Festa di S. Sebastiano Patrono di Altilia

Il Santo patrono di Altilia è San Sebastiano Martire, ufficiale della guardia imperiale di Diocleziano che ebbe il comando della I°  Coorte per le sue attitudini militari. Nacque a Narrano ma fu educato a Milano. Quando si scoprì che aveva abbracciato il cristianesimo, fu condannato a morte dall'imperatore, condanna eseguita dai suoi stessi commilitoni.
Secondo la Passio del secolo V, Sebastiano subì lo strazio della sua carne trafitta da un nugolo di frecce, ma non morì; il suo corpo venne raccolto da Irene, madre di Castolo, che lo fece portare nella sua casa dove lo curò per molto tempo.
L'imperatore trovandosi un giorno presso i gradus Heliogabali fu avvicinato da Sebastiano che lo accusò di perseguitare i cristiani.
Diocleziano comandò allora di flagellarlo a morte e così fu fatto.
Il suo corpo fu gettato nella Cloaca Massima e, per ordine della pia matrona Lucina, fu raccolto e sepolto sulla Via Appia ad catacumbas presso il luogo dove erano stati sepolti in linea provvisoria i corpi di Pietro e Paolo.
Il fatto avvenne intorno al 303, epoca del massimo trionfo di Diocleziano ed inizio della persecuzione dopo l'editto di Nicomedia che considerava il cristianesimo pericolo per lo Stato.
La venerazione per il Martire si estese al Sud della penisola italiana e già verso l'Anno Mille, Altilia insieme a Martorano (attuale Martirano Vecchio che alcuni identificano con l'antica Mamerto), incominciarono a venerarlo come Patrono. La ragione per cui entrambi i paesi elessero San Sebastiano loro protettore, va ricercata certamente nel fatto che i due centri rappresentavano l'uno il capoluogo e l'altro la frazione di un agglomerato urbano comprendente anche Motta Santa Lucia, fortificata per respingere gli attacchi saraceni provenienti dal mare, seguendo il corso del fiume Savuto.
Liturgicamente la festa patronale è il 20 gennaio e fino agli anni '50 San Sebastiano veniva festeggiato, anche in condizioni di tempo proibitive, nel cuore dell'inverno. Anzi, quando gravi calamità investirono il paese, come la spagnola, il tifo, la tubercolosi, il vaiolo, la statua di San Sebastiano veniva portata in processione pregando affinché il Santo intercedesse per far terminare i vari morbi che mietevano molte vittime.
Dopo il 1950 né la processione né i festeggiamenti solenni ebbero più luogo, ma solo la funzione religiosa in chiesa; la festa votiva, che fu per molto tempo fissata per il 20 luglio, ora spostata alla prima domenica successiva a questa data, ha radici antiche. Nella contrada Soccorso, vicino al fiume Canto, secondo la tradizione, si verificò un fatto che contrappose gli altiliesi ad altra fazione. I primi stavano per essere sopraffatti e inviarono un corriere sia al capoluogo che alla frazione Maione per chiedere aiuto, invocando anche San Sebastiano. Il soccorso richiesto arrivò e, per lo scampato pericolo, fu istituita la festa votiva di luglio e fu chiamata Soccorso la contrada in cui si verificò il fatto; in località Soccorso vi è a tutt' oggi una edicola votiva in onore di San Sebastiano.
La cappelletta, ora abbandonata, si trova a ridosso della Valanca della castagna una zona franosa il cui terreno è essenzialmente costituito da quarzo, feldspato e mica nera (biotite), ossia di granito sbriciolato.
Attualmente la statuetta di San Sebastiano dovrebbe trovarsi nella chiesa della Madonna Assunta di Altilia.
