Chiesa di San Lorenzo Martire

 

 

Attualmente è sotto la gestione della Propositura, mentre un tempo la Chiesa di San Lorenzo era un semplice oratorio che fu ceduto ai Padri Francescani della Verna dal vescovo di Arezzo nel 1347 perché vi predicassero. In una predicazione fatta al Santuario della Madonna del Sasso da un Padre francescano della Verna, il popolo rimase commosso e affezionato ai Religiosi francescani e desideroso che avessero in Bibbiena un Ospizio con una Chiesa perché vi potessero predicare. Adunatesi a tale scopo il Magistrato, chiese al vescovo Boso di Arezzo che donasse la chiesa di San Lorenzo posta nel castello di Bibbiena. Il detto vescovo nello stesso anno 1347 tolse la cura delle anime dalla chiesa di San Lorenzo alla Scala con tutte le sue appartenenze trasportando il tutto alla Pieve di Sant'Ippolito in Bibbiena. Donò ai Francescani della Verna la Casa Canonica perché la cambiassero in Ospizio e la Chiesa di San Lorenzo: perché la officiassero e vi esercitassero il loro ministero. In seguito un certo Nuto di Bandino bibbienese, medico in Firenze, morendo lasciò eredi e esecutori testamentari Lionardo e Giovanni di Mastro Angiolo di Bibbiena ed Esaù anch'egli di Bibbiena con l'obbligo di costruire in Bibbiena un Convento per sei frati Osservanti. Gli esecutori testamentari pensarono di trovare un luogo per fondare il nuovo convento e sapendo che i Padri della Verna avevano là Chiesa e il piccolo Ospizio di San Lorenzo ottenuto in dono dal vescovo di Arezzo, scrissero al Generale dell'Ordine perché cedesse la chiesa e l'ospizio per fabbricarci il convento. Avuto il permesso si iniziò la costruzione del piccolo convento che accolse i primi sei frati; in seguito il numero dei frati si accrebbe ed allora il convento fu ampliato anche con l'aiuto di due benefattori, i signori Niccolini e Martellini. Nell'anno 1474, la piccola chiesa primitiva, fu ingrandita sotto la direzione dei «frati architettori», addetti al restauro e alla costruzione delle Chiese e dei conventi della Toscana. Delle Chiese dei Minori Osservanti di quel tempo, questa conserva tutte le caratteristiche: unica navata, cappelle laterali, finestre circolari, coro davanti all'altare maggiore. Il coro attuale, posto dietro all'altare, fu fatto costruire nel 1666 dal guardiano Padre Silvestro da Firenze insieme all'altare maggiore. I gradini dell'altare e il ciborio in marmo risalgono all'anno 1729. Sotto l'altare maggiore fu posto il corpo di San Fortunato Martire. Questa chiesa dopo il terremoto del 1919 che produsse gravi lesioni nel soffitto, fu restaurata dall'architetto Giuseppe Castellucci che riportò alla luce l'attuale soffitto a capriate e ridonò all'edificio sacro il primitivo splendore con le sue linee classiche. Sopra la porta si nota un arco ribassato in cotto; a sinistra è collocato uno stemma della famiglia Montini. Ai lati della facciata si notano le aggiunte delle parti laterali. Due rosoni figurano sulla parte anteriore: uno chiuso ed è quello prima del terremoto; un altro aperto con vetri a colori e raffigura la Vergine con il Bambino.

Entrando possiamo vedere la armoniosa bellezza delle linee architettoniche di questa chiesa con le finestre tonde e le capriate che le donano una certa austerità. Il primo altare di destra in pietra serena racchiude in un'urna la statua del Sacro Cuore di Gesù; il secondo altare contiene una tela raffigurante S. Antonio da Padova che dialoga con il Bambino Gesù. Il terzo altare racchiude in una cornice di pietra una tavola di Andrea della Robbia raffigurante la Nascita del Salvatore. La Vergine e San Giuseppe ci appaiono, adoranti, in tutta la loro dolcezza. Dai loro occhi vivi e dal volto rassicurante e quasi ieratico, sprigionano gioia per l'avvenuta nascita. Tutti i personaggi della tavola riflettono la pacata delicatezza della Vergine e di San Giuseppe. I tre angeli della grotta adorano rapiti e quello di centro prega a mani giunte. Il Bambino Gesù guarda con tenerezza la Madre e allunga la manina verso l'asino come per carezzarlo mentre il bue interrompe il suo mangiare rimanendo, a bocca piena, fermo ad ammirare. I due pastori ai lati della grotta sono anch'essi compresi del momento solenne che stanno vivendo e chini adorano il Bambino Gesù. Al disopra della grotta si vedono tre pastori in movimento che alzano lo sguardo verso l'alto da dove giunge il canto angelico. Le pecore voltano stupide la testa per l'insolito chiasso che sentono nella notte; il cane sembra ammirare i personaggi al disopra della sua testa. Gli angeli, librandosi nel ciclo, cantano in raccoglimento il «Gloria a Dio nell'alto dei cicli», protetti dalla presenza dello Spirito Santo in forma di colomba e da Dio Padre che mostra le braccia. Una duplice cornice formata da putti e da canestri di frutta racchiude tutto il quadro. Pieni di significato sono i raggi che partono da Dio Padre e giungono fin dentro la capanna dove giace il Bambino. Essi sono lì ad esprimere tutta la potenza e la forza di Dio Padre che elargisce anche al Figlio. Nei riquadri, al centro, si vede Cristo Risorto che parla con Maria Maddalena. Sulla destra San Sebastiano martire e lo stemma del Cardinale Dovizi committente dell'opera.

