CONFERENZA EPISCOPALE CALABRA 

IO CREDO

1. Si sta compiendo il Secondo Millennio da quando Tu, Signore Gesù, coeterno Figlio del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, uscendo dal Tuo mistero celeste sei apparso sulla nostra terra di uomini. Atteso lungamente dai secoli, i profeti Ti avevano preannunziato "Figlio dell'uomo" (Dn 7,13-14). Sei stato, infatti, uomo come noi, condividendo tutto con noi, eccetto il peccato: gioia e dolore, entusiasmi ed angosce, riposo e lavoro, vita e morte.

2. Tu sei venuto nella carne, nel tempo, per tutti e per sempre. La nostra terra di Calabria ha accolto sin dalle origini, conservandolo sino ad ora, l'annunzio della Tua parola di vita, ed ha professato e professa la fede in Te. L'hanno vissuta, esemplarmente, i nostri Santi, i nostri monaci, i nostri martiri. Essa è stata accesa sul nostro cammino di popolo che, se pur provato, non si è mai piegato, proprio per la forza del Tuo Spirito.
La nostra terra, come fu la Tua, è povera ma bella. Le Tue parole sono state luce e sostegno ai passi dei nostri padri e sono, ancor oggi, la nostra speranza.Professando, integra, la fede in Te, come insegnata e trasmessa dagli Apostoli, alle soglie del Terzo Millennio, intendiamo confessarla, in comunione con la Chiesa universale, con i nostri pastori.
La confessiamo come adesione a Te, unico Signore e Maestro e per Te, nello Spirito Santo, al Padre. La confessiamo guardando in essa le nostre rughe, le nostre debolezze, le nostre stanchezze.
La confessiamo per il Giubileo, onde convertirci sinceramente a Te ed al Dio "vivo e vero" (1Tess 1,9) che ci hai annunziato e per ricordarci nel nostro cammino personale, ecclesiale, sociale.
La confessiamo, tutti, con cuore penitente: piccoli e grandi, uomini e donne, fedeli e pastori.
La confessiamo per la famiglia, per i giovani, per la scuola, per il mondo del lavoro, per la società civile e politica e per un volto più genuino delle nostre Chiese.
Intendiamo confrontarci, guardandoci come in uno specchio, con il simbolo della fede che ci hanno trasmesso gli Apostoli.
E così lo confessiamo:

3. Credo

Credo: Sul senso e la purificazione di questa affermazione si fonda, Signore, e si qualifica il nostro rapporto con Te, con gli altri, con la storia.
Ma quanta confusione a riguardo!
Essere credenti comporta un atto di libertà che si affida, si lega a Te.
La fede, è, infatti, un'alleanza di vita. Essere credenti è apertura alla Tua parola che viene dall'Alto e che deve essere ascoltata, accolta, compiuta, testimoniata.
Tu lo sai che, nella nostra terra, non di rado, non cerchiamo tanto Te, ma le nostre cose.
Cerchiamo protezione come un rifugio per le prove e non ci muoviamo per la grande avventura, come Abramo, per entrare nella "nuova terra" che Tu ci indichi (Gn 12,1).
Tu hai detto: "Se avete fede pari ad un granello di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là ed esso si sposterà e niente sarà impossibile"(Mt 17,20).
Noi abbiamo, invece, una storia che appare bloccata.
La nostra fede deve crescere, maturarsi, farsi vita ed impegno. Possa questo Giubileo purificarla ed accrescerla nell'ascolto interiore della Tua Parola, nell'accoglienza vitale del Tuo Spirito, in una sincera ed attiva partecipazione alla comunità ecclesiale ed in una presenza operosa nella nostra storia.
Solo così la nostra fede "è la vittoria che vince il mondo" (1 Gv 5,4). Il mondo, inteso come mondanità, è, in fondo, in ognuno di noi quando siamo chiusi, autosufficienti, disperati, calcolatori, ed è nella società quando si costruisce fuori di Te e senza di Te.

