Quindicinale Reg. Trib. Cosenza Reg. 581 del 04-0596 - Dir. Rer.. Sac Vercillo
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  ANNO  N. 6 =  15-31  Marzo 2002 

FRATELLI,

Tocca a noi, oggi, annunziare che Cristo è risorto e cammina accanto a noi. Ma perché la nostra parola sia credibile, occorre la testimonianza della vita. Gesù risorto è la luce del mondo. Per aprirci alla gioia della S. Pasqua dobbiamo conoscere sempre più il Signore, lasciandoci illuminare dalla fede.
La Pasqua è vita, sicurezza di immortalità, realtà viva da scoprire e da vivere, ma innanzitutto è manifestazione dell'amore di Dio che "ha tanto amato gli uomini da sacrificare Gesù, suo unico Figlio". Le braccia spalancate di Gesù in croce ci dicono quanto è grande il suo amore per noi.
Questo grande amore non deve restare senza contraccambio, impariamo tutti a mettere dinanzi a Dio il nostro cuore e dirGli tutta la nostra gratitudine per l'amore con cui ci ha amati. È una grazia della Pasqua riscoprire le esigenze dell'amore, dello scambio, dell'accoglienza, della carità...
Gesù, Figlio di Dio muore e risorge per salvare il mondo. La salvezza è un'immensa ricchezza che Egli mette a disposizione dell'uomo, perché Dio crede nell'uomo e Dio ama con un amore di misericordia. Questo è il messaggio della Pasqua del Signore che deve convertirci all'amore di Dio, questa è la grazia che la Santa Pasqua vuole fare a ciascuno di noi.
Tutti abbiamo desiderio di incontrare il Signore, di riconoscerlo, di imparare ad amarlo con sempre maggiore generosità, di affidarGli la nostra vita.
Viviamo i nostri giorni in compagnia dei Signore risorto: Egli allevierà il peso delle prove della nostra vita. E il Signore mantiene le sue promesse.
Buona Pasqua a tutti.
d. Franco


IO SONO LA RISURREZIONE E LA VITA
CHI CREDE IN ME, ANCHE SE MUORE VIVRÀ,
CHIUNQUE VIVE E CREDE IN ME,
NON MORRÀ IN ETERNO.
CREDI TU QUESTO?

Queste parole di Gesù che Giovanni riporta nel suo vangelo risuonano come il nostro migliore augurio pasquale.

CRISTO GESÙ E’ RISORTO, ALLELUIA.

L’amore dona la vera libertà di spirito ai seguaci della Croce…!
Cantiamo al Signore: stupenda è la sua vittoria. Lui ha vinto la morte e ci ha dato la vita per sempre.
BUONA PASQUA!
ALLELUIA! ALLELUIA!


