Il 25 ottobre 2004 veniva pubblicato il Compendio della
dottrina sociale della Chiesa, elaborato dal Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace su espresso incarico di Giovanni Paolo II. Il
documento ha avuto sui mezzi di comunicazione una minore risonanza rispetto
al Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (giugno 2005) per una
serie di ragioni; non ultimo il fatto che l'opinione pubblica era più
attratta dalle notizie sulla salute del papa e la realtà cattolica era
impegnata ad approfondire il tema dell'anno che riguardava l'Eucarestia.
E' inutile soffermarsi sull'importanza dell'argomento: da più di cento anni,
a partire dall'enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, la Chiesa ha
cominciato a predicare incessantemente il vangelo dell'amore e della
giustizia a tutti gli uomini, in modo particolare alle vittime
dell'ingiustizia e dell'oppressione generate da un progresso senza anima
guidato dalla cupidigia e dall'avidità di guadagno. Ma se ai suoi inizi la
dottrina sociale della Chiesa era considerata una specie di percorso
specifico e originale posto tra le vie opposte del capitalismo liberista e
del collettivismo marxista, con Giovanni XXIII e, successivamente con il
Concilio Vaticano II e con Paolo VI e Giovanni Paolo II, cambia la
prospettiva e la dottrina viene guardata con un metodo nuovo. Infatti si
legge nella Mater e Magistra: "Nel tradurre in termini di concretezza i
principi e le direttive sociali si passa di solito attraverso tre momenti:
rilevazione delle situazioni; valutazione di esse nella luce di quei
principi e di quelle direttive; ricerca e determinazione di quello che si
può e si deve fare per tradurre quei principi e quelle direttive nelle
situazioni, secondo modi e gradi che le stesse situazioni consentono o
reclamano. Sono tre i momenti che si sogliono esprimere nei tre termini:
vedere, giudicare, agire". Il riferimento alla Parola di Dio, in altri
termini, è fondamentale nell'approccio alle questioni sociali, ma non è più
considerato il punto di partenza da cui far nascere i comportamenti: il
confronto con i principi del vangelo e della rivelazione viene fatto solo
dopo l'analisi della situazione storica contingente e concreta e la sua
"lettura" in modo da poter essere in grado di compiere le scelte ritenute
più opportune. Metodo e concetti che sono stati riproposti dai successori di
Giovanni XXIII e che stanno alla base del compendio della dottrina sociale
della chiesa.
In questo ambito il Compendio afferma che la dottrina sociale è parte
integrante dell'insegnamento della Chiesa. In esso, infatti, si afferma che
la Chiesa, attraverso la dottrina sociale, "non offre soltanto significati,
valori e criteri di giudizio, ma anche le norme e le direttive d'azione che
ne derivano" e, cioè, la Chiesa "non persegue fini di strutturazione e
organizzazione della società, ma di sollecitazione, indirizzo e formazione
delle coscienze".
Da una simile impostazione ne discende una chiara conseguenza: se compito
della chiesa è "ispirare", a chi competono le scelte e le azioni operative?
Credo che mai come in questo ambito si debba trovare la valorizzazione della
laicità. E' impossibile affrontare questo tema in poche righe. Basti qui
ricordare quanto a questo riguardo è detto nella Gaudium et spes (n. 43):
"Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale. Non si
aspettino, però, che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che a
ogni problema che sorge, anche a quelli gravi, possano avere pronta una
soluzione concreta o che proprio a questo li chiami la loro missione:
assumano invece essi (i laici), piuttosto, la propria responsabilità, alla
luce della sapienza cristiana e prestando rispettosa attenzione alla
dottrina del Magistero".
E' questo, credo, anche il terreno dove è possibile l'incontro ed il dialogo
tra il pensiero cattolico, le altre ideologie ed il mondo laico impegnato
nella ricerca della propria totale autonomia: infatti, credenti e non
credenti devono affrontare problemi che sono comuni perché riguardano
l'intera umanità e ciò diventa sempre più evidente in un mondo che si
definisce globalizzato.
Penso sia utile, a questo punto, riportare alcune espressioni lette in
questo periodo sui giornali che definiscono bene questa situazione: " E'
proprio nella comune riscoperta dell'essenzialità delle radici e della parte
che in queste ha il retaggio giudaico-cristiano per la cultura laica, e il
depositum fìdei per quella religiosa, il senso dell'inaspettato
riavvicinamento tra le due: riavvicinamento che costituisce uno dei grandi
fermenti nuovi dei tempi che si annunciano o che forse già sono (Ernesto
Galli Della Loggia, Corriere della Sera, 21 aprile 2005)"; "Anche la sfida
alla dittatura del relativismo etico, condotta da Benedetto XVI, può
finalmente costringere la coscienza laica a non eludere gli interrogativi
insistentemente formulati dai cattolici, finora vissuti come prepotente
interdizione al libero formarsi delle leggi civili, ma che pure reclamano
risposte non imbarazzate e superficiali (Pierluigi Battista, Corriere della
Sera, 23 aprile); " E' necessario recuperare principi forti che si
contrappongano all'indifferenza verso i valori (Giuliano Amato Repubblica 23
aprile).
Non posso concludere queste righe senza ricordare il pensiero del nuovo
papa. Nel suo discorso inaugurale Benedetto XVI ha riassunto il senso
dell'azione pastorale della Chiesa, che altro non è se non quello espresso
dalla sua dottrina sociale. Ha detto il papa, utilizzando una bella immagine
per descrivere le situazioni nelle quali vive oggi l'umanità: “Vi è il
deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto
dell'abbandono, della solitudine, dell'amore distrutto. Vi è il deserto
dell'oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza
della dignità e del cammino dell'uomo. I deserti esteriori si moltiplicano
nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i
tesori della terra non sono più al servizio dell'edificazione del giardino
di Dio, nel quale tutti possono vivere, ma sono asserviti alle potenze dello
sfruttamento e della distruzione. La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in
essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori
dal deserto, verso il luogo della vita, verso l'amicizia con il Figlio di
Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza” (24 aprile). Ecco
che cosa significa aver capito la persona umana nella sua integrità, in
tutte le sue dimensioni. Il rifiuto e l'ignoranza di Dio avviliscono la
persona e fanno della società un luogo di sfruttamento e di violenza, in
forme sempre nuove e diverse.
IL COMPENDIO DELLA DOTTRINA
SOCIALE DELLA CHIESA
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