Una vita per l'Eucaristia
Domenica 10 giugno, viene canonizzata la beata Teresa Eustochio Verzeri, bergamasca,
fondatrice - con mons. Giuseppe Benaglio - delle Figlie del S. Cuore.

Nata a Bergamo il 31luglio 1801 da famiglia nobile, Teresa risponde alla chiamata del Signore con l'ingresso nel monastero benedettino di S. Grata, nella città alta. Ma, dopo una lunga e travagliata ricerca, lo lascia per dare vita, l'8 febbraio 1831, alla Congregazione delle Figlie del S. Cuore. Donna di spiccata personalità, intelligente e forte d'animo, è particolarmente attratta dall'umanità di Gesù, che ella propone nel suo mistero di obbedienza, mitezza e generosità. Morta a Brescia il 3 marzo 1852, è stata beatificata nel 1946.
Per chi e perché Teresa e le sue prime compagne avvertono la necessità di aggregarsi attorno al Cristo, sotto il segno del suo Cuore eucaristico? Il primo abbozzo di regola, risalente al 1830, risponde così: "Lo scopo a cui mira la Congregazione riguarda la gloria di Dio, l'onore di Gesù Cristo e la salute del prossimo'. E prosegue: 'Mira ad investire le Figlie del S. Cuore di una tenera e soda devozione verso l'umanità di Gesù Cristo considerata in modo speciale nel SS. Sacramento e ad onorare con preferenza il Sacratissimo suo Cuore. La devozione delle Figlie del S. Cuore a Gesù Cristo, deve consistere in un tenero amore verso di lui; in uno zelo ardente per l'onore suo e in una fedele imitazione delle sue virtù, di quelle specialmente che egli fa risplendere con più chiarezza nel SS. Sacramento: cioè, obbedienza senza esempio; carità somma; umiltà profondissima; sofferenza instancabile.
Le Figlie del Sacro Cuore devono essere animate dalla stessa obbedienza e carità; si hanno a considerare vittime sacrificate alla gloria di Dio e a vantaggio del prossimo".
Il punto di riferimento è certamente Gesù Cristo Sacramentato, capo e protettore della Congregazione, e tutte hanno il preciso dovere di "riamare, per gratitudine, chi tanto le ama; confidare, per ragione, in chi tanto le favorisce; sacrificarsi, per giustizia, in chi tanto si sacrificò per loro".
Questa devozione eucaristica, che la Verzeri e il Benaglio volevano tramandare, era vissuta anzitutto da loro stessi, in modo pieno ed esemplare. Proprio radicando saldamente la loro vita nella Eucaristia, essi hanno saputo operare con ampiezza di vedute e di prospettive, testimoniando che quando tutta la persona è attirata nel proprio centro, là dove il dono carismatico trasforma la vita, non può che agire secondo gli impulsi dell'amore: mente retta, cuore trasformato, mani in azione...
Ed è un amore che sostiene un apostolato attivo e silenzioso; come per Gesù che tacitamente sostiene, custodisce e prende a cuore, secondo il bisogno di ciascuno. È una carità universale, che non eccettua nessuno, ma tutti abbraccia; carità generosa, che non si sgomenta nel patire e nelle contraddizioni ma, purificandosi nel patire e nella contrarietà, riprende vigore; carità costante, che non si stanca per dilazione, ma che pazienta per vincere, poiché è la stessa carità di Gesù Cristo. Il cui esempio è la vera regola delle Figlie del S. Cuore.