Villanova di Bagnacavallo è un paesello di circa 2800 persone che sorge a 15 km di distanza da Ravenna, addossato sull'argine sinistro del fiume Lamone e disposto, quasi interamente, lungo la strada che da Mezzano porta a Bagnacavallo. Un paese, insomma, come tanti altri della bassa Romagna.... Le prime notizie sulle sue origini risalgono al 1300, quando cioé il paese (o meglio le 10, forse 15 case che si ergevano sulla palude circostante) si era formato con la presenza di molti ricercati (sia per motivi politici che giudiziari) stabilitisi in questa zona franca, al confine fra lo Stato Pontificio e la Repubblica di Venezia. Qui, il Lamone riversava le sue acque nella valle, alimentando una fitta vegetazione di erbe palustri da cui, con genialità e intuito, prima per fare le misere capanne, quindi indirizzandosi verso altri manufatti, gli abitanti di Villanova hanno saputo trarre una impensata industria. Nell'anno 1371 Villanova contava già 32 case, per lo più costruite in modo rustico e coperte di canne. Nonostante le successive bonifiche delle paludi, l'attività di lavorazione delle erbe palustri (stuoie, sporte, impagliature per sedie, pantofole, cappelli, ecc.) ha accompagnato la storia di Villanova fino al secondo dopoguerra. Oggi questa attività è praticamente scomparsa. Per la sua salvaguardia, se ne occupa il Centro Etnografico della Civiltà Palustre che si adopera con sforzo per il recupero di manufatti e tecniche di lavorazione, ed organizza, una volta all'anno, la famosa Sagra delle Erbe Palustri, che sta raccogliendo un sempre maggior numero di visitatori. |
Diversi documenti attestano un paese in fervida crescita nel corso dei secoli successivi, primo fra tutti l'edificazione della Chiesa Parrocchiale dedicata a Sant'Apollinare, poi rifatta agli inizi dell'800 e del '900. La prima data importante nella storia di Villanova è probabilmente quella che ricorda la rottura del fiume avvenuta nel 1623. Il parroco, Tommaso Farina, annota nel suo diario: «Addì, 13 ottobre 1623, in venerdì, ruppe il fiume alli palazzi del Pochintesta con grandissima apertura». E dalla documentazione relativa a quegli anni si ha ragione di credere si trattasse di una rotta non da poco. Altra data particolarmente importante è la "notte dei morti" (2 novembre) del 1796, in cui un gruppo di cittadini di Villanova e di altre frazioni confinanti (Traversara e Masiera) entrò armato in Bagnacavallo per rifarsi delle 'sevizie' subite dai signori del Comune. Fu tale il terrore in paese che i villanovesi poterono comportarsi da dominatori. Vi restarono fino al 4 novembre, poi, temendo l'arrivo dei francesi, si ritirarono contenti di aver umiliato i loro nemici. |
Numerosi sono gli episodi di questo secolo che meritano di essere ricordati: innanzitutto, l'apertura di una scuola elementare maschile (22 maggio 1823) per intervento del parroco don Giuseppe Allegri (quella femminile fu aperta, invece, il 17 novembre del 1862); poi, su approvazione del nuovo parroco, don Vincenzo Errani, la costruzione di una farmacia nel 1836, in seguito chiusa per via della dubbia fama del farmacista; infine l'istituzione di un ufficio postale la vigilia di Natale dell'anno 1881. Insomma, verso la metà dell'800, Villanova era di agiate condizioni economiche rispetto alla situazione generale: al 1856, la lista dei poveri compilata dalla parrocchia contava appena 150 persone su 4000 abitanti. Nonostante questa agiatezza media, il periodo che intercorre tra l'unificazione d'Italia (1861) e l'inizio del nuovo secolo si rivelò anche per Villanova un periodo di grandissima crisi economica.
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Il primo '900: la grande guerra e gli anni del fascismo
Il 13 settembre 1903 si costituì con atto notarile, per merito del dottor Giuseppe Cantagalli e ribadendo il suo legame con la parrocchia, la prima banca di Villanova: la Cassa Rurale. Fu uno dei momenti fondamentali di presa di coscienza del movimento cattolico villanovese del distacco esistente tra la Chiesa e le masse, per cui assunse come funzione fondamentale quella di avvicinare il più possibile i problemi del proletariato e dei contadini per scongiurare il suo inaspimento. Il 9 e il 10 giugno 1914, i socialisti riuscirono a gestire uno sciopero che fu tra i più organizzati di quegli anni, ma quasi subito assunse l'aspetto di una vera e propria rivolta e, soprattutto in Romagna, di insurrezione. La cosiddetta settimana rossa durò a Villanova due giorni, il 14 ed il 15 giugno. Il primo giorno vennero bruciate la sede monarchica, la chiesa e la casa dell'arciprete; il secondo fu invece di carattere profanatorio e si infierì sulle cose sacre. Per questi episodi furono condannate 24 persone, poi graziate con l'entrata in guerra dell'Italia il 24 maggio 1915. Il costo di questa guerra fu enorme anche per Villanova: dei 267 morti del comune, 60 erano di Villanova. Il richiamo alle armi portò una grande miseria, aggravata dalla mancanza di manodopera per lavorare la terra. L'interruzione della produzione bellica, il ritorno dei combattenti all'attività civile, il ristagno dell'economia e l'enorme dissesto finanziario portarono ad un periodo di fortissimi squilibri e alla crisi dello stato liberale, che