Notiziario di Vita

 Parrocchiale

      Anno XIX - n. 5                                6 marzo 2004

 

AVVISI LITURGICI E PASTORALI

  1. Domenica 7 marzo alle ore 16:00 si svolgerà la S. Messa Solenne di saluto a don Giuseppe;

  2. Domenica 14 marzo alle ore 15:30 ci sarà l’ingresso di don Giuseppe nella parrocchia di Folzano;

  3. Nelle domeniche 7 e 14 marzo è sospesa la messa vespertina delle ore 18:00;

  4. Nel periodo in cui la parrocchia di Cadignano attende il nuovo parroco, sarà sospesa la messa domenicale delle 7:30. La messa feriale sarà alle ore 17, mentre gli uffici alle ore 19:30. La messa festiva del sabato sera rimane alle ore 19:30. Queste variazioni di orario sono necessarie in base alla disponibilità dei sacerdoti;

  5. Mercoledì 10 marzo, a Verolanuova (presso Chiesa di S. Rocco) si terrà l’incontro mensile zonale di preghiera per i giovanni.

  6. La Via Crucis del venerdì potrà essere celebrata anche senza il sacerdote. Se ne incaricherà il Gruppo Liturgico;

  7. La Catechesi per gli adulti del lunedì sera, durante la Quaresima, sarà in forma di “Centro di ascolto” e verterà sulle parabole evangeliche;

  8. Si rende noto che, nel periodo di assenza del parroco, per qualunque tipo di notizia da inserire sul Notiziario o per qualsiasi informazione inerente a ciò ci si può rivolgere ad Alberto Pedretti oppure a Mauro Mosca.

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CATECHESI

Perché c’è gente che nuota nell’oro mentre altri muoiono di fame?

Antonio vive in Italia, ma i suoi genitori sono rimasti senza lavoro e devono lasciare il loro alloggio, diventato troppo caro. Il suo vicino di banco, Alfredo, è molto fortunato. Suo padre gli ha appena regalato un computer con un lettore di Cd-Rom.

In Nigeria Fati mangia soltanto una volta al giorno. Amina invece ha genitori molto ricchi, che recentemente hanno acquistato un nuovo frigorifero.

In tutto il mondo, nei paesi ricchi come in quelli poveri, ci sono tanti che non hanno da mangiare e altri che nuotano nell’oro. È una vera ingiustizia, ripugnante, scandalosa.

E’ vero, ci sono ragioni che spiegano queste disuguaglianze. In certi paesi è impossibile coltivare la terra, come nelle terre deserte. In altri paesi, imperversa la guerra.

Ma ci sono anche, e da sempre, persone che si arricchiscono sfruttando gli altri come schiavi. Ci sono persone che rifiutano di condividere i beni che hanno.

Nessuno può tenere la terra solo per sé. Essa appartiene a tutti. Dio l’ha affidata agli uomini perché la coltivino, la trasformino, la migliorino. È dunque possibile cambiare la terra in un paradiso o in inferno, far di tutto per vivere bene insieme, oppure lasciar dilagare la miseria e la guerra.

Gesù, sull’esempio dei profeti, ci mette in guardia contro l’ingiustizia. Ci invita a condividere con quelli che hanno fame e sete, a lottare contro le sofferenze, secondo le nostre possibilità.

Dio perdona coloro che uccidono?

Ogni giorno, alla televisione, puoi vedere film polizieschi o cartoni animati in cui ci sono molti omicidi. Siccome è soltanto spettacolo, non ti impressioni gran ché. Ma se al telegiornale delle 20 vieni a sapere che un uomo ha ucciso tutta la sua famiglia, o un alunno ha sparato su un ragazzo della sua classe, la cosa è diversa. Sai che è vero, ed è terribile. Perché l’omicidio è irreparabile. La vita è stata stroncata, distrutta.

Dio può perdonare un gesto simile? Verrebbe spontaneo dire: “No, certamente no!”, per pura giustizia. Colui che ha osato distruggere la vita di un uomo merita la condanna di Dio, no? È la reazione più comune. Ma noi crediamo che l’amore di Dio, la sua misericordia, ci superano infinitamente. Così pensiamo che Dio possa perdonare colui che ha ucciso e che chiede sinceramente perdono.

Perdonare è dunque dare la possibilità di cambiare a colui che ha fatto tanto male.

Questo non vuol dire che tutto resti dimenticato, cancellato come il gesso sulla lavagna con un colpo di spugna. No, quell’atto continuerà a pesare sulla coscienza di chi l’ha compiuto.

E se uno non è affatto pentito, perché è ammalato nel cervello? Lasciamo tutto alla misericordia di Dio.

(da: “Ma Dio è felice?” - Ed. LDC)

(31. Continua)

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NUOVI  PADRI     NUOVE  SFIDE

 

Alla vigilia del 19 marzo una riflessione sui cambiamenti nella paternità: non autorità ma dialogo, gioco e accudimento. E oggi con chiarezza emerge un dato: genitori si diventa in due e in due bisogna “crescere”.

Essere padri è sempre stato bello e difficile, per motivi mai uguali. Sono frequenti le sottolineature sull'identità dei nuovi padri: più capaci di gioco, di cura, di accudimento, non più autoritari ma dialogici (spesso più arrendevoli delle madri... ), fino a diventare "i nuovi mammi". AI di là di questi cambiamenti, a volte più apparenti che reali, vale la pena riflettere su alcuni elementi che restano costanti nell'esperienza della paternità.

