p. Serafino Suardi
(1932-1942)


Giovane sacerdote formatosi nel vicino Studentato delle Missioni. Il solenne ingresso e l’altrettanto solenne celebrazione rimangono documentati nel primo “numero unico” della parrocchia, illustre predecessore di quello attuale. I confini della parrocchia, ritagliata da quelle di S. Antonio di Savena e di S. Egidio, sono molto più ampi di quelli attuali, comprendono tutta via Rimesse, via Nuova, via Mondo, via Torretta, via del Terrapieno e via Scandellara.
Nello stesso 1932 sorgono in parrocchia iniziative degne di nota: il bollettino “La Madonna del Suffragio” e la Conferenza di S. Vincenzo e l’Azione cattolica nelle diverse articolazioni (uomini, donne, giovani e ragazzi). Nel 1941, nove anni dopo la fondazione della parrocchia, i fondi raccolti sono ormai divenuti tali e la schiera di benefattori devoti alla Madonna del Suffragio così vasta, che p. Suardi, prevedendo che gli aiuti per la costruzione del tempio sarebbero continuati anche in futuro, può finalmente dare ai parrocchiani l’annuncio dell’inizio dei lavori per la tanto sospirata chiesa.Nel frattempo è stato acquistato per tale scopo un nuovo terreno, all’angolo fra via Libia e via Derna (l’attuale via Sante Vincenzi) molto più vasto del precedente (oltre 7.000 metri quadrati). Il 23 ottobre, il cardinale Nasalli Rocca benedice e pone la prima pietra. La guerra, seppure iniziata, sembra ancora lontana da Bologna: si pensa quindi che la costruzione della chiesa non incontrerà problemi. L’ottimismo che aveva contraddistinto gli ultimi giorni del 1941 riguardo alla costruzione del nuovo tempio deve purtroppo esaurirsi ben presto. Quando tutto, dai materiali al progetto degli ingegneri Foroni e Palazzoli, sembra infatti pronto, le autorità civili rifiutano l’autorizzazione a costruire in seguito all’aggravarsi della situazione bellica. Contemporaneamente vengono a poco a poco requisiti i mattoni già acquistati e inoltre bloccati ulteriori acquisti di materiali.
P. Suardi, che tanto a lungo ha inseguito il sogno di vedere eretta la nuova chiesa, è trasferito ad altro incarico e sostituito da:

p. Giuseppe Salandi
(1943-1948)


Intanto la guerra inizia a mostrare i suoi orrori anche nel nostro paese: il parroco e il nuovo cappellano p. Giuseppe Battiston, assieme ai pochi sacerdoti rimasti allo Studentato, devono prodigarsi per tutta Bologna per salvare i feriti dalle macerie, benedire i morenti e avere una parola di conforto per tutti. Erano infatti iniziati nella nostra città i bombardamenti alleati: due, in particolare, sono quelli che colpiscono maggiormente la parrocchia. Le bombe cadono in via Bengasi (oggi Bentivogli), via Libia, via Homs (oggi Palmieri).
Tutta la Cirenaica sente il peso del conflitto: le scuole Giordani sono trasformate in caserma di smistamento e il campo sul quale sarebbe dovuta sorgere la nuova chiesa, dissodato e coltivato a patate per sfamare la gente. Con la fine delle ostilità anche in parrocchia si pensa subito alle persone più povere e più colpite dalla guerra: molti vengono aiutati a riempire i moduli dell’assistenza della Croce Rossa americana e soprattutto viene istituito il cosiddetto “Refettorio del Papa” per la distribuzione a tutti di piatti caldi. Alla fine del 1948 anche p. Salandi se ne va dalla parrocchia.