Fino agli anni '60, per mantenere gli antichi rapporti di amicizia, il comitato organizzatore della Festa di San Sebastiano invitò la banda musicale di Martirano Vecchio che arrivava in paese svegliando la cittadinanza al suono delle marcette che intonava per le strade del paese, quindi sostava presso la corte della chiesa anticamente chiamata cimiteriu perché prima dell'editto di Saint-Cloud del 1809 i cadaveri venivano seppelliti nei loculi, esistenti ancora oggi, nel sottosuolo della corte e nelle cripte della chiesa.
Per l'occasione il parroco invitava spesso un Padre Passionista che, durante la novena, pronunciava le sue prediche serali dal pulpito della chiesa.
Di grande richiamo erano le omelie del sacerdote Prof. Eugenio Serravalle, docente al Liceo Classico Bernardino Telesio di Cosenza.
La vigilia della festa, la banda musicale teneva un concerto, dopo la funzione religiosa.
Verso mezzanotte, conclusa l'esibizione, il perverrai dava inizio ai fuochi d'artificio, in corrispondenza della Strada Vecchia ora denominata Via delle Ginestre, in posizione dominante in modo che fossero ammirati sia dai cittadini del paese che della frazione Maione e dai diversi centri vicini.
Dal 1960 il concerto della banda musicale fu sostituito dall'esibizione di un'orchestra di musica leggera che, oltre alle canzoni in voga del festival di Sanremo, soleva cantare anche stornelli silani.
La funzione religiosa solenne in onore di San Sebastiano avveniva la mattina della festa e durante la Messa veniva data lettura delle offerte ricevute dal comitato organizzatore, sia dagli altiliesi residenti oltreoceano che dai paesani.
Dopo la funzione, la statua veniva portata in processione per tutti i rioni, preceduta dalla banda musicale. San Sebastiano era adornato di un grande medaglione e da una palma in argento, con incisi i nomi dei devoti, che l'avevano ordinata per rendere più bella la statua, per qualche grazia ricevuta. Per sopperire alle spese, durante la processione veniva effettuata una questua, mentre le donne intonavano una preghiera in dialetto: O Samaritana nuostru cittadinu.
Dopo la processione i componenti della banda musicale erano invitati a pranzo, uno per famiglia.
Nel primo pomeriggio si effettuavano, in prossimità della Chiesa, i giochi popolari: la corsa nei sacchi, la rottura dei pignatieddi, la gara di velocità, la 'ntinna, un palo dritto di castagno infisso nel terreno, reso viscido dal grasso, che doveva essere percorso in salita. Chi riusciva ad arrivare in cima prendeva il ricco dono che era stato posto, precedentemente, sulla sommità.
Altro gioco era il ruoddu, una gara in cui sì stabiliva un percorso da effettuare lanciando un disco di erica di almeno 12 cm di diametro facendolo rotolare per terra servendosi di uno spago che veniva arrotolato sulla circonferenza per imprimere maggiore forza al lancio del medesimo.
Il gioco veniva effettuato a squadre, vinceva chi riusciva ad arrivare al traguardo prima delle altre eliminando, una alla volta, tutte le squadre avversarie.
Alla squadra vincente veniva dato un premio in denaro.
Dopo la premiazione iniziava l'acquisto delle cartedde per tentare la fortuna, con una riffa che si concludeva in chiesa ed i cui premi, generalmente, erano costituiti da quadri raffiguranti San Sebastiano e qualche coroncina del Rosario.
Col passare degli anni i premi divennero più consistenti, ed aumentava anche il numero dei biglietti venduti, contribuendo a far fronte, con più tranquillità, alle spese generali sostenute per la festa.
Nel pomeriggio inoltrato la banda musicale, dopo un ultimo giro del paese, andava via.
Alla fine della vendita dei biglietti iniziava la riffa. I migliori premi erano: 'u piecuru e 'u gaddu, un agnello ed un gallo, che recentemente vennero sostituiti con un vitellino da latte per poi ritornare sui vecchi passi del premio unico dell'agnello, dei quadri e di qualche piccolo elettrodomestico.
"Un tuffo nel passato ovvero le tradizioni di Altilia" di Tullio Ferrari