Mi hai chiamato: eccomi
Giuseppe Agostino
Arcivescovo di Cosenza-Bisignano


INDICE
La Messe è molta, gli operai sono pochi (Mt. 9,37)
Senso di questa Esortazione Pastorale     Gli operai sono pochi    Le molte attese
Il quadro vocazionale della nostra Arcidiocesi     Aprirsi ad un futuro di speranza
I terreni della nostra coltivazione
Quanti sperano nel Signore mettono ali come aquile (Is. 41,31)
Quali vocazioni sognare?    Quale immagine di prete per la nostra Chiesa?
Il diaconato permanente  La vita consacrata e religiosa     I laici nella Chiesa e nel mondo
Abbiate i medesimi sentimenti (Rom. 12,16)
Quale impegno  Il Seminario    Quale Seminario
Le ragioni per riaprire il Seminario Minore     Conclusione


La Messe è molta, gli operai sono pochi (Mt. 9, 37)

1. Senso di questa Esortazione Pastorale

Questa lettera che scrivo a tutti i membri della Chiesa Cosentina-Bisignanese è una confidenza sofferta, ma aperta a speranza "nel Dio capace di suscitare figli di Abramo dalle (nostre) pietre" (Mt. 3, 9). Intendo considerare con voi, di fronte al Signore, alla Chiesa, alla storia, il grave problema delle vocazioni nella nostra Chiesa di oggi, con particolare attenzione a quelle al ministero "ordinato", specie al presbiterato, tenendo, comunque, presente che l'annuncio vocazionale é rivolto a tutti perché "ogni battezzato deve essere aiutato a scoprire la chiamata che, nel progetto di Dio, gli é rivolta e a rendervisi disponibile" (Giovanni Paolo Il). Fra l'altro, mi preme rispondere a quanto il Sommo Pontefice mi ha scritto nella bolla di nomina ad Arcivescovo di questa Diocesi, nella quale mi sollecita ad "adempiere il nuovo ministero sollecito particolarmente delle vocazioni sacerdotali", perché dalla soluzione di questo problema dipende largamente anche la soluzione del problema della altre vocazioni di speciale consacrazione e non solo di esse.

2. Gli operai sono pochi

Il Vangelo di Matteo registra, a riguardo, un sentimento ed una parola di Gesù che sono attualissirni. "Al vedere le folle affrante e abbandonate a se come pecore senza pastore, fu preso da pietà. Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate perciò il padrone della messe che mandi operai nella sua messe" (9, 36-38).

3. Le molte attese

Abbiamo dinanzi "molta messe": la vastità della nostra Diocesi, la densità dei problemi, le insistenti e molteplici attese, le ineludibili richieste del pane della verità e della vita da parte dei bambini, dei giovani, degli adulti, uomini e donne. Ci ritroviamo, a nostro modo, nella descrizione di Amos, il mandriano, profeta forte e sofferente che osserva, nel suo tempo, la conduzione consumistica e permissiva del Regno. Dice: "Ecco, giorni stanno arrivando, oracolo del Signore Dio, in cui manderò la fame sulla terra, non fame di pane nè sete di acqua bensì di ascoltare le parole del Signore. Andranno barcollando da mare a mare e vagheranno da settentrione ad oriente per cercare la parola del Signore, ma non la trovarono".