Fin qui gli storici, ora le testimonianze di “viventi”. L’ultimo periodo della storia comunitaria, abbraccia un lasso di tempo di 50 anni. Indubbiamente, nei confronti del bimillenario cammino della Chiesa, possiamo considerarlo un attimo solo, una parentesi infinitesimale. Abituati peraltro a commisurare le “epoche” secondo la nostra natura di comuni mortali, sentiamo che
sono passate almeno due generazioni. Gli avvenimenti passati si affollano alla nostra mente e diventa difficile riordinare le idee, rammentare tutti i protagonisti che hanno guidato con diversi accenti e responsabilità la vita comunitaria. Accade spesso che con il trascorrere del tempo, i ricordi trascolorino, sfumando i contorni dei volti cari e degli avvenimenti, con conseguente naturale propensione all’oblio. Noi cristiani peraltro godiamo di un evidente vantaggio nei confronti di coloro che sono meno favoriti spiritualmente: noi crediamo nella comunione dei Santi! Chi, infatti, di coloro che hanno superato gli “anta” non sente ancora viva la presenza dei fratelli che ci hanno preceduto? Bastano i nomi di Ermenegildo Corticelli, Silvio Sabbioni, Giuseppe e Luigi Rossi, Secondo Rizzoli, Guido Ghibellini, per riportare alla mente un esempio di fede vissuta nelle opere. Chi, ancora, non rammenta l’insegnamento di sorelle come Giuseppina Cavallari, Anita Tinarelli, Erminia Orlandi, Ester Gherardi e Liliana Giorgi per lo spirito di sacrificio che ha informato la loro vita nel servizio alla Chiesa? Amici veri, semplici che nobilitarono il loro improbabile latino liturgico con la dimostrazione pratica di una fede serena e gioiosa. Raccogliere 700, 950, 1300 lire in un mese per la costruenda Chiesa può sembrare oggi un’impresa risibile: chi ha vissuto quei tempi deve riconoscere lo spirito di sacrificio che occorreva per raggiungere un tanto e l’”animus” missionario che li muoveva. E ai giorni nostri Vincenzo Ruggieri, Francesco Pizzi, Edoardo Draghetti? Insieme ad altri, troppi per poter essere ricordati in questa sede, hanno collaborato in ciò che allora veniva definito l’apostolato dei laici alla costruzione di una Chiesa terrena che, solo in parte, coincideva con l’edificio sacro. Questa fede derivava loro dalla partecipazione costante all’Eucaristia, alla pratica della preghiera personale e comunitaria. E Giorgio Brunetti ed Emilio Barbieri? Anche volendo non riusciremmo a dimenticare ciò che essi hanno rappresentato lungo il nostro faticoso cammino. Abbiamo accennato alla Chiesa dei laici perché, troppo spesso ed inconsciamente, la storia ricorda soltanto i personaggi di primo piano, i protagonisti di alto livello. È giusto e doveroso poi, parlare della Chiesa dei Pastori. Narrano le antiche storie che
Victor Hugo, non praticante, votasse contro, in Assemblea Francese, ad un provvedimento di legge tendente ad eliminare le congregazioni religiose, con la motivazione: “vent’anni di vita senza i Sacerdoti e il mondo piomberebbe di nuovo nella barbarie”! Se oggi, nonostante tutto,
la civiltà resiste, il merito va ascritto a quelle persone e a loro deve andare il nostro ringraziamento. “Gli uomini e le cose passeranno, le Mie parole non passeranno”! La consolazione che noi proviamo nel sentire questa frase, ogni anno nella liturgia della Parola, l’abbiamo sperimentata in questo tempo.

La vecchia “chiesina”, gelida e torrida secondo l’alternarsi delle stagioni, vedeva
l’alta, ieratica figura di...

p. Giulio Radaelli

(1948-1955)


e la sua voce tipica risuona ancora alle nostre orecchie, nell’unico, immutabile insegnamento evangelico. Anche allora esisteva il problema del matrimonio cristiano vissuto integralmente, il dramma dell’aborto (clandestino), della gioventù dissacrata, degli anziani abbandonati. I Padri della Parrocchia non restavano insensibili e la parola di Dio, salvatrice e rasserenante scendeva ai fratelli attraverso discorsi scritti, missioni popolari e ritiri spirituali. Tutta la vita dell’uomo, dall’alba al tramonto della giornata terrena, veniva seguita con affetto, partecipazione, vero amore. L’aiuto ai fratelli bisognosi veniva portato, nel nascondimento ma efficacemente attraverso il FAC e le opere collaterali. Si lavorava con ardore e sacrificio per la costruzione della nuova chiesa non tenendo conto delle difficoltà materiali e morali notevolissime. Erano tempi difficili per gli sconvolgimenti che la guerra aveva portato, sconvolgimenti di carattere filosofico, politico ed economico.
Il numero delle opere compiute nel bene è innumerevole e vogliamo ricordare qui la commovente e partecipata raccolta per gli alluvionati nel Polesine: tutti gli abitanti, credenti o meno parteciparono, conquistati dall’esempio dei Sacerdoti. Tempus fugit e anche per p. Giulio Radaelli viene il momento del distacco. Assistiamo quindi alla breve apparizione di

p. Marino Guernelli
(bolognese, 1955)