In primo luogo rimane ineliminabile per il padre il ruolo di "terzo", di interlocutore che interrompe la relazione a due tra madre e bambino, che aiuta il bambino a scoprire il mondo esterno, oltre l'abbraccio materno. È il padre che taglia il cordone ombelicale, evitando che questo legame, fonte della vita, diventi un laccio. In tal modo l'uomo aiuta anche la donna a comprendere che il figlio è realmente "altro" da sé, chiamato ad allontanarsi progressivamente dalla propria cura onnipotente.

La paternità dunque non può che portare una "ferita", legata alla sofferenza del distacco, che si trasforma nel primo grande insegnamento al figlio: crescere significa cambiare, attraversando anche perdite e sofferenze, per raggiungere un destino buono che si prepara. In questo la paternità dell'uomo si fa trasparente metafora della Paternità di Dio, che chiama ogni persona a sé, attraverso il bene e il male di cui siamo impastati.

Un secondo elemento permanente della paternità è la diversa relazione con il dato biologico, sperimentato fisicamente; il padre deve infatti recuperare culturalmente il proprio ruolo, mentre la madre ha avuto nove mesi di condivisione totale con il figlio.

Il padre può appoggiare l'orecchio al pancione, sentire i primi calci, farsi raccontare la trasformazione che la maternità scrive direttamente sulla carne della donna. Poi, con il bambino in braccio, deve imparare a diventare padre. La paternità svela con maggior efficacia una dimensione essenziale della genitorialità, il suo trascendere il puro legame biologico, per essere accoglienza piena della vita.

Questo aspetto è stato particolarmente sottolineato negli ultimi anni da due fenomeni per certi versi opposti ma entrambi giocati sull'intreccio tra biologico e sociale: l'esperienza della genitorialità adottiva e il ricorso alla procreazione medicalmente assistita. L'adozione è il luogo esemplare di una paternità e maternità piene, pur prive del legame biologico, che si assume tutti i compiti di cura, di accudimento, di conferma dell'identità che i genitori devono attribuire ai propri figli. Così, sul versante opposto, l'incredibile accanimento nel presentare la genitorialità come un diritto dell'adulto, che ha spesso segnato il dibattito sulla recente legge sulla procreazione assistita, evidenzia invece una rappresentazione di genitorialità indissolubilmente legata al "vincolo di sangue".

Non esistono, ovviamente, facili semplificazioni in questo ambito, così radicalmente vicino all'identità profonda dell'uomo e della donna che diventano padri e madri; del resto il tema appartiene alla storia dell'umanità, a partire dai grandi racconti biblici (che paternità, quella di Abramo con Isacco!), fino ad arrivare a Dostoevskij, che nel drammatico processo al figlio accusato di aver ucciso un padre amorale, nell'arringa difensiva per Dimitri ricorda che «non è padre chi ha procreato, ma colui che ha meritato di essere chiamato tale». Oltre il legame di sangue, dunque, la piena assunzione delle responsabilità genitoriali.

Un terzo aspetto decisivo nel qualificare la paternità è l'inevitabile relazionalità della paternità. Il modo di essere padre è costruito secondo le modalità di maggiore o minore condivisione di vita che la coppia ha progettato e concretamente realizzato. Si diventa genitori in due ma per l'uomo questo è ancora più decisivo, proprio per il suo essere terzo, proprio perché la paternità si incarna in modi più culturali che biologici.

La paternità, come e più della maternità, è cioè un'esperienza di coppia. Ma questo vuole anche dire che per diventare padri e madri migliori non basta riflettere sulla propria relazione con i figli; occorre anche approfondire il proprio essere sposi e spose, il modo in cui si affida all'altro o all'altra la propria vita.

 

Francesco Belletti (sociologo, direttore Centro internazionale studi famiglia)

Da “NOI - Genitori e Figli” (Suppl. ad “Avvenire” del 29/02/04)

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COMMIATO

Con questo numero del Notiziario mi congedo da Voi. In tutti questi anni il Notiziario è stato uno strumento valido di comunicazione, di interscambio, di catechesi.

Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato alla redazione, alla stesura, alla diffusione capillare.

Auguro a chi si prende l’onere di continuare la pubblicazione, anche in attesa del nuovo parroco, un lavoro proficuo.

Ringrazio per il numero speciale di saluto che avete voluto preparare, per tutte le attestazioni di affetto dei bambini, dei ragazzi, dei giovani, degli adulti e anziani, delle varie realtà presenti in parrocchia.

Auguro a tutti di vivere in spirito di comunione e di amore tra voi e il parroco che verrà.

Per questo prego il Signore.

Vostro don Giuseppe                                

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CARNEVALE

CADIGNANESE   2004

 

               

                            La sonda spaziale in esplorazione su Marte                                                                  Il pedalò della Scuola Materna, in attesa dell’estate

Gli attori di Folzano protagonisti della commedia:  “L’amur el fenes e le palanche le resta”.

Un plauso a tutti i partecipanti e l’augurio per un nuovo e avvincente Carnevale il prossimo anno.

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