....... Dio Padre

Tu sei venuto, Signore Gesù, per rivelarci il Padre. Ce l'hai mostrato come immenso grembo d'amore, aperto a noi uomini che, da Lui, siamo conosciuti uno per uno, chiamati per nome, cercati quando ci allontaniamo, attesi con misteriosa pazienza purché ci apriamo a Lui.
Noi, in Calabria, dobbiamo scoprire di più il Tuo e nostro Padre. Ti chiediamo come l'Apostolo Filippo: "Mostraci il Padre e ci basta" (Gv 14,8).
Siamo, talvolta, orfani di tanto amore (Gv 14,18) quando scappiamo dal Padre come il Figliol prodigo della parabola e, smarriti, lasciamo il "buon pane di casa" per le carrube dei venditori ingannevoli (Lc 15,46).
E quando non vediamo Dio come Padre c'inventiamo i padroni, ci consegniamo ai maghi, abbiamo paura dell'occhio degli altri, non assumiamo la nostra vita come una trama d'amore, non cogliamo le prove come correzione e ci lasciamo imprigionare dal freddo fatalismo che, diffusamente, chiamiamo destino.
Senza il Padre, che Tu ci hai rivelato, non siamo liberi e, quindi, senza iniziativa; non siamo eredi e, quindi, senza futuro; non siamo fratelli e, quindi, disgregati.
Credere al Padre ci chiede una religione nuova, non quella della formalità ma quella del cuore, non quella dei miracolismi o dei sensazionismi emotivi, delle apparizioni o visioni, spesso cercate, se non inventate, ma quella. del sì all'Amore, dell'esperienza interiore in spirito e verità.

...... onnipotente

Crediamo in Dio Padre onnipotente che si dona come forza d'amore e di verità alla nostra debolezza. La Tua onnipotenza, o Padre, è per noi, principio di ogni possibilità, di ogni rinascita, di ogni rinnovamento.
Noi siamo, spesso, rassegnati o sognatori, non assumendo la vita come risposta al continuo dono del Tuo amore forte e fedele.

..... creatore del cielo e della terra

Crediamo, o Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che il mondo è opera delle Tue mani e sappiamo che "grande è il Tuo nome su tutta la terra" (Sal 8,2).
Noi, nella nostra terra, cogliamo che sei provvidenza, che "sazi la fame di ogni vivente", che sei splendore di bellezza.
Ti ringraziamo che ci hai dato una regione meravigliosa. E incantevole il nostro mare, il nostro cielo, i nostri monti, sono gustosi e vari i frutti della nostra terra.
Possiamo così benedirti, come Francesco, il poverello d'Assisi, che si estasiava di fronte al creato.
Grazie dell'opera tua sulla Calabria. Donaci di saperla accogliere e sviluppare.
I nostri occhi stupiti non addormentino le nostre mani che devono essere operose per portare a frutto i tuoi doni.
Ti riconosciamo creatore, come principio di tutte le cose visibili ed invisibili e come ordinatore del cosmo. La fede in Te, Padre creatore, abbia come risposta l'impegno a vivere l'ordine delle cose: rispetto della natura, della vita ed anche l'ordine del vivere sociale.
Dobbiamo saperci organizzare nel vivere insieme, rispettare le leggi giuste, costruttrici secondo l'etica della partecipazione perché il mondo da Te fatto bello sia anche armonioso nello scambio delle nostre libertà.

5. ...in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore

Confessiamo che Gesù è "immagine del Dio invisibile" (Col 1,5), è vero Dio e vero uomo. Egli che era "in principio presso Dio" (Gv 1,2) "venne ad abitare in mezzo a noi" (ib 14); ed, essendo Figlio unigenito che è nel seno del Padre, ce lo ha rivelato.
Confessiamo che Dio, in Gesù, è entrato nell'uomo. Egli, unigenito del Padre, è diventato così "il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29), perché il Padre ci ha predestinati "ad essere conformi all'immagine del Figlio suo". Noi, in Gesù, siamo "partecipi della natura divina" (1 Pt 1,4).
Confessiamo, ancora, che Dio, in Gesù è entrato nella storia umana perché tutto sia riconciliato, elevato ed orientato alla vita eterna.
Questo progetto di Dio, che ci ha scelti prima della creazione del mondo ad essere per opera di Gesù "suoi figli adottivi" (Ef 1,5), si attua come fu in Maria, se c'è il nostro sì, "se confessiamo con la bocca che Gesù è il Signore e crediamo con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti" (Rm 10,9).
Noi, purtroppo, non sempre vediamo e viviamo Te, "Dio con noi" e Ti sentiamo, talvolta, assente, lontano, vago.
Ancora siamo prigionieri di una storia che consideriamo maledetta, irreversibile. La Calabria deve trovare, lo sappiamo, liberazione in Te, in una storia che soffre, sì, le doglie del parto ma che porta il germe della Pasqua.
Cerchiamo, spesso, Te, volendo uscire dalla storia e non Ti sappiamo incontrare nella vita quotidiana, in noi, in ogni uomo, nell'umano.
Siamo disincarnati e quindi, smarriti.