A sinistra S. Francesco d'Assisi con la croce e il libro in mano e lo stemma del Papa Leone X Medici. L'altare maggiore è una costruzione che risente un poco dell'arte barocca. I tre gradini dell'altare e il ciborio sono in marmo e risalgono al 1729. Dopo lariforma liturgica è stato posto davanti all'altare in pietra un altro in legno voltato verso il popolo; una mensa abbastanza funzionale. Ai lati dell'altare due porte immettono nel coro, fatto costruire da padre Silvestro da Firenze; in mezzo al coro è collocato un buon organo che rende più solenni le celebrazioni liturgiche. A sinistra dell'altare una porta immette nella sacrestia dove dei graziosi banconi in legno lavorato custodiscono i paramenti sacri della chiesa. Usciti dalla sagrestia di fronte alla tavola robbiana della Natività è collocato l'altro quadro della chiesa attribuito ad Andrea della Robbia; la deposizione di Cristo. Quest'opera come dice giustamente Carlo Beni nella sua Guida del Casentino: «È mirabile per la forza della composizione, per la finezza del disegno, per Patteggiamento delle figure e per l'espressione pietosa che spira da tutti i volti». La Vergine in atteggiamento di comprensibile dolore guarda il Divin Figlio Morto e tiene le mani giunte quasi incredula di aver perso un tanto Figlio. L'apostolo Giovanni sorregge delicatamente il capo di Cristo e trattiene dentro di sé il suo dolore. La donna che con il lenzuolo pietosamente tiene le gambe del Cristo esprime con gli occhi aperti e col volto addolorato tutta la sua comprensione per quel tragico momento. Addolorate ed oranti le altre quattro figure ritte in piedi. Gli Angeli partecipano al dolore di Maria in commosso atteggiamento; il primo a destra si sorregge la testa quasi non comprendendo il dramma che sta per consumarsi. Sopra la Croce ormai nuda il sole e la luna, gli elementi più rappresentativi del firmamento, danno a tutto il creato un senso di infinito cosmico dolore. Anche questa tavola ha una duplice cornice di putti e di canestri di frutta. Nei riquadri in basso al centro San Francesco che riceve le Stimmate sul monte della Verna: un fraticello che assiste sbigottito alla scena. A destra si vedono, San Bernardino da Siena e San Lorenzo Martire con la graticola in mano; indi lo stemma del Cardinale Dovizi, il committente. A sinistra i due Santi sono Santa Chiara di Assisi e San Bonaventura e lo stemma di Papa Leone X dei Medici. Proseguendo, sempre dalla parte sinistra, al centro si vede l'altare dedicato alla Madonna del Carmine; mentre vicino alla porta c'è l'altare della Madonna Addolorata.

Chiostro

Il chiostro fu costruito al tempo dei guardiani Padre Bernardino Stecci di Bibbiena, padre Michele da Bibbiena e padre Giovan Francesco da Terrossola negli anni tra il 1619 e il 1640. Le pitture primitive ora nella maggior parte scomparse furono fatte eseguire dai signori Martellini; di esse ne rimane solamente una che raffigura S. Francesco che dona il suo mantello al Conte Alberto di Montauto. Nell'anno 1955, dopo un restauro delle strutture murarie, furono affrescate di nuovo tutte le pareti dal pittore bibbienese Ruggero Biggeri. Le scene raffigurano episodi della vita di San Francesco di Assisi. Da una parte del chiostro, invece che al centro, si conserva la caratteristica cisterna che serviva a raccogliere le acque dei tetti.