sfociarono, poi, nella creazione di un movimento rivoluzionario a parole, ma totalitario nei fatti: il Fascismo. Nel 1921 il quadro politico italiano (e villanovese) mutò profondamente: si formarono infatti la sezione del Partito Comunista, il Fascio di Combattimento ed iniziarono pure su larga scala gli interventi delle Squadre d'Azione. In particolare, dopo gli omicidi di Melandri Giulio (fratello del sindaco) e Paolo Valenti (segretario per Partito Comunista di Traversara), l'arciprete di Villanova, don Angelo Mazzanti, venne ripetutamente minacciato per una dura predica fatta in chiesa. Nelle elezioni del 17 giugno 1923, su 5860 elettori iscritti, si ebbero 4460 votanti e 4474 schede scrutinate, con una schiacciante maggioranza del Partito Fascista. Nonostante tutto, al 31 dicembre 1926, Villanova si presentava come il più grosso paese del Comune, con 4591 abitanti, che poteva vantare la presenza di un macello, una farmacia, un ambulatorio medico fisso, un cinematografo (il cinema Valenti), un campo sportivo ufficiale, una cooperativa agricola e, presso la parrocchia, un Asilo Infantile ed una Scuola di Lavoro. Figure di primo piano a Villanova durante gli anni durissimi del Fascismo furono i due preti: don Allegro Allegri e don Giovanni Melandri, che, fra le tantissime cose, riuscirono sì ad opporsi con forza e coraggio alle prepotenze del regime, ma anche a difendere molti ex-fasciti dalla giustizia un po' troppo sommaria dei partigiani. «Lasciandovi, vi raccomando, anche in mia memoria, la fraternità che in Dio ha la sua forza e non cessa per cambiar vita, la fedeltà alla legge cristiana ed a tutti i principi dell'insegnamento di Gesù Cristo, l'unità nella sua Chiesa» (don Giovanni Melandri). |
Dal 1935 (Guerra d'Etiopia) al 1939 (campagna d'Albania), al 1940 (entrata in guerra), al 1943 (26 luglio, caduta del governo Mussolini), saranno solo morti e sacrifici; qui ci soffermiamo solo sul prezzo di vite umane che Villanova pagò alla Seconda Guerra Mondiale, che del Fascismo ne fu l'epilogo. Furono 92 le vittime, così cadute:
Il vuoto di potere aperto dall'armistizio del 8 settembre 1943, venne immediatamente riempito anche in Romagna dall'esercito tedesco. I tedeschi, mai amati nel precedente ruolo di alleati, vennero ora unanimamente sentiti come un esercito straniero di invasori: nel centro e nelle frazioni si assisteva ad uno spettacolo notturno e spesso diurno di strade deserte, di rifugi ovunque invisibili ma presenti nelle chiese, nei palazzi e nei campi, di un silenzio sinistramente incombente, rotto dai bombardamenti aerei degli alleati e dai secchi comandi dei tedeschi. È in questo drammatico quadro che anche a Bagnacavallo e nelle frazioni cominciò ad organizzare le proprie fila la Resistenza con la costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale comunale. Nel frattempo, con l'avanzata dell'esercito liberatore, si moltiplicavano i bombardamenti aerei che provocavano lutti e danni non solo al sempre più esiguo e nervoso esercito tedesco, ma anche agli inermi abitanti della zona. Alle molte vittime delle incursioni aeree, andavano aggiunte le vittime della violenza nazifascista, che spesso operava rallestramenti e deportazioni e che talora sfogava la propria rabbia impotente contro le formazioni partigiane attraverso esecuzioni sommarie di accreditati antifascisti. I cippi che ancora oggi si possono vedere per le strade di Villanova sono la muta testimonianza di questi tragici eventi che colpirono profondamente la popolazione:
Quasi contemporanemamente alla liberazione di Ravenna (4 dicembre 1944), le truppe inglesi si attestarono sulla sponda destra del fiume Lamone, di fronte al territorio di Bagnacavallo, già da giorni sotto il tiro delle artiglierie alleate. Nella notte fra il 10 e l'11 dicembre 1944 (la famosa battaglia senza fine) un piccolo contingente di 100-130 soldati canadesi riuscì ad attraversare il Lamone e a formare una nuova testa di ponte senza incontrare eccessiva resistenza tedesca. Ma dal momento che per la mancanza di un ponte non potevano arrivare rifornimenti e ricambi, la spinta iniziale degli alleati si affievolì. Iniziò così la controffensiva dei tedeschi e lo scontro avvenne nei pressi del macello. Sembrava quasi che i tedeschi dovessero avere la meglio (con conseguenze drammatiche per Villanova), ma verso mezzogiorno comparvero gli aerei alleati che diedero il tempo ai soldati canadesi di rioganizzarsi. Le forze e i carri armati tedeschi approfittarono della notte successiva per sganciarsi e ritirarsi. Tutti i villanovesi uscivano dall'incubo dell'occupazione. Villanova era finalmente libera. |
Bibliografia essenziale:
AA. VV. "Vèlanöva e mi paës", Villanova di Bagnacavallo, 1985 |
AA. VV. "Ricordi- Girolamo Pattuelli compie 100 anni", Villanova di Bagnacavallo, 1985 |
V. Bagnari. "Villanova palustre", Villanova di Bagnacavallo, 1987 |
N. Guerra, L. Marchetti, G. L. Melandri, D. Morelli. "Le voci della memoria", Bagnacavallo, 1995 |
A. Bandoli, G, Guerrini, G.L. Melandri, D. Morelli, G. Zannoni, "L'ultimo libro... altra memoria e non basta ancora", Villanova di Bagnacavallo, 1997 |
G.L. Melandri, "La Porta Aperta - Vita di Don Giovanni Melandri - 1880 - 1972", Villanova di Bagnacavallo, 2000 |