio (civitas Dei). In soteriologia, con la dottrina sulla mediazione di Cristo e la sua riparazione dei nostri peccati. Nella triadologia, col suo approfondimento del mistero della Trinità, la distinzione delle Tre persone nell'unità della natura, la processione del Figlio e dello Spirito Santo dal Padre ricorrendo alle analogie presenti nelle creature e soprattutto nell'anima umana con la triplice operazione: intelligenza (mens), memoria (notitia), volontà (amor). In antropologia soprannaturale, con la sua dottrina sul peccato (sia originale che personale) e sulla grazia, e con l'approfondimento dello studio dei rapporti tra libertà umana e provvidenza divina, che prevede ma non determina quanto l'uomo compie. In filosofia e teologia della storia, con la teoria delle due città: città di Dio sorta dall'amore verso Dio e città dell'uomo. Di tutti questi importantissimi contributi di A. allo sviluppo della filosofia, della teologia cristiana e della cultura medioevale, tre meritano un'esposizione più dettagliata: le dottrine sull'anima, sulla Trinità e sulla storia.
a) L'anima - Quando nei Soliloqui la ratio, cioè la filosofia, chiede ad Agostino che cosa desideri conoscere soprattutto, egli risponde: «Deum et animam scire cupio» (desidero avere scienza di Dio e dell'anima). Molti ed ardui sono i problemi che investono l'anima, tutti problemi che i filosofi greci e cristiani già avevano affrontato e risolto in svariati modi prima di A. Questi nel De quantitate animae segnala come più importanti i seguenti: «L'origine dell'anima, le sue proprietà, la sua grandezza, la ragione della sua unione col corpo, la sua condizione nell'unione col corpo e dopo la separazione» (c. 13, 22). Riguardo all'origine dell'anima A. rimase incerto fino all'ultimo. Ai suoi tempi circolavano quattro soluzioni: preesistenza, origine per trasmissione da parte dei genitori (traducianesimo), origine per caduta dal mondo degli spiriti, creazione individuale. Mentre un po' alla volta egli riuscì a scoprire l'assurdità delle tesi della preesistenza e della caduta, non riuscì invece mai a vincere la sua perplessità nei confronti delle altre due soluzioni: creazione diretta oppure traducianesimo.
Sul non meno arduo problema della sopravvivenza dell'anima dopo la morte del corpo (il problema cioè della immortalità) ha idee chiare e sicure: poiché l'anima è una realtà semplice e spirituale è anche incorruttibile.

A sostegno di questa tesi egli adduce tre argomenti:

a) l'autonomia dell'anima dal corpo sia nell'agire sia nell'essere;
b) il desiderio naturale che tutti abbiamo della immortalità;
c) il vincolo indissolubile che unisce l'anima con qualcosa di assolutamente incorruttibile, la verità.


Il terzo argomento è quello più caro ad Agostino ed è quello maggiormente in sintonia col suo pensiero. L'anima, per A. , non costituisce soltanto l'oggetto primario e più importante di tutta la sua indagine filosofica, ma è anche la prospettiva in cui egli si colloca e il principio ermeneutico che egli assume per intendere qualsiasi altra realtà (il mondo e Dio).
Per questo la sua filosofia si dice interioristica e la sua metafisica si chiama metafisica della interiorità (la stessa interiorità invoca Dio: inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te, Confessioni I, 1).