PASQUA: LA PIETRA È ROTOLATA HA VINTO LA VITA

La celebrazione della Pasqua è il culmine della nostra fede, il punto nodale nel quale la storia della salvezza ha la sua realizzazione. Davanti alla luce del Risorto, arretra la lunga tenebra dell'universo, vi è come una ricaduta benefica, un lavacro rigeneratore che attinge ogni creatura.
Una certezza tenace tiene il nostro spirito sollevato sul dolore, è come se sui terreni aridi e infruttuosi della storia umana la risurrezione del Cristo avesse seminato la pianta della gioia insieme ad altri germi di speranza.
Oggi la Pasqua è avvertita anche dai non credenti, essa ricade in qualche modo sull'intera umanità. Perché per l'intera umanità è stata rotolata la pietra di morte. "O Vita, come puoi morire?", diceva il Patriarca di Costantinopoli a conclusione della Via Crucis del Colosseo, anni fa. E come potrebbe venir meno la speranza, quando il Cristo si è manifestato come il Dio, che a porte chiuse passa e si pone tra i poveri della terra, e dice che la pace è dentro di noi, che la grazia è in ogni nostra cellula? Come è possibile perdere la certezza della "Vita", se colui che vince la "Morte" è con noi a dividere il pane e i pesci, a lasciarsi toccare e fissare il Volto divinamente bello?
Intorno alla nostra mensa, nell’umile tessuto del nostro quotidiano, in mezzo alle lacrime, alla povertà percepiamo le lacrime e le sofferenze che anche Lui, il Cristo, sperimentato durante la sua esistenza terrena.
L’ottimismo cristiano nasce e prende vigore inesauribile da queste realtà della fede.
"C ’è qualcosa di nuovo oggi nel sole... anzi di antico".
Così i versi di una poesia imparata tanti anni fa sui banchi di scuola. C’è qualcosa di nuovo nella festa di Pasqua, anzi di antico. Cristo nostra speranza è risorto. La vita ha vinto la morte, la luce ha sconfitto le tenebre, colui che è morto è tornato in vita. Il Signore Gesù è il germoglio nuovo fiorito nei solchi della storia. È il miracolo dell'amore di Dio.
Nella Pasqua nuovo e antico si intrecciano. Passano i tempi, si succedono le generazioni ma Dio è sempre giovane. Non invecchia mai. Non passa mai di moda. È novità perenne. Dal suo amore sempre vivo e operante matura il vero rinnovamento della storia e della società.
Il Signore della Pasqua viene incontro a ogni uomo. Viene e bussa. Chiede un posto nel cuore dell’uomo, nella vita di famiglia, nella società di oggi. Chiede alla libertà di ciascuno di fare strada insieme di conversare con noi alla nostra tavola. La sua parola tra le nostre molte parole riscalda il cuore e rinnova la vita. Rigenera la vita dei singoli e dell'intera comunità.
Quale il primo segno di una nuova primavera nella comunità? E una intensa passione per il Vangelo e una cura assidua di familiarizzare con la Parola di Dio.
Di qui scaturisce un modo nuovo di intendere e di vivere i rapporti comunitari: la gratuità diviene straordinario, l'altruismo e la sincerità, la collaborazione e la corresponsabilità divengono norma di vita.
Il secondo segno di giovinezza è un vivo sentimento di stupore e di lode per il Signore. Prima ancora di fare, di organizzare, di correre e di costruire o di raccogliere fondi, la comunità si abbandona alla lode a Dio. E il primato di Dio.
Il riconoscimento che Dio è il primo. E dando a Dio il primo posto la comunità ritrova la pace, vive nella letizia, acquista serenità interiore e non perde la speranza anche quando resistenze, indipendenza e rifiuto la mettono alla prova.
C'è poi un terzo segno di giovinezza: è l'entusiasmo di comunicare la bellezza dell'incontro con il Signore. Come gli adolescenti comunicano l'un l'altro con gioia, spontaneità e freschezza, così la comunità cristiana deve saper raccontare a tutti che è bello seguire il Signore.
Vivendo la sequela e la carità, la comunità diventa ciò che è, segno di Cristo per il mondo, luce che illumina e riaccende il desiderio di rinnovamento, annuncia il Vangelo che si fa storia nella concretezza della vita ordinaria e cresce nella capacità di riconoscere la visita di Dio: "Il Signore che viene scruta i segreti dei cuori, ci invita a chiamare col loro nome le nostre infedeltà e inadempienze, smaschera le seduzioni del mondo e i falsi idoli che vogliono dominare la nostra società. E insieme ci rinnova, ci fortifica, ci dà speranza certa che se uno è in Cristo, è una creatura nuova: le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove".
Che senso ha la Pasqua per il cristiano del nostro tempo? Lo stesso senso che aveva per gli ebrei e per i primi cristiani. È punto di partenza, nella fede e nella vita, più che un punto d'arrivo. È una verità scoperta, ma non ancora raggiunta ed assimilata.
Per gli ebrei significò rifiutare la schiavitù per la libertà; ma significò anche che la ricerca della libertà durò più di quarant'anni, in mezzo al deserto, tra guerre, imboscate, tradimenti, pentimenti, disperazioni e speranze; tutta una vita, il prezzo di una vera esistenza.
Per il cristiano la spinta anche esteriore del mistero pasquale non è diversa. La Pasqua è ancora "passaggio" da una mentalità di comodo a una mentalità di rischio, da un'esigenza di privilegio ad un impegno di servizio, da una condizione passiva ad una responsabilità attiva.
Pasqua fa adulto il credente. Lo getta sulle strade del mondo, in mezzo agli altri, con tutti i rischi del caso. Garantisce la sua fede, non il suo successo.
Fa ognuno responsabile di tutti, ognuno alla ricerca della propria salvezza nella salvezza degli altri.
Sulla strada della pace, nessuno come il cristiano è responsabile della pace. Contro la fame del mondo, nessuno deve sentirsi impegnato come il cristiano. Contro la schiavitù economica e psicologica degli uomini, sepolti nella società del benessere, ridotti a consumatori più che a credenti, nessuno deve sentirsi libero nella povertà, coraggioso nel primato dello spirito come il cristiano.
Certe volte è la bellezza dell'universo a mettere la nostra anima sulla balconata, aperta al mistero che è oltre le stelle. Come capitò al grande Keplero, che, terminata la descrizione delle sue esplorazioni sulla gravitazione universale, lasciò scritto: "Io ti ringrazio, o Dio creatore, perché mi hai dato la gioia di vedere quello che hai fatto, esultando per l'opera delle tue mani". Non accade sempre così, specialmente se uno scienziato gioca "a fare Dio", come dice Alhert Finstein. Questo però succede agli scienziati di mezza tacca. Lo suggerisce Werner Heiseiìberg: "Il primo sorso di bicchiere della scienza rende atei, ma in fondo al bicchiere ci aspetta Dio".
Nel mattino della Pasqua, capitò a Maria Maddalena di trovarsi in un giardino, trasfigurato dalla presenza del Risorto: fu, per lei, come sentirsi in paradiso: perché paradiso, tutto sommato, altro non è che essere con il Signore.
"È risorto, non è qui".
Il fulcro del messaggio di Pasqua è tutto in queste parole, che però occorre completare con quelle della sequenza liturgiche del giorno: "Cristo risorto attende i suoi ..." per dare loro la vita che non tramonta.
Già nella veglia del sabato santo si ha un presagio di felicità nel famoso esultet, il canto che S. Agostino, esperto di peccato e di grazia, scrisse quindici secoli fa e che la liturgia ha inserito in uno dei momenti più alti dei suoi riti.
La "colpa antica" è cancellata, i credenti sono sottratti alla tenebra e alla corruzione del mondo, adottati come figli dal Padre e uniti nella comunione dei santi. Davanti a queste meraviglie di Dio, la Chiesa osa allora esclamare, con ardito paradosso: "o felice colpa, che meritò di avere un cosi grande redentore!"
Un secondo momento, nella liturgia del sabato notte, è degno di meditazione per ogni cristiano: il rinnovamento delle promesse battesimali. È una solenne assunzione delle proprie responsabilità di fronte al Signore, alla comunità ecclesiale, al mondo. Tra il credente e il mondo non ci possono essere accordi, poiché la logica dei peccato e quella della grazia sono inconciliabili.
"Fratelli - avverte San Paolo - se siete risorti con Cristo, cercate le cose di Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù non a quelle della terra".
Più volte, nei testi liturgici pasquali, tornano le parole rassicuranti di Gesù ai discepoli: "Non temete, non abbiate paura". Sarà la discesa dello Spirito Santo a confermare i pavidi discepoli nella fede e a renderli intrepidi di fronte al mondo. Gli Atti degli Apostoli ci dicono di questa trasformazione profonda, repentina, insospettata da un punto di vista umano.
Ecco la prima comunità cristiana, raccolta nella fede, serrata in un gruppo tenace "come un cuor solo e un'anima sola" e "Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza del la risurrezione del Signore Gesù".


