IL SACRAMENTO DELL’EUCARISTIA
(seconda parte)
Al centro della celebrazione
dell’Eucaristia si trovano il pane e il vino; per le parole di Gesù e per
l’invocazione dello Spirito Santo, essi diventano il Corpo e il Sangue di
Cristo.
Fedele al comando del Signore la Chiesa continua a fare, in memoria di lui,
ciò che egli ha fatto la vigilia della sua Passione. (Catechismo Chiesa
Cattolica 1333)
La Bibbia descrive la terra promessa come un paese ricco di pane e di vigne
e sottolinea spesso i tre elementi base per la vita: frumento, vino e olio.
(Os 2,10; Dt 8,8)
Il pane e il vino costituivano la materia prima per due sacrifici incruenti,
quello del cibo e quello della bevanda. I pani dell’offerta erano una
dotazione indispensabile del culto israelitico: venivano posti sopra un
tavolo, davanti al Santo dei Santi, in numero di dodici e rappresentavano
l’Alleanza di Dio con Israele. Il pane, emblema di ogni tipo di nutrimento,
era considerato uno dei ponti che conducono l’uomo a Dio e Dio all’uomo. La
settimana degli Azzimi vedeva il popolo eletto nutrirsi esclusivamente di
pane cotto con farina nuova, senza lievito, a ricordo dell’esodo
dall’Egitto.
Le moltiplicazioni dei pani costituiscono un momento culminante della
manifestazione divina di Gesù; alle folle che lo seguono e lo ascoltano,
egli dona non solo il pane della sua parola ma anche quello materiale, che
prefigura quello spirituale.
Il vino era considerato un dono di Dio, la sua abbondanza un segno di
benedizione, ebbe un posto speciale nei sacrifici dell’Antico Testamento.
Nel santuario di Silo la madre di Samuele offrì, insieme con una giovenca e
una misura di farina, un otre di vino. (1 Sam 1,24) Il vino era pure un
elemento compreso nelle primizie che spettavano ai sacerdoti, essi però
erano tenuti a non bere durante l’esercizio delle loro funzioni. (Ez 44,21)
Gesù compie il suo primo miracolo a Cana di Galilea, convertendo l’acqua in
vino. Sotto un’apparente facilità di comprensione il racconto nasconde un
significato molto profondo: quello messianico. Nella sottolineatura
dell’abbondanza del vino, della sua ottima qualità e del fatto che permutava
l’acqua preparata per le abluzioni, fa capire che Cristo è il Messia venuto
a cambiare l’antica Alleanza con la nuova.
Gesù ha scelto il tempo della Pasqua per compiere ciò che aveva annunziato a
Cafarnao: dare ai suoi discepoli il suo Corpo ed il suo Sangue. (CCC 1339)
Celebrando l’ultima Cena con i suoi Apostoli durante un banchetto pasquale,
Gesù ha dato alla pasqua ebraica il suo significato definitivo. Infatti, la
nuova Pasqua, il passaggio di Gesù al Padre attraverso la sua Morte e la sua
Risurrezione, è anticipata nella Cena e celebrata nell’Eucaristia, che porta
a compimento la pasqua ebraica e anticipa la pasqua finale della Chiesa
nella gloria del Regno. (CCC 1340)
Quando Gesù comanda di ripetere i suoi gesti e le sue parole “finché egli
venga” non chiede soltanto che ci si ricordi di lui e di ciò che ha fatto.
La memoria (l’andare con il ricordo dal presente al passato) viene superata
dal memoriale, cioè il passato che si rende presente, si attualizza nel
tempo, per ognuno di noi, e ciò avviene attraverso l’Eucaristia, nella
presenza reale del Cristo, sotto la specie del pane e del vino che la Chiesa
offre nel sacrificio dell’altare. Dio si mette letteralmente nelle mani
dell’uomo e diventa una sola cosa con lui.
