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Preparazione e
celebrazione delle feste pasquali Lettera circolare della Congregazione per il culto
PROEMIO
1. Il rito della solennità pasquale e di tutta la settimana santa, rinnovato la prima volta da Pio XII nel 1951 e nel 1955, in genere venne accolto con favore da tutte le chiese di rito romano.(1) Il concilio Vaticano II, principalmente nella costituzione sulla sacra liturgia, ha messo in luce più volte, secondo la tradizione, la centralità del mistero pasquale di Cristo, ricordando come da esso derivi la forza di tutti i sacramenti e dei sacramentali. (2) 2. Come la settimana ha il suo inizio e il suo punto culminante nella celebrazione della domenica, contrassegnata dalla caratteristica pasquale, così il culmine di tutto l’anno liturgico rifulge nella celebrazione del sacro triduo pasquale della passione e risurrezione del Signore, (3) preparata nella quaresima ed estesa gioiosamente per tutto il ciclo dei seguenti cinquanta giorni. 3.
In molte parti i fedeli, insieme ai loro pastori, hanno in grande
considerazione questi riti, ai quali prendono parte con vero frutto spirituale. 4. Oggi in parecchie regioni il tempo delle vacanze coincide con il periodo della settimana santa. Questa coincidenza, unita alle difficoltà proprie della società contemporanea, costituisce un ostacolo alla partecipazione dei fedeli nelle celebrazioni pasquali. 5.
Ciò premesso, è sembrato opportuno a questo dicastero, tenuto conto
dell’esperienza acquisita, richiamare alla mente alcuni punti dottrinali e
pastorali ed anche diverse norme stabilite circa la settimana santa. D’altro
canto tutto ciò che si riferisce nei libri liturgici al tempo della quaresima,
della settimana santa, del triduo pasquale e del tempo di pasqua, conserva il
suo valore, a meno che in questo documento sia interpretato in maniera diversa.
I. IL TEMPO DELLA QUARESIMA
6.
«L’annuale cammino di penitenza della quaresima è il tempo di grazia,
durante il quale si sale al monte santo della pasqua».
a) Quaresima e
iniziazione cristiana 8. Anche le comunità ecclesiali, che non hanno catecumeni, non tralascino di pregare per coloro che altrove, nella prossima veglia pasquale, riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana. I pastori a loro volta spieghino ai fedeli l’importanza della professione di fede battesimale, in ordine alla crescita della loro vita spirituale. A rinnovare tale professione di fede essi verranno invitati, «al termine del cammino penitenziale della quaresima». (8) 9. In quaresima si abbia cura di impartire la catechesi agli adulti che, battezzati da bambini, non l'hanno ancora ricevuta e pertanto non sono stati ammessi ai sacramenti della cresima e dell’eucaristia. In questo stesso periodo si facciano le celebrazioni penitenziali, per prepararli al sacramento della riconciliazione. (9) 10.
Il tempo della quaresima è inoltre il tempo proprio per celebrare i
riti penitenziali corrispondenti agli scrutini per i fanciulli non ancora
battezzati, che hanno raggiunto l’età adatta all’istruzione catechetica e
per i fanciulli da tempo battezzati, prima che siano ammessi per la prima volta
al sacramento della penitenza. (10)
b)
Le celebrazioni del tempo quaresimale 12. Soprattutto nelle omelie della domenica venga impartita la istruzione catechetica sul mistero pasquale e sui sacramenti, con una più accurata spiegazione dei testi del lezionario, soprattutto le pericopi del Vangelo, che illustrano i vari aspetti del battesimo e degli altri sacramenti ed anche la misericordia di Dio. 13. I pastori spieghino la parola di Dio in modo più frequente e più ampio nelle omelie dei giorni feriali, nelle celebrazioni della Parola, nelle celebrazioni penitenziali, (14) in particolari predicazioni, nel far visita alle famiglie o a gruppi di famiglie per la benedizione. I fedeli partecipino con frequenza alle messe feriali e, quando ciò non è possibile, siano invitati a leggere almeno i testi delle letture corrispondenti, in famiglia o in privato. 14.
«Il tempo di quaresima conserva la sua indole penitenziale». (15) «Nella
catechesi ai fedeli venga inculcata, insieme alle conseguenze sociali del
peccato, la natura genuina della penitenza, con cui si detesta il peccato in
quanto offesa a Dio». (16) 15.