b) Dio uno e trino - Il problema di Dio viene affrontato da A. in tutti i suoi molteplici aspetti: esistenza, natura, attributi, conoscibilità, mistero trinitario. L'esistenza di Dio viene argomentata con vari ragionamenti: la contingenza delle cose, l'ordine del mondo, ma soprattutto mediante l'argomento della verità. Questa, come si è visto, si trova nell'anima, ma è superiore all'anima stessa. Infatti «noi giudichiamo la nostra conoscenza mediante la verità, ma non possiamo mai sottoporre a giudizio la stessa verità» (De libero arbitrio II, 13, 34). Ma il riconoscimento di tale eccellenza della verità rispetto a noi conduce necessariamente a Dio, «perché se c'è qualcosa di più elevato della verità, allora è quella cosa che è Dio, ma se invece non c'è nulla di più nobile, allora è la verità stessa ad essere Dio» (ivi). Di tutti gli attributi che si possono assegnare alla natura divina (semplicità, bontà, sapienza, bellezza ecc. ) quello che la distingue meglio dalle creature, secondo A. , è la immutabilitas: Dio solo è immutabile, eternamente eguale a se stesso, il nunc stans; ogni altra realtà è mutevole, è un nunc transiens: «Io ti affermavo incontaminabile, inalterabile e totalmente immutabile» (Confessioni VII, 3).
Però, nonostante la lunga serie di attributi che la mente umana riesce a cogliere in Dio, essa non deve farsi troppe illusioni circa la sua conoscibilità: in effetti Egli resta sostanzialmente inconoscibile. Se è già assai difficile cogliere la natura di Dio, impresa ancora più ardua è penetrare nel suo essere trinitario: trovare le ragioni per cui Dio ha tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito, e perché e in che modo ognuna di esse gode di una propria sussistenza.
La grandezza impressionante del genio teologico di A. si manifesta in tutto il suo splendore nello studio di questo sublime mistero e per merito di A. esso riceve la sua formulazione definitiva. Tra gli altri meriti acquisiti nella discussione del mistero trinitario, A. ha anche quello di avere fissato con precisione il significato di alcuni termini chiave, in particolare di persona, natura o essenza e di relazione, e di avere, per primo, posto nella relazione il principio delle distinzioni personali. Mentre le Persone divine sono perfettamente identiche a livello di essenza e di perfezioni assolute, esse si distinguono a livello di relazioni. L'identità del Padre, chiarisce A. , è data dalla relazione della Paternità (che possiede Egli soltanto), l'identità del Figlio dalla Filiazione, l'identità dello Spirito Santo dalla Donazione passiva (è il Dono che il Padre e il Figlio si fanno reciprocamente). A. osserva che queste relazioni, essendo nell'ordine dell'opposizione e non in quello delle perfezioni assolute, dicono solo distinzione e non diversità di perfezione tra una Persona e l'altra. Queste relazioni sono reali e quindi comportano una distinzione reale tra i termini correlativi - il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre ecc. -, sono immutabili, sono sussistenti, ed essendo le relazioni simultanee, le Persone divine sono egualmente eterne. Il Figlio mai ha cominciato ad essere Figlio, ma lo è sempre stato, come il Padre non ha mai cominciato ad essere Padre, ma lo è sempre stato, e lo stesso vale anche per lo Spirito Santo. Celebre è il tentativo compiuto da A. negli ultimi libri del De Trinitate di rinvenire nell'anima (che è già naturalmente imago Dei) un'immagine valida della Trinità. L'immagine più prossima è data dalle facoltà: memoria, intelletto e volontà (mens, amor, notitia) che pure essendo perfettamente distinte tuttavia costituiscono un'unica sostanza.
c) Città di Dio e filosofia della storia - L'esposizione della dottrina agostiniana sulla filosofia della storia si trova nella Città di Dio (De civitate Dei). Questa opera fu dettata da circostanze contingenti: l'accusa che i pagani muovevano ai cristiani di essere la causa dello sfacelo dell'Impero per avere tradito la religione dei loro padri. Ma A. , nel suo saggio, non si accontenta di confutare l'accusa mostrando che la religione pagana non ha mai giovato a nessuno, né per la vita presente né per quella futura (primi dieci libri); nella seconda parte (libri XI-XXII) egli affronta un compito ben più ampio ed importante: quello dell'origine, dello sviluppo e del senso della storia. Questa trae origine da Dio perché Lui crea i primi uomini e perché concorre al suo svolgimento con la sua provvidenza. Ma l'articolazione della storia in due città: la civitas Dei o coelestis e la civitas hominis o terrigena (la prima viene chiamata anche Gerusalemme e la seconda Babilonia), ha luogo per colpa degli uomini. Fanno infatti parte della città di Dio quelli che scelgono come valore principale Dio; mentre fanno parte della città dell'uomo coloro che scelgono come valore principale l'uomo o cose inferiori all'uomo. L'amore di Dio e l'amore di sé stanno all'origine delle due città. L'antitesi dei due amori che hanno dato origine alle due città ne dirige anche il corso e le fa procedere verso fini eternamente opposti. Il senso della storia è costituito appunto da questa incessante durissima dialettica. La dialettica tempestosa delle due città e dei due amori non cristallizza l'umanità in situazioni invariabili, ma la guida attraverso una maturazione dolorosa, verso l'età perfetta dello spirito, verso Cristo, nella pienezza dei tempi. Merito principale di A. è quello di avere conferito al cristianesimo una forte espressione razionale e di avere gettato le basi di quella cultura cristiana che prenderà corpo e conseguirà risultati imponenti e meravigliosi durante il Medio Evo. Nel dare espressione al suo pensiero A. ha attinto copiosamente dalla cultura greca, in modo particolare da Platone. Per questo è stato scritto che A. ha platonizzato il cristianesimo; ma si può dire (ed è ancora più vero) che A. ha cristianizzato il platonismo..

 

 

 

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ATENAGORA

 

(II secolo), apologista cristiano d'origine greca (probabilmente ateniese).

 

Verso l'anno 177 indirizzò a Marco Aurelio e a suo figlio Commodo una Supplica per i cristiani (in 37 capitoli) difendendoli dall'accusa di ateismo, antropofagia e incesto.
La sua Supplica è ritenuta la migliore delle apologie per purezza ed eleganza di stile, equilibrio e pacatezza di tono, chiarezza ed ortodossia di idee.

È convinto che c'è possibilità di intesa tra cristianesimo ed Impero, fede cristiana e filosofia. Contro l'idolatria del resto si stavano allora battendo anche alcuni autorevoli pensatori pagani (Plotino, Porfirio) e non soltanto i cristiani.

 

 

 

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GREGORIO DI NISSA

( padre e dottore della Chiesa, santo).