La celebrazione liturgica dell’Eucaristia, attraverso i secoli, è rimasta
sostanzialmente invariata sino ai nostri giorni; tutte le Sante Messe, in
ogni luogo, si articolano in due grandi momenti che formano una sola unità
originaria:
• La convocazione, la Liturgia della Parola con le letture, l’omelia e la
preghiera universale;
• La liturgia Eucaristica, con la presentazione del pane e del vino,
l’azione di grazia consacratoria e la Comunione. (CCC 1346)
Tutti si riuniscono, la celebrazione implica, in primo luogo, un convenire:
tutti coloro che riconoscono di essere chiamati dal Padre si radunano, pur
provenendo da situazioni sociali, culturali, spirituali diverse e sono
invitati ad incontrarsi per fare comunione tra loro in nome della Trinità.
La volontà di superare nel Signore le differenze, le inimicizie, i sospetti,
le divisioni deve animare coloro che entrano in Chiesa.
La liturgia ci pone, all’inizio della Messa, di fronte alle nostre debolezze
e ai nostri peccati, per i quali siamo chiamati a chiedere perdono, ma anche
di fronte alla sovrabbondanza della misericordia di Dio, che cantiamo nel
Gloria.
L’ascolto della Parola di Dio è uno dei momenti centrali della celebrazione:
le letture che ripercorrono la storia della salvezza ci rivelano le grandi
opere del Signore, ma anche l’invito a fare la volontà del Padre, seguendo
gli insegnamenti di Gesù, che vive in noi per mezzo dello Spirito Santo.
Le letture comprendono gli “scritti dei profeti” tratti dall’Antico
Testamento e le “memorie degli Apostoli” ossia le loro lettere ed i Vangeli;
nell’omelia si esorta ad accogliere questa Parola, quale Parola di Dio e a
metterla in pratica.
Nella professione di fede dichiariamo apertamente di sapere a chi abbiamo
creduto (2 Tm 1,12) manifestando la gioia di aver sperimentato nella nostra
vita ciò che Dio ci ha rivelato.
La preghiera dei fedeli è momento della liturgia che ci vede intimamente
uniti alla Madre di Dio, non solo perché la sua intercessione materna
sostiene le nostre invocazioni, ma soprattutto perché nel supplicare il
Signore per le necessità della Chiesa e degli uomini, possiamo imitare colei
che a Cana, prima degli altri, si è accorta della necessità degli sposi ai
quali era finito il vino e ha sollecitato, con discrezione e fermezza,
l’intervento del Figlio, suggerendo ai servi “fate quello che vi dirà”. (Gv
2,1-12)
Nella presentazione dei doni siamo chiamati ad offrire a Dio, assieme al
pane e al vino, i nostri corpi e la nostra vita “come sacrificio vivente
santo e gradito a Dio” per esercitare il nostro “culto spirituale”. (Rm
12,1) Come il pane e il vino, frutto della terra e del nostro lavoro, anche
la nostra vita deve essere presentata al Padre, perché lo Spirito la
trasformi assimilandola alla vita di Gesù.
La Preghiera Eucaristica culmina poi nella consacrazione del pane e del
vino; la Chiesa, per mezzo del Sacerdote, chiede al Padre lo Spirito perché
il Figlio di Dio si faccia cibo per i credenti e nasca nella loro vita.
La Comunione realizza pienamente l’Alleanza che Dio ha voluto stabilire con
gli uomini: Gesù per opera dello Spirito e nella forma del Pane e del Vino,
diventa anche in noi carne della nostra carne.
Il congedo e l’invito ad “andare” verso la testimonianza missionaria delle
realtà che sono state celebrate, ci spingono a vivere la liturgia
nell’esistenza quotidiana, senza separare preghiera e vita.
Questa unità fra l’incontro con Dio e l’incontro con gli uomini nel concreto
del loro vissuto è la sola vera realizzazione dell’esperienza cristiana.
Gianni Maurelli