6... il quale fu concepito di Spirito Santo nacque da Maria Vergine

Tu, Signore Gesù, sei nato da una Vergine ed in Lei sei stato concepito per la potenza d'amore di Dio. Questo amore, donandosi a noi in una carne umana, ha avviato in una donna, sorella della nostra umanità, la nuova fecondità dall'Alto cercando da Lei la totalità della risposta.
Lo sappiamo, Signore che solo in una fede matura si può comprendere che non è la sola forza umana se non in quanto collaborante, come in Maria, a farti venire nella nostra vita.
Come Chiesa, tutti, dobbiamo essere più vergini, cioè meno fondati sulle nostre forze, sui nostri apparati, sul nostro efficentismo ed essere più disponibili ad accogliere Dio nel silenzio.
Siamo, purtroppo, mondani in tante manifestazioni: nelle nostre feste, nella ricerca di apparire, nella frenesia di possedere, di costruire e non siamo, come Tu vuoi, "terreno vergine" che è fecondo in misura che accoglie il Tuo dono.
Ti chiediamo, Signore, in questo Giubileo, di farci capire di più Tua Madre che ci hai donato come nostra Madre, la dolcissima Maria.
La Calabria sente molto la Madonna. Le diamo tanti nomi, espressioni del nostro affetto, Le facciamo tante feste, ci esaltiamo di fronte a Lei come di fronte al sogno di ciò che noi non siamo.
Ma Tu e Tua Madre non volete tanto questo. Oltre l'invocazione per essere protetti, e ne abbiamo tanto bisogno, volete la conformità della nostra vita alla Parola di Dio.
Maria, Tua Madre, sia per noi modello di vita nell'ascolto della Parola, nella risposta generosa e nello spirito di servizio.
Come nei confronti di Maria, Tua Madre, confessiamo, Signore, che dobbiamo, egualmente, impostare bene la devozione ai Santi, che non sono miti, racconto di fantasia popolare, ma uomini pienamente salvati, nostri intercessori e nostri modelli.
La devozione senza la santità del cuore ci aliena, può ridursi ad una ricerca di protezione e non essere cammino di vita.
Tu vuoi la santità, cioè l'Amore e la verità, in ognuno di noi.
Dobbiamo, in Calabria, essere non euforici ma concreti, non festaioli ma festivi nel cuore, non episodici ma costanti.

7... patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli interi;
il terzo giorno risuscitò da morte
C'è, Signore, in queste parole il cuore del Tuo mistero, quello che chiamiamo il mistero pasquale. "Sei venuto per questo: per offrirti, Agnello mansueto, senza aprire bocca, in mano a noi tosatori" (At 8,32).
Ti sei offerto liberamente come vittima per il peccato del mondo. Hai mostrato così un amore a noi impensabile: "dare la vita" (Gv 15,13).
Ed è questo l'amore più grande, come Tu hai detto.
E, morendo per tutti, donato per sempre, hai sofferto in una situazione storica, quella del tuo contesto religioso-politico.
Confessiamo, noi, popolo di Calabria, che nella Tua croce siamo soliti trovare come una nostra identificazione.
Ma dobbiamo confessare che la nostra religiosità ci fa guardare la croce, non di rado, come uno scandalo. Cerchiamo di esorcizzarla, di evaderla. Spesso cerchiamo tutti i pretesti per vivere un vittimismo egoistico; cerchiamo tutte le spiegazioni e non sappiamo dire che nel dolore ci sei Tu, Tu che vieni, che ci associ al mistero della salvezza.
Non c'è più la nostra morte perché c'è stata la Tua. Tu l'hai vinta per noi sconfiggendola alla radice, il peccato, che è la rottura con Dio e che c'impedisce, anche, di essere riconciliati con gli altri, con la vita, con il futuro. Tu, sulla croce non sei uno sconfitto, ma un donato, anzi il dono supremo, il perdono definitivo.
I tuoi chiodi sono la nostra libertà, il tuo sangue il nostro lavacro, il legno su cui sei stato disteso ed elevato la zattera della salvezza nel naufragio del mondo.
All'origine, dall'albero della disobbedienza venne la morte, dall'albero della tua croce venne la vita, per sempre.
Tu, sepolto, scendesti agli inferi per indicarci l'at-tesa gestante della vita che nasce come il fiore da un seme nascosto.
Tu sei risorto. Questo è il cuore della nostra fede. Tu hai vinto la morte e noi, poveri credenti, gridiamo: Alleluia!
Noi, non leghiamo sempre la croce alla risurrezione. La nostra sofferenza è, per questo, sciupata perché non accolta, non offerta.
In Te, Risorto, tutta la nostra vita deve risorgere. Tutto è per la vita.
La vita non è per la morte. Saremmo dei falliti. La morte è stata redenta ed è per la vita. Siamo risorti se veramente con Te siamo partecipi ad una "morte simile alla Tua" (Rin 6,5), a vivere, cioè, il dolore non come condanna ma via di purificazione e prezzo da pagare per vincere il peccato del mondo.