Si raccomandi ai fedeli una più intensa e fruttuosa partecipazione alla
liturgia quaresimale e alle celebrazioni penitenziali. Si raccomandi loro
soprattutto di accostarsi in questo tempo al sacramento della penitenza secondo
la legge e le tradizioni della chiesa, per poter partecipare con animo
purificato ai misteri pasquali. È molto opportuno nel tempo di quaresima
celebrare il sacramento della penitenza secondo il rito per la riconciliazione
di più penitenti con la confessione e assoluzione individuale, come descritto
nel Rituale romano. (18) 16. Il cammino di penitenza quaresimale in tutti i suoi aspetti sia diretto a porre in più chiara luce la vita della chiesa locale e a favorirne il progresso. Per questo si raccomanda molto di conservare e favorire la forma tradizionale di assemblea della chiesa locale sul modello delle «stazioni» romane. Queste assemblee di fedeli potranno essere riunite, specie sotto la presidenza del pastore della diocesi, o presso i sepolcri dei santi o nelle principali chiese e santuari della città o in quei luoghi di pellegrinaggio più frequentati nella diocesi. (19) 17. In quaresima «non sono ammessi i fiori sull’altare e il suono degli strumenti è permesso soltanto per sostenere i canti», (20) nel rispetto dell’indole penitenziale di questo tempo. 18. Ugualmente si omette l’«Alleluia» in tutte le celebrazioni dall’inizio della quaresima fino alla veglia pasquale, anche nelle solennità e nelle feste. (21) 19. Si scelgano soprattutto nelle celebrazioni eucaristiche, ma anche nei pii esercizi, canti adatti a questo tempo e rispondenti il più possibile ai testi liturgici. 20. Siano favoriti e impregnati di spirito liturgico i pii esercizi più consoni al tempo quaresimale, come la «via crucis», per condurre più facilmente gli animi dei fedeli alla celebrazione del mistero pasquale di Cristo.
c)
Particolarità di alcuni giorni della quaresima 22. Il mercoledì delle ceneri è giorno obbligatorio di penitenza in tutta la chiesa, con l’osservanza dell’astinenza e del digiuno. (24) 23. La domenica I di quaresima segna l’inizio del segno sacramentale della nostra conversione, tempo favorevole per la nostra salvezza. (25) Nella messa di questa domenica non manchino gli elementi che sottolineano tale importanza; per es., la processione di ingresso con le litanie dei santi. (26) Durante la messa della domenica I di quaresima il vescovo celebri opportunamente nella chiesa cattedrale o in altra chiesa il rito dell’«elezione» o iscrizione del nome, secondo le necessità pastorali. (27) 24. I vangeli della samaritana, del cieco nato e della risurrezione di Lazzaro, assegnati rispettivamente alle domeniche III, IV e V di quaresima nell’anno A, per la loro grande importanza in ordine alla iniziazione cristiana, possono essere letti anche negli anni B e C, soprattutto dove ci sono i catecumeni.(28) 25. La domenica IV di quaresima («Laetare») e nelle solennità e feste è ammesso il suono degli strumenti e l’altare può essere ornato con fiori. E in questa domenica possono adoperarsi le vesti sacre di colore rosaceo. (29) 26. L’uso di coprire le croci e le immagini nella chiesa dalla domenica V di quaresima può essere conservato secondo il giudizio della conferenza episcopale. Le croci rimangono coperte fino al termine della celebrazione della passione del Signore il venerdì santo; le immagini fino all’inizio della veglia pasquale. (30)
II. LA SETTIMANA SANTA
27.
Nella settimana santa la chiesa celebra i misteri della salvezza portati
a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo
ingresso messianico in Gerusalemme.
a) Domenica delle palme
della passione del Signore 29.
Fin dall’antichità si commemora l’ingresso del Signore in
Gerusalemme con la solenne processione, con cui i cristiani celebrano questo
evento, imitando le acclamazioni e i gesti dei fanciulli ebrei, andati incontro
al Signore al canto dell’«Osanna». (33) 30.
Il Messale romano, per celebrare la commemorazione dell’ingresso del
Signore in Gerusalemme, oltre la processione solenne sopra descritta, presenta
altre due forme, non per indulgere alla comodità e alla facilità, ma tenuto
conto delle difficoltà che possono impedire la processione. 31. Quando non si può celebrare la messa, è bene che si svolga una celebrazione della parola di Dio per l’ingresso messianico e la passione del Signore, o nelle ore vespertine del sabato o in ora più opportuna della domenica. (36) 32. Nella processione si eseguono dalla «schola» e dal popolo i canti proposti dal Messale romano, come i salmi 23 e 46 ed altri canti adatti in onore di Cristo re. 33.
