Formazione della coscienza

di Gianni Maurelli

 

 

 

IL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO - parte prima

I sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia sono definiti sacramenti dell’iniziazione cristiana; essi fondano la vocazione comune di tutti i discepoli di Cristo, vocazione alla santità e alla missione di evangelizzare il mondo; conferiscono le grazie necessarie per vivere secondo lo Spirito in questa vita di pellegrini in cammino. (CCC 1533)
I sacramenti della Penitenza e dell’Unzione degli infermi sono definiti sacramenti di guarigione; attraverso essi il Signore Gesù ha voluto che la sua Chiesa continui, nella forza dello Spirito Santo, la sua opera di perdono, di misericordia, di guarigione e di salvezza. (CCC 1421)
Due altri sacramenti, l’Ordine e il Matrimonio sono definiti sacramenti al servizio della comunione e della missione dei fedeli; essi sono ordinati alla salvezza altrui e, se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio agli altri. (CCC 1534)
Del sacramento dell’Ordine abbiamo già scritto in occasione dell’ordinazione sacerdotale di don Marco Cosentino.
La quasi totalità dei giovani ebrei si sposava in giovane età; erano i genitori che sceglievano lo sposo o la sposa. Quando il figlio aveva 16 o 17 anni il padre cominciava ad interessarsi e sceglieva, solitamente, una ragazza del villaggio che avesse tra i 13 e i 14 anni. Si recava poi dal padre di lei per concordare il contributo che il figlio doveva versare per poterla sposare; la trattativa prevedeva la forma scritta o la presenza di due testimoni. A suo tempo si celebrava la festa del fidanzamento che consisteva nella consegna della somma nuziale stabilita e nelle parole che il padre della sposa diceva al fidanzato: “Oggi tu sarai mio genero”.
Il fidanzamento vincolava come il matrimonio; i promessi sposi, però, vivevano con i propri genitori e potevano anche ritirare la parola data. Il fidanzamento terminava quando, preparata la nuova casa, la fidanzata veniva accompagnata solennemente di sera alla casa dello sposo, era lo stesso fidanzato che la accoglieva, gli amici attendevano ai lati della strada con torce e lampade accese
Per quanto riguarda, invece, il sacramento del Matrimonio cristiano, facciamo riferimento, come al solito, al Catechismo della Chiesa Cattolica che dedica al matrimonio i paragrafi dal 1601 al 1666.
La Sacra Scrittura si apre con la creazione dell’uomo e della donna ad immagine e somiglianza di Dio e si chiude con la visione delle “nozze dell’Agnello”. (Ap 19,7-9)
Da un capo all’altro della Scrittura si parla del matrimonio e del suo mistero, della sua divina istituzione e del significato che Dio gli ha dato, della sua origine e del suo fine, delle sue diverse realizzazioni lungo tutta la storia della salvezza, delle sue difficoltà derivate dal peccato e del suo rinnovamento nel Signore, nella nuova Alleanza di Cristo e della Chiesa.
La vocazione al matrimonio è iscritta nella natura stessa dell’uomo e della donna, quali sono usciti dalle mani del Creatore. Il matrimonio non è una istituzione puramente umana, malgrado i numerosi mutamenti che ha potuto subire nel corso dei secoli, nelle varie culture, strutture sociali e attitudini spirituali. Queste diversità non devono far dimenticare i tratti comuni e permanenti. Sebbene la dignità di questa istituzione non traspaia ovunque con la stessa chiarezza, esiste tuttavia, in tutte le culture, un certo senso della grandezza dell’unione matrimoniale, poiché la salvezza della persona e della società umana e cristiana è strettamente connessa con una felice situazione della comunità coniugale e familiare.
“L’intima comunione di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale…Dio stesso è l’autore del matrimonio”. (CCC 1603)
Dio che ha creato l’uomo per amore, lo ha anche chiamato all’amore, l’uomo, infatti, è creato ad immagine e somiglianza di Dio che è Amore. Avendolo Dio creato uomo e donna, il loro reciproco amore diventa immagine dell’amore assoluto con cui Dio ama l’uomo.