4. Il quadro vocazionale della nostra Arcidiocesi

Vi presento la situazione realistica della nostra Diocesi relativa ai preti, ai diaconi ed alle vocazioni di speciale consacrazione.
Partendo dai dati relativi al 31 gennaio 1999, analizzo l'ultimo decennio.
a) La nostra Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, unificata, nel territorio attuale con il decreto "Quo Aptius" della Congregazione per i Vescovi (Prot. 907/86 del 30/09/1986), ha una superficie di 2.626 Kmq, ed una popolazione di 374.200 abitanti.
Attualmente è divisa in cinque zone pastorali, a loro volta suddivise in 16 settori.
b) Le parrocchie sono 123. Tale numero nasce
dalla riduzione di esse, operata dal mio predecessore, Mons. Dino Trabalzini, nell'anno 1986.
Prima della suddetta riforma erano 201.
c) I preti dell'Arcidiocesi attualmente sono 130. Di essi 16 sono in quiescenza, avendo lasciato per età il loro servizio pastorale attivo e tre operano in altre diocesi. In attività vi sono, quindi, 111 presbiteri. Nell'ultimo decennio sono stati ordinati 31 preti diocesani, così suddivisi per anno.
5 nel 1989;   7 nel 1990;  2 nel 1991;  2 nel 1992;  8 nel 1993;  nessuno nel 1994;  4 nel 1995;
nessuno nel 1996;  nessuno nel 1997;  3 nel 1998;
Dal 1991 ad oggi sono morti 31 sacerdoti.
d) i seminaristi, studenti in teologia, sia nel biennio filosofico che nel quadriennio teologico, attualmente sono 7.
Nel seminario minore di Cosenza, compreso quello detto propedeutico sono, appena, 4.
e) 1 diaconi permanenti, attualmente, Sono 12, di cui
9 uxorafi,  3 non uxorati.
La loro età è così catalogabile:  2 dai 30 ai 40 anni,  2 dai 51 ai 60 anni,  4 dai 61 in su.
Sono di attività:  impiegatizia 5,  professionali 2,  pensionati 4,  disoccupati 1.
Sono tutti impegnati in attività pastorali (in parrocchia o diocesi).
Vi sono 22 aspiranti al diaconato.
f) I religiosi e le religiose operanti nella nostra Arcidiocesi sono attualmente:
religiosi 138,  dei quali 41 in cura d'anime (parrocchie, rettorie, ecc.)
religiose 442.
Case dedite all'attività educativa 33;  case dedite all'attività caritativa 27;
case dedite all'attività pastorale 24;  case di vita contemplativa 1.
g) I religiosi e le religiose originari della nostra Arcidiocesi, operanti nella Chiesa, sono:
religiosi 104  di vita contemplativa 3, di vita attiva 101;
religiose 493  di vita contemplativa 7 di vita attiva 486

5. Aprirsi ad un futuro di speranza

Il realismo di questi dati non è per deprimerci ma, anzi, per aprirci, nella fede1 a speranza, ben sapendo che Gesù, il Signore della Chiesa è "colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare" (Bf. 4,22).
Non dobbiamo farci "pressare" dalle urgenze ne metterci nell'atteggiamento del reclutamento. Ogni vocazione è dono. Il Signore dice: "Io vi prenderò uno da ogni città e due da ciascuna famiglia e vi condurrò a Sion. Vi darò pastori secondo il mio cuore, i quali vi guideranno con scienza ed intelligenza" (Ger. 3, 14-15).
La chiarezza della rivelazione che sottolinea la misteriosa libertà di Dio che sceglie, che dona secondo il suo cuore, ci fa cogliere che le vocazioni ci sorpassano, non sono nelle nostre forze, pur se sono nella nostra fede. Si può dire che le vocazioni oltre che essere "dono" sono anche prova di Dio. La crisi delle vocazioni è una grande purificazione che interpella seriamente tutti. Le vocazioni sono verifica del dono di una Chiesa che è chiamata ad essere accogliente l'opera di Dio, ma che deve aprirgli le vie per il suo continuo dissodare i terreni perché possano essere accolti i semi della Parola che sono sempre fecondati dall'acqua viva dello Spirito.
Noi non possiamo "donare", la vocazione, possiamo indicarla, proporla. Il nostro compito di Chiesa, di fronte alle vocazioni è duplice: la preghiera e la preparazione delle vie del Signore.
Così ci ha detto il Signore. Nel testo sopra citato (N 9, 38) siamo esortati esplicitamente a pregare perciò il padrone della messe mandi operai alla sua messe. Di fronte alla messe siamo chiamati servi, operai. L'altro atteggiamento richiestoci è nella linea del precursore, Giovanni, che va "innanzi al Signore a preparargli le strade" (Luca 1, 16), che è impegnato preparare al Signore un popolo ben disposto" (Luca 1, 17).