8. ...salì al cielo, siede alla destra del Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi ed i morti
La nostra patria è nei cieli. Sulla terra, si dice in Calabria, siamo di passaggio. Ed è vero. Dovremmo pensare, agire, vivere la fase terrena della nostra esistenza senza assolutizzare niente e nessuno. Tutto vale solamente nella luce dell'eternità, e fuori di essa nulla ha valore.
Sulle nostre delusioni, Signore, brilli per la Calabria la speranza di un futuro migliore
Tu ci hai preparato un posto e ci hai, fin d'ora, assegnato un ruolo nella vicenda umana.
Dobbiamo liberarci, per questo, dalla tentazione diffusa del fallimento. Tu ci guardi, ci accompagni, ci liberi continuamente e ci attendi.
Tu verrai a "giudicare" il mondo alla fine dei tempi. Tutto sarà ricomposto e restituito a verità. Sappiamo, come ci hai insegnato nella parabola del ricco gaudente (Lc 16,19-31), che il vestito della storia sarà rigirato e scopriremo che Tu, Prima ed Ultima Parola, hai scritto, pur su tanti nostri grovigli, la nostra salvezza.
Questo ci consola nel nostro anelito di giustizia che, sulla terra, rimane insoddisfatto.
Ma tu giudichi anche ora. Il tuo giudizio è verità ed amore.
Donaci, in Calabria, di saper cogliere i nostri problemi in Te, di non farci ingannare da falsi modelli, né di turbarci quando gli altri, la stampa, ci giudicano esasperando, timbrandoci di malavitosità, come se il nostro codice genetico fosse di uomini selvaggi.
Concedi anche a noi la saggezza del cuore e la forza per non giudicare.
È molto diffuso da noi un vecchio peccato: siamo stranamente accusatori distruggendoci reciprocamente, non sapendo godere del bene altrui, prigionieri della critica che disgrega.
Il Grande Giubileo lo vogliamo vivere come tuo giudizio sulla nostra vita, sulla nostra storia. Di fronte a Te tutto è nudo (Eb 4,13). Non possiamo nasconderci. La Tua Parola ci raddrizzi, ponendoci, fin da qui, nel regno dei vivi, dei risorti in Te.

9. Credo nello Spirito Santo

Tu, Signore Gesù, ci hai promesso lo Spirito Santo esclamando, nel gran giorno della festa, ad alta voce: "Chi ha sete venga a me e beva; chi crede in me, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno" (Gv 7,37).
Il Vangelo, infatti, commenta: "Questo disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in Lui" (ib 38).
Lo Spirito è l'Amore del Padre e del Figlio che è stato riversato nel cuore dell'uomo, nella vita della Chiesa, nella storia del mondo.
Questo Amore è il principio ed il compimento della salvezza. Viene nel segno del vento impetuoso che porta la potenza di Dio, del fuoco che purifica e riscalda.
Lo Spirito Santo è il Signore e dà la vita. Noi tutti siamo stati battezzati nello Spirito Santo. Siamo, così, generati alla vita di Dio e dobbiamo camminare ed agire secondo lo Spirito.
Lui ci conduce alla "verità tutta intera" (Gv 16,13).
Lui ci dona la vera libertà dei figli di Dio (2 Cor 3,17:
Lui è la carità che unifica e la consolazione che sostiene.
Riconosciamo che in Calabria la fede nello Spirito Santo deve essere più coltivata e vissuta.
Confessiamo che abbiamo bisogno di aprire di più allo Spirito Santo perché in noi nasca l'uomo nuovo che deve maturarsi in uomo interiore, ecclesiale, sociale.
Si! Uomo interiore. Dio è dentro di noi. Non dobbiamo lasciarci prendere dalle esteriorità ma ritrovare Dio nell'intimo, ascoltarlo nella coscienza ed adorano "in spirito e verità" (Gv 4,23).
L'uomo ecclesiale è l'uomo della comunione e perciò impegnato nel superare ogni soggettivismo, le divisioni, che sono ovunque e, talvolta, anche nei gruppi ecclesiali.
L'uomo secondo lo Spirito si apre all'ampiezza di tutta la Chiesa; non traduce la Chiesa nel suo gruppo ma viceversa, sentendolo, quale è, un frammento dell'unica Chiesa.
Lo Spirito ci fa sociali, aperti a tutti ed al tutto dell'uomo, eccetto il male. Ci fa uomini del dialogo, capaci di superare ogni intolleranza, il vezzo distruttivo della critica e la chiusura del ghetto. E ci fa capaci di raccogliere i frammenti di Dio ovunque sono presenti: in tutte le religioni, in tutte le culture ed in tutte le ricerche umane, ben sapendo che lo Spirito rompe tutte le barriere ed accoglie e feconda i germi di verità ovunque sparsi, perché fioriscano nella sincerità.