La storia della passione riveste particolare solennità. Si provveda
affinché sia cantata o letta secondo il modo tradizionale, cioè da tre
persone che rivestono la parte di Cristo, dello storico e del popolo. La
passione viene cantata o letta dai diaconi o dai sacerdoti o, in loro mancanza,
dai lettori; nel qual caso la parte di Cristo deve essere riservata al
sacerdote. 34. Finita la storia della passione, non si ometta l’omelia.
b)
Messa del crisma 36.
Si celebri un’unica messa, considerata la sua importanza nella vita
della diocesi, e la celebrazione sia fatta nella chiesa cattedrale o, per
ragioni pastorali, in altra chiesa, (40) specialmente più insigne.
c)
Celebrazione penitenziale al termine della quaresima
III. IL TRIDUO PASQUALE IN GENERE
38. La chiesa celebra ogni anno i grandi misteri dell’umana redenzione dalla messa vespertina del giovedì nella cena del Signore, fino ai vespri della domenica di risurrezione. Questo spazio di tempo è chiamato giustamente il «triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto»; (42) ed anche «triduo pasquale» perché con la sua celebrazione è reso presente e si compie il mistero della pasqua, cioè il passaggio del Signore da questo mondo al Padre. Con la celebrazione di questo mistero la chiesa, attraverso i segni liturgici e sacramentali, si associa in intima comunione con Cristo suo sposo. 39. È sacro il digiuno pasquale di questi due primi giorni del triduo, in cui, secondo la tradizione primitiva, la chiesa digiuna «perché lo sposo gli è stato tolto». (43) Nel venerdì della passione del Signore dovunque il digiuno deve essere osservato insieme con l’astinenza e si consiglia di prolungarlo anche al sabato santo, in modo che la chiesa, con l’animo aperto ed elevato, possa giungere alla gioia della domenica di risurrezione 40.
È raccomandata la celebrazione comunitaria dell’ufficio della lettura
e delle lodi mattutine nel venerdì della passione del Signore ed anche il
sabato santo. Conviene che vi partecipi il vescovo, per quanto possibile nella
chiesa cattedrale, con il clero e il popolo. (45) 41. Per compiere convenientemente le celebrazioni del triduo pasquale, si richiede un congruo numero di ministri e di ministranti, che devono essere accuratamente istruiti su ciò che dovranno compiere. I pastori abbiano cura di spiegare nel migliore dei modi ai fedeli il significato e la struttura dei riti che si celebrano e di prepararli a una partecipazione attiva e fruttuosa. 42.
Il canto del popolo, dei ministri e del sacerdote celebrante riveste una
particolare importanza nella celebrazione della settimana santa e specialmente
del triduo pasquale, perché è più consono alla solennità di questi giorni
e anche perché i testi ottengono maggiore forza quando vengono eseguiti in
canto. a)
l’orazione universale il venerdì santo nella passione del Signore;
l’invito del diacono, se viene fatto, o l’acclamazione del popolo; I testi liturgici dei canti, destinati a favorire la partecipazione del popolo, non vengano omessi con facilità; le loro traduzioni in lingua volgare siano accompagnate dalle rispettive melodie. Se ancora non sono disponibili questi testi in lingua volgare per una liturgia cantata, nel frattempo vengano scelti altri testi simili ad essi. Si provveda opportunamente a redigere un repertorio proprio per queste celebrazioni, da adoperarsi soltanto durante il loro svolgimento. In particolar modo siano proposti: a)
i canti per la benedizione e processione delle palme e per l’ingresso
nella chiesa; Siano preparate melodie adatte a facilitare il canto
per i testi della storia della passione, del «preconio» pasquale e della
benedizione con l’acqua battesimale. 43.
È molto conveniente che le piccole comunità religiose sia clericali sia
non clericali e le altre comunità laicali prendano parte alle celebrazioni del
triduo pasquale nelle chiese maggiori. (46)
IV. LA MESSA VESPERTINA DEL GIOVEDÌ SANTO NELLA CENA DEL SIGNORE
44. «Con la messa celebrata nelle ore vespertine del giovedì santo, la chiesa dà inizio al triduo pasquale e ha cura di far memoria di quell’ultima cena in cui il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, amando sino alla fine i suoi che erano nel mondo, offrì a Dio Padre il suo corpo e sangue sotto le specie del pane e del vino e li diede agli apostoli in nutrimento e comandò loro e ai loro successori nel sacerdozio di farne l’offerta» (50) 45. Tutta l’attenzione dell’anima deve rivolgersi ai misteri che in questa messa soprattutto vengono ricordati: cioè l’istituzione dell’eucaristia, l’istituzione dell’ordine sacerdotale e il comando del Signore sulla carità fraterna: tutto ciò venga spiegato nell’omelia. 46. La messa nella cena del Signore si celebra nelle ore vespertine, nel tempo più opportuno per una piena partecipazione di tutta la comunità locale. Tutti i presbiteri possono concelebrarla, anche se hanno già concelebrato in questo giorno la messa del crisma, oppure se sono tenuti a celebrare un’altra messa per il bene dei fedeli. (51) 47.