 

 

Vita e opere

 

Nacque a Cesarea di Cappadocia nel 335 e morì a Nissa nel 394. Ebbe un'ottima educazione letteraria e filosofica. Fu lettore assiduo di Platone, Aristotele e Origene. Dopo qualche anno di vita eremitica, su richiesta del fratello san Basilio che era metropolita di Cesarea, accettò la nomina a vescovo di Nissa (da cui il nome di Nisseno). Perseguitato dagli ariani dovette andare in esilio, finché, morto l'imperatore Valente, poté rientrare nella sua diocesi. Genio filosofico e teologico di primissima qualità, G. seppe, meglio degli altri Padri greci, mettere la filosofia di Platone e di Aristotele a servizio della Parola di Dio. È merito suo l'avere costruito uno dei più perfetti modelli di antropologia teologica, assumendo come concetti fondamentali l'imago Dei e la libertà.

Pensiero

- Sia in filosofia che in teologia e nell'esegesi biblica Gregorio continua la tradizione di Clemente Alessandrino e di Origene, apprezzando e facendo ampio uso della filosofia platonica nella interpretazione dei misteri cristiani, così come avevano fatto i grandi maestri alessandrini. In particolare, egli insiste con Filone sulla necessità della purificazione dell'anima per la contemplazione di Dio, il quale peraltro quanto alla sua essenza rimane inaccessibile, inconoscibile ed ineffabile. Soltanto nella contemplazione mistica si arriva ad un certo senso della presenza di Dio, senza peraltro che vi sia conoscenza comprensiva (katalepsis), la quale mancherà anche ai beati nella gloria. Sempre seguendo Filone, Gregorio descrive una duplice creazione dell'uomo, il quale viene concepito prima come uomo integro, perfetto, senza corruzione ed asessuato. Dio poi, prevedendo la caduta dell'uomo conseguente alla sua libertà, lo crea nei due sessi, passibile e corruttibile. Gregorio ha una concezione molto realistica della redenzione, identificata in sostanza con la Incarnazione, in cui il Verbo si è unito non solo con la natura umana, ma con quella decaduta, soggetta alla morte; onde il Cristo, vincendo questa, ha sconfitto il demonio e liberato il genere umano. Questo può pertanto operare la propria purificazione, ricuperando la sua vera natura, fatta ad immagine e somiglianza di Dio (icona di Dio), la cui vera natura è l'eternità e la cui vera conoscenza consiste nel comprendere ciò che è incomprensibile.

OPERE PRINCIPALI sono: l'opera polemica in due volumi Contro Eunomio; la Grande Catechesi che è la sua opera teologica più notevole, destinata a chi preparava i catecumeni; Il Dialogo intorno all'anima e alla risurrezione; Lo Spirito Santo; La Creazione dell'uomo; I Sei giorni della creazione; La Verginità. Notevoli anche i suoi Discorsi e le sue Lettere.

 

 

 

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GREGORIO DI NAZIANZO

( padre e dottore della Chiesa, santo).

 

Vita e opere -
Nacque ad Arianzo presso Nazianzo (Cappadocia) verso il 328 e morì nella stessa città nel 390. Condiscepolo di san Basilio nella scuola di Cesarea di Palestina e poi di Atene coltivò con ardore lo studio delle lettere e della filosofia. Dopo un periodo di vita monastica fu indotto dall'amico Basilio ad accettare il governo della diocesi di Sasima, a cui però rinunciò quasi subito per ritirarsi nuovamente a far vita eremitica. Cedendo alle pressioni dei cattolici di Costantinopoli accettò il governo di quella diocesi, completamente devastata dagli ariani, favoriti dall'imperatore Valente. Durante il Concilio ecumenico del 381, celebrato in quella stessa città, rinunciò alla sede patriarcale a causa di dissensi interni. G. è stato fregiato del titolo di «teologo» per eccellenza, dopo le Orationes theologicae tenute a Costantinopoli alla vigilia del Concilio. È uno dei tre famosi Padri cappadoci (insieme a san Basilio e a Gregorio Nisseno). Oltre che profondo teologo egli fu un eccellente letterato, un brillante scrittore e un avvincente oratore.

Pensiero -
L'apporto maggiore di G. in campo dottrinale riguarda l'approfondimento del mistero della terza persona della Trinità, lo Spirito Santo. Egli non esita a confessare che la sua dottrina sullo Spirito Santo è più chiara di quella della Scrittura: «L'A.T. proclamava manifestamente il Padre, più oscuramente il Figlio. Il N.T. ha manifestato il Figlio e ha fatto intravedere la divinità dello Spirito. Ora lo Spirito ha diritto di cittadinanza tra noi e ci concede una visione più chiara di se stesso» (Discorsi 31, 26). Qui G. si spinge consapevolmente più avanti dei Padri precedenti; egli tiene a proclamare lo Spirito Santo Dio e consostanziale, proprio come il Figlio. Per spiegare la differenza che intercorre tra la generazione del Figlio e il modo di esistenza dello Spirito Santo G. introduce il termine processione (ekporeusis): fu una proposta geniale che renderà grandi servizi alla teologia trinitaria.

 

 

 

 

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