Pensiamo di non essere irriverenti se accostiamo la figura di questo sacerdote a quella del Papa del sorriso. Brevi apparizioni ambedue, contrassegnate dallo spirito gioioso del Vangelo. Nulla lascia d’intentato per continuare sulla strada tracciata dai predecessori ma la salute fisica non regge e la sua presenza risulta necessariamente troppo breve.
Lo sostituisce







p. Edoardo Colombo
(1956-1973)


Sacerdote che unisce alle doti di grande organizzatore, una splendida capacità di comunicare con tutti.
Era l’immagine vivente della gioia che traspare dall’uomo che vive fino in fondo la sua missione di Pastore, nella serenità della pace interiore e nella fiducia che proviene dalla consapevolezza di operare la verità. Continua la predicazione delle Verità senza tempo. Non porta novità perché le necessità dei fratelli sono quelle di sempre. Vengono confermate l’importanza di vivere santamente la vita matrimoniale e del trapasso cristianamente inteso, il dovere di sconfiggere la propensione all’egoismo dell’aborto e il dovere della carità verso i fratelli bisognosi. Nel 1960, dopo un lungo travagliato iter, il popolo della Cirenaica può entrare nella costruenda Chiesa. Il 25 novembre 1964, ottenuta l’agibilità, l’immagine della Madonna del Suffragio viene trasferita dalla vecchia alla nuova Chiesa quasi ultimata, alla presenza del Card. Giacomo Lercaro che impartisce la benedizione. La casa del Signore ha dimensioni più che rispettabili: il tempio ha una lunghezza esterna di 60 metri e una larghezza di metri 25. Costruita ad una sola navata consente una capienza di 2000 fedeli. È alta 30 metri e raggiunge i 40 metri con la cupola. Il progetto è degli ingegneri Italo Gasperi Campani e Rodolfo Bettazzi. P. Colombo trasformò in opere il suo grande amore verso i fratelli bisognosi in occasione delle catastrofi del Belice, di Firenze e del Trentino. Continuò l’impegno delle colonie estive e poi... la prima Decennale!
Era la prima volta per la nostra Parrocchia e rappresentava un grosso problema conciliare la tradizione con una presenza nuova e vitale nella società. Fu impostata, e giustamente, sulla necessità di un risveglio cristiano in un mondo sempre più sconvolto dalla perdita dei valori che in ogni tempo hanno fatto grande e vero l’uomo. I missionari visitarono ogni famiglia lasciando in tutte le case il Vangelo. Poi ancora conferenze, cineforum nel nuovo grande teatro (che aveva visto la presenza del Card. Wyzynsky) e le recite che continuavano la tradizione dei temi eroici del vecchio “teatrino”. Altri anni sono passati e un nuovo Pastore viene inviato a reggere la Parrocchia:

p. Lino Pedron
(1973-1978)


Parafrasando S. Paolo possiamo convenire che a ciascuno è dato un dono particolare e anche il nuovo Parroco non si sottrae alla casistica. Sotto la rude scorza dell’uomo di origine montanara, appare evidente lo spirito dei fratelli meno favoriti. La regola della povertà che è parte importante delle norme di comportamento della Congregazione alla quale appartiene rappresenta un principio dal quale non si può derogare.
Questa caratteristica del suo modo di intendere la vita religiosa non lo distoglie dall’operare nel bene. Sotto la sua direzione si affermano le adesioni ai corsi di cristianità, vere e autentiche fucine di collaboratori laici. La sua predicazione risulta ancora una volta forte, genuina, senza falsi pudori, senza concessioni a facili compromessi. Il popolo di Dio, diviso, avvilito, timoroso, insicuro nelle scelte sente la presenza soprannaturale dell’insegnamento cristiano. Avverte seppure confusamente che il Vangelo rappresenta l’unica ancora di salvezza nello squallore della vita quotidiana. Cinque anni sono volati e anche per p. Lino giunge la promozione e il trasferimento. Riappare

p. Mario Bragagnolo
(1978-1990)