Nei luoghi in cui sia richiesto da motivi pastorali, l’ordinario del
luogo può concedere la celebrazione di un’altra messa nelle chiese o oratori,
nelle ore vespertine e, nel caso di vera necessità, anche al mattino, ma
soltanto per i fedeli che non possono in alcun modo prendere parte alla messa
vespertina. Si eviti tuttavia che queste celebrazioni si facciano in favore di
persone private o di piccoli gruppi particolari e che non costituiscano un
ostacolo per la messa principale. 48. Prima della celebrazione il tabernacolo deve essere vuoto. (53) Le ostie per la comunione dei fedeli vengano consacrate nella stessa celebrazione della messa. (54) Si consacri in questa messa pane in quantità sufficiente per oggi e per il giorno seguente. 49.
Si riservi una cappella per la custodia del santissimo sacramento e la si
orni in modo conveniente, perché possa facilitare l’orazione e la
meditazione: si raccomanda il rispetto di quella sobrietà che conviene alla
liturgia di questi giorni, evitando o rimuovendo ogni abuso contrario. (55) 50. Durante il canto dell’inno «Gloria a Dio» si suonano le campane. Terminato il canto, non si suoneranno più fino alla veglia pasquale, secondo le consuetudini locali; a meno che la conferenza episcopale o l’ordinario del luogo non stabilisca diversamente, secondo l’opportunità. (56) Durante questo tempo l’organo e gli altri strumenti musicali possono usarsi soltanto per sostenere il canto. (57) 51. La lavanda dei piedi, che per tradizione viene fatta in questo giorno ad alcuni uomini scelti, sta a significare il servizio e la carità di Cristo, che venne «non per essere servito, ma per servire». (58) E bene che questa tradizione venga conservata e spiegata nel suo significato proprio. 52. Durante la processione delle offerte, mentre il popolo canta l’inno «Dov’è carità e amore», possono essere presentati i doni per i poveri, specialmente quelli raccolti nel tempo quaresimale come frutti di penitenza. (59) 53. Per gli infermi che ricevono la comunione in casa, è più opportuno che l’eucaristia, presa dalla mensa dell’altare al momento della comunione sia a loro portata dai diaconi o accoliti o ministri straordinari, perché possano così unirsi in maniera più intensa alla chiesa che celebra. 54. Terminata l’orazione dopo la comunione, si forma la processione che, attraverso la chiesa, accompagna il santissimo sacramento al luogo della reposizione. Apre la processione il crocifero; si portano le candele accese e l’incenso. Intanto si canta l’inno «Pange lingua» o un altro canto eucaristico. (60) La processione e la reposizione del santissimo sacramento non sì possono fare in quelle chiese in cui il venerdì santo non si celebra la passione del Signore. (61) 55. Il Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso. Non si può mai fare l’esposizione con l’ostensorio. Il tabernacolo o custodia non deve avere la forma di un sepolcro. Si eviti il termine stesso di «sepolcro»: infatti la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare «la sepoltura del Signore», ma per custodire il pane eucaristico per la comunione, che verrà distribuita il venerdì nella passione del Signore. 56.
Si invitino i fedeli a trattenersi in chiesa, dopo la messa nella cena
del Signore, per un congruo spazio di tempo nella notte, per la dovuta
adorazione al santissimo sacramento solennemente lì custodito in questo giorno.
Durante l’adorazione eucaristica protratta può essere letta qualche parte
del Vangelo secondo Giovanni (cc. 13-17). 57. Terminata la messa viene spogliato l’altare della celebrazione. E bene coprire le croci della chiesa con un velo di colore rosso o violaceo, a meno che non siano state già coperte il sabato prima della domenica V di quaresima. Non possono accendersi le luci davanti alle immagini dei santi.
V. IL VENERDÌ NELLA PASSIONE DEL SIGNORE
58. In questo giorno in cui «Cristo nostra pasqua è stato immolato», (63) la chiesa con la meditazione della passione del suo Signore e sposo e con l’adorazione della croce commemora la sua origine dal fianco di Cristo, che riposa sulla croce, e intercede per la salvezza di tutto il mondo. 59. In questo giorno la chiesa, per antichissima tradizione, non celebra l’eucaristia; la santa comunione viene distribuita ai fedeli soltanto durante la celebrazione della passione del Signore; ai malati, che non possono prendere parte a questa celebrazione, si può portare la comunione in qualunque ora del giorno. (64) 60. Il venerdì della passione del Signore è giorno di penitenza obbligatoria in tutta la chiesa, da osservarsi con l’astinenza e il digiuno. (65) 61. In questo giorno sono strettamente proibite le celebrazioni dei sacramenti, eccetto quelli della penitenza e dell’unzione degli infermi. (66) Le esequie siano celebrate senza canto e senza il suono dell’organo e delle campane. 62. Si raccomanda che l’ufficio della lettura e le lodi mattutine di questo giorno siano celebrati nelle chiese con la partecipazione del popolo (cf. n. 40). 63. Si faccia la celebrazione della passione del Signore nelle ore pomeridiane e specificamente circa le ore tre del pomeriggio. Per motivi pastorali si consiglia di scegliere l’ora più opportuna, in cui è più facile riunire i fedeli: per es. da mezzogiorno o in ore più tarde, non oltre però le ore ventuno. (67) 64. Si rispetti religiosamente e fedelmente la struttura dell’azione liturgica della passione del Signore (liturgia della parola, adorazione della croce e santa comunione), che proviene dall’antica tradizione della chiesa. A nessuno è lecito apportarvi cambiamenti di proprio arbitrio. 65.
Il sacerdote e i ministri si recano all’altare in silenzio, senza
canto. Se vengono dette parole di introduzione, ciò sia fatto prima
dell’ingresso dei ministri. 66. Le letture siano proclamate integralmente. Il salmo responsoriale e il canto al Vangelo vengono eseguiti nel modo consueto. La storia della passione del Signore secondo Giovanni si canta o si legge come nella domenica precedente (cf. n. 33). Terminata la storia della passione, si faccia l’omelia. Alla fine di essa i fedeli possono essere invitati a sostare per breve tempo in meditazione. (69) 67.
Si faccia la preghiera universale secondo il testo e la forma tramandati
dall’antichità, in tutta la prevista ampiezza di intenzioni, per il
significato che essa ha di espressione della potenza universale della passione
di Cristo, appeso sulla croce per la salvezza di tutto il mondo. In caso di
grave necessità pubblica l’ordinario del luogo può permettere o stabilire
che si aggiunga una speciale intenzione. (70) 68. La croce da mostrare al popolo sia sufficientemente grande e di pregio artistico. Per questo rito si scelga la prima o la seconda formula indicata nel messale. Tutto questo rito si compia con lo splendore di dignità che conviene a tale mistero della nostra salvezza: sia l’invito fatto nel mostrare la santa croce che la risposta data dal popolo si eseguano con il canto. Non si ometta il silenzio riverente dopo ciascuna prostrazione, mentre il sacerdote celebrante rimane in piedi tenendo elevata la croce. 69.
Si presenti la croce all’adorazione di ciascun fedele, perché
l’adorazione personale della croce è un elemento molto importante in questa
celebrazione. Si adoperi il rito dell’adorazione fatta da tutti
contemporaneamente solo nel caso di un’assemblea molto numerosa.(72) 70.
Il sacerdote canta l’invito alla preghiera del Signore che tutti
eseguono con il canto. Non si dà il segno della pace. 71. Dopo la celebrazione si procede alla spogliazione dell’altare, lasciando però la croce con quattro candelieri. Si prepari in chiesa un luogo adatto (per es. la cappella di reposizione dell’eucaristia nel giovedì santo), ove collocare la croce del Signore, che i fedeli possano adorare e baciare e dove ci si possa trattenere in meditazione. 72. Per la loro importanza pastorale, non siano trascurati i pii esercizi, come la «via crucis», le processioni della passione e la memoria dei dolori della beata vergine Maria. I testi e i canti di questi pii esercizi siano in armonia con lo spirito liturgico. L’orario dei pii esercizi e quello della celebrazione liturgica siano composti in modo tale che l’azione liturgica risulti di gran lunga superiore per sua natura a tutti questi esercizi. (74)
VI. IL SABATO SANTO
73. Il sabato santo la chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e morte, la discesa agli inferi (75) e aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua risurrezione. È molto raccomandata la celebrazione dell’ufficio della lettura e delle lodi mattutine con la partecipazione del popolo (cf. n. 40). (76) Dove ciò non è possibile, sia prevista una celebrazione della parola di Dio o un pio esercizio rispondente al mistero di questo giorno. 74. Possono essere esposte nella chiesa per la venerazione dei fedeli l’immagine del Cristo crocifisso o deposto nel sepolcro o un’immagine della sua discesa agli inferi, che illustra il mistero del sabato santo; ovvero l’immagine della beata Maria vergine addolorata. 75. Oggi la chiesa si astiene del tutto dal celebrare il sacrificio della messa.(77) La santa comunione si può dare soltanto in forma di viatico. Si rifiuti la celebrazione delle nozze e degli altri sacramenti, eccetto quelli della penitenza e dell’unzione degli infermi. 76. I fedeli siano istruiti sulla natura particolare del sabato 87 santo.(78) Le consuetudini e tradizioni di festa collegate con questo giorno per la celebrazione pasquale una volta anticipata al sabato santo, si riservino per la notte e il giorno di pasqua.
VII. LA DOMENICA Dl PASQUA NELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE
A) LA VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA 77. Per antichissima tradizione questa notte è «in onore del 88 Signore» (79) e la veglia che in essa si celebra commemorando la notte santa in cui Cristo è risorto è considerata come «madre di tutte le sante veglie». (80) In questa veglia infatti la chiesa rimane in attesa della risurrezione del Signore e la celebra con i sacramenti dell’iniziazione cristiana (81) 1. Significato della
caratteristica notturna della veglia pasquale 79. La veglia pasquale, in cui gli ebrei attesero di notte il passaggio del Signore che li liberasse dalla schiavitù del faraone,fu da loro osservata come memoriale da celebrarsi ogni anno; era la figura della futura vera pasqua di Cristo, cioè della notte della vera liberazione, in cui «Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro». (84) 80.
Fin dall’inizio la chiesa ha celebrato la pasqua annuale, solennità
delle solennità con una veglia notturna. Infatti la risurrezione di Cristo è
fondamento della nostra fede e della nostra speranza e per mezzo del battesimo e
della cresima siamo stati inseriti nel mistero pasquale di Cristo: morti,
sepolti e risuscitati con lui, con lui anche regneremo. (85)
2. La struttura della
veglia pasquale e l’importanza dei suoi elementi e delle sue parti 82.
La prima parte comprende azioni simboliche e gestì, che devono essere
compiuti con una tale ampiezza e nobiltà, che i fedeli possano veramente
apprenderne il significato, suggerito dalle monizioni e dalle orazioni
liturgiche. 83.
La processione, con cui il popolo fa ingresso nella chiesa, deve essere
guidata dalla sola luce del cero pasquale. Come i figli di Israele erano guidati
di notte dalla colonna di fuoco, così i cristiani a loro volta seguono il
Cristo che risorge. Nulla vieta che a ciascuna risposta «Rendiamo grazie a Dio»
si aggiunga qualche acclamazione in onore di Cristo. 84. Il diacono annunzia il «preconio» pasquale, che in forma di grande poema lirico proclama tutto il mistero pasquale inserito nell’economia della salvezza. Se necessario, in mancanza del diacono, qualora anche il sacerdote celebrante non possa proclamarlo venga affidato a un cantore. Le conferenze episcopali possono apportare adattamenti a questo «preconio» per mezzo di alcune acclamazioni del popolo in esso inserite. (89) 85.
Le letture della sacra Scrittura formano la seconda parte della veglia.
Esse descrivono gli avvenimenti culminanti della storia della salvezza, che i
fedeli devono poter serenamente meditare nel loro animo attraverso il canto del
salmo responsoriale, il silenzio e l’orazione del celebrante. 86.
Il significato tipologico dei testi dell’Antico Testamento si fonda nel
Nuovo, e si rende manifesto con l’orazione pronunciata dal sacerdote
celebrante dopo le singole letture; gioverà anche introdurre i fedeli, con una
breve monizione, a comprenderne il significato. Tale monizione può essere fatta
o dallo stesso sacerdote o dal diacono. 87.
Terminate le letture dell’Antico Testamento si canta l’inno «Gloria
a Dio», vengono suonate le campane secondo le consuetudini locali, si pronuncia
l’orazione colletta e si passa alle letture del Nuovo Testamento. Si legge
l’esortazione dell’apostolo sul battesimo come inserimento nel mistero
pasquale di Cristo. 88. La terza parte della veglia è costituita dalla liturgia battesimale. Ora viene celebrata nel sacramento la pasqua di Cristo e nostra. Ciò può essere espresso in maniera completa in quelle chiese che hanno il fonte battesimale, e soprattutto quando avviene l’iniziazione cristiana di adulti o almeno si celebra il battesimo dei bambini. (95) Anche nel caso che manchino i battezzandi, nelle chiese parrocchiali sì faccia almeno la benedizione dell’acqua battesimale. Quando questa benedizione non si celebra al fonte battesimale ma nel presbiterio, in un secondo momento l’acqua battesimale sia portata al battistero, dove sarà conservata per tutto il tempo pasquale. (96) Dove invece non vi sono i battezzandi né si deve benedire il fonte, la memoria del battesimo si fa nella benedizione dell’acqua, con cui si asperge il popolo. (97) 89. Segue quindi la rinnovazione delle promesse battesimali, introdotta con una monizione dal sacerdote celebrante. I fedeli in piedi, e con le candele accese in mano, rispondono alle interrogazioni. Poi vengono aspersi con l’acqua: in tal modo gesti e parole ricordano loro il battesimo ricevuto. Il sacerdote celebrante asperge il popolo passando per la navata della chiesa, mentre tutti cantano l’antifona «Ecco l’acqua» o un altro canto di carattere battesimale. (98) 90. La celebrazione dell’eucaristia forma la quarta parte della veglia e il suo culmine, essendo in modo pieno il sacramento della pasqua, cioè memoriale del sacrificio della croce e presenza del Cristo risorto, completamento dell’iniziazione cristiana, pregustazione della pasqua eterna. 91. Si raccomanda di non celebrare in fretta la liturgia eucaristica; al contrario conviene che tutti i riti e tutte le parole raggiungano la massima forza di espressione: la preghiera universale, mediante la quale i neofiti, divenuti fedeli, esercitano per la prima volta il loro sacerdozio regale; (99) la processione offertoriale, con la partecipazione dei neofiti, se questi sono presenti; la preghiera eucaristica prima, seconda o terza fatta in canto, con i rispettivi embolismi; (100) infine la comunione eucaristica, come momento di piena partecipazione al mistero celebrato. Alla comunione è opportuno cantare il salmo 117 con l’antifona «Cristo nostra pasqua», o il salmo 33 con l’antifona «Alleluia, alleluia, alleluia», o un altro canto di giubilo pasquale. 92. E desiderabile che sia raggiunta la pienezza del segno eucaristico con la comunione della veglia pasquale, ricevuta sotto le specie del pane e del vino. Gli ordinari dei luoghi sapranno valutare l’opportunità di questa concessione e le circostanze che l'accompagnano. (101)
3. Alcune avvertenze
pastorali 94.
È auspicabile che talvolta venga prevista la riunione nella stessa
chiesa di più comunità, quando per la vicinanza delle chiese o per lo scarso
numero dei partecipanti non possa aversi una celebrazione completa e festiva. 95. Nell’annunziare la veglia pasquale si abbia cura dì non presentarla come ultimo momento del sabato santo. Si dica piuttosto che la veglia pasquale viene celebrata «nella notte di pasqua», come un unico atto di culto. Si avvertono i pastori di insegnare con cura nella catechesi ai fedeli l’importanza di prendere parte a tutta la veglia pasquale. (102) 96. Per una migliore celebrazione della veglia pasquale si richiede che gli stessi pastori acquisiscano una conoscenza più profonda sia dei testi che dei riti, per poter impartire una vera mistagogia.
B) IL GIORNO DI PASQUA
97. Si celebri la messa del giorno di pasqua con grande solennità. È opportuno oggi compiere l’aspersione dell’acqua, benedetta nella veglia, come atto penitenziale. Durante l’aspersione si canti l’antifona «Ecco l’acqua», o un altro canto di carattere battesimale. I vasi che si trovano all’ingresso della chiesa vengano riempiti con la stessa acqua. 98. Si conservi, dove già è in vigore, o secondo l’opportunità si instauri, la tradizione di celebrare nel giorno di pasqua i vespri battesimali, durante i quali al canto dei salmi si fa la processione al fonte. (103) 99.
Il cero pasquale, da collocare presso l’ambone o vicino all’altare,
rimanga acceso almeno in tutte le celebrazioni liturgiche più solenni di questo
tempo, sia nella messa, sia a lodi e vespri, fino alla domenica di pentecoste.
Dopo di questa il cero viene conservato con il dovuto onore nel battistero, per
accendere alla sua fiamma le candele dei neo-battezzati nella celebrazione del
battesimo. Nella celebrazione delle esequie il cero pasquale sia collocato
accanto al feretro, ad indicare che la morte è per il cristiano la sua vera
pasqua.
VIII. IL TEMPO PASQUALE
100. La celebrazione della pasqua continua nel tempo pasquale. I cinquanta giorni che si succedono dalla domenica di risurrezione alla domenica di pentecoste, si celebrano nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come «la grande domenica». (105) 101. Le domeniche di questo tempo vengono considerate come domeniche di pasqua e hanno la precedenza sulle feste del Signore e su tutte le solennità. Le solennità che coincidono con queste domeniche si anticipano al sabato. (106) «Le celebrazioni in onore della beata vergine Maria e dei santi, che ricorrono durante la settimana, non possono essere rinviate a queste domeniche (107) 102. Per gli adulti che hanno ricevuto l’iniziazione cristiana nella veglia pasquale, tutto questo tempo è riservato alla «mistagogia». Pertanto, ovunque vi siano neofiti, si rispetti tutto ciò che è indicato nel «Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti», nn. 37-40, e 235-239. Si faccia sempre, nell’ottava di pasqua, la preghiera di intercessione per i neo-battezzati, inserita nella preghiera eucaristica. 103. Durante tutto il tempo pasquale, nelle messe della domenica vengano riservati tra i fedeli posti particolari per i neo-battezzati. Questi cerchino di partecipare alle messe insieme ai loro padrini. Per essi si abbia il ricordo nella omelia e, secondo l’opportunità, nella preghiera dei fedeli. A chiusura del tempo della mistagogia, vicino alla domenica di pentecoste, si faccia qualche celebrazione, secondo le consuetudini regionali. (108) E opportuno inoltre che i fanciulli facciano in queste domeniche la loro prima comunione. 104. Durante il tempo pasquale i pastori istruiscano i fedeli già iniziati al sacramento dell’eucaristia sul significato del precetto della chiesa di ricevere in questo tempo la santa comunione. (109) Si raccomanda molto che soprattutto nell’ottava di pasqua la santa comunione sia portata agli infermi. 105. Dove vi è l’uso di benedire le case in occasione delle feste pasquali, tale benedizione sia fatta dal parroco o da altri sacerdoti o diaconi, da lui delegati. E questa una occasione preziosa per esercitare l’ufficio pastorale. (110) Il parroco si rechi a far visita pastorale nella casa di ciascuna famiglia, abbia un colloquio con i suoi membri e preghi brevemente con loro, adoperando i testi contenuti nel libro Rito delle benedizioni. (111) Nelle grandi città si preveda la possibilità di radunare più famiglie per celebrare insieme il rito di benedizione. 106. Secondo la diversità dei luoghi e dei popoli, si riscontrano molte consuetudini popolari collegate con le celebrazioni del tempo pasquale, che talvolta richiamano un maggior concorso di gente rispetto alle celebrazioni liturgiche; tali consuetudini non sono da disprezzare, e possono risultare adatte a manifestare la mentalità religiosa dei fedeli. Pertanto le conferenze episcopali e gli ordinari dei luoghi provvedano affinché queste consuetudini, che possono favorire la pietà, siano ordinate nel modo migliore possibile: siano in armonia con la sacra liturgia, siano maggiormente impregnate di spirito liturgico, traggano in qualche modo ispirazione dalla liturgia, e ad essa conducano il popolo cristiano. (112) 107.
Questo sacro tempo dei cinquanta giorni si conclude con la domenica
di pentecoste, in cui si commemora il dono dello Spirito santo effuso sugli
apostoli, i primordi della chiesa e l’inizio della sua missione a tutte le
lingue, i popoli e le nazioni. (113) 108. «E una caratteristica della festività pasquale che tutta la chiesa gioisca per la remissione dei peccati, concessa non soltanto a coloro che rinascono nel santo battesimo, ma anche a quelli che da tempo sono stati ammessi nel numero dei figli adottivi». (115) Attraverso una più solerte azione pastorale e un maggior impegno spirituale da parte di ciascuno, con la grazia del Signore, sarà possibile a tutti coloro che avranno partecipato alle feste pasquali, testimoniare nella vita il mistero della pasqua celebrato nella fede. (116)
Dalla sede della Congregazione per il culto divino, il 16 gennaio 1988. PAUL AUGUSTIN card.
MAYER, O.S.B. VIRGILIO NOÈ, arciv. tit. di Voncaria |