10. ...la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi

La Chiesa è nostra madre, è il grembo dove è spuntato e dove cresce il germe della vita di Dio in noi.
La Chiesa è il sacramento, cioè il veicolo dell'opera di Dio. È mistero di unità, madre di santità, respiro di universalità. È guidata dallo Spirito attraverso il ministero dei pastori ed il servizio di tutti.
È la comunione dei santi, per cui l'uomo, in Cristo, ha gli orizzonti di Dio, il legame con il cielo, la fraternità nel tempo ed oltre il tempo.
I santi del cielo sono nostri fratelli, nostri intercessori e grande richiamo ad una vita autenticamente spirituale.
In Calabria dobbiamo uscire dalla Chiesa del culto ed entrare nella Chiesa della comunione e della missione. In essa dobbiamo trovare tutti il nostro posto, la nostra responsabilità.
La Chiesa vive, per nostro mezzo, ovunque c'è I' uomo: nella famiglia e in tutte le altre realtà sociali.
Dobbiamo rispettarci l'un l'altro come dono di Dio. Dobbiamo vedere i pastori come successori degli Apostoli e guide che servono la comunione ed orientare la nostra libertà di figli di Dio nello scambio dei doni per l'edificazione del Regno.
Non possiamo più guardare i nostri preti, come talvolta avviene, emotivamente, dimenticando che la loro vita verginale è donata, totalmente, nell'obbedienza al Regno di Dio.
Dobbiamo, Signore, convertirci dallo spirito di critica a quello dell'edificazione reciproca, dall'atteggiamento della richiesta a quello della collaborazione.
Essere nella Chiesa vuol dire amarla, sentirla in noi, seguirla nell'ascolto del Magistero, in unità di fede, di preghiera, di disciplina.
La disciplina che, oggi, diffusamente, manca, non è osservata per l'illusione che sia una prigione dello Spirito. E, invece, una custodia dello Spirito, Tu ce lo insegni.
Tu, donandoci la legge dello Spirito, sei venuto a liberarci dal legalismo eppure ti sei sottomesso alla legge.
La Tua stessa grazia ci è data, nello Spirito Santo, per obbedire alla legge.

11... la remissione dei peccati

"Agnello di Dio che togli i peccati del mondo abbi pietà di noi". Il mondo è impastato nel peccato che è il vecchio lievito (1 Cor 5,7).
Tu, nostra Pasqua, immolato per noi (ib. 8) ci hai fatto pasta nuova.
Hai pronunziato la parola che ha suscitato scandalo: "Ti siano rimessi i tuoi peccati" (Mt 9,2). Ti hanno detto che bestemmiavi. Eppure questa è la parola attesa da tutti e che Tu solo hai potuto dire. E la parola definitiva che libera, rigenera, salva l'uomo e la storia.
Tu, Risorto, la sera del giorno definitivo inaugurato dalla Tua Pasqua, apparendo, ripetesti sulla Chiesa apostolica l'alito creativo delle origini: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi ed a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20,22-23).
Tu perdoni, ognuno e tutti e sempre. Sì! Tu sei continuo dono, e, quindi, perdono.
In Calabria dobbiamo credere al nuovo del perdono, scambiandocelo l'un l'altro, anche in situazioni gravi, talvolta urtanti.
Tu hai risposto a Pietro che ti domandava quanto volte si deve perdonare al fratello: "Non dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette" (Mt 18,22), cioè sempre, inesauribilmente.
Il perdono è, infatti, l'inesauribilità dell'amore, la sua continua novità.
La Calabria deve coltivare il perdono perché esperimenta, come ogni parte della terra, il peccato.
Perdonaci, Signore, i nostri peccati: l'odio, le gelosie, le dimenticanze degli altri, l'indifferenza, l'incoerenza nel rapporto con Te.
Perdonaci i peccati dell'orgoglio, della carne, dell'avarizia.
Perdonaci i peccati contro la vita, contro le persorie, le donne, i bambini, tutte le violenze.
Perdonaci l'idolatria del danaro, l'intrigo dell'affare, le ingiustizie del clientelismo.
Perdonaci i peccati contro la pace: nella famiglie, nella vita politica ed anche nella Chiesa.
Perdonaci i peccati contro la giustizia: gli squilibri sociali, le disattenzioni ai poveri, ai lavoratori, e a chi è solo.
Perdonaci lo stile del sopruso, della mafiosità.
Perdona gli omicidi di mafia.
Senza il Tuo perdono siamo inghiottiti in un gorgo di male.
Ma, Tu, doni sempre la vita.
Facci credere che il nostro futuro non è, primariamente, in crescite strutturali, sociali, economiche, ma nella novità del cuore, in ognuno ed in tutti, accogliendo e donando perdono.