Dopo l’esperienza esaltante di nove anni da cappellano (1964-1973), p. Mario sembra contento di ritornare e tutti quelli che l’avevano conosciuto coltivavano nel cuore molte attese e grandi speranze. Come tutte le parrocchie però, anche la nostra risente del clima sociale secolarizzato che i referendum sul divorzio e sull’aborto hanno decisamente evidenziato e surriscaldato. La comunità che accoglie con gioia il giovane parroco è assai diversa da quella degli anni ’60: frammentata, impoverita, conflittuale...
È cominciato il declino anagrafico e l’esodo di tanti giovani cresciuti ed educati con tanto impegno dalla parrocchia. Dai 12.000 abitanti degli anni ’50 si arriverà ai 6.000 degli anni ’80.
Il cinema-teatro Dehon, che per dieci anni era stato un notevole centro di aggregazione, di cultura e di vivaci iniziative ricreative e religiose, va in crisi con l’entrata nelle case della TV a colori; il bilancio economico diventa passivo e mancano le forze per risollevarlo, tanto che la gestione viene affidata ad alcune compagnie teatrali. Subito il nuovo parroco si rimbocca le maniche per la celebrazione della seconda decennale eucaristica: gli addobbi ‘80. Viene promossa una missione popolare di casa in casa, animata dalla Compagnia Missionaria del S. Cuore. La settimana conclusiva del maggio 1980 è davvero partecipata e viva, come del resto la grande processione eucaristica per le vie del quartiere, in cui sono presenti gli ex-parroci e i sacerdoti delle parrocchie confinanti. L’organizzazione delle varie iniziative religiose, culturali, ricreative nasce da un compromesso tra la vecchia guardia e la nuova generazione che esce dal ‘68. Nella grande chiesa si sistemano meglio gli altari laterali con immagini in terracotta raffiguranti il S. Cuore, la S. Famiglia, Sant’Antonio e Santa Rita. Nel 1982 si celebra il cinquantesimo della parrocchia e si prende atto dei profondi mutamenti sociali e religiosi intervenuti nella sua storia. Una nuova illuminazione della navata, i fari nel campo sportivo, le campane elettrificate, la ristrutturazione dell’oratorio sono le novità dell’ambiente parrocchiale. Nonostante le difficoltà si tenta una piccola missione, animata dai membri della comunità: nobile e audace tentativo che meriterebbe miglior fortuna. Alla vivacità del Concilio e dell’immediato post-Concilio subentra una chiesa più stanca, forse passiva.
Il parroco concentra la sua azione pastorale sul giorno del Signore. A tutti i costi un’incisiva liturgia sembra il mezzo per tenere vivo il fuoco sotto la cenere dell’invecchiamento.
Nemmeno l’Anno Santo straordinario (1983) incide profondamente sulla vita della parrocchia, anche se si riesce ad organizzare un bel pellegrinaggio alla tomba dei santi apostoli Pietro e Paolo. Con grande fatica sorgono più di una decina di gruppi del Vangelo; nasce un bel gruppo-famiglie che ogni tanto si riunisce nella casa di Brento. È un periodo in cui si cambiano facilmente i cappellani e gli educatori.
Il primo novembre 1987, all’inizio di una settimana mariana, con grande partecipazione di popolo e alla presenza del pittore Arrigo Armieri, il Card. Arcivescovo Giacomo Biffi benedice la bella immagine, che si è potuta innalzare grazie all’impegno di tanta gente, quale segno della presenza materna di Maria in mezzo ai suoi figli.
Il tempo corre veloce, facendo cadere la neve sulla testa del parroco, che desidera festeggiare il suo 25º di sacerdozio con l’inaugurazione solenne della 3ª decennale eucaristica: gli addobbi ’90. La Decennale si svolge secondo tradizione e p. Mario può ascrivere al suo curriculum il fatto straordinario di aver celebrato due decennali. Quindi, inesorabile, giunge anche per p. Mario il momento del saluto. Trascorrono mesi di “interregno” (con la reggenza di p. Faustino Biati, viceparroco e cappellano, pilastro portante per lustri della parrocchia) e i Superiori indicano il nuovo parroco nella persona di

p. Giuseppe Albiero
(1990-1993)