Rubare… con gli occhi

La stima degli altri: è incredibile quanto gusto ci si prova a sgretolarla.
Il pettegolezzo occupa tanta parte delle ore libere. E anche di quelle dedicate al dovere del lavoro.
Il piacere di tagliare i panni addosso agli altri fa dimenticare il più elementare precetto cristiano della carità. Sta di fatto che i sussurri maligni, le allusioni malevoli su questa e quella persona avvelenano i rapporti sociali, sono a loro modo un pubblico flagello.
Di questo sono complici gli occhi.
Ma la vista è ingannevole: parola degli psicologi. parola soprattutto dei santi: "Non giudicherò male nessuno, anche se i miei occhi mi volessero costringere al contrario".
Mi è capitato di vedere per strada un'anziana signora. Portava al guinzaglio un cagnolino e reggeva. con la stessa mano, due borsoni gonfi di spesa. Camminava ansimando. E io quasi mi stizzivo che non bilanciare i pesi con l'altra mano. I miei occhi vedevano solo "materialmente". Seppi che la poverina soffriva di artrite deformante alla destra.
Il pettegolezzo nasce dunque anche da una stupida superficialità.
San Bernardino da Siena raccontava. agli assorti villici del suo tempo (sec. XV), nell'Italia Centro-Sud, il famoso aneddoto dell'asino, del padrone e del bambino. Sapete tutto: se era l'uomo a cavalcare la bestia, la gente disapprovava che invece il bambino affannasse a piedi; se saliva in groppa il piccolo, giudicava mezzo scemo l'uomo, che restava addirittura deriso quando decideva di accontentare tutti, lasciando l'asino libero e loro due indietro.
A consolazione, le vittime del pettegolezzo ricorderanno l'Imitazione di Cristo: "Mille parole degli uomini non possono smuovere un granello".
I ciarloni farebbero bene a misurare pensieri e parole: se non per amore di carità, almeno per timore di vedersi ricambiati con la stessa moneta...
Un lettore