12. ...la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen

In questa ultima formula della fede espressa dal simbolo detto degli Apostoli, è contenuto l'Amen definitivo, dell'uomo e di tutta la storia.
Nell'Apocalisse Tu ci dici una parola misteriosa e luminosa: "Io sono l'Alfa e l'omega, colui che e, che era e che viene" (Ap 1,8).
Tu sei venuto, vieni e verrai.
Hai detto "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno" (Gv il,24).
Come a Maria, sorella di Lazzaro, Tu domandi a noi in Calabria: "Credete voi questo?" (ib 26).
Abbiamo, in Calabria, molto lutto, senso della sconfitta, del fallimento.
La nostra fede, talvolta intimista, non si fa speranza. La speranza cristiana si fonda sulla Tua vittoria sulla morte.
Come dovremmo conservare, nel nostro cuore, questa parola che è la grande freccia del futuro non solo prossimo, ma ultimo: "E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né affanno, né lamento, perché le cose di prima sono passate" (Ap 21,4)!
La morte è stata vinta. Mentre la vita terrena passa Tu vieni, e vieni come Amen, cioè abbraccio definitivo e totale.
Dobbiamo credere che nulla è inutile, che il dolore sarà eliminato, che le prove cesseranno e, dopo le tempeste, approderemo al porto della vita.
Dopo questo esilio ci mostrerai il Tuo volto. RIsorgerà la carne, cioè l'uomo, nella sua totalità. Ci sarà una "nuova creazione" (Mt 19,28). Come siamo nati nel tempo, in questa terra, al dolore, nel peccato, così saremo generati, come ultimo atto del Tuo amore pasquale, alla vita eterna.
Si compirà l'amore in tutti i suoi sforzi, si attuerà la pienezza oltre i nostri limiti.
Ci saranno "cieli nuovi e terra nuova" (Ap 21,1).
Questa attesa, però, non ci deve disimpegnare nel cammino del tempo.
Anzi, noi sappiamo che la nuova creazione sarà la "risurrezione della carne".
Tutto ciò che, ora, "è seminato nella corruttibilità, risorgerà incorruttibile" (1 Cor 15,42).
Donaci, Signore, in Calabria di non essere rassegnati, di non fuggire la situazione del presente rifugiandoci nel dopo che verrà.
La nostra Calabria Ti dice, oggi: Amen per dirtelo "nell'ultimo giorno" nel quale da Oriente ad Occidente, da Settentrione a Mezzogiorno siederemo, per Tua grazia perdonante con tutti gli uomini, di tutti i tempi e di tutti i luoghi alla mensa universale del Tuo Amore (Mt 8,11).
Tu, ora, ci dai il pane del sostentamento e della Tua volontà, ci darai, alla fine, non più la fame ma la sazietà.
Tu, allora, Signore del tempo, sarai la pienezza di ogni nostra aspirazione, come, ora, Signore dell'eternità, sei il sostegno ai nostri provati passi umani "Vieni Signore Gesù" (Ap 22,20).
Vieni nell'ora del compimento e vieni nell'oggi del nostro tempo. Se Tu non vieni, "da chi andremo?" (Gv 6,68).
Tu rispondi: "Ecco verrò presto" (Ap 22,20).