Sacerdote, giornalista, terapeuta e “vegetariano”. L’accettazione dell’incarico subisce ritardi. Padre Albiero si butta con entusiasmo e determinazione nella mischia. Il rione è sempre più vecchio e la cura degli ammalati e dei bisognosi appare al primo posto nella scaletta dei lavori del Pastore.
Le sue omelie sono dei piccoli capolavori di stile e i suoi richiami sono quelli di un padre severo, ma giusto. In occasione della Festa estiva della Comunità del 1992, dopo una lunga preparazione, la parrocchia provvede all’acquisto di una struttura (smontabile) coperta e di uno stand di lamiera. Dette strutture permetteranno lo svolgimento funzionale delle feste campestri (pesca, cucina anche vegetariana, manifestazioni canore, etc.). Il “telone” consentirà inoltre la realizzazione dell’Estate Ragazzi. Tre anni trascorrono in un lampo e i Superiori, ancora una volta provvedono a nuovi avvicendamenti.
Subentra infatti:

p. Alessandro “Sandro” Zanella
(1993- sino ad oggi)


che, in breve tempo, raccoglie consensi per il suo modo di guidare la parrocchia. Prosegue infatti la ricerca di contatti con il “mondo” più lontano, senza dimenticare i vicini, magari poveri e bisognosi. Consapevoli che non è lecito indurre al peccato di orgoglio non diremo qui che p. Sandro e i suoi confratelli cappellani (p. Celestino e p. Mauro) senza rinnegare gli insegnamenti dei predecessori, dimostrano di essere “preti moderni” nel senso più nobile della parola. I risultati? È presto per poter giudicare. L’occasione per una verifica potrà scaturire dalla celebrazione della quinta Decennale, nel 2010!



I CAPELLANI
Abbiamo contrassegnato la piccola storia della nostra Comunità con i nomi e le date di “servizio” dei reverendi parroci. Non vogliamo e non possiamo dimenticare l’opera preziosa svolta dai “cappellani”, l’aiuto fondamentale che hanno offerto ai Parroci e alla Parrocchia. Le generazioni di giovani che si sono succedute nel tempo ricordano con immutato affetto i “loro” Sacerdoti, per gli insegnamenti che hanno determinato la corretta formazione.
Il tempo, inoltre, non ha cancellato nemmeno le opere di bene compiute nei confronti dei più bisognosi.
Trascriviamo qui di seguito l’elenco affinché ciascuno possa richiamare alla mente i momenti belli trascorsi con gli amici, insieme al Sacerdote:

p. Emanuele Tritta dal 1932 al 1933
p. Marino Bossi dal 1934 al 1936
p. Tarcisio Leone dal 1936 al 1937
p. Silvino Azzolini dal 1937 al 1939
p. Camillo Ravasio dal 1939 al 1945
p. Giovanni Sommavilla dal 1945 al 1950 e dal 1951 al 1960
p. Pietro Milesi dal 1945 al 1948
p. Francesco Campanale dal 1946 al 1948
p. Carlo Negri dal 1947 al 1948
p. Teodoro Bacci dal 1948 al 1964
p. Guido Ortelli dal 1950 al 1951
p. Isaia Rossi nel 1955
p. Valerio Giovanni Crotti dal 1960 al 1964
p. Enea Claus Janner dal 1965 al 1967
p. Faustino Biati dal 1964 al 1997
p. Mario Bragagnolo dal 1964 al 1973
p. Livio Clamer dal 1969 al 1981
p. Vincenzo Rizzardi dal 1973 al 1978
p. Giovanni Berta dal 1981 al 1986
p. Gianmaria Piazzalunga dal 1989 al 1993
p. Celestino Rioli dal 1993
p. Mauro Pizzighini dal 1996



LE VOCAZIONI SACERDOTALI

Vogliamo infine ricordare i Sacerdoti originari della Parrocchia:

don Alessandro Barozzi
don Elia Bullini
don Mario Vecchi
don Saul Gardini
p. Gabriele Bedosti
don Giorgio Dalla Gasperina
p. Gianni Lamieri
p. Piero Todesco

Fine

© Parrocchia S. Maria del Suffragio / Giovanni Bedosti