6. I terreni della nostra coltivazione
Ci domandiamo, ora, quali sono i terreni da coltivazione sui quali i semi delle varie vocazioni possono allignare.
Li riassumo in cinque spazi:
1) Essere Chiesa orante. Cardine di tutta 1 pastorale vocazionale é la preghiera.
Pregare è aprirsi al Signore, fidarsi di Lui, appoggiarsi a Lui. È superamento dell'efficientismo, dell'attivismo. È ritrovarsi nell’interiorità che non è l'intimismo, ma la coltivazione della comunione con Dio che ci purifica, ci ricarica e ci pone sulla bocca la Parola vera. Noi ben sappiamo che la "bocca parla dall'abbondanza del cuore" (Mt. 12, 34).
Per una Chiesa che si apre alla preghiera dischiudono i confini dell'impossibile. "Tutto è possibile per chi crede" ha detto Gesù (Mc. 9, 23).
2) Essere Chiesa che mostra. La testimonianza è l'annunzio vitale del Vangelo. Gli annunziatori sono più ascoltati quando sono anche testimoni. Il Vangelo indica la valenza di ciò che si fa vedere quando ci esorta a "far luce su tutti quelli che sono nella casa" (Mt. 5, 15). E prosegue (5, 16): "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perciò vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli".
Nel descrivere le prime chiamate, o vocazioni, il Vangelo di Giovanni sottolinea una illuminata risposta di Gesù alla ricerca interiore di due dei discepoli di Giovanni. Alla loro domanda "Maestro, dove abiti?" Gesù dice "venite e vedete" (G~ 1,39). Filippo si esprime alla stessa maniera di Natanaele: "vieni e vedi" (Gv. 1, 46). La proposta vocazionale è veramente forte quando è invito a "vedere" e quando realmente fa "vedere" ciò che propone. La Chiesa, sempre, evangelizzando, dovrebbe poter dire: "venite e vedete". Concretamente, un prete, oltreché annunziarlo, fa vedere chi è un prete. Egli chiama, attira con la sua vita. Un prete significante è un richiamo vocazionale mentre un prete insignificante è contro testimonianza e, ordinariamente, veicolo di opacità.
E questo vale per tutte le vocazioni. Oggi bisogna sapere essere provocanti in fronte alla ricerca interiore dei giovani e delle giovani. Se siamo spenti non siamo attraenti. Se siamo tristi siamo deprimenti.
Ritengo di poter dire che, ordinariamente, un prete, un religioso, una religiosa, un laico impegnato chiamano e gestano un altro prete, un altro religioso e così via.
3) Una parrocchia è grembo di tutte le vocazioni quando è veramente comunità. La Chiesa non può essere ridotta al solo culto, ad una aggregazione di taglio socio-psicologico. Tutto nella Chiesa, anche i servizi, deve fluire da una esperienza di comunionalità. La comunione nasce dalla Parola e dagli Eventi sacramentali e fa si che ognuno, mosso dall'alto, scopra il suo volto e la sua identità in essa, ed in tale scoperta c'è l'embrione della vocazionalità.
Se ci riduciamo ad offrire servizi del sacro, spesso episodici, e non c'è la maturazione del riconoscersi tra di noi conoscendo Gesù, del chiamarci per nome nel Suo nome, non c'è il terreno della propria identità vocazionale. Una parrocchia che non è comunità è amorfa. Nella massa alligna solo l'anonimato.
Una parrocchia viva incontra ognuno e tutti e si apre al tutto dell'uomo. Ha, in conseguenza, una pastorale degli adolescenti e dei giovani. In questo dinamismo di convocazione, di accogliente e di paziente e graduale formazione c'è il terreno delle vocazioni.
Il vuoto di certe parrocchie lascia i giovani soli e quindi senza volto e non li aiuta a riconoscersi di fronte a Dio, agli altri, alla vita.
4) Una Chiesa che abbia il suo spazio "domestico" nella "piccola Chiesa" che è la famiglia.
La famiglia, si dice, ben fondata mente, è il seminario di tutte le vocazioni. Questo significa che se la famiglia è pastoralmente seguita ed è luogo di esperienza e di trasmissione di vita cristiana, apre i giovani alla risposta della vita, educa all'impegno ed è spazio indicativo, incoraggiante di vocazione. L'orientamento educativo di una famiglia cristiana è la prima segnaletica vocazionale. Incoraggio i genitori a pregare il Signore onde sappiano guidare i loro figli a trovare la strada della loro vita e sappiano capire, o meglio, domandare la grazia di avere un figlio ed una figlia totalmente donati al Signore.
5) Una Chiesa che sappia proporre le vocazioni. "E' quanto mai urgente che si diffondi e si radichi la convinzione che tutti i membri della Chiesa, nessuno escluso, hanno la grazia e la responsabilità della cura delle vocazioni" (Pastores dabo vobis, 41). E mia impressione che l'impostazione della pastorale non rimarca la dimensione vocazionale, che é dimensione costitutiva ed essenziale della stesse pastorale ordinaria, perché la pastorale é fin dagli inizi, per sua natura, orientata al discernimento vocazionale. E' questo un servizio reso ad ogni persona affinché possa scoprire il cammino per la realizzazione di un progetto di vita come Dio vuole, secondo le necessità della Chiesa e del mondo di oggi. C'è, diffusamente, uno strano pudore, che in fondo è una tentazione, di non "proporre" talvolta neanche in terreni disposti la strada delle vocazioni di speciale, lasciando i giovani e le giovani nel vago, nell'indefinito. Invece, orientare alla vita come risposta, dono, generosità è proprio della catechesi e della direzione spirituale. La riscoperta della direzione spirituale è il primo grembo delle vocazioni.
Il Signore ci ha mandati ad incontrare l'uomo, a saperlo attendere, a dargli credito.

II - Quanti sperano nel Signore mettono ali come aquile (is. 41,31)

7. Quali vocazioni sognare?

C'è esigenza urgente di vocazioni, specie al presbiterato, non è affatto, o comunque, primariamente, un problema di numero di preti quanto di "nuova qualità". Cosa intendo dire? E ovvio che il prete, il religioso, la religiosa, i laici nel loro "mistero" sono sostanzialmente sempre identici, anzi, debbono identificarsi continuamente, nel "perenne" progetto divino. Ma, appunto perché sono nel segno del "perenne", debbono essere sempre "nuovi". Non cambia l'essere del prete ma il "modo" di essere, non muta l'essenza ma la sua incarnazione esistenziale e storica. E’ su questa intuizione dovremmo pensare un nuovo modo di fare seminario, di nuove vie per una pastorale vocazionale. E’ il problema urgente di questo momento storico della attualizzazione della fede con nuovi linguaggi, con nuovi volti. Cosa sognare, allora, sulle varie vocazioni?

8. Quale immagine di prete per la nostra Chiesa?
Il prete di oggi, certamente, non è il prete "mondanizzato", "camuffato", il prete che per convertire il mondo si converte al mondo.
Ci sono ricorrenti non poche sfasature nel modo di essere di alcuni preti. Alcune sono, anche se rare, particolarmente urtanti ed, a riguardo, c'è bisogno di tanta purificazione.
Mi riferisco al prete "mestierante" che cerca il suo comodo, i suoi soldi o al prete "familista", che non trova sicurezza in l)io che gli dona una famiglia nello spirito ma che si ripiega in quella della carne e che coltiva i suoi affetti riduttivamente, non dilatando d cuore all'ampiezza della carità divina.
Al di là di queste palesi sfasature c'è inoltre il rischio del prete "tutto fare", assorbito nella complessità dei problemi ma che sfugge la sua specificità. E’ lo stesso vale del prete manager, costruttore, organizzatore o più sottilmente il prete cosiddetto del "sociale", dell'antimafia, dell'antiusura e così via.
Questi comportamenti sono apprezzabili ma non qualificano la sua identità. Le attese sul prete sono ben diverse.
Oggi è richiesto il prete "uomo di Dio" sacramento personale di Cristo, che perché tale è veramente donato agli uomini, con l'animo del sevo, "nelle cose che riguardano Dio" (Ebrei 5, 1).
Il volto atteso del prete, oggi, è quello radioso dalla luce di Dio, come Mosè quando scese dal monte (Es, 34, 30) ma incarnato o piagato nelle situazioni, come presenza crocifissa, salvifica, liberante perché "uomo dei dolori" condividente, compassionevole.
Il prete, oggi, deve essere lucido in un tempo di confusione, fermo in un tempo dalle molte incertezze, uomo di preghiera profonda in un tempo dalle tante verbosità.
Il suo ancoraggio a Dio non deve isolarlo ma aprirlo autenticamente agli uomini, non può ridursi ad essere uomo del culto ma della missionarietà.
È annunciatore della Parola di vita, senza annacquamenti, presentata con nuovi linguaggi ed in risposta alle attese di oggi.
È liturgo, strumento di santificazione. Deve presiedere, però, la liturgia non formalisticamente, rubricisticamente, con noiosa ripetitività, ma con taglio vitale, illuminato, in modo che porti la sua vita e quella della comunità alla liturgia e la liturgia alla vita.
È l'uomo pastore della comunità. Raccoglie, cerca i lontani, coordina, Non ha, come si dice nel documento CEI" Comunità e ministeri", la sintesi di tutti carismi ma il carisma della sintesi.

9. Il diaconato permanente

La Chiesa del dopo-Concilio ha riattivato il "diaconato permanente" conferendolo, per chi ne ha vocazione, anche ad uomini sposati oltreché, come è ovvio, più significativamente, ad uomini chiamati alla "verginità per il Regno".
Il diacono permanente non è un prete di serie inferiore nè un superlaico. È un ministro della Parola, dell'altare e, terminalmente, della carità, con la sua identità diaconale.
È una vocazione molto significativa perché porta la forza salvifica di un sacramento, se ben vissuto, sulle frontiere della sofferenza, negli spazi della famiglia, nell'animazione, assieme o senza il presbitero, di comunità, dove il vescovo lo manda. C'è da approfondire la natura e le concretizzazioni del servizio diaconale, ma, anzitutto, bisogna annunziarne il senso nella dimensione di Cristo Servo onde suscitare generosità oblativa ed impegnata nella vita della Chiesa e del mondo.

10. La vita consacrata e religiosa

I religiosi e le religiose consacrano la loro vita come dono totale a Cristo ed ai fratelli e sono "segno" della santità della Chiesa. Con i voti della povertà, dell'obbedienza e della castità perfetta per il Regno rivelano la forza dell'Amore, sono indicatori dell'oltre di Dio, del compimento finale e con il loro stile di vita "contestano" il "mondo" nelle sue presunzioni e nelle sue idolatrie. I giovani e le giovani, oggi, non amano i compromessi né i mezzi termini. La vita consacrata vissuta in totalità, spesa per amore, negli spazi della sofferenza, dell'educazione, di ogni misionarietà, li affascina, li attrae.
Bisogna annunziare la vita consacrata e mostrarla i~ testimonianze forti e provocanti.
I religiosi e le religiose santi sono semafori della Chiesa e sono spartiacque nella vicenda del mondo. Esorto ad essere attenti, nel Signore, alle vocazioni femminili. Nel cuore delle giovani c'è tanta generosità ed orientamento ad essere a vivere in totalità Bisogna presentare loro modelli vivi ed attuali il riferimento a forti esperienze di Dio e servizio all’uomo. Annunzio, tra le altre, la forma suggestiva dell'Ordo Virginum Diocesano che consacra da e per una Chiesa particolare esistenze che sono nel mondo silenziosamente. Una Chiesa che cerca il "Volto di Dio" deve evangelizzare, poi, con umile coraggio, le vocazioni alla vita contemplativa, monastica che è altamente significante è vitalmente arricchente per tutti.

11. I laici nella Chiesa e nel inondo

Bisogna, infine, far recuperare anche la vocazione come "essere e missione" dei laici. La riflessione teologica, sviluppata in un sinodo dei vescovi ed espressa nella esortazione apostolica " Christifideles laici" di Giovanni Paolo Il mostra la identità del laico, fedele di Cristo, come colui che nella Chiesa ne è membro vivo, partecipe del compito profetico, sacerdotale regale del Signore Gesù ed è nel mondo colui che immette con la vita, con la sua attività1 in tutte le mediazioni del sociale, i fermenti del Vangelo.
Il laico non è un cristiano marginale, o solamente "obbediente" ma è doverosamente "proponente" ed attivo per la costruzione del Regno di Dio.
Ha dai compiti che sono "suoi" specifici nelle "realtà terrene" che non appartengono ad altre vocazioni. A modo di esempio il prete non può né deve fare politica ma solo evangelizzarla; è il laico che traduce l'evangelo nella politica e così via.
E necessario far scoprire la significatività della "laicità" nella Chiesa e nel mondo. Gli spazi sono molteplici ed aperti: la famiglia, la cultura, la politica, l'economia, la pace, l'ecologia e così via. Anche le situazioni personali: professione, lavoro e disoccupazione, sofferenza, solitudine, sono luoghi di santità e di incarnazione.

III - Abbiate i medesimi sentimenti (Rom. 12.16)

12. Quale impegno

Indico le scelte concrete sulle quali convergere nella nostra Chiesa perché diventiamo veri collaboratori dell'opera di Dio e umili preparatori della sua venuta. L'apostolo Giacomo dice di Abramo, padre e modello della fede: "la fede cooperava con le opere di lui e per le opere quella fede divenne perfetta" (Giacomo 3, 22). Non e', quindi, nello Stile credente essere passivi, intimisti, o, illusoriamente, fedeisti ma anzi impegnati ad accogliere ogni chiamata personale ed aiutare gli altri a predisporsi a rispondere al Signore.
Elenco il nostro comune impegno così:
a) Insistenza nella preghiera. "Perseverate nella preghiera e vegliate in essa" (Col. 4, 2). Chiedo ad ogni parrocchia, rettoria, Chiesa di religiosi, comunità religiose, specie alle Minime di Paola, al Centro Eucaristico in Cosenza, al seminario, che ogni primo giovedì del mese, o in altro giorno, si faccia un'ora di adorazione per le vocazioni, specie presbiterali.
b) L'attenzione alle vocazioni sia anche nella preghiera personale, nelle famiglie Si può e si deve avviare un movimento orante per le vocazioni. Indico, a modo di esempio, alcun scelte per quanti pregano con la liturgia delle ore: offrire ogni giorno la preghiera dell'ora media per le vocazioni. Recitare, perlomeno una volta la settimana, il rosario con questa intenzione. Pregare per le vocazioni, in famiglie credenti, é già uno stimolo.
c) Invitare i bambini ad elevare, per questa intenzione, la loro preghiera innocente e rivolgersi agli infermi perché offrano la loro sofferenza in comunione alla croce di Cristo e chiedergli che guardi le tante nostre carenze e ci apra le vie per nuovi e validi pastori e per forti vocazioni religiose e laicali.
d) Meditare in tutti i gruppi ecclesiali questa mia esortazione pastorale per maturare nuova coscienza vocazionale con cuore e con impegno operativo, come lo Spirito suscita.
e) Coltivare con grande rispetto ogni germe vocazionale che il Signore mostra. Questo vale per i parroci, i sacerdoti, i genitori, gli educatori, gli insegnanti.
f) In tutta l'evangelizzazione proporre la via vocazionale, non con taglio efficientistico, di reclutamento, ma come educazione a coglie re la vita in tutti suoi volti ed in tutti su'>i momenti come risposta, e, quindi, non come calcolo ma come dono. Bisogna dire ai giovani, ai ragazzi che la Chiesa e la storia ha bisogno della loro generosità.
g) Educare, quindi, al sacrificio Uno degli ostacoli vocazionali, di risvolto psico-dinamico, oggi, negli adolescenti e giovani, è la loro difficoltà ad assumere impegni forti. L'esercizio dei tanti piccoli "sì" e di tanti piccoli "no", educano al grande "sì" della vita.
h) Il Centro Diocesano Vocazioni dovrà impegnarsi ad un servizio sussidiario, ma serio e costante in diocesi, organizzando incontri a taglio vocazionale e definendo in ogni zona il punto di riferimento per accogliere e coltivare eventuali germi di vocazionalità. In ogni settore dovrebbero nascere dei gruppi vocazionali.
E' bene, pertanto, che in ogni settore, vi sia un presbitero responsabile per tale impegno,
che, coadiuvato da una equipe, si rapporti operativamente e continuamente con il Centro Diocesano Vocazioni.
i) "Nella certezza che la pastorale le aiuta la parrocchia ad essere più autenticamente se stessa, in ognuna di essa ci sia una o più persone con il ministero di "animatore vocazionale parrocchiale" perché aiuti fattivamente tutta la comunità, nelle sue varie articolazioni e nelle molteplici espressioni della sua vita, a tenere sempre presente e viva la dimensione vocazionale e sia di concreto raccordo tra la parrocchia e il Centro Diocesano Vocazioni" (dai testi sinodali).
1) Rilanciare seri campi scuola sia per la ricerca della propria vocazione che come scuola di formatori.
I Sacerdoti sappiano che vi sono corsi nazionali di direzione spirituale
m) Esorto le parrocchie e le comunità, anche religiose, a contribuire, con convinta libertà, perlomeno secondo quanto fissato, alla vita economica del seminario e del Centro Vocazioni.

13. Il seminario
Il punto nodale è il rilancio del seminario.

Noi, per grazia di Dio ed ammirevole impegno del mio predecessore, abbiamo dei locali validi. In essi, a mio sentire ed udito il Consiglio Presbiterale, bisognerà attuare, per ora, il seminario minore ed una valida casa per il clero, specie infermo.

14. Quale Seminario?

Oggi, i seminari, non possono essere grandi "casermoni" né solamente dei buoni collegi. Devono essere esperienze ecclesiali di piccoli gruppi, dove ben seguiti, i giovani, maturando la loro personalità, si ritrovino nella propria identità cristiana, ecclesiale e si aprono al dono missionario di sé, come "avventura" per il Regno.
Questo vuole una seria scelta di educatori, che siano presbiteri, laici, anche con qualche volto femminile. L'ideale in una diocesi vasta, come la nostra, sarebbe tentare l'esperienza del seminario maggiore teologico. Questo, però, lo vedremo con il tempo e su basi esperienziali del seminario minore che vorremmo aprire in settembre. Intanto Cosenza è stato scelto come luogo Interdiocesano per l'anno propedeutico per coloro che non provenendo dal seminario minore intendono entrare, con discernimento del proprio vescovo, nel seminario maggiore di Catanzaro.
Il "seminario minore" lo vedo in due volti che per facilità d'intesa chiamo "scuola di orientamento vocazionale" ed ha riferimento alla scuola media inferiore, e, più propriamente "seminario minore" ed ha riferimento alla scuola media superiore e, più specificatamente ed ordinariamente, al liceo classico. Per settembre tentiamo di aprire a Rende (Seminarium Consentinum) una sezione di scuola media inferiore, spostandola dal nostro Collegio arcivescovile.
Per alcuni, che lo chiederanno, può avere carattere di convittualità diurna ed avrà il compito orientativo di ricerca vocazionale.
Il "seminario minore" vero e proprio, invece, ha riferimento alla scuola media superiore che è quella umanistica.
I giovani che si aprono ad un cammino formativo verso il presbiterato saranno accolti e seguiti in seminario e saliranno, con un pulmino, alla scuola del nostro Collegio arcivescovile.

15. Le ragioni per riaprire il Seminario Minore

Alcuni noi ritengono valida l’apertura del seminari minore. Le ragioni dell’apertura, invece, sono molte e serie. Ne elenco alcune:
Aprendo il seminario minore si accende un segnale di vita in diocesi.
Si responsabilizzano di più, e, comunque, le famiglie sul piano educativo.
Si evidenzia, nella nostra Chiesa, la freschezza e la problematica dell'adolescenza.
Si aprono, comunque, nuovi itinerari formativi.
Si rispetta il mistero di Dio che chiama in tutte le ore. Si è attenti ad accogliere chi non è ancora segnato da un determinato timbro educativo.

16. Conclusione

Questo "nuovo" cammino lo accogliamo in Cristo dal Padre e 10 avviamo nello Spirito Santo. Ci accompagni la dolce protezione di Maria, la Madre della Chiesa e la Regina degli Apostoli. Intercedano per noi i Santi di questa Chiesa: San Francesco di Paola, Sant'Ugolino da Cerisano, il Beato Umile da Bisignano, il Beato Angelo d'Acri, il Beato Nicola da Longobardi.
La nostra comunione nel Signore sia la nostra forza, la santità degli umili il nostro conforto, il nostro impegno l'avvio di un rinnovato cammino. Così la nostra Chiesa potrà essere Madre feconda di nuovi figli e per questo generatrice di nuovi pastori.

Con animo orante e benedicente.
+ Giuseppe Agostino Arcivescovo