La coscienza morale riguardante l’unità e l’indissolubilità del matrimonio si è sviluppata sotto la pedagogia della Legge antica. La poligamia dei patriarchi e dei re non è ancora esplicitamente rifiutata. Tuttavia la Legge data a Mosè mira a proteggere la donna contro l’arbitrarietà del dominio da parte dell’uomo, sebbene anch’essa porti, secondo la Parola del Signore, le tracce della “durezza del cuore” dell’uomo, a motivo della quale Mosè ha permesso il ripudio della donna. (Mt19,8; Dt 24,1)
Vedendo l’Alleanza di Dio con Israele sotto l’immagine di un amore coniugale esclusivo e fedele, i profeti hanno preparato la coscienza del Popolo eletto ad una comprensione approfondita dell’unicità e dell’indissolubilità del matrimonio. I libri di Rut e di Tobia offrono testimonianze commoventi di un alto senso del matrimonio, della fedeltà e della tenerezza degli sposi. (Os 1-3; Is 54 e 62; Ger 2-3; Ez 16)
La Tradizione ha sempre visto nel Cantico dei Cantici un’espressione unica dell’amore umano, puro riflesso dell’amore di Dio.
Bisogna rilevare che l’Antico Testamento usa il simbolismo dell’amore coniugale per indicare l’amore senza limiti di Dio per il suo popolo e per tutta l’umanità.
“Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi ed alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento”. (CCC 1601)
Alle soglie della sua vita pubblica, Gesù compie il suo primo segno, su richiesta di sua Madre, durante una festa nuziale. La Chiesa attribuisce una grande importanza alla presenza di Gesù alle nozze di Cana. Vi riconosce la conferma della bontà del matrimonio e l’annuncio che ormai esso sarà un segno efficace della presenza di Cristo.
Nella sua predicazione Gesù ha insegnato senza equivoci il senso originale dell’unione dell’uomo e della donna, quale il Creatore l’ha voluta all’origine: il permesso, dato da Mosè, di ripudiare la propria moglie, era motivata dalla durezza del cuore; l’unione matrimoniale dell’uomo e della donna è indissolubile: Dio stesso l’ha conclusa. “Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. (Mt 19,6)
Nel rito latino, la celebrazione del Matrimonio tra due fedeli cattolici ha luogo normalmente durante la Santa Messa, a motivo del legame di tutti i sacramenti con il Mistero pasquale di Cristo. Nell’Eucaristia si realizza il memoriale della Santa Alleanza, nella quale Cristo si è unito per sempre alla Chiesa, sua diletta sposa per la quale ha dato sé stesso. E’ dunque conveniente che gli sposi suggellino il loro consenso a donarsi l’uno all’altra con l’offerta delle proprie vite, unendola all’offerta di Cristo per la sua Chiesa, resa presente nel sacrificio eucaristico, e ricevendo l’Eucaristia, affinché, nel comunicare al medesimo Corpo e al medesimo Sangue di Cristo, essi “formino un corpo solo” in Cristo. (CCC 1621)
La celebrazione liturgica del Matrimonio è un gesto sacramentale di santificazione, conviene che i futuri sposi si dispongano alla celebrazione del rito ricevendo il sacramento della Penitenza.
Nella Chiesa latina, si considera abitualmente che sono gli sposi, come ministri della grazia di Cristo, a conferirsi mutuamente il sacramento del Matrimonio esprimendo davanti alla Chiesa il loro consenso. Nelle liturgie orientali, il ministro del sacramento, chiamato “incoronazione”, è il presbitero o il vescovo che, dopo aver ricevuto il reciproco consenso degli sposi, incorona successivamente lo sposo e la sposa in segno dell’alleanza matrimoniale.
I protagonisti dell’alleanza matrimoniale sono un uomo e una donna battezzati, liberi di contrarre il matrimonio e che esprimono liberamente il loro consenso. (CCC 1625)
Essere liberi significa non subire costrizioni o violenze fisiche e psicologiche esterne, non avere impedimenti in base a leggi naturali o ecclesiastiche.
Se il consenso non viene esercitato liberamente il matrimonio è “invalido”. Per questo motivo (o per altre cause di nullità) la Chiesa può, dopo esame della situazione da parte del tribunale ecclesiastico competente, dichiarare la “nullità del matrimonio”, vale a dire che il matrimonio non è mai esistito.
Il sacerdote che assiste alla celebrazione del matrimonio accoglie il consenso degli sposi a nome della Chiesa, li benedice e, insieme ai testimoni esprime visibilmente che il matrimonio è una realtà ecclesiale.

Gianni Maurelli