Ogni uomo che ripone la sua fiducia in Gesù risorto
sarà anche lui
salvato dalla morte

EGLI LI AMO’ SINO ALLA FINE…

Il nostro Dio è un Dio che si dona! Non è un principio astratto 0o uno spirito lontano e insensibile non è un mago capriccioso o un gendarme terribile.. ma un Dio che è persona ed è vicino, pieno di amore e di misericordia. La lavanda dei piedi, seguita dalla condivisione del pane e del vino sono i segni vivi di questo Dio. Tutto è cominciato con l'Incarnazione quando, in una povera stalla, Dio è diventato uno di noi. Durante tutta la sua esistenza terrena Gesù ha continuato a donare, senza trattenere nulla per sé. Ecco perché ha accettato, come ultima testimonianza di libertà e di amore, di offrire la sua vita, di donare il suo Corpo e il suo Sangue. Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine...".La mangiatoia, la croce, il pane e il vino. Nella povertà dei segni si manifesta l'onnipotenza dell'Amore!
Mons. Christian Kratz


DAL CICLOSTILE AL COMPUTER

Dal ciclostile al computer, i parroci si vanno organizzando
Molti dei sacerdoti della nostra Diocesi non lo nascondono. Grazie ai giovani della comunità, si stanno affacciando sulle nuove vie della comunicazione. Il computer inizia ad entrare nelle sagrestie, dove i clic e i bit rompono il silenzio delle storiche ed antiche stanze.
La strada della comunicazione via etere, che ancora è solo a livello informativo, è stata inaugurata su più fronti, senza una vera e propria progettualità.
L'universo cibernetico lascia spazio anche ai parroci, che hanno deciso di tentare l'avventura della tastiera e dello schermo. Tutti buoni e santi propositi, che nel grande contenitore di internet offrono approcci positivi e spirituali.
Le parrocchie della nostra Diocesi stanno tentando l'avventura delle rete, per gli stimoli offerti dalla stessa metropolia che sta sviluppando l'idea del sito web, visitato da oltre quindicimila utenti, ma soprattutto per il più convincente passaparola di chi si è già inserito nella rete.
Pioniere del web è stato il parroco di Altilia, don Franco Vercillo, grande appassionato di tecnologia. È stato suo il primo sito in Diocesi. Don Franco ha iniziato i rapporti con gli emigrati all'estero, offrendo loro pagine di storia locale e religiosa, inserendo nel sito riflessioni spirituali. documenti del Magistero e brani della parola di Dio. Un serio e minuzioso lavoro, aggiornato quasi quotidianamente che ha coinvolto i parroci dell'hinterland.
La cronologia della realizzazione dei diversi siti si va confondendo, per il nascere a macchia di leopardo di iniziative parrocchiali e associative, fino all'aprile duemila, quando nel Giubileo è stata lanciata l'idea "Chiesa in Rete" nell'Arcidiocesi bruzia.
Già alcune parrocchie hanno accolto l'invito, si sono collegate con il proprio sito o hanno chiesto all’agenzia che cura quello diocesano informazioni e aiuto.
Ma qual è la particolarità di un sito in parrocchia? Cosa richiede? Le prime cose sono la volontà di farlo e la costanza di tenerlo aggiornato, scoprendo sempre vie nuove per farsi raggiungere dagli utenti.
Ci vogliono anche piccoli investimenti. E sì, oltre l'acquisto di un buon PC, è necessario collegarsi in rete, realizzare le pagine. avere un dominio.
Passaggi graduali, quanto necessari, fino a far interagire il sito con gli utenti. In alcune comunità (Bisignano. Mendicino, ...) il parroco ha affidato il sito ai giovani della parrocchia perché venga aggiornato.
In molti casi è necessario che esso divenga, da contenitore di informazioni utili. luogo di incontro. simpatico e geniale, andando al di là della concezione troppo libraria che nel mondo di internet è subito rifiutata da un clic.
E.G. da "Parola di Vita "Rivista dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano