Gabriele De Gotti |
Gabriele Maria De Gotti nacque ad Altilia intorno al 1786 da Annibale e da Arcangela Gualtieri, nobildonna di Scigliano. Il padre esercitava la professione di Regio Giudice a Celico. Il giovane Gabriele maturò in un ambiente stimolante e culturalmente valido in un periodo di grandi sconvolgimenti politici e sociali.
Fu avviato agli studi di medicina all'Università di Napoli, dove consegui la laurea. Qui, probabilmente, conobbe l'Intendente di Cosenza Briot che lo istruì ai sentimenti carbonari, che, col passare del tempo, fece completamente suoi cercando di dare nel migliore dei modi un contributo alla causa carbonara.
Il De Gotti intuì che i sentimenti patriottici e di libertà dei carbonari potevano trovare terreno fertile ad Altilia, dove risiedeva e dove le asperità del territorio e le condizioni ambientali potevano proteggere la segretezza dei preparativi rivoluzionari.
A questo fattore, De Gotti aveva pensato bene, ma oltre ad avere un posto strategicamente valido, doveva contare anche sull'appoggio delle persone più influenti del luogo per non essere scoperto ed arrestato.
Suo zio, Vincenzo Federico, che era stato precedentemente nominato capitano delle guardie civiche del circondario di Carpanzano dal generale Manhes e che già godeva di molta influenza sul territorio del Savuto, si converti alle idee rivoluzionarie e con lui anche il barone di Campitelli Michele Marsico.
I problemi organizzativi erano risolti e, in questo modo, Gabriele De Gotti aveva la protezione naturale del luogo periferico e montano, poteva contare su un valente braccio armato ed esperto, quello di Vincenzo Federico, e sulla copertura politica del barone Michele Marsico. Fu cosi che il 29 novembre 1811, Gabriele De Gotti fondò ad Altilia la prima associazione di Carbonari calabresi. Fu anche promotore delle due logge, fondate il 17 dicembre dello stesso anno a Cosenza che andarono sotto il nome di Acherontea dei Bruzi con a capo Gaspare Andreotti, cugino del barone Marsico, e l'Equilibrio con a capo Francesco Nicoletti. Inoltre De Gotti godeva a Cosenza dell'appoggio della famiglia della moglie Carolina De Bonis e dei suoi parenti, i Del Gaudio, di tante altre famiglie, di tutte le guardie civiche, di numerosi popolani, preti e notabili.
Il triangolo De Gotti-Federico-Marsico era dunque ben saldo ed organizzato.
Nel 1813, dopo la disfatta di Napoleone, sorsero a Cosenza altre vendite rette da Lodovico Lupinacci, Pietro Caselli e dal canonico Vincenzo Le Piane, che tradusse in dialetto cosentino il Catechismo della Carboneria.
Altre vendite sorsero ad Aprigliano, Paola, San Fili, San Pietro in Guarano, Pedace, Zumpano, Tessano, Celico e Castelfranco.
La Costituzione ottenuta dai siciliani infiammò l'animo dei Carbonari calabresi che speravano di ottenere le stesse concessioni in Calabria, ma si trovarono divisi in murattiani, filoborbonici, filobritannici (sette servili) e indipendentisti. Non riescono, cosi, a coordinare le operazioni perdendo una occasione irripetibile.
Dopo i tentativi rivoluzionari del Capobianco, si chiuse momentaneamente la parentesi rivoluzionaria da cui il barone Marsico uscì pressoché illeso mentre il De Gotti continuò nella massima segretezza a portare avanti i sentimenti liberali.
Due armi dopo la morte di Capobianco la Carboneria cosentina non riusciva a trovare ancora un programma unitario da seguire e, soprattutto, era al solito divisa da inutili faziosità interne. Nuova linfa vitale diedero alla Carboneria gli avvenimenti della Spagna, dove Ferdinando VII era stato costretto a concedere la Costituzione, e i moti liberali di Napoli, del Piemonte e della Lombardia del 1820 In questo periodo, in una riunione tenutasi a Cosenza tra Gabriele De Gotti, Gaspere Andreotti, Francesco Nicoletti, Lodovico Lupinacci e molti altri, si decise all'unanimità di promuovere la rivoluzione sull'idea di quella spagnola. Ma l'iniziale entusiasmo dovette lasciare posto alla dura realtà; i Carbonari, anche questa volta, mancarono di una organizzazione centrale e di un programma ben definito, fattore questo che risultò determinante per il fallimento dei moti rivoluzionari del 1821.
Negli anni a seguire Gabriele De Gotti mantenne sempre aperto il legame tra i Carbonari calabresi e quelli napoletani. Infatti, proprio mentre si trovava a Napoli, durante uno dei suoi innumerevoli viaggi, mori in circostanze misteriose all'Ospedale San Francesco il 14 gennaio 1829, senza nessuno accanto.
Dopo la morte del De Gotti iniziò per la sua famiglia un rapido ed inesorabile decadimento dovuto agli sfortunati ma eroici avvenimenti storici.
Gabriele De Gotti è stato un personaggio di spicco della Carboneria calabrese e di quella cosentina in particolare. Per lungo tempo la sua figura è rimasta nell'ombra a causa di una incompleta valutazione del fenomeno Carboneria in Calabria. Pertanto, lo studio della figura storica di Gabriele De Gotti significa lo studio del fenomeno Carboneria nelle sue origini storiche che affondano le radici nel De Gotti e in tutti i successivi personaggi che lo hanno affiancato.
Fonti e riferimenti bibliografici
G. CINGARI, Giacobini e Sanfedisti in Calabria nel 1799, Messina, D'Anna 1957.
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P. COLLETTA, Storia del Reame di Napoli, Torno IV, Capolago, Tip. Elvetica, 1837.
D. ANDREOTTI, Storia dei Cosentini, Napoli, Tip. Marchese, 1869-1874.
Notizia storica del Conte Carlo A. Manhes, scritta da un antico uffiziale dello Stato Maggiore del suddetto generale Manhes nelle Calabrie, Napoli, Ranucci, 1846.
Storia della Calabria moderna e contemporanea, a cura diA. PLACANICA, Reggio Calabria, Gangemi, 1992.
L. CARUSO, Storia di Cosenza, voi. I, parte Il, Cosenza, Mit, 1970.
Dizionario Enciclopedico Utet alle voci Altilia e Carboneria.Archivio di Stato di Cosenza, Fondo notariale, Stato civile, Corte criminale.
I. PUCCI, Vincenzo Federico detto Capobianco (1772-1813) esponente di primo piano della Carboneria calabrese, opera in